Pianta di Silena vulgaris

Silene vulgaris comunemente è chiamata Silene, Schippetti, Strigolo, Erba cuoco, Cannatedda, Erba striscia, Erba cucina, Culecchie, Behen bianco, Bubbolino, Crepaterra, Mazzettone minuto, Polemonia, Stritolo. Probabilmente il nome generale Silene ha qualche connessione con il vocabolo greco “saliva” con allusione alla sostanza bianca, attaccaticcia, che molte specie presentano sul fusto e sul calice; oppure è collegato a Sileno, divinità pagana notoriamente panciuta in relazione al calice rigonfio tipico delle varie specie. Inoltre, in Sicilia è denominata Cannatedda chiamata così per la forma dei suoi fiori che somigliano ad una piccola brocca (cannata). Silene vulgaris, appartenente alla famiglia delle Cariofillaceae ed è diffusa nel bacino sud-Occidentale del Mediterraneo. In Italia è comune dal Lazio alla Calabria, in Sardegna e in Sicilia. Questa pianta vive nei sentieri, bordi erbosi, zone boschive, prati poveri di sostanze nutritive e, talvolta, su rocce in prossimità del mare; ama il caldo e i terreni ricchi di calcare…

Rita Leogrande è ricercatrice in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), sede di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio degli effetti sul suolo e sulle colture di tecniche agronomiche sostenibili.

Canarini arricciati

Ho deciso di scrivere questa sorta di “distillato di zoognostica” sulle arricciature, dopo aver intrapreso una interessante conversazione privata con il Dr. Giovanni Canali. Chi come il sottoscritto, vive a pieno il mondo dell’ornitologia, sa bene quanto sia importante, e in alcuni casi oserei definire “essenziale”, il confronto con esperti del settore o con persone che hanno una maggior esperienza. Questo confronto è da ritenersi quasi indispensabile tra noi Giudici, poiché la condivisione d’esperienza porta una repentina crescita del proprio bagaglio culturale. Talvolta da semplici chiacchierate, possono nascere spunti interessantissimi per dei veri e propri dibattiti, che noi scrittori siamo poi portati a rielaborare ed esporre in seguito a tutti coloro che vorranno partecipare a tali disamine costruttive e, tengo a precisarlo, prive di intenzioni contestatorie. Questo è quello che mi ha spinto a redigere il presente articolo, che è stato generato da un dialogo tra me e il Dr. Canali, che sappiamo tutti essere un vero esperto di genetica e anatomia dei canarini (e non solo…), il quale mi ha esposto il suo parere su alcuni specifici aspetti dei nostri canarini arricciati…

Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone

La sede centrale dell’Istituto Agrario “V. Emanuele II” è situata a Catanzaro, alla periferia occidentale della città, mentre a Gizzeria si trova la sede associata. In entrambe le sedi sono attivati percorsi d’istruzione di secondo livello (ex Corsi serali). A partire dall’a.s. 2013-2014 l’Istituto di Istruzione comprende anche la sede della Casa Circondariale “Ugo Caridi” di Catanzaro. Dirigente scolastico dell’Istituto Agrario “V. Emanuele II” è la Dott.ssa Rita Elia.
La sede centrale dell’Istituto si trova a Catanzaro fin dal 1875, anno in cui iniziò l’attività didattica. L’edificio principale, a forma di E, pare in onore del Re Vittorio Emanuele II cui la scuola è intitolata, è immerso nel verde attrezzato del Parco della Biodiversità Mediterranea.
La sede di Gizzeria deriva dall’Istituto Professionale ad indirizzo Meccanico Operatore Agricolo di Falerna, istituito nel 1956 (centro storico). Nel 1970 viene trasferito, come corso per agrotecnici, nell’attuale sede di Gizzeria, ospitato in un edificio concesso in affitto alla Provincia di Catanzaro. Successivamente è diventato IPAA di Falerna ed ha goduto di autonomia ma dopo varie vicende, a partire dall’a.s. 2013-2014 è stato accorpato all’Istituto di Istruzione Superiore “V. Emanuele II” di Catanzaro, prima mantenendo lo status di istituto professionale ma poi diventando a tutti gli effetti, nell’a.s. 2016-2017, sede associata dell’Istituto Tecnico Agrario “V. Emanuele II” di Catanzaro…

Il genere Plantago è composto da circa 265 specie presenti in quasi tutto il mondo (Feinbrun-Dothan, 1977, 1978; Feinbrun-Dothan e Danin, 1991). Plantago coronopus L. appartiene alla famiglia delle Plantaginaceae ed è comunemente chiamato Coronopo, Plantago barbatella, Barba cappuccio, Mescolanza, Minutina, Cerchio, Erba saetta, Erba stella, Stellaria e Piede di corvo. Pianta erbacea annuale (terofita) dell’altezza di 15-20 cm (Figura 1). Le foglie, nello stadio iniziale di crescita, sono sottili e allungate, di colore verde scuro senza nessuna divisione; successivamente compaiono frastagliature lungo i bordi molto variabili. Inizialmente le prime foglioline hanno un portamento eretto, successivamente, quando la pianta è ben cresciuta, le foglie si adagiano sul terreno assumendo una forma a stella, da cui deriva il nome comune di Erba stella. Le foglie disposte tutte in rosetta sono moto variabili in spessore e lunghezza; infatti possono essere lunghe da 10 a 40 cm (Foto C). La radice è singola e sottile con diverse ramificazioni…

Rita Leogrande è ricercatrice in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), sede di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio degli effetti sul suolo e sulle colture di tecniche agronomiche sostenibili.

Modernizzazione in agricoltura

Secondo uno studio del Politecnico di Milano negli ultimi due anni l’agricoltura 4.0 ha continuato il suo felice trend di crescita passando dai 540 milioni di euro di fatturato del primo semestre del 2020 a 1,3 miliardi a fine 2020, fino ad arrivare a 1,6 miliardi nel 2021 (+23%), con un impatto sulla superficie coltivata che rappresenta il doppio rispetto all’anno precedente, facendo nel contempo anche lievitare al 60% l’utilizzo di almeno una soluzione tecnologica. Leggendo questi dati, si evince chiaramente che l’utilizzo sempre più marcato di tecnologia lungo la filiera, consente indubbiamente un aumento della produttività generale dell’azienda, ma allo stesso tempo dopo un investimento iniziale, anche un abbattimento dei costi nel corso del tempo…

Mauro Bertuzzi, laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Milano, è Presidente del Collegio dei revisori dei conti per l’Ordine interprovinciale di Milano e Lodi degli Agrotecnici e Agrotecnici Laureati.

La Scuola professionale provinciale di Laimburg (nel Comune di Vadena) è l’unica scuola in lingua italiana della provincia di Bolzano per la formazione di operatori e tecnici nel settore agro-ambientale e del verde. Alla scuola professionale per la frutti-viticoltura ed il giardinaggio fa capo la Scuola professionale per l’artigianato, l’industria e il commercio “G. Marconi” di Merano. Direttrice è la Dott.ssa Coretta Ceretta. Attiva dal 1978 come unica scuola in lingua italiana della provincia di Bolzano per la formazione di operatori e tecnici nel settore agro-ambientale e del verde, la Scuola per la frutti-viticoltura e giardinaggio si è trasferita a settembre 2020 presso la nuova sede di Laimburg. Il nuovo edificio è stato realizzato sull’areale dell’ex maso Stadio a ridosso del versante roccioso sotto Castel Varco è un complesso polifunzionale che ospiterà quattro diverse utenze: il Centro di sperimentazione Laimburg, la Libera Università di Bolzano, per il corso di laurea in tecnica ed economia agraria, la scuola professionale in lingua tedesca per frutti-, viti-, orti- e floricoltura Laimburg, e la Scuola professionale in lingua italiana per la frutti- viticoltura e il giardinaggio di Laives…

Gli ambienti terrestri del Mediterraneo hanno subito nel corso dei millenni profondi mutamenti (inquinamento, aumento dei terreni salini, deforestazione, estinzione di un gran numero di specie, effetto serra) determinati in parte dall’attività umana che esercita una pressione sempre maggiore sulle risorse limitate del pianeta. Diventa chiaro che se non si modificheranno le forme di sfruttamento della terra, questa sarà sempre meno capace di supportare la vita. Gli ecosistemi della macchia mediterranea costituiscono un patrimonio inestimabile poiché rappresentano un’importante fonte di biodiversità per numerose specie. A partire dagli anni ’80 il concetto di biodiversità e le problematiche relative alla progressiva perdita di diversità biologica a causa delle attività umane sono diventati oggetto di numerose convenzioni internazionali. Nel 1992, con la sottoscrizione della Convenzione di Rio sulla Biodiversità, tutti gli stati Membri della Comunità Europea hanno riconosciuto la conservazione in situ degli ecosistemi e degli habitat naturali come priorità da perseguire, ponendosi come obiettivo quello di: “Anticipare, prevenire e attaccare alla fonte le cause di significativa riduzione o perdita della diversità biologica in considerazione del suo valore intrinseco e dei suoi valori ecologici, genetici, sociali, economici, scientifici, educativi, culturali, ricreativi ed estetici”…

Rita Leogrande è ricercatrice in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), sede di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio degli effetti sul suolo e sulle colture di tecniche agronomiche sostenibili.

Uccello parasole caruncolato

Il mondo dell’ornitologia è uno dei più sconfinati del Regno animale… basti pensare che è stato stimato che il numero complessivo di specie di uccelli nel mondo varia da 9.100 a 10.000. Studi ancora più recenti, pubblicati nel 2016 dai Dr. George F. Barrowclough, Dr. Joel Cracraft, Dr. John Klicka e Dr. Robert M. Zink (* riferimento allo studio in bibliografia), hanno stimato che le specie scelte con il criterio filogenetico/evolutivo sono arrivate ad un numero che varia tra le 15.845 e le 20.470, con una media di 18.043 specie… praticamente il doppio del numero finora stimato. Vista questa quantità enorme di specie, nessun ornitologo, neanche il più esperto, sarà mai in grado di conoscere tutte le meraviglie alate presenti sul nostro Pianeta. Infatti, ne esistono alcune molto particolari, dall’aspetto a dir poco stravagante, che molti appassionati non conoscono bene. Fu l’ornitologo Philip Lutley Sclater, nel 1859, a classificare la straordinaria specie di cui andremo a parlare in questo testo. Era proprio il 1859, lo stesso anno in cui un naturalista inglese, un certo Charles Darwin, pubblicò il suo capolavoro, ossia il celebre manoscritto “L’origine della specie ad opera della selezione naturale”…

Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone

Istituto Agrario Cuppari

L’Istituto Omnicomprensivo di Alanno (Provincia di Pescara) nasce il 1° settembre 2012 dalla fusione dell’Istituto Comprensivo di Alanno, dell’Itas di Alanno e dell’Ipa di Cepagatti. Il Dirigente Scolastico dell’Istituto Omnicomprensivo di Alanno è la Prof.ssa Maria Teresa Marsili. L’Istituto Tecnico Agrario Statale “P. Cuppari” di Alanno nasce nel 1859, per l’istruzione degli orfani degli agricoltori, e nel 1933 diventa l’attuale Istituto Tecnico Agrario per la formazione di Periti Agrari. Con il nuovo riordino degli istituti superiori di secondo grado diventa nel 2010 Istituto Tecnico per il settore Tecnologico, con corso di studi in indirizzo “Agraria, Agroalimentare e Agroindustria”. La struttura storica ha ospitato la scuola agraria, insieme al convitto, fino all’anno 1982. Dall’anno scolastico 82/83, l’istituto tecnico agrario si è trasferito nell’attuale sede. L’Istituto Professionale per l’Agricoltura di Villareia di Cepagatti è nato nel 1960 ed inizialmente rilasciava la qualifica in “Esperto Floricoltore e Giardinaggio”. A partire dal 1970 fu istituito un corso biennale post- qualifica che consentiva il conseguimento del diploma di Agrotecnico…

Cambiamenti climatici

Quaranta anni fa mi laureavo in scienze forestali con una tesi di laurea dal titolo: “Osservazioni e considerazioni sui terreni agricoli abbandonati nel Chianti senese”, relatore chiar.mo prof. Pietro Piussi, corelatore chiar.mo prof. Pier Luigi di Tommaso, basata sull’osservazione di cinquanta aree di saggio rettangolari posizionate su coltivi abbandonati, scelti con l’osservazione da terra, previa visura delle riprese aeree 1978, nei Comuni chiantigiani di Castellina e Radda. In ciascuna area di saggio veniva rilevata sommariamente la flora erbacea, la lista delle specie legnose presenti, il numero e l’altezza degli esemplari arborei e dei ginepri. I rilievi furono ripetuti sopralluogo nell’ultimo decennio del XX secolo come servizio d’Istituto del Corpo Forestale dello Stato, in vista dell’elaborazione di una metodica per il riconoscimento dei boschi di neoformazione e per la loro definizione legale, come effettivamente avvenne con Legge regionale Toscana n.1/2000…

Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.

Fiori di Sambuco

Il sambuco nero (Sambucus nigra L.), o sambuco comune, è una angiosperma dicotiledone appartenente, secondo la Classificazione APG III, alla famiglia delle Adoxaceae e al genere Sambucus. Diffusa ovunque, sia in Italia che in Europa, dal piano fino a 1400 m di quota, si trova nei luoghi ruderali, lungo i muri, nelle radure e nei boschi umidi. L’etimologia del nome (latino sambūcus o sābūcus, già attestato in Plinio) è incerta ma probabilmente di origine non indoeuropea. Secondo alcuni, il nome Sambuco deriverebbe da “sambuca”, strumento musicale costruito in antichità proprio con il suo legno. Ad esclusione delle parti commestibili (fiori e frutti), tutto il resto della pianta è velenoso, semi compresi, perché contiene una molecola dagli effetti tossici, la sambunigrina.

Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, già docente di Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze