Emergenza granchi blu. Le richieste dell’Alleanza oggi al tavolo tecnico ministeriale
Bisogna fare presto per frenare l’avanzata del granchio blu che sta infestando le lagune e gli stagni italiani mettendo a repentaglio le produzioni ittiche made in Italy, elementi cardine della Dieta Mediterranea e l’intero ecosistema. Occorrono provvedimenti urgenti per sostenere economicamente le imprese di pesca duramente danneggiate da quella che a tutti gli effetti è una calamità naturale. Le risorse vanno indirizzate per sostenere i costi dello smaltimento, ad oggi a carico dei pescatori, riparare gli attrezzi danneggiati e indennizzare chi ha perso le proprie produzioni”.
Sono le conclusioni a cui è arrivato il tavolo di lavoro urgente convocato oggi a Roma al Masaf, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste su richiesta l’Alleanza delle Cooperative pesca e acquacoltura per capire quali soluzioni mettere in campo contro l’ennesima sciagura per il settore, il granchio blu.
Presente il sottosegretario Patrizio Giacomo La Pietra assieme a Ispra per il Ministero dell’ambiente, Ismea, Icrea, per il MASAF
“Un momento di confronto importante, quello con il sottosegretario – commenta l’Alleanza in una nota – che abbiamo sollecitato visto che il fenomeno peggiora di giorno in giorno. Anche i mercati ittici non riescono più a smaltire l’enorme offerta di granchi blu e il prezzo è crollato. Anche la strada della vendita del granchio blu, quindi, che non conosce altri predatori in natura se non l’uomo, è tutta in salita. L’unica via al momento percorribile è ridurre il numero dei granchi attraverso campagne di pesca mirate e provvedere al loro smaltimento i cui costi si aggirano sull’euro al chilo. Cifre importanti se si pensa che in un ora si riescono a catturare anche 3 quintali”
Un animale infestante e deleterio per la pesca il granchio blu, che provoca danni anche per il turismo di regioni come il Veneto e l’Emilia Romagna, la fascia costiera del Mare Adriatico, dove il costo al giorno per la cattura e lo smaltimento da parte dei pescatori di questa sorta di cinghiali del mare ammonta a 100 mila euro, per mettere in salvo le produzioni.
Per l’Alleanza Pesca all’incontro il Presidente Paolo Tiozzo a capo della delegazione del settore che ha ricordato anche le perdite subite finora, pari al 50% del raccolto di cozze e vongole delle lagune del Delta del Po e della sacca di Goro, a quelle che verranno visto che il granchio blu mangia anche il novellame, mettendo a rischio le produzioni dei prossimi anni.
“Abbiamo chiesto al ministro e al governo due strategie, una immediata e una a lungo termine. Quella cioè di attivare un fondo per sostenere i costi dello smaltimento dei granchi che ad oggi solo in capo ai pescatori. La seconda quella di puntare a creare una filiera dalla pesca alla trasformazione, fino al consumo nelle tavole dei ristoranti, contro l’invasione dei granchi blu.
Perché siamo tutti coinvolti, dal mare, alla tavola, dalle nostre famiglie, ai turisti che godono dei nostri prodotti del mare, alla commercializzazione. A rischio sono centinaia di imprese e cooperative, migliaia di addetti oltre alla biodiversità dell’area interessata.”
Una richiesta, quella di un tavolo di confronto, richiesta dall’Alleanza, assieme ad un documento inviato a Roma dove vengono messi nero su bianco i numeri dell’emergenza e delle conseguenze del più importante polo produttivo di molluschi bivalvi in Italia che dà lavoro a 4000 imprese di pesca professionale e acquacoltura, vero e proprio asset strategico per l’economia dei comuni del Delta del Po veneto romagnolo ( Comacchio, Rosolina Porto Tolle, Goro e Porto Viro ) .Oltre alla stretta emergenza nel documento si chiede anche di avviare specifici progetti di studio della biologia della specie per individuare le migliori strategie con le quali la “lotta biologica” potrebbe risultare maggiormente efficace; e ancora di definire un Piano Nazionale per il controllo e la riduzione numerica della specie aliena e di introdurre, per legge, un meccanismo di autodifesa dell’acquacoltore analogo a quello posto in atto per l’autodifesa dell’agricoltore dai cinghiali e infine anche di dare la possibilità non solo di pescare i granchi blu ma anche di immetterli nel mercato creando una vera e propria filiera, magari attraverso la nascita di start up specifiche. Un permesso, già accordato per ora da Roma nelle zone interessate ma che si auspica venga esteso a tutto il territorio nazionale.
Insomma una strategia del tutto simile a quella messa in atto sulla terraferma nei frutteti con le vespe samurai per contrastare la cimice asiatica.
Una specie, quella del granchio blu, “foresta” che ha trovato dimora nei nostri mari, grazie alla grande resistenza, originaria delle coste Atlantiche dell’America, che raggiunge anche il chilo di peso. La causa? di certo ancora una volta i cambiamenti climatici ma anche la globalizzazione dei commerci e il sistema di controllo dell’Unione Europea.
Confcooperative