L’ultima riforma della Secondaria Superiore, nota come “Riforma Gelmini”, è stata avviata a partire dalle prime classi dell’a.s. 2010-2011. L’insieme di atti normativi della Repubblica Italiana – emanati durante il governo Berlusconi IV – ha introdotto i Nuovi licei, i Nuovi tecnici e i Nuovi professionali. Il provvedimento ha posto fine alle moltissime sperimentazioni realizzate a partire dagli anni ’90 che avevano portato a un’enorme frammentazione degli indirizzi (204 degli istituti tecnici e 396 dei licei). Il numero delle ore di lezione (tutte di 60 minuti) è stato ridotto in tutti gli indirizzi al fine di rendere più sostenibile il carico orario delle lezioni per gli studenti (max 32 ore, diventate 33 con l’introduzione, nelle prime classi, della Geografia). La riforma ha interessato, ovviamente, anche gli Istituti tecnici agrari che sono rientrati nei Nuovi Tecnici, Settore Tecnologico, Indirizzo Agraria, Agroalimentare e Agroindustria; tre le articolazioni previste, Gestione dell’ambiente e del territorio, Produzioni e trasformazioni, Viticoltura ed Enologia.

Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, già docente di Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze

Paesaggio apuano

Il territorio attuale della Toscana è il risultato di accadimenti politico-militari succedutisi nel corso dei secoli; esso presenta ancora oggi segni delle più antiche civiltà che lo hanno modellato: gli Etruschi, gli Umbri in Casentino e Valtiberina, i Liguri sui rilievi a nord dell’Arno, dalla Lunigiana alla Montagna pistoiese, nella porzione più piovosa dell’Appennino, con gradiente termico accentuato; in pochi Km si passa dal clima mediterraneo a quello gelido e nevoso dell’Appennino. La civiltà romana impose la caratteristica maglia quadrangolare alla limitazione dei campi nelle piane, anche su terreni bonificati a seguito del prosciugamento di paludi, rimpaludatisi nell’alto medioevo, e fondò nuove città in pianura. Le civiltà barbariche, in particolare quella longobarda, confermarono alcuni modelli insediativi precedenti, fondando nuovi centri abitati sui rilievi. I caratteri insediativi e colturali di certe aree si sono conservati anche in età moderna, per esempio ispirando i fondatori ex novo di Castagno di Piteccio (PT) nel XVII secolo…

Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.

Farina di Castagne

La farina di castagne è un prodotto tradizionale di molte zone pedemontane, soprattutto del centro Italia dove, in passato, ha rappresentato una fonte primaria di sostentamento. Gli aspetti qualitativi, per questo tipo di farina, originata da una pianta considerata forestale, non sono molto documentati. Pochi sono i lavori scientifici al riguardo, vista anche la minore diffusione rispetto a farine classiche. I prodotti agroalimentari rivestono fondamentale importanza per l’Italia ed il comparto produttivo è stato uno dei pochi a reggere l’impatto della perdurante crisi economica. Motivo del successo è in parte determinato dall’interesse dei consumatori verso l’alimentazione di qualità e valorizzazione dei prodotti locali. Quando si parla di qualità, molteplici sono gli aspetti che possono essere considerati, legati alla sicurezza, ai caratteri chimici e biochimici, alle sostanze nutraceutiche, per giungere ad uno dei più importati per il consumo. quello organolettico…

Claudio Cantini, primo tecnologo dell’Istituto per la BioEconomia (IBE CNR). Si occupa di progetti di ricerca e trasferimento indirizzati alla caratterizzazione ed utilizzazione della biodiversità agricola nelle filiere agroalimentari.

Patrizia Salusti, Tecnologo Alimentare, libero professionista. Consulente per la Sicurezza e Qualità Alimentare nell’ambito delle certificazioni cogenti e volontarie. Collabora con l’Istituto per la BioEconomia (IBE CNR) a progetti sulla valorizzazione nutrizionale e sensoriale di prodotti agroalimentari.

Letizia Poggioni, Dottoranda in Scienze della Vita presso l’Università degli Studi di Siena. Si occupa di caratterizzazione molecolare e chimica di prodotti alimentari da piante autoctone e di recente introduzione.

Marco Romi, Tecnico di Ricerca nel Team Folia – Food Laboratory for Innovation and Agrobiodiversity – presso il Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Siena.

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia.

Uva Teroldego

E’ considerato il vino rosso più prestigiosodella provincia di Trento: stiamo parlando del Teroldego Rotaliano, la più piccola Doc della Regione Trentino Alto Adige, che ha la sua culla di origine nella Piana Rotaliana. Quest’ultima, chiamata anche Campo Rotaliano, è una pianura alluvionale tra il fiume Adige ed il torrente Noce, situata nella zona nord del Trentino al confine con l’Alto Adige. Ha la forma di un vasto triangolo racchiuso fra le sponde dei due fiumi, con al vertice la “gola della Rocchetta” che dà inizio alla Val di Non, ed è circondata su tre lati da un alto baluardo di pareti rocciose che la proteggono dai venti freddi e a nord/est dalla chiusa di Salorno, provincia di Bolzano. Le condizioni pedoclimatiche di questa zona esaltano le caratteristiche del vitigno Teroldego, permettendogli di esprimere al meglio le qualità e sviluppandone mineralità, vigoria e carattere.

Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, insegna Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze.

Peperone Teseo F1

Per coltura protetta s’intende la produzione, in massima parte ortofloricola e vivaistica, che si esegue in ambiente protetto, influendo sul controllo dei fattori ambientali che condizionano la crescita della pianta. Le “protezioni” impiegate vanno dal semplice tunnel in plastica, posto sulla singola fila, a serre-tunnel in film plastico, fino alle serre in vetro con struttura in ferro o in alluminio. Le colture protette rivestono in Italia una notevole importanza economica sia per la loro ragguardevole produzione, destinata anche all’esportazione, di prodotti freschi a largo consumo e di prodotti floricoli. La serra è una struttura utilizzata per la coltivazione e/o la protezione di piante che sfrutta la trasmissione della radiazione solare, sotto condizioni controllate, per migliorare l’ambiente di crescita, con dimensioni tali da consentire alle persone di lavorare al suo interno…

Gennaro Pisciotta, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università G. Marconi – Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate di Roma, è Agrotecnico Laureato ed Enologo Enotecnico libero professionista Maestro Assaggiatore ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio). Ha insegnato presso l’ISIS “Falcone” di Pozzuoli (Napoli) fino al 26/09/2018

La sigla ISO 14001 (UNI EN ISO 14001) identifica una norma tecnica internazionale, ad adesione volontaria, che certifica il Sistema di Gestione Ambientale (SGA) e che ne fissa i requisiti per organizzazioni pubbliche e private. Questa norma non è altro che un documento che stabilisce delle regole tecniche da seguire per garantire la sicurezza, il rispetto dell’ambiente e la certezza dei risultati riguardo sistemi di gestione ambientale, proponendo uno standard condiviso e affidabile. La certificazione, come per tutte le norme ISO, non è obbligatoria, ma diventa un valore aggiunto verso il mercato, in quanto indica la capacità dell’organizzazione nel tenere sotto controllo gli impatti provenienti dalle proprie attività e l’impegno della stessa nella ricerca di un miglioramento del proprio metodo di gestione dell’ambiente in maniera sempre più efficace in termini di sostenibilità.

Emanuele Zazza – Tecnico superiore per le Certificazioni e la Valorizzazione delle imprese biologiche e agroalimentari.
Andrea Erbosi – Tecnico superiore per le Certificazioni e la Valorizzazione delle imprese biologiche e agroalimentari.
Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.

Pecore Sarde

L’allevamento ovino in Toscana assume rilievo e importanza per la consistenza numerica dei capi allevati rappresentando a livello nazionale il 6% del totale. Le pecore, prevalentemente di razza Sarda, sono allevate in aziende di medie/grandi dimensioni concentrate nelle province di Grosseto, Siena, Pisa e Firenze. Nelle altre province, in particolare Massa Carrara, Lucca, Pistoia, Pisa e Livorno, sono presenti, in aree montane e pianeggianti, aziende di piccole/medie dimensioni che allevano pecore di razza massese. I risultati conseguiti dalle aziende agropastorali toscane, nel tempo hanno consentito di raggiungere un’elevata qualità dei prodotti derivati, alcuni dei quali valorizzati tramite marchi DOP, ampiamente apprezzati sia sul mercato nazionale che estero. Tuttavia, vi sono margini di miglioramento e ottimizzazione della filiera, soprattutto per quanto riguarda le tecniche gestionali delle aziende e di lavorazione del latte.

Giovanni Brajon – Responsabile Unità Operativa Territoriale Toscana Centro dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana ‘M. Aleandri’.

Rudolf Steiner nasce a Donji Kraljevec nell’allora Regno di Ungheria, ora Croazia, il 27 febbraio 1861, sotto l’impero asburgico. In seguito la famiglia si trasferisce a Pottschach, ai confini con la Stiria, a 70 km da Vienna. Il contatto con il paesaggio circostante viene descritto con trasporto da Steiner e tale ricordo diverrà anche tema di alcune sue pagine, a testimoniare il sodalizio con la natura siglato nel primo periodo dell’esistenza. Dopo pochi anni, nel 1869, un nuovo trasferimento a Neudörfl, in Ungheria. Dal 1879 al 1883 studia nella Facoltà di matematica, storia naturale e chimica del Politecnico di Vienna. In questa città, baricentro culturale e fucina di idee innovative, entra in contatto con l’Idealismo, sviluppatosi in Germania tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, e con la letteratura tedesca che, grazie all’influenza dello studioso di Goethe Karl Julius Schröder (1825-1900), ne influenzeranno l’evoluzione interiore e indirizzeranno le riflessioni e gli studi, pervadendo le opere future. A questo periodo risale anche la significativa conoscenza di un contadino erborista, Felix Koguski (1833-1909), di cui Steiner elogia la profonda ed occulta sapienza.

Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, insegna Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze.

esemplari di Calotta Bianca

Quando si parla di Colombi ornamentali, ci si trova davanti ad una moltitudine di forme e di colori, una incredibile varietà di razze, molte delle quali allevate da decenni anche in Italia. Visionando attentamente la lista delle razze di Colombi riconosciute dalla Federazione Italiana Allevatori Colombi (*F.I.A.C.) e dalla Entente Europeenne d’Avicultura, di Cunicultura e di Colombicultura (*E.E.), si ha però subito l’impressione di non riuscire a focalizzare un’immagine identificativa corrispondente a tanti dei nomi indicati. Molte delle razze elencate non si sono mai viste qui in Italia. La nostra “tradizione colombofila” annovera tutt’oggi dei grandissimi allevatori, competenti e stimati a livello europeo, ma da parecchi anni ci siamo concentrati principalmente su quelle 25-30 razze più comuni e più reperibili, tralasciando parecchie razze non meno interessanti e non meno attraenti, esteticamente parlando.
In questo articolo ho voluto trattare una di queste razze, una tipologia di colombo piuttosto rara in Italia, ma che sicuramente merita di essere conosciuta.

Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone

I novel food sono alimenti o ingredienti “nuovi” rispetto a quelli tradizionalmente intesi. Questo concetto è stato introdotto per differenziarli dai prodotti consumati in modo significativo prima del Regolamento CE 258 del 1997. Tali alimenti, quindi, non sono nuovi per i consumatori, infatti tale diversificazione è stata operata allo scopo di fornire una maggiore protezione ai cittadini europei. Dal 1° gennaio 2018, il Regolamento (UE) 2015/2283 sui nuovi alimenti (novel food), è entrato in vigore abrogando il precedente Regolamento (CE) 258/97. Nel nuovo regolamento, come peraltro già previsto nel precedente, per novel food si intendono tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo “importante” al 15 maggio 1997 all’interno dell’Unione Europea, e che, quindi, devono comunque sottostare ad un’autorizzazione per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio.

Mauro Bertuzzi, laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Milano, è Presidente del Collegio dei revisori dei conti per l’Ordine interprovinciale di Milano e Lodi degli Agrotecnici e Agrotecnici Laureati.

Xylella

Al netto delle considerazioni sulla divergenza fra fenomeno osservato (disseccamento) e propagandato (malattia dovuta alla Xylella), delle misure di lotta adottate contro il batterio note per la loro inefficacia in letteratura così come alle istituzioni europee (EFSA, 2015), della correlazione scientificamente fondata fra salute del suolo, uso di prodotti chimici e vulnerabilità delle piante agli agenti patogeni, delle contraddizioni e delle anomalie nella gestione della cosiddetta emergenza Xylella, nonché dei molteplici aspetti di irregolarità e negligenza accertati dalla Procura di Lecce e tali “da mettere in serio dubbio anche i risultati degli accertamenti in campo” (Ciervo, 2020[1]), i finanziamenti di cui sopra rischiano di dare un colpo definitivo al paesaggio, all’ambiente e all’economia locale di una Terra già fortemente danneggiata dalle misure finora adottate. I finanziamenti di cui sopra rischiano di cancellare per sempre il Sud della Puglia per come lo sconosciamo, terra di ulivi secolari e millenari.

Margherita Ciervo – Professore aggregato e ricercatore in Geografia economica e politica, Università di Foggia. Associate Researcher presso University of Liège. Si occupa da oltre sei anni della questione Xylella. Sul tema ha scritto diversi articoli scientifici e l’e-book a libero accesso “Il disseccamento degli ulivi in Puglia. Evidenze, contraddizioni, anomalie, scenari”