È una pianta erbacea annuale o biennale, che nel primo anno è alta 20 cm, mentre nel secondo raggiunge anche 80 cm. La radice è fittonante. I fusti sono eretti, striati, ramificati e glabri. Le foglie basali compaiono al primo anno e sono alterne, picciolate, bi/tri-pennatosette, mentre le superiori sono sessili, divise in lacinie capillari e compaiono al secondo anno. L’infiorescenza è composta da ombrelle di 7–15 peduncoli e da ombrellette di una decina di fiori bianchi con cinque petali, piccoli e ovoidali. La fioritura si ha in giugno-luglio. Il frutto, chiamato impropriamente “seme”, è un diachenio, falciforme, glabro, con coste ben distinte tra le quali sono posti i canali oleiferi, di colore bruno a maturazione, lungo 3 – 7 mm e largo 0,7 – 1,2 mm. Il peso di 1000 “semi” varia da 2,5 a 3,5 g. I frutti del carvi sono costituiti da: olio essenziale (3-7%), acidi grassi (10-18%), proteine (20%), carboidrati (15%), acidi fenolici (acido caffeico), flavonoidi (quercetina, kempferolo). Inoltre, nell’estratto acquoso dei frutti si ritrovano tannini, alcaloidi e terpenoidi…
Laura D’Andrea è primo ricercatore del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente (AA), sede di Bari. È laureata in Scienze agrarie presso l’Università degli Studi di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio dei sistemi colturali.
L’anice verde (Pimpinella anisum L.), (sin. Anisum vulgare Gaertn., Pimpinella aromatica Bieb.), detta anche anice vero, appartiene alla famiglia delle Apiaceae (Umbelliferae). Il nome deriva, per “Pimpinella” dal latino “bipinnula”, a causa delle foglie bipennate e per “anisum” dal greco “anisos” che significa “non uguale” o dal greco “ἄνηθον-ánēthon”= eccitante, per i suoi principi attivi. L’infiorescenza è una ombrella. I fiori sono piccoli, di color bianco e riuniti in ombrelle di 7-15 raggi. La corolla presenta cinque petali smarginati con lacinia ripiegata. La fioritura si ha all’inizio dell’estate, in giugno-luglio.
Il frutto (detto comunemente “seme”) è secco indeiscente, tipo un diachenio, di forma ovoidale o piriforme (Figura 2), striato longitudinalmente, provvisto esternamente di peli e all’interno di canali resiniferi, che contengono l’olio essenziale. I “semi” sono lunghi da 3 a 5 mm e larghi da 1.5 a 2.5 mm, sono di colore verde tendente al giallo e diventano scuri a maturazione, che si ha in agosto-settembre. Essi emanano un odore tra dolce e piccante, molto intenso. Il peso di 1000 “semi” varia da 1 a 4 g…
Laura D’Andrea è primo ricercatore del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente (AA), sede di Bari. È laureata in Scienze agrarie presso l’Università degli Studi di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio dei sistemi colturali.
Con Decreto del MASAF N.0145663 del 27/03/2024, la Bioagricert srl è stata autorizzata ad effettuare i controlli per l’IGP (Indicazione geografica protetta) “Asparago verde di Canino”. L’indicazione è registrata in ambito Unione europea per effetto del Reg. (UE) 2023/2483 del 6 novembre 2023 e reca l’iscrizione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette della denominazione in questione. Tutte le operazioni di produzione dell’«Asparago verde di Canino» I.G.P. (coltivazione, pulitura, cernita, lavaggio, calibrazione, taglio, ammazzettamento e suddivisione in base alla categoria merceologica) vanno effettuate nell’ambito del territorio delimitato dal disciplinare. La confezione, oltre alle informazioni obbligatorie previste dalla specifica normativa nazionale ed europea, reca obbligatoriamente sull’etichetta a caratteri di stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico europeo della IGP e al logo della IGP, le seguenti ulteriori indicazioni…
Donato Ferrucci (Torino 1964), Docente sistemi qualità e certificazione dei prodotti alimentari ITS Agroalimentare Roma/Viterbo. Agronomo, pubblicista, e Master in Diritto Alimentare. Responsabile Bioagricert srl per l’area Lazio/Abruzzo/Umbria/Marche. Per info: Google “Donato Ferrucci Agronomo”.
Il corniolo, conosciuto scientificamente come Cornus mas L., è una pianta che affonda le sue radici nella storia e nella cultura di molteplici civiltà, testimoniando un legame profondo tra l’uomo e il regno vegetale. Il corniolo è originario delle zone comprese fra l’Asia minore, l’Iran e il Caucaso. Attualmente presente allo stato spontaneo su gran parte dell’Europa centrale e Meridionale. Questo piccolo albero deciduo, caratterizzato da una impollinazione autofertile e da frutti che maturano dall’estate all’autunno, ha accompagnato l’evoluzione umana non solo come elemento paesaggistico ma anche come fonte di nutrimento, strumento di lavoro e simbolo mitologico. La sua presenza è ben documentata fin dall’antichità: gli antichi greci e romani lo conoscevano e lo apprezzavano, tanto che riferimenti alla pianta abbondano nella letteratura…
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.
Nel corpo di una pianta tutte le membrane fanno parte del simplasto, delimitato dal plasmalemma (Fig. 2). In una cellula a completo sviluppo, attiva fisiologicamente, contornata da parete come quella di un parenchima, il volume è occupato per massima parte da un solo vacuolo (anche fino al 90%) e, in turgore, ha una pressione idrostatica interna rilevante (es. 0,44 MPa; 4,4 Bar), superiore anche a quella della gomma di un’auto (es.0,25MPa). Sono di quest’ordine le pressioni che il simplasto di una cellula esercita col plasmalemma sulla sua parete. Per effetto della pressione vacuolare, citoplasma e i relativi organuli che contiene sono compressi in sottile strato contro la parete. Tra gli organuli, il reticolo endoplasmatico (RE) è un labirinto di tubuli di membrana interconnessi con tratti espansi a cisterna, altri appiattiti a fogli, in continuo divenire con formazione di nuovi tubuli, crescita e fusione di quelli esistenti, sede di sintesi e liberazione di proteine, di lipidi e di omeostasi del Ca2+; proteine ponte lo legano al citoscheletro…
Umberto Mazzucchi è stato professore ordinario di Patologia Vegetale alla Università degli Studi di Bologna dal 1989 al 2010. Docente del corso di Patologia Vegetale e di alcuni corsi specialistici di materie fitopatologiche, ha svolto ricerche sulle interazioni ospite-patogeno nel processo infettivo e sulla risposta immunitaria delle piante. Pensionato dal 2010, come professore dell’Alma Mater ha svolto seminari occasionali e cicli di lezioni in corsi ufficiali della Università di Bologna.
Il tono scherzoso che a fine giugno si udiva nei tanti cortili del paesone, ancora sul finire degli anni Sessanta, dava l’idea di una beffarda magia della Natura: “S’et catà, i sires gialdi?” (cosa hai raccolto, le ciliegie gialle?). Oggi come allora siamo a Miradolo Terme, borgata pavese ai piedi dei Colli Banini, a circa 40 Km a sud di Milano e a 10 Km a nord del Po. Qui è terra di uva, ciliegie (appunto), zucche e piselli; fino a qualche decennio fa le vallate che scendono verso meridione erano l’habitat fiorente del pruno “goccia d’oro” (Famiglia Rosaceae) formato mignon. In effetti i suoi frutti sono grandi quanto una ciliegia durona e maturano a fine giugno, con l’inizio dell’estate. Oggi, anche a causa dei tanti abbandoni dei piccoli (e piccolissimo) poderi che per generazioni avevano assicurato il minimo sostentamento di tante famiglie, la “goccia d’Oro” miradolese è una di quelle varietà del genere Prunus in via di estinzione…
C.Maurizio Scotti, editorialista agrindustria, agroalimentare.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) che svolge istituzionalmente importanti attività di consulenza e supporto tecnico scientifico al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, si è occupato spesso, attraverso numerosi quaderni divulgativi, della biodiversità in campo agricolo. Questo importante organo scientifico ha sottolineato che l’intensificazione produttiva ha apportato “problemi di impoverimento e d’inquinamento del suolo, rischi sanitari e una perdita di diversità ecologica. Inoltre, è venuto a mancare lo stretto legame tra coltivazioni e allevamenti, utile nell’applicazione delle pratiche di letamazione, del riciclo dei residui colturali e delle rotazioni. L’uso poi dei diserbanti ha ridotto la presenza di vegetazione spontanea e la semplificazione degli ambienti ha determinato la scomparsa o l’allontanamento di specie faunistiche legate a determinate coltivazioni…
Giannandrea Mencini, veneziano, giornalista e scrittore, si occupa di storia dell’ambiente e del territorio. Ha pubblicato numerosi saggi, libri e articoli, dove ha raccontato i problemi della salvaguardia di Venezia e del vivere in montagna. Con il suo ultimo Libro “Pascoli di Carta. Le mani sulla montagna” Kellermann Editore (2021), dove ha indagato le speculazioni presenti negli alpeggi italiani, la cosiddetta “mafia dei pascoli”, è stato premiato a Leggimontagna Tolmezzo (UD) 2021, segnalato al premio Itas – Libro di Montagna, Trento 2021, e vincitore per la sezione saggi d’inchiesta del premio Internazionale Città di Como 2022.
Tra le sfide che caratterizzano la società moderna, alcune sono orientate alla sostenibilità delle filiere produttive alimentari e ad una prospettiva di recupero e riutilizzo delle risorse disponibili. Secondo le stime riportate dalle principali Organizzazioni Mondiali (ONU, FAO, ecc.), emerge che, ad oggi, circa 2 milioni di tonnellate di cibo prodotto non vengono consumate, ma rappresentano prodotti di scarto, rendendo quindi il problema dello spreco alimentare importante sotto 2 punti di vista: lo smaltimento di quei prodotti che non vengono trasformati e la perdita di cibo consumabile (Testa et al., 2014). Dai dati relativi alla situazione alimentare nel Mondo, emerge che il livello di gravità è tale che la mortalità legata alla sovralimentazione è pari a 29 milioni, mentre sono 36 milioni le persone che non hanno accesso all’approvvigionamento e ad un sostentamento alimentare adeguato…
Ilenia Bravo, Ilenia Colamatteo, Enrica Iannucci, Patrizia Papetti – Dipartimento di Economia e Giurisprudenza. Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.
L’arsenico (As) è un elemento tossico onnipresente: può inquinare il suolo, l’acqua ed essere assimilato dalle piante. L’uomo, attraverso il consumo di acqua o cibo contaminati, può essere esposto a gravi rischi per la salute. Per queste ragioni, risulta utile analizzare il contenuto di arsenico in una delle colture di maggior interesse alimentare: il frumento. In particolare, è interessante valutare come le lavorazioni del terreno e le tecniche di fertilizzazione influenzano l’“uptake” di As nei vari caratteri morfologici della pianta. Le lavorazioni del terreno messe a confronto sono state l’aratura, la vangatura e la rippatura; le tecniche di fertilizzazione sono state rispettivamente concimazione organica e minerale. Dai risultati ottenuti si rileva che le lavorazioni del suolo influiscono sul contenuto di arsenico nella radice, nella foglia e nella cariosside della coltura di frumento…
Lorenzo Boccale – Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali – Università degli Studi della Tuscia Via S. Camillo de Lellis – 01100 Viterbo, Italy
Emanuele Radicetti – Dipartimento di Scienze chimiche, farmaceutiche ed agrarie e Forestali – Università degli Studi di Ferrara Via Luigi Borsari, n. 46 – 44121 Ferrara, Italy
Roberto Mancinelli – Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali – Università degli Studi della Tuscia Via S. Camillo de Lellis – 01100 Viterbo, Italy
Papetti Patrizia – Dipartimento di Economia e Giurisprudenza, Laboratorio di Analisi merceologiche e Territoriali (LAMeT), Università di Cassino e del Lazio meridionale, Via Sant’Angelo, Località Folcara, Cassino 03043, Italy.
In questa seconda parte dell’argomento PIWI si cercherà di tirare le fila di quanto già detto, per fissare al meglio le idee e gli opposti giudizi su questa tematica al fine di mettere giustapposto tutte le tessere del mosaico. Quando per i PIWI si parla di immunità bisogna specificare che questo concetto in ambito scientifico: è definito come “capacità di resistenza, innata o acquisita, di un organismo nei confronti di malattie”. Per essere più divulgativi, l’immunità al Sars – Covid 19 indotta dai vaccini non escludeva che il vaccinato dopo le dosi non potesse ammallarsi di Covid, ma diminuiva la probabililità di ricoveri in terapia intensiva o ospedaliera di 1:8). Ritornando ai PIWI si avranno livelli di resistenza che comportano un minor ricorso a trattamenti fitosanitari (-70% circa), che permette alla pianta di svolgere completamente il proprio ciclo annuale con migliori produzioni quanti-qualitative…
Gennaro Pisciotta, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università G. Marconi – Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate di Roma, è Agrotecnico Laureato ed Enotecnico libero professionista Maestro Assaggiatore ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio). Ha insegnato presso l’ISIS “Falcone” di Pozzuoli (Napoli) fino al 26/09/2018.
I vitigni resistenti vengono anche indicati con il termine PIWI, l’acronimo del tedesco Pilzwiderstandfähig, ossia resistente alle crittogame Oidio e Peronospora e al freddo, ridotta sensibilità a Botrite e Marciume acido, bisogna specificare che resistente non significa immune e le resistenze variano in base alla varietà. I PIWI si ottengono con incroci tra varietà di Vitis vinifera con una piccola parte di altre Vitis di origine Americana, Asiatica ecc. da cui riceve i geni di resistenza alle principali malattie fungine con 95% e oltre di Vitis vinifera, meno del 5% di altre varietà di Vitis; nelle ultime varietà arriva fino al 99%…
Gennaro Pisciotta, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università G. Marconi – Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate di Roma, è Agrotecnico Laureato ed Enotecnico libero professionista Maestro Assaggiatore ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio). Ha insegnato presso l’ISIS “Falcone” di Pozzuoli (Napoli) fino al 26/09/2018.