Vinitaly non è solo “vetrina” ma è anche coltivazione della vite, produzione di vino, i valori della solidarietà, il rispetto dell’ambiente e del paesaggio in un’ottica di “welfare”
Vinitaly non è solo “vetrina” ma è anche coltivazione della vite, produzione di vino, i valori della solidarietà, il rispetto dell’ambiente e del paesaggio in un’ottica di “welfare”
di Maurizio Scotti
Come mai negli anni trascorsi, a Verona in occasione della 50^ Edizione c’è un Vinitaly particolare. Prodotti d’eccellenza, biologici, di alta qualità sia produttiva sia legata ai valori che incorporano. Sono i “vini solidali”, una realtà in costante crescita all’interno del panorama agroalimentare italiano capace di coniugare la distintività territoriale con un forte contenuto sociale. Sempre più presenti e diffuse, le aziende agricole sociali che affiancano alla coltivazione della vite e alla produzione del vino i valori della solidarietà, il rispetto dell’ambiente e del paesaggio, rappresentano ormai un’asse strategico e portante del Made in Italy. Un patrimonio ad elevata valenza socio-economica che va valorizzato e difeso e le cui traiettorie di sviluppo e crescita competitiva sono state al centro di un’importante iniziativa all’interno del Vinitaly, organizzata dall’associazione agricola più “pronta” in questo frangente delicato e ampiamente possibilista per tutto il settore vitivinicolo italiano. Stiamo parlando della Cia-Agricoltori Italiani.
Un programma ricco d’interventi che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del viceministro delle Politiche agricole Andrea Olivero e di Cinzia Pagni nella duplice veste di vicepresidente vicaria della Cia e di membro del Coordinamento nazionale del Forum dell’Agricoltura Sociale. Durante l’evento, le relazioni dei partecipanti hanno voluto porre l’accento sull’importanza dell’agricoltura che fa “welfare”: non solo opportunità economica, ma bene comune per la collettività, strumento concreto di riabilitazione e inclusione sociale.
“La buona agricoltura svolge da sempre una rilevante funzione sociale: oltre a latte, vino, frutta, produce welfare ‘rigenerativo’ -ha spiegato la Pagni- dando nuova vita e nuove risorse al rapporto tra città e campagna e diventando un soggetto attivo nell’erogazione di servizi al pubblico”.
L’Italia oggi si colloca ai primi posti dello scenario europeo con oltre 1.000 progetti e pratiche di agricoltura sociale all’attivo. Tantissime aziende associate alla Cia hanno già avviato e sperimentato questo nuovo modo di fare agricoltura, promuovendo l’offerta di servizi assistenziali e occupazionali a vantaggio di soggetti deboli (portatori di handicap, tossicodipendenti, detenuti, anziani, bambini) e di aree fragili (montagne e centri isolati) in collaborazione con istituzioni pubbliche e con il vasto mondo del Terzo settore.
L’agricoltura sociale, dunque, cresce nei numeri, contando oltre 4 mila addetti su tutto il territorio nazionale e toccando un valore della produzione di 200 milioni di euro. Dati incoraggianti che l’approvazione della legge nazionale dello scorso anno può solo consolidare e migliorare.
In tale contesto, ha osservato la vicepresidente vicaria della Cia, “la realtà del vino solidale può rappresentare una nuova opportunità. La filiera del vino è senza dubbio un esempio vincente all’interno del settore agroalimentare. Dopo la crisi dell’etanolo, i produttori hanno saputo reagire e, attraverso sacrifici, lavoro e investimenti, hanno portato il vino tricolore sulle tavole di tutto il mondo, tanto che lo scorso anno le esportazioni sono valse circa 5,4 miliardi di euro. Ma il vino italiano vuol dire anche territorio, tutela del paesaggio e dell’ambiente. Un trinomio vincente che vede nell’ascesa del segmento del vino biologico una delle principali rappresentazioni. Con oltre 72mila ettari coltivati a vite, una produzione di uva che sfiora i 5 milioni di quintali, più di 1.300 cantine, vendite raddoppiate nell’ultimo anno: la produzione di vino con il metodo biologico rappresenta ormai una delle realtà più interessanti dell’agroalimentare nazionale. E se ai tanti punti di forza del vino si affiancano i valori dell’agricoltura sociale e del suo processo plurale, radicato nei luoghi, allora le potenzialità aumentano. Quindi quanto più saremo capaci di coniugare gli elementi produttivi con quelli della sfera sociale e di promuoverne la diffusione, tanto più il sistema vitivinicolo italiano e, con esso, l’agroalimentare, saranno più forti e competitivi sui mercati”.
Del resto, la quota di cittadini che, accanto ai fattori tangibili che caratterizzano i prodotti che consumano, ricercano elementi immateriali legati alle tradizioni e alla sfera sociale che incorporano, è in forte espansione. In quest’ottica, ha concluso la Pagni, “quella del vino solidale è una frontiera da valorizzare e difendere. Una scelta che ci carica di responsabilità ma che rappresenta la strada obbligata se si vuole cogliere una delle opportunità più strategiche che si prefigurano all’orizzonte”. Come dire, oltre la vite ed il vino c’è di più, c’è un sistema da recuperare e valorizzare, c’è la storia di tremila anni di italica metamorfosi delle uve in un liquido sublime.