Il riccio, alleato dell’uomo nella difesa delle colture
di Nicolò Passeri e Francesca Capuano
Introduzione
In Italia vive sia il riccio europeo (Erinaceus europaeus, L.) che il riccio orientale (Erinaceus concolor Martin, 1838), animale benvoluto in particolare da chi possiede un orto o un giardino.
Le leggende più diffuse che riguardano questo animale, trattano del tema della protezione: il riccio dovrebbe essere animale avverso a streghe e degli spiriti maligni. Si narra che il riccio, grazie ai suoi aculei affilati, sia in grado di respingere le forze oscure e di proteggere le abitazioni da influenze malefiche. Questa credenza ha contribuito a conferire al riccio un’aura di simbolismo protettivo e di buon auspicio.
In alcune regioni italiane, il riccio è anche associato alla fortuna e alla prosperità. Si crede che avvistare un riccio durante una passeggiata porti fortuna e buoni auspici, soprattutto se il riccio è avvistato vicino a una casa o a un terreno agricolo. Questa convinzione riflette la percezione positiva che si ha nei confronti di questo animale.
Inoltre, il riccio è spesso presente nella letteratura e nella cultura popolare italiana. È protagonista di racconti e favole, dove viene rappresentato come un animale coraggioso e saggio, capace di superare le avversità grazie alla sua intelligenza e alla sua determinazione.
Gianni Rodari nella sua favola “il Riccio e la Volpe” narra di un riccio e una volpe che si incontrano nel bosco. La volpe, desiderosa di cacciare il riccio, lo invita a seguirlo in una caccia insieme. Tuttavia, il riccio accetta solo se può camminare davanti a lei. Durante la caccia, il riccio si avvale della sua astuzia e delle sue difese naturali, guidando la volpe in una serie di pericoli, come rovi e cespugli spinosi. Alla fine, la volpe, esausta e ferita, si arrende e chiede perdono al riccio per il suo inganno. Il riccio, dimostrando saggezza e compassione, perdona la volpe e le offre consigli su come comportarsi in futuro.
Oppure Calvino in “Fiabe italiane” narra la storia delle avventure di un riccio e una rosa che si trovano ad affrontare le difficoltà e i pericoli del mondo esterno insieme. Attraverso varie avventure e ostacoli, il riccio e la rosa dimostrano coraggio, determinazione e solidarietà, affrontando insieme le avversità e trovando infine la felicità.
Il riccio è anche presente in numerose opere d’arte e nella tradizione artistica italiana, dove viene raffigurato in modo realistico o simbolico.
Figura 1 – Riccio nei primi stadi di crescita (fonte: Francesca Capuano)
Biologia ed habitat
Il riccio è un animale dall’aspetto inconfondibile: il corpo tozzo è ricoperto da centinaia di aculei molto duri accumulati, lunghi fino a 3 cm.
Il muso è appiattito, gli occhi sono piccoli le orecchie rotondeggiante sono quasi nascoste dal pelame, il quale oltre la testa copre anche il ventre e le zampe. Queste sono molto corte, munite di cinque dita con unghie molto forti.
Il riccio è noto come mammifero notturno, con il dorso rivestito di aculei. La coda è corta e poco pelosa. Il colore degli aculei è fulvo scuro alla base e biancastro sulle punte, il pelo invece è di colore bruno chiaro. Le dimensioni della testa sono di 220 – 275 mm, la coda è di 20 25 mm, il peso di un individuo adulto oscilla tra la tra 400 g e 1200 g.
È diffuso praticamente in tutto il paese nelle campagne anche nei nuclei urbani dove esistono più aree verdi.
Preferisce luoghi con molti ripari e popola ambienti dal livello del mare fino a 2000 m di altitudine.
Si ciba di invertebrati come insetti vermi e lumache, ma sovente non disdegna di cacciare piccoli rettili e uccelli che nidificano sul terreno.
A volte scava nel terreno soffice una tana a due entrate; una viene chiusa con foglie secche a seconda della direzione del vento. Durante il sonno diurno il riccio non ama le correnti d’aria e per il fatto di non sopportare l’eccessiva umidità evita le aree paludose.
Il riccio è fedele al territorio in cui vive.
Le aree occupate rivestono un raggio di 200-300 m di diametro a partire dalla tana. Segue metodicamente percorsi precisi nelle sue uscite notturne. Anche gli orari di caccia sono sempre gli stessi: la prima uscita impegna il riccio a partire dalle 18, la seconda due ore dopo la mezzanotte e l’ultima prima dall’alba.
Utile nelle piante coltivate, in quanto caccia una grande quantità di larve insetti sgraditi agli agricoltori e giardinieri, nelle zone ricche di cespugli di vegetazione di tutta Italia.
Le prede vengono catturate dall’oscurità con l’aiuto dell’olfatto sensibile, che serve a segnalare la presenza di nemici: un uomo a distanza di 10 m mette in guardia un riccio selvatico e lo fa allontanare. Normalmente questo animale solitario rifugge degli incontri con altri ricci.
In aprile, nel periodo degli amori, il maschio corteggia per diverse notti la femmina, e allontana i rivali che si avvicinano.
Dopo l’accoppiamento i partner vivono insieme nella tana della femmina fino a poco prima della nascita dei piccoli, tra maggio e settembre, quando il maschio viene allontanato e riprende la sua vita solitaria.
I piccoli, da cinque a dieci per parto, iniziano a seguire la madre nelle spedizioni di caccia alla fine della quarta settimana dalla nascita: quando un piccolo perde il contatto con la madre fischia e sbuffa affinché questa non lo ritrova.
Raggiunta l’autosufficienza i giovani vengono allontanati dalla tana della femmina, che a volte partorisce di nuovo nel corso della stessa stagione.
Al sopraggiungere dei primi freddi il riccio, che ha accumulato una buona riserva di grasso corporeo, chiude l’apertura della tana, tappezzandola con erbe e foglie, e va in letargo. Si risveglierà poi tra marzo e aprile.
Il riccio cattura grandi quantità di insetti, lombrichi, millepiedi, può catturare anche a rospi, bisce, vivere e topolini.
Può cibarsi anche delle uova delle specie che nidificano al suolo, distruggendone quantità notevoli. I cibi vegetali vengono utilizzati solo in caso di necessità.
È immune a vari veleni ed alcuni studiosi credono che questa sua resistenza nasca dall’assunzione di sostanze velenose presenti nella sua alimentazione, che ne aumentino la tolleranza.
Un comportamento caratteristico del riccio è definito auto-sputo: dopo essersi riempito la bocca di saliva questo animale sputa e lo lancia sulle sule spine. Si tratterebbe di un’abitudine ereditata degli antenati destinato a diminuire il calore corporeo per mezzo dell’evaporazione. L’utilizzo della saliva potrebbe servire per liberarsi dei parassiti, certamente non raggiungibili con bocca e zampe.
Il fabbisogno giornaliero di cibo è di circa 200 g, ma vi sono esemplari che arrivano a nutrirsi di 700 g di cibo.
Figura 2 – Riccio in posizione di difesa (fonte: Francesca Capuano)
Utilità negli agro ecosistemi
Per la sua indubbia utilità contro gli insetti dannosi riccio viene introdotto in numerose isole del Mare del Nord. In nemici naturali del riccio sono: grossi gufi e rapaci con zampe protette da pelle spessa robusta, mentre i disturbatori possono arrecare pochi danni quando l’animaletto si richiude a palla lasciando all’esterno solo gli aculei.
Le fasce tampone, la gestione delle siepi, le pratiche di agricoltura biologica che hanno un impatto positivo sulla diversità del paesaggio, creano habitat per la fauna selvatica. Di conseguenza, le aziende agricole miste con aree di pascolo, colture arative e campi lasciati a riposo sono potenziali ambienti habitat per i ricci. Aumentando l’eterogeneità nel paesaggio attraverso l’aumento di habitat marginali, boschetti, usi del terreno diversi con comfort e giardini intorno agli edifici aiuterà la costituzione di aree rifugio e foraggiamento per questi mammiferi (Yarnell, 2020).
Il riccio svolge un ruolo significativo negli agroecosistemi grazie al suo regime alimentare e al suo comportamento predatorio nei confronti di vari invertebrati dannosi per le colture.
Il riccio svolge un ruolo ambientale cruciale all’interno degli ecosistemi agisce come importante agente di controllo delle popolazioni di insetti dannosi per le colture agricole, contribuendo così al mantenimento dell’equilibrio ecologico. Il suo regime alimentare vario, che comprende insetti, vermi e altri invertebrati, aiuta a ridurre la necessità di utilizzare pesticidi chimici dannosi per l’ambiente, promuovendo un approccio più sostenibile all’agricoltura. Inoltre, il riccio favorisce la fertilità del suolo attraverso l’aerazione e il mescolamento del terreno durante la ricerca del cibo, contribuendo così alla salute generale dell’ecosistema.
Il riccio si nutre principalmente di insetti, lumache, vermi e altri invertebrati presenti nell’ambiente agricolo. Questi includono insetti dannosi per le colture come coleotteri, larve, afidi e loro forme larvali. La loro presenza contribuisce a controllare naturalmente le popolazioni di questi insetti, riducendo la necessità di utilizzare prodotti di sintesi dannosi per l’ambiente.
Agendo come predatore naturale, il riccio contribuisce a mantenere un equilibrio ecologico negli agroecosistemi. Prevenendo l’eccessiva proliferazione di alcuni invertebrati, aiuta a preservare la diversità biologica e la stabilità degli ecosistemi agricoli.
Il riccio, cacciando e scavando nel terreno alla ricerca di cibo, favorisce l’aerazione del suolo e il mescolamento di materiale organico. Questo processo aiuta a migliorare la struttura del suolo e favorisce la decomposizione della materia organica, contribuendo alla fertilità del terreno.
La sua presenza nelle aree rurali e urbane sottolinea la connessione tra l’ambiente naturale e quello antropizzato, servendo da ponte tra gli ecosistemi naturali e quelli domestici. Infine, il riccio agisce anche come elemento chiave della catena alimentare, fornendo cibo per predatori più grandi come rapaci e carnivori. In questo modo, il riccio ha un impatto significativo sulla biodiversità e sulla stabilità degli ecosistemi, svolgendo un ruolo fondamentale nella conservazione dell’ambiente naturale.
Tra i possibili fattori declino delle popolazioni di ricci vi sono la predazione da parte dei tassi, un aumento della densità stradale e del traffico, l’uso intensificato di prodotti di sintesi agricoli, e i cambiamenti nell’habitat legati alle pratiche agricole moderne. Curiosamente, i ricci sembrano ora essere più comuni nelle aree abitate dall’uomo rispetto agli habitat agricoli, forse a causa della minor presenza di alcuni tipi di predatori, dell’aumento della disponibilità di cibo o altre risorse fornite dagli esseri umani. Nonostante i potenziali vantaggi delle aree urbane, uno dei principali problemi affrontati dai mammiferi terrestri è semplicemente quello di muoversi attraverso l’ambiente urbano minimizzando i rischi associati alla mortalità naturale e antropica e al disturbo.
I ricci privilegiano ambienti rurali antropizzati rispetto a terreni agricoli aperti, il terreno arato è poco appetibile. Ciò potrebbe implicare una complessa interazione con l’agroecosistema, dove fattori come la presenza di predatori la disponibilità di cibo e la copertura per la protezione influenzano le loro abitudini e distribuzione. Anche la gestione agricola e l’uso del suolo hanno un impatto significativo sulla biodiversità e sulle popolazioni di ricci, indicando un’interazione diretta tra ricci e colture agrarie, nonché la loro importanza per gli agricoltori in termini di gestione della fauna selvatica e della biodiversità (Pettett, C.E., 2017).
La presenza del riccio negli agroecosistemi è particolarmente vantaggiosa per gli agricoltori e i giardinieri, poiché questi animali si nutrono di una vasta gamma di insetti dannosi:il riccio, con il suo regime alimentare vario ed efficace, si rivela un prezioso alleato per l’agricoltura, predando una vasta gamma di insetti dannosi che possono compromettere la salute e la resa delle colture. Tra gli afidi il riccio si ciba di specie come il Aphis gossypii (afide del cotone) e il Myzus persicae (afide verde del pesco). Questi insetti, noti per succhiare la linfa delle piante e trasmettere malattie, possono causare gravi danni alle colture di ortaggi, frutta e cereali. Il riccio si dimostra altresì un predatore efficace di coleotteri dannosi, come la larva di Melolontha melolontha (maggiolino comune), che si nutre delle radici delle piante, e di specie come Otiorhynchus sulcatus (otiorinco del grano), che danneggia radici e steli di numerose colture.
Inoltre, il riccio si ciba di larve di farfalle e falene, tra cui la larva di Pieris brassicae (bruco della cavolaia) e Spodoptera frugiperda (bruco del mais), noti per danneggiare ortaggi, cereali e piante ornamentali. La sua dieta comprende anche insetti dannosi come i tripidi, come il Frankliniella occidentalis (tripide dell’occidentale), che si nutrono dei tessuti vegetali e possono trasmettere virus alle piante. Inoltre, il riccio si rivela un predatore efficace anche di cocciniglie, come la Planococcus citri (cocciniglia dei fruttiferi), che può infestare piante di agrumi e altre colture, danneggiandole gravemente. Questi sono solo alcuni esempi degli insetti dannosi per l’agricoltura che vengono predati dal riccio, dimostrando il suo ruolo cruciale nel mantenere sotto controllo le popolazioni di insetti dannosi e contribuire così alla sostenibilità e alla salute degli agroecosistemi.
È importante sottolineare che il riccio non è solo utile per le colture agricole, ma anche per gli ecosistemi naturali circostanti. La sua presenza contribuisce alla conservazione dell’equilibrio ecologico, alla riduzione dell’uso prodotti di sintesi in agricoltura e alla promozione di pratiche agricole sostenibili. Pertanto, proteggere il riccio e preservare il suo habitat è fondamentale per garantire la salute degli agroecosistemi e la prosperità dell’agricoltura.
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Dott.ssa Francesca Capuano, direttore sanitario della struttura Clinica Veterinaria 3 archi di Osimo, si occupa di chirurgia generale, medicina interna ed ha un particolare interesse per la Medicina e la Chirurgia degli animali non convenzionali. Ha conseguito il titolo GPCert (General Practitioner Certificate) in Medicina e Chirurgia degli Animali Esotici.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Consulente per imprese agricole ed agroalimentari in ambito tecnico legale. Svolge analisi economico-estimative e di marketing dei processi produttivi. Supporta le imprese nella valorizzazione in filiera delle produzioni e nello sviluppo e dei sistemi di certificazione volontari e regolamentati. Docente presso ITS Academy Agroalimentare.