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di Paolo Degli Antoni

Il romanticismo è un movimento culturale fortemente connesso al paesaggio, enfatizzato in letteratura e molto raffigurato in pittura, fino a diventare soggetto esclusivo, ma anche intenzionalmente trasformato nel tentativo di adeguare quello reale a quello idealizzato.
A partire dalla fine del XVIII secolo, l’industrializzazione, l’urbanizzazione e l’infrastrutturazione modificano l’aspetto dell’Europa e del Nordamerica in un modo che non piace soprattutto alle classi sociali più elevate, il cui successo economico è dovuto proprio a queste trasformazioni. Da questa contraddizione nasce una tensione intellettuale, emotiva e spirituale che spinge verso un altrove fisico o immaginario.
Il viaggio verso mete esotiche diverse da quelle dei gran-turisti dei secoli precedenti è particolarmente favorito dal colonialismo nel quale si avventurano tanti Stati, massimamente quelli imperialisti come il Regno Unito e la Francia. Nel modo germanico si afferma un turismo biedermeier di corto raggio, adatto alla piccola borghesia, testimoniato e valorizzato da artisti come Caspar David Friedrich, della cui nascita ricorre quest’anno il 250° anniversario e che nel 1818 si ritrae di spalle come viandante nel mare di nebbia in una delle prime mete turistiche mitteleuropee e in viaggio di nozze presso le bianche scogliere di Rügen, in entrambi casi enfatizzando il senso dell’infinito tipicamente romantico.
In Paesi in fase di liberazione dalla sudditanza coloniale, come la Norvegia, alcuni pittori ritraggono vedute caratteristiche della loro patria con intento realistico e accurato naturalismo, ma poiché quelle vedute assumono carattere pittoresco, esotico ed eroico agli occhi dei mitteleuropei, esse vengono molto apprezzate all’estero perché rispondono alle aspettative psico-sociali degli acquirenti; Johan Christian Dahl riscuote grande successo a Dresda. Luce e colori nordici spingono anche Claude Monet ad avventurarsi in Norvegia nell’inverno 1895.

Paesaggio norvegese

La veduta odierna di Ny Hellesund (Agder, Norvegia) differisce dal dipinto eseguito nel 1881 da Amaldus Nielsen per le barche non più solo a vela o a remi e per la vegetazione arborea in progressiva ripresa dopo la cessazione del pascolo ovino transumante.
La pittura impressionista e macchiaiola in pien’aria immortala paesaggi spesso normanni, toscani e liguri restituendone la misera copertura boschiva, effetto del lavoro agricolo e pastorale delle troppo numerose e povere popolazioni rurali, e il nascente sviluppo della promettente villeggiatura marina.
Soggiorni montani dei pittori ispirano raffigurazioni di un Appennino spoglio, per esempio in “fine d’agosto a Pietramala” di Telemaco Signorini. Il pittore odierno Mauro Falzoni in una conversazione in sala consiliare a San Marcello Pistoiese compara le vedute dipinte nel 1861 dai macchiaioli Odoardo Borrani e Raffaello Sernesi col paesaggio attuale: “l’aspetto delle montagne, allora, come si può agevolmente osservare nei quadri, era parecchio diverso da quello odierno. I disboscamenti alla peggio, come dice il Giusti, dovuti sia all’attività delle ferriere, sia alla pastorizia e all’agricoltura, le avevano completamente spogliate delle foreste”.

Paesaggio della montagna pistoiese

La boscosa veduta odierna da Oppio su San Marcello e Gavinana è utilizzata dal PIT Piano paesaggistico della Toscana come modello esemplificativo dell’ambito n.5 Montagna pistoiese
A partire dalla Normandia, approdando più recentemente a Castiglioncello e a Livorno, è in uso apporre pannelli illustrativi lungo percorsi turistici, che consentono di comparare quadri ottocenteschi con la reale veduta odierna. Questa usanza comparativa viene mutuata anche a fini promozionali, in un caso per promuovere le energie rinnovabili (es. ANDEL in Danimarca), in un altro per raccogliere sottoscrizioni contro la costruzione di una funivia.
Il romanticismo non si limita a raffigurare il paesaggio, magari per compiacere le aspettative del pubblico, ma ne crea di alternativi, a cominciare dai giardini. Nel Regno Unito si piantano esemplari di specie provenienti dalle diverse colonie, anche per sperimentarne la resistenza per poi coltivarle in altre colonie; nei giardini si fa a gara a chi spinge più a nord la coltivazione delle specie ornamentali. Nella Cornovaglia devastata dall’estrazione del carbone, con paesaggio segnato dai cumuli di scorie, si creano giardini esotici, con alberi, arbusti e palme da ogni continente, anche per vantare la mitezza del clima locale.

Paesaggio in Cornovaglia
Morrab Gardens a Penzance, Cornovaglia, UK

A Firenze e dintorni si impegnano giardinieri stranieri, dall’aggiornato gusto romantico: il boemo Josef Fritsch alla Petraia e a Pratolino si basa sulla vegetazione potenziale del Granducato, l’anglo-uruguaiano Cecil Pinsent e il polacco Mariano Ambroziewicz reinventano il giardino all’italiana basandosi sugli esempi rinascimentali presenti (es. villa reale di Castello, villa Medici a Fiesole), ma lavorandoci molto di fantasia e sovraccaricando il paesaggio semirurale di segni non pertinenti, adatti piuttosto alla committente comunità anglo-americana, così numerosa a cavallo dei secolo XIX e XX.

Giardini di Villa La Petraia a Firenze
Pini d’Aleppo, cipressi, lecci  e corbezzoli nel parco romantico di villa La Petraia

Solo dove il giardiniere non si accanisce nell’imporre l’ordine previsto, la biodiversità naturale trova il suo spazio. Per esempio, ove si evitino concimazioni, lavorazioni del terreno e sfalci troppo precoci, nella valle del Mugnone si registrano 33 specie di orchidee selvatiche, anche nei parchi di villa Demidoff e di villa La Pietra. Similmente, nei boschetti ispirati alla vegetazione potenziale, possono diffondersi orchidee d’ambiente forestale, ciclamini e violette.

Giardino di Boboli a Firenze
Popolamento di Serapias lingua in prateria povera al giardino di Boboli

Durante la breve e tardiva avventura coloniale italiana, palme nane e da datteri vengono estesamente impiegate in giardini e piazze urbane, a evocare Tripoli.
In tempi più recenti la falsificazione evocativa del paesaggio si realizza anche con rimboschimenti finalizzati non solo alla produzione legnosa, ma anche a conferire ai luoghi un aspetto visivo attrattivo per i villeggianti; è il caso della borealizzazione con conifere alpine e nordamericane dell’Appennino tosco-emiliano-romagnolo, a quote più adatte a castagneti e cerrete, talvolta spinta fino al margine superiore degli oliveti.
La nuova formulazione dell’art.9 della Costituzione dovrebbe finalmente riequilibrare a favore della natura la percezione e la tutela del paesaggio, fino a mezzo secolo fa concepito unicamente come patrimonio storico-artistico, bene culturale e fenomeno letterario.

Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione.

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