di C.Maurizio Scotti
Certe dichiarazioni che si raccolgono tra addetti ai lavori, amministratori locali e politici di più o meno ampia esperienza dell’Oltrepo Pavese non si capisce bene se siano dettate dalla rabbia e rassegnazione, oppure se abbiano origine in una sorta di piano “strategico”, volto ad eliminare anche gli ultimi capisaldi che motivano i viticoltori oltrepadani a rimanere ancorati alla coltivazione della vite finalizzata al vino del territorio.
Dopo i tanti fatti e misfatti che hanno riguardato le cantine sociali oltrepadane, alcuni “profittatori” provenienti da mezza Italia, hanno pensato bene che nel triangolo meridionale della Lombardia si sia aperto un ampio territorio di “caccia”; a questa schiera di “improbabili salvatori” si sono aggiunte anche alcune cantine locali, al pensiero che “mors tua, vita mea”. Questi ultimi sono diventati gladiatori moderni, ma pur sempre gladiatori, resi schiavi dalla forza dominate altrui (Franciacorta, Soave, Cavit, Coprovi, ecc …) e alla bisogna, sacrificabili nel circo economico del vino. Ma è bene chiarire che senza “LaVersa”, lo storico marchio e la più che centenaria cantina sociale, non si va tanto lontano in tutto l’Oltrepo Pavese.
Infatti, senza una forza interna capace di attrarre, di far gravitare nome e qualità, il vino oltrepadano è destinato a diventare tutto “Tavernello” o “Ronco” che sia, valutabile il minimo possibile. E per mantenere la “vocazione” non bastano i nomi, pur prestigiosi, di taluni marchi, troppo piccoli e poco identificabili con la vastità del più grande bacino viticolo del Nord Italia. E quella “vocazione” è sacramentale a tutti gli effetti: per tenerla in vita servono matrimoni e sacerdoti: gente che si unisce e gente che indottrina, che catechizza, che apre le strade al proselitismo. Per farla breve, occorre tornare ai motivi della cooperazione, ma con i modi e i corrispettivi dei tempi attuali: forza produttiva, qualità indiscussa e rigidamente controllata, veicolizzazione commerciale adeguata e spirito di iniziativa sui mercati globali, come in una vera start-up. Chi non lo capisce è un produttore “morto che cammina”, nel senso che tra un quinquennio sulle sue terre sarà più facile vedere mietitrebbie che trattori carichi di uve appena vendemmiate. Senza “LaVersa” si aprono i solchi per il grano duro, cara gente.
Colline dell’Oltrepo Pavese (foto www.tripit.it)
Fonte: C.Maurizio Scotti.
27/01/2017.