Droni in campo per rilasciare insetti sterili contro la mosca della frutta
Concluso il progetto di sperimentazione FEM che ha previsto l’analisi di fattibilità dell’applicazione della tecnica del maschio sterile per il controllo della mosca mediterranea della frutta
La mosca mediterranea della frutta. Ceratitis capitata Wiedemann (Diptera: Tephritidae) è un parassita originario dell’Africa orientale, diffuso attualmente in tutte aree frutticole della costa mediterranea, che attacca più di 300 diversi ospiti. C. capitata è storicamente presente nelle regioni meridionali e centrali italiane ma recentemente, a causa dei cambiamenti climatici, ha causato danni alla frutta anche nelle regioni settentrionali. In Trentino, fu segnalata per la prima volta nel 1990 ma questo primo ritrovamento è stato seguito da altri che testimoniano una diffusione lenta e costante nella regione.
Diffusione e danni provocati. Allo stato attuale, la mosca mediterranea della frutta è stabilita nell’area dell’Alto Garda e a macchia di leopardo nella Valle dell’Adige, dove provoca danni soprattutto su mela. Per mantenere il danno al di sotto della soglia economica, in alcuni anni sono necessari specifici trattamenti con insetticidi ovo-larvicidi. C. capitata attacca le mele mature poco prima della raccolta, momento in cui non è possibile effettuare trattamenti insetticidi che causano l’aumento dei residui di prodotti fitosanitari sui frutti.
Difesa e sperimentazione: la tecnica del maschio sterile. Attualmente le ricerche sono concentrate sullo sviluppo di approcci ecologici per la gestione della mosca, tra cui la tecnica del maschio sterile (Sterile insect technique – SIT), tecnica che prevede il rilascio nei frutteti di maschi sterili della stessa specie da combattere. Il successo di questa misura di controllo alternativa dipende dalla densità e dalla distribuzione spaziale dell’organismo nocivo bersaglio. Poiché il livello di popolazione di C. capitata in Trentino è ancora basso ed il parassita è diffuso in un’area delimitata da vegetazione non ospite, la regione sembra essere adatta per saggiare la tecnica dell’insetto sterile. Fondamentale è anche la competitività dei maschi sterili rilasciati, che può essere influenzata da: ceppo, metodo di allevamento, effetto della sterilizzazione con radiazioni, marcatura, stress durante la conservazione, spedizione al sito di rilascio e procedura di rilascio.
Il progetto FEM. Il progetto SIT (FAS – PSR 2014-2020), sviluppato negli anni 2018-2020, ha avuto come obiettivo lo stabilire la fattibilità dell’applicazione della tecnica del maschio sterile per il controllo di C. capitata (Mosca mediterranea della frutta) in Trentino. Il primo obiettivo raggiunto è stato la definizione di una procedura dinamica per il trasferimento dei maschi sterili dalla biofabbrica alle aree di rilascio, il più veloce possibile, poichè il tempo trascorso dalle pupe in condizioni di ipossia è fondamentale che sia ridotto al minimo, pena l’influenza dei parametri di qualità degli insetti rilasciati, e di conseguenza della loro efficacia. A questo sono seguite lo studio delle fasi di preparazione in laboratorio e di rilascio, corredate da indagini circa la percentuale di maschi emergenti ad ogni spedizione, la dispersione in campo, la percentuale di ricatture, nonché la valutazione della performance di accoppiamento con la popolazione naturale.
“Negli anni 2018 e 2019 i rilasci sono stati effettuati manualmente, mentre nel corso del 2020, terzo e ultimo anno del progetto, gli esperti della FEM si sono concentrati sullo sviluppo di una alternativa, attraverso l’uso dei droni – spiegano Gino Angeli e Serena Chiesa del Centro Trasferimento Tecnologico FEM-. Con la collaborazione di ND Movie, che ha sviluppato il prototipo sperimentale per il rilascio, stanno procedendo con i primi test in campo. L’applicazione di questo innovativo metodo di rilascio, che ha preso spunto dalle esperienze di altri paesi del mondo in cui la distribuzione dei maschi sterili di C. capitata viene effettuata con aerei ultraleggeri, consentirebbe la copertura di vaste zone in tempi brevi, rendendo più sostenibile l’applicazione della tecnica SIT nel nostro territorio”.