di Annabella Vitalone e Diana Oriente
Quando si parla di ecosistema intestinale (Fig. 1) l’opinione comune fa riferimento al solo microbiota intestinale, in realtà, quest’ultimo riguarda anche la barriera intestinale ed il sistema nervoso enterico (SNE). L’equilibrio di tutto l’ecosistema, dinamico e resiliente nei confronti degli stimoli esterni, garantisce l’omeostasi dell’intestino e, persino, dell’intero organismo. Infatti, il microbiota è costituito da diversi ceppi batterici, ognuno dei quali esplica azione antinfiammatoria, pro infiammatoria o possono avere patogenicità latente. La barriera intestinale, invece, svolge prevalentemente funzione di nutrimento e di prima difesa, grazie alle tight junctions (giunzioni strette tra cellule epiteliali intestinali in grado di ostacolare il passaggio di corpi estranei all’interno del lume). Il sistema nervoso enterico è un vero e proprio secondo cervello che, attraverso una fitta rete neurale e principalmente grazie al nervo vago, invia e riceve segnali dal sistema nervoso centrale, andando ad influenzare le reazioni dell’organismo a stimoli diversi.
Figura 1. Rappresentazione dell’ecosistema intestinale e dei suoi principali elementi [elaborata da Oriente, 2024]
Esiste una forte correlazione tra gli squilibri di tale ecosistema e l’insorgenza delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI). Le più rappresentative sono il Morbo di Crohn (MC) e la rettocolite ulcerosa (RU); sono malattie immuno-mediate caratterizzate da periodi di inattività e con alta probabilità di ricaduta. Nei soggetti affetti da tali patologie si riscontrano sintomi comuni dovuti alla risposta immunitaria abnorme, responsabili di problemi prettamente intestinali, come nausea, vomito, crampi addominali, con conseguenze più generalizzate, come malnutrizione e stanchezza cronica, fino a disturbi psicologici quali ansia, insonnia e depressione, in parte scaturiti dalle condizioni limitanti in cui si ritrovano questi pazienti e in parte dovuti proprio alla conseguenza di alterazioni degli elementi dell’ecosistema intestinale. Osservando il quadro clinico si può riscontrare una alta affinità con le condizioni cliniche dei soggetti celiaci. Infatti in essi l’ingestione di alimenti contenenti glutine provoca una risposta immunitaria molto pronunciata, tale da provocare danni anche all’epitelio, con il conseguente appiattimento dei villi intestinali. A differenza della celiachia, nelle MICI non si conosce l’eziologia che causa la forte risposta immunitaria, ma anche nei soggetti affetti da tali patologie si hanno conseguenze sull’epitelio, come tumefazioni e persino ulcere sanguinolente. I farmaci tradizionalmente usati (mesalazina, corticosteroidi, anticorpi monoclonali e immunosoppressori) vanno solo a migliorare la sintomatologia, ma non tengono conto della condizione complessiva del paziente che spesso si trova una perdita di risposta terapeutica; inoltre presentano anche numerosi effetti indesiderati come infezioni, reazioni locali e anche neoplasie maligne [Nishida et al., 2018]. Nei celiaci una dieta ferrea, in cui si prevede l’esclusione degli alimenti contenenti glutine, porta già da sé ad un miglioramento dei sintomi [Dal Bello et al., 2022]. Una recente tendenza nell’approccio a problemi intestinali è quella di affidarsi a trattamenti che prevedono l’utilizzo di piante officinali.
L’acemannano: dall’aloe un potenziale trattamento nelle patologie intestinali e non solo.
Scoperto di recente, l’acemannano (AC), è un polisaccaride con caratteristiche uniche del suo genere. Esso è contenuto quasi esclusivamente nell’aloe. Questa pianta succulenta che appartiene alla famiglia delle Liliaceae, sta riscontrando un grande successo grazie alle sue molteplici proprietà, che la ricerca sta continuando ad analizzare e sembra che la sua azione benefica sia dovuta principalmente alla presenza di questa molecola. La specie più conosciuta ed utilizzata è Aloe barbadensis Mill., o Aloe Vera L. (Fig. 2).
Figura 2. Pianta adulta di Aloe vera L [modificata da Zepigi et al., 2023].
Le sue foglie (Fig. 3) hanno un parenchima mucillagginoso molto più abbondante rispetto alle altre specie e, inoltre, contenente grandi quantità della molecola di nostro interesse.
Figura 3. Sezione trasversale microscopica della foglia di Aloe vera [modificata da Poli et al., 2019].
La foglia intera rappresenta la droga dell’aloe (Fig. 4) dalla quale si ricava il preparato totale, che contiene tutto il fitocomplesso della pianta. Esso può essere distinto in succo, che scorre all’interno di fasci collettori presenti tra l’epidermide fogliare ed il parenchima; è costituito principalmente da antrachinoni, che gli conferiscono la sua attività come purgante drastico ma, allo stesso tempo, sono la causa per cui attualmente ne è vietato l’utilizzo negli integratori alimentari (ciò sembra dovuto alla potenziale attività cancerogena genotossica dei derivati dell’idrossiantracene, tra cui appunto l’aloina e l’aloe-emodina) [Reg. UE, 2021][1]. Il gel, l’altro costituente del preparato totale, che rappresenta il parenchima stesso, ed è la parte ricca di polisaccaridi ad alto peso molecolare, tra cui l’acemannano [Poli et al., 2019].
Figura 4. Preparati derivanti dalla lavorazione delle foglie dell’aloe [elaborato da Oriente, 2024].
L’AC è estratto in etanolo e successivamente liofilizzato per ottenere una polvere idrosolubile, essa è in grado di svolgere diverse attività biologiche, che dipendono dal metodo estrattivo (Fig. 5). Esso prevede una prima liofilizzazione, per produrre la flocculazione ed ottenere così una spuma bianca concentrata di acemannano, in frammenti più piccoli. Essa a sua volta viene nuovamente liofilizzata, per eliminare residui liquidi e purificata attraverso un metodo cartografico.
Figura 5. Processo di estrazione dell’acemannano: (a) Pianta di Aloe vera (L) Burm.f., b) Foglia parzialmente “sfilettata” di Aloe vera, (c) Estratto acquoso liofilizzato e in polvere del “filetto” della foglia interna, (d) Polvere idratata (25 ml di acqua) in polvere, (e) Flocculazione dell’acemannano dopo l’aggiunta di etanolo e (f) Acemannano prima dell’evaporazione dell’etanolo [modificata da Sadgrove et al., 2021]
L’acemannano (Fig. 6) è un polisaccaride costituito da una catena centrale di molecole di mannosio acetilato e piccole quantità di glucosio con legami β−1,4 e ramificazioni di galattosio β−1,6. Le attuali ricerche confermano che i gruppi acetile sono i principali responsabili delle varie attività dell’AC. Essi permettono a questa molecola idrofila di agire efficacemente, garantendole una buona sicurezza d’impiego [Bai et al., 2023].
Figura 6. Sinistra: Catena di acemannano proposta da Chokboribal [modificata da Minjares-Fuentes et al., 2018]. destra: Unità monomeriche di mannosio acetilato [modificata da Bai et al., 2023].
Il meccanismo d’azione consiste nella capacità di queste acetilazioni di interagire coi recettori toll-like dei macrofagi, inducendoli ad una maggior secrezione di citochine e la loro stessa attività fagocitaria. Ad alte concentrazioni, l’AC permette il riconoscimento di alcuni specifici patogeni e persino delle cellule tumorali, garantendo una risposta immunitaria specifica agli agenti nocivi. Inoltre, anche in bassissime quantità, agisce come antinfiammatorio, aumentando la produzione di citochine e prostaglandine 2. Quando interagisce coi fibroblasti, ne favorisce la proliferazione, la maggiore produzione di collagene tipo 1 e la riorganizzazione nel tessuto compromesso. Recentemente dalla ricerca scientifica è emerso che la somministrazione di AC, in presenza di infiammazioni intestinali croniche o acute, va a migliorare il quadro clinico del paziente. Oltre a favorire il ripristino dell’epitelio, agisce come inibitore dei radicali liberi migliorando l’ambiente del lume intestinale [Liu et al., 2019]. A livello tissutale va a ripristinare l’espressione delle proteine di aderenza favorendo le giunzioni strette tra eritrociti. La sua azione trofica e prebiotica permette una maggior produzione da parte dei batteri del microbiota intestinale di acidi grassi a catena corta (AGCC), che contrastano la produzione di NO e TNF-α, principali fattori che causano la permeabilità della barriera intestinale (Fig. 7).
Figura 7. Schematizzazione dell’azione delle nanovescicole dell’aloe utilizzate in uno studio clinico che dimostra l’efficacia dell’AC, ottenuto dal gel di aloe, nelle infiammazioni intestinali [modificato da Choi et al., 2023].
In conclusione possiamo affermare che l’acemannano è un valido alleato dell’ecosistema intestinale (Fig. 8) in quanto, da solo o in sinergia con altri elementi costituenti il fitocomplesso del gel di aloe, è in grado di ripristinare la barriera intestinale, permette la proliferazione microbica dei batteri commensali, utili. Proprio attraverso questi meccanismi, abbiamo conferma di un miglioramento clinico della condizione del paziente, sia a livello intestinale ma anche nel miglioramento dei disturbi psicofisici associati a tali patologie. Pertanto l’utilizzo di AC potrebbe essere utile come trattamento nelle MICI, sia come terapia che come supporto nelle cure. Infatti le sue proprietà terapeutiche permettono di scongiurare episodi recidivanti nelle patologie oggetto di tale studio. Sarebbe interessante approfondire un suo utilizzo nei pazienti celiaci (grado lieve/moderato) per accelerare un miglioramento della condizione dell’epitelio intestinale, sia della barriera che dei villi alterati. Si auspica che un maggiore interesse venga rivolto in tal senso da parte della ricerca scientifica (Fig. 8).
Figura 8. Schematizzazione delle diverse attività biologiche dell’acemannano [elaborato da Oriente, 2024].
Sunto ed aggiornamento dall’elaborato di tesi di Laurea in Farmacognosia, Fitoterapia e Fitovigilanza del Corso di laurea in Scienze Farmaceutiche Applicate (curriculum Erboristeria), Sapienza – Università di Roma
Relatore: Prof.ssa Annabella Vitalone – Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia “V. Erspamer”, Sapienza – Università di Roma
Studentessa: Dott.ssa Diana Oriente, laureata in Scienze Farmaceutiche Applicate, Sapienza – Università di Roma. E-mail: diana.est111282@gmail.com
[1] A seguito della sentenza del tribunale europeo (13 novembre 2024) il Reg (UE) 468/2021, che prevedeva il divieto di commercializzazione delle preparazioni a base di foglie di specie di Aloe contenenti derivati dell’idrossiantracene, è stato annullato. Il suddetto decreto è stato annullato nella sua totalità; pertanto cessano si esistere anche le possibili restrizioni alla vendita di piante come Senna, Rabarbaro, Frangula e Cascara.