di Donato Ferrucci, Nicolò Passeri
Quando si parla di leadership si pensa frequentemente ad una leadership polarizzante, più vicina al concetto di eroe che non di risultato, proposto dal leader e condiviso di un gruppo.
Si assume troppo spesso che il risultato conseguito è frutto della condotta eroica di un unico che ha saputo guidare una massa, e non che questo risultato possa venire da una visione corale di condivisione valoriale, orientata, promossa e guidata da un leader.
Il leader eroe deve saper prendere decisioni, spesso non condivise, spesso non efficaci, spesso non comprensibili, ancora più spesso non discutibili. Questa potenziale mancanza di chiarezza ha certamente un effetto di fascino iniziale, per cui il leader eroe incarna degli archetipi di valore condivisi.
Nel medio lungo periodo questa tipologia di leader diventa riflessione critica, guardando gli effetti delle decisioni maturate. Nasce lo scontento, la critica, perché i membri del gruppo non comprendono o non condividono le ragioni che hanno spinto l’eroe a scegliere una determinata condotta.
Nel caso della leadership gentile invece è condiviso il contenuto, l’oggetto di interesse, ed il contesto, strumenti con cui si raggiunge lo scopo, con un gruppo ristretto o largo inteso come team.
Nella leadership gentile il risultato condiviso rappresenta la gratificazione al lavoro di squadra svolto sotto il coordinamento e non sotto l’egida (il comando) di un leader.
Nel primo caso sarà da ringraziare il leader perché lui ha conseguito un risultato i cui effetti si perpetrano sul gruppo, nel secondo caso è invece lo sforzo di tutti che ha portato un risultato positivo che gratifica il gruppo, non con effetto “riflesso/passivo” ma coinvolgente.
La differenza tra leadership eroica e leadership gentile è la presa di coscienza che la leadership gentile debba essere intesa come un’energia condivisa in un gruppo impegnato a realizzare qualcosa di nuovo e di migliore, attraverso un approccio del leader basato su relazioni che trovano il giusto bilanciamento in empatia, intelligenza emotiva e comunicazione, quest’ultima sia emozionale che amministrativa.
Figura 1 – L’orientamento della leadership, (fonte: Schein E.H., Schein P. A., 2019)
Questa innovazione nasce da un’esigenza condivisa che vede un leader trainante, un motivatore, un performer che incarna le risposte alle difficoltà di un gruppo ma ne condivide gli oneri e gratifica sé e gli altri per gli onori che possono essere conseguiti. In questa ottica il punto di vista sulla leadership diventa relazionale, motivazionale ed emozionale.
La visione relazionale della leadership è apprendimento, condivisione e realizzazione di un qualcosa di nuovo. La leadership diventa quindi una relazione basata su un alto grado di fiducia e di apertura reciproca in un gruppo.
Certamente però una leadership gentile non può sottrarsi a dinamiche comportamentali tipiche degli esseri umani legate alle invidie ed alla competizione. Tra i lati disfunzionali di un gruppo che agisce, bisogna annoverare mancanza di sincerità, turn-over di talenti non messi a frutto, opportunismo, ossessione per il mantenimento del potere come primo criterio di successo, ecc.. Non è sempre facile, infatti, trasmettere positivamente di valori condivisi.
È molto più semplice selezionare le partnership, ovvero la composizione dei gruppi ed in conseguenza, escludere chi non condivide contesto e contenuto.
Le problematiche, che una leadership gentile porta con sé, riguardano per la maggior parte la chiarezza nei messaggi ed i comportamenti in risposta ad una indebita percezione del significato che questi messaggi portano; non sono quasi mai le persone ad essere un problema, quanto invece la comunicazione tra le persone. Le criticità di una relazione di leadership non riguardano necessariamente gli attori, ma il copione che tra essi si consuma.
Figura 2 – La prospettiva dell’organizzazione (fonte: Schein E.H., Schein P. A., 2019)
Infatti, i problemi sorgono non tanto in corrispondenza dei nodi, gli individui, ma sulle interazioni. Sono queste ultime a minare i risultati di un gruppo.
Le interazioni, dunque, rappresentano il vero punto critico nel raggiungimento degli obiettivi di un gruppo. Questa dinamica è stata ulteriormente complicata dall’adozione di un’ottica efficientista, che ha portato alla creazione di gruppi di specialisti con micro-competenze specifiche. Questi gruppi, caratterizzati da una scarsa interazione tra i membri, sebbene estremamente competenti nei loro rispettivi campi, spesso faticano a collaborare efficacemente.
Una delle estremizzazioni prodotte dall’ottica efficientista è stata quella di creare dei gruppi di micro-competenze specifiche a scarsa interazione (gli specialisti).
È questo il caso dei temi legati alla sicurezza alimentare e alla qualità, che nonostante affrontino argomenti condivisibili in termini etici, non sempre risultano funzionali al processo monitorato ed ancor meno per l’obiettivo definito.
In ottica produttiva ed efficientista i temi di sicurezza e qualità rappresentano i baluardi delle promesse che un prodotto un servizio devono garantire per poter essere scelto. Imprescindibili sono fondamento stesso delle garanzie associate alle relazioni, e quindi ai prodotti che ne derivano. Pertanto, nella creazione delle diverse linee e gamme di prodotti e servizi, la progettazione la produzione e l’erogazione di un numero sempre crescente e variegato di prodotti, è diventata prima di ogni cosa un problema socio-tecnico. Dove, le questioni di qualità e sicurezza sono potenzialmente minate da interazioni difettose fra i vari micro sistemi che compongono le moderne organizzazioni complesse.
Le interazioni difettose generano inefficienze fino agli insuccessi. Un sistema complesso è costruito sulle interazioni, se questi meccanismi non sono funzionali il sistema degenera verso un potenziale fallimento.
In molti ambiti le interazioni sono relazioni, intese come flussi comunicativi mirati ad un obiettivo comune. L’oggetto di tale relazione, per ottenere la promessa espressa, nasce dall’interazione di diversi punti di vista, che accordati, dovrebbero essere finalizzati ad un obiettivo specifico, mediante la definizione di diversi meta-obiettivi intermedi. Il tutto evitando obiettivi, aspecifici, confusi o frammentati.
Fissare un obiettivo, affrontando temi distanti e, in apparenza divergenti, con una condivisione di intenti ed una chiara comunicazione, basandosi su una guida di leadership gentile, permette di superare le barriere di contenuti, prendere una decisione e metterla in pratica. Lo sforzo consiste nel realizzare e gestire rapporti basati su aperture e fiducia reciproca.
Se un gruppo condivide chiaramente uno scopo comune, le relazioni personali possono essere costruite molto rapidamente, in particolare quando il leader desidera e sceglie di costruirle su strutture e convenzioni esistenti per facilitare un processo di cooperazione.
Per creare una leadership gentile è però necessario che si instaurino delle relazioni basate sulla personizzazione, intesa come processo di costruzione di una relazione funzionale con un gruppo basato sullo sforzo di considerare l’altro nella sua totalità, e non solo per il ruolo che occupa in quel momento.
Non è necessario arrivare ad un livello di intimità amicale ma occorre imparare a essere aperti e sinceri sulle questioni di lavoro, consolidando un atteggiamento collaborativo (Alleanza).
La sostanza, di questo livello di confidenza, è che l’altro passa dall’essere visto come un ruolo, all’esser visto come una persona completa con cui è possibile sviluppare una relazione più personale attorno a obiettivi ed esperienze condivise.
Le relazioni, si sviluppano e si negoziano, nel corso di un certo numero di interazioni in cui si compiono e si accolgono gesti di personizzazione che possono avere o meno successo.
Una competenza tipica della leadership gentile è l’abilità di gestire questo equilibrio fra un estremo di formalità eccessiva e l’estremo opposto di un’eccessiva intimità. E’ un processo che riflette non solo i tratti caratteriali ma soprattutto i valori collettivi che i gruppi applicano per il loro lavoro.
Da un altro punto di vista, i leader gentili devono prestare attenzione al potere erosivo del proteggere persone e convenzioni e perdere di vista l’obiettivo che necessita spesso di una costante capacità di adattamento.
La trasformazione non si può imporre, deve essere un obiettivo condiviso e reso esplicito, utilizzato come criterio definitivo per decidere se una azione operativa è o meno sostenibile. L’apprendimento congiunto permette cambiamenti profondi.
Imparare a pensare in termini di processo interpersonale e di gruppo è la pietra angolare della leadership gentile. Ciò implica applicare le arti performative al processo per il successo per includervi i criteri qualitativi come la performance sistemica totale o l’apprendimento adattativo efficace.
Bibliografia
Schein E.H., Schein P. A., (2019), L’arte di creare fiducia, Guerini Next, Milano
Trevisani D., (2016), Team leadership e comunicazione operativa, Franco Angeli, Milano
Ferrucci D., (2024), Coaching per professionisti, self-publishing Amazon.
Donato Ferrucci (Torino 1964), Docente sistemi qualità e certificazione dei prodotti alimentari ITS Agroalimentare Roma/Viterbo. Agronomo, pubblicista, e Master in Diritto Alimentare. Responsabile Bioagricert srl per l’area Lazio/Abruzzo/Umbria/Marche. Per info: Google “Donato Ferrucci Agronomo”.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.