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di Donato Ferrucci, Nicolò Passeri

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La produzione con metodo biologico è uno standard tecnico di processo, regolamentato (Reg. UE 2018/848) e con finalità ambientali. In sintesi, lo scopo ultimo dell’adozione del metodo è rappresentato dal miglioramento dell’ambiente attraverso pratiche agronomiche tecnicamente complesse ma illuminate.
A seguire si perimetra un modello organizzativo autosostenibile, che mira a ridurre gli input esterni e aumentare il grado di indipendenza delle produzioni arrivando ai consumatori attraverso quel magnifico strumento di mercato che è la filiera corta.
Infatti, il primo considerando della norma conferma la valenza ambientale del metodo produttivo, con una visione olistica, volendo allo stesso tempo produrre effetti ambientali positivi: “La produzione biologica è un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione alimentare basato sull’interazione tra le migliori prassi in materia di ambiente ed azione per il clima, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali e l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e norme rigorose di produzione confacenti alle preferenze di un numero crescente di consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. La produzione biologica esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo, da un lato, a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori e, dall’altro, fornendo, al pubblico, beni che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale”.

Si afferma una duplice funzione sociale:

  1. a) soddisfare la richiesta di prodotti biologici,
  2. b) produrre beni ambientali a favore del sistema.

Quest’ultimo punto da rimarcare con adeguata enfasi, la produzione biologica, rimane una norma tecnica con obiettivo ambientale. Nel caso non fosse raggiunto il miglioramento dell’ambiente attraverso l’esercizio dell’agricoltura biologica, non è sbagliata la norma o il modello operativo, ma il modo con cui viene letta, interpretata e applicata.

Il miglioramento perseguito si realizza mediante diversi obiettivi (Art. 4, capo I), che richiamano ad un senso di responsabilità ambientale e sociale:

  • contribuire a tutelare l’ambiente e il clima;
  • conservare a lungo termine la fertilità dei suoli;
  • contribuire a un alto livello di biodiversità;
  • contribuire efficacemente a un ambiente non tossico;
  • promuovere le filiere corte e la produzione locale nelle varie zone dell’Unione.
  • contribuire a criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e soddisfare, in particolare, le specifiche esigenze comportamentali degli animali secondo la specie;
  • incoraggiare il mantenimento delle razze rare e autoctone in via di estinzione;
  • contribuire allo sviluppo dell’offerta di materiale fitogenetico adeguato alle esigenze e agli obiettivi specifici dell’agri­ coltura biologica;
  • contribuire a un elevato livello di biodiversità, in particolare utilizzando materiale fitogenetico di vari tipi, come materiale eterogeneo biologico e varietà biologiche adatte alla produzione biologica;
  • promuovere lo sviluppo di attività di miglioramento genetico biologico dei vegetali al fine di contribuire a prospettive economiche favorevoli del settore biologico.

In particolare, considerando un ordine gerarchico, il primo obiettivo, scaturisce dal secondo e terzo. I punti di massima attenzione nel modello organizzativo sono infatti rappresentati da due aspetti: fertilità dei suoli e biodiversità.
Un inciso. In maniera spesso pretestuosa si attribuisce all’agricoltura biologica di impattare comunque sull’ambiente e non garantire livelli produttivi adeguati al sostentamento del pianeta. Occorre però ricordare che qualsiasi attività antropica ha un impatto, scopo della produzione biologica è:

  • ridurre l’impatto dell’attività antropica;
  • generare una componente ambientale positiva, espressa non solo dalle produzioni, ma anche dal fenomeno della biodiversità e della fertilità tale da compensare l’impatto.

Adottare un metodo che non porta al conseguimento dell’obiettivo, il beneficio ambientale, sta a significare che è errata l’applicazione e non il metodo. È sempre fondamentale distinguere tra obiettivo, i principi e le tecniche. Se l’obiettivo non viene raggiunto occorre intervenire sulle tecniche, mai sui principi.
Circa invece l’aspetto dell’inadeguatezza produttiva, diversi studi portano a conclusioni diverse, ma la criticità alimentare è determinata, non tanto dalle quantità prodotte, quanto dalla destinazione inefficiente delle risorse alimentari:

  • alimenti destinati alla produzione di biocombustibili;
  • superfici destinate agli alimenti zootecnici e scarsa sostenibilità del sistema di allevamento intensivo (1);
  • iniquità della distribuzione delle risorse alimentari;
  • spreco alimentare.

Studi condotti presso l’Università della Tuscia hanno dimostrato che l’attuale produzione mondiale è in grado potenzialmente di soddisfare le esigenze alimentari di 11.5 miliardi di persone (2). Questo però presuppone un ribilanciamento dell’allocazione delle risorse
Fortunatamente il mondo scientifico sta contribuendo sempre di più ad analizzare il fenomeno produttivo senza preconcetti ed evidenziando gli aspetti positivi e l’evoluzione tecnica del sistema. Tra questi, si evidenzia in questo momento uno studio di lungo periodo (1981 la data di inizio del progetto Farming systems trial), condotto dal Rodale Institute della Pennsylvania. La ricerca si pone come l’analisi più approfondita, ad oggi condotta, del modello produttivo biologico.

Lo studio ha messo a confronto tre sistemi colturali:

  • Sistema colturale tradizionale basato su input chimici (con utilizzo di dosaggi come raccomandati dalla Penn State University Cooperative Extension);
  • Sistema colturale condotto con metodo biologico basato su rotazione con leguminose azotofissatrici e senza input di fertilizzanti esterni;
  • Sistema colturale condotto con metodo biologico basato su utilizzo di concimazioni organiche esterne (letame), rotazioni con leguminose e cover-crops.

Nello specifico, i risultati dello studio mostrano che i terreni gestiti in biologico hanno evidenziato:

  • l’utilizzo di cover crops può sostituire le pratiche di diserbo e diserbo meccanico, lasciando alla competizione tra le specie il contenimento delle infestanti
  • le pratiche di non lavorazione migliorano la qualità e le vitalità dei suoli
  • migliori capacità di sequestrare anidride carbonica riducendo così il rilascio in atmosfera, incremento della sostanza organica e della vita del suolo;
  • migliore capacità di assorbimento dell’acqua;
  • resa pari a quella dei sistemi convenzionali, con vantaggi produttivi in condizioni meteorologiche critiche (in caso di siccità elevata la resa del mais biologico è stata del 31 per cento superiore alla produzione convenzionale);
  • un risultato economico (analisi costi/ricavi), migliore per il sistema di coltivazione basato su letamazioni.

Lo studio riporta infine un commento del CEO del Rodale Institute, dove si afferma che: L’agricoltura biologica rigenerativa è la strada per garantire un futuro alle persone e al Pianeta. Mentre semi ogm e input chimici causano danni ai suoli e ne inibiscono la vitalità a lungo termine, il suolo negli appezzamenti biologici diventa più sano anno dopo anno, i costi sono inferiori e i rendimenti netti delle colture sono più elevati. Davanti a noi vediamo l’agricoltura biologica rigenerativa come soluzione ai molti problemi ambientali, economici e sociali che affliggono il mondo.

Visione di certo ottimistica, ma di innegabile attualità.

(1) Franco S., Cicatiello C. (2018). Food waste due to over-nutrition in the Italians’ dietary habits, Rivista di Studi sulla Sostenibilità, n.1, pp. 159-180 (ISSN: 2239-1959)

(2) Franco S. (2020).  Franco La sostenibilità della zootecnia italiana: un’analisi a scala regionale attraverso l’impronta ecologica. Rivistiadiagraria.org. N. 330

 

Donato Ferrucci (Torino 1964), Docente sistemi qualità e certificazione dei prodotti alimentari ITS Agroalimentare Roma/Viterbo. Agronomo, pubblicista, e Master in Diritto Alimentare. Responsabile Bioagricert srl per l’area Lazio/Abruzzo/Umbria/Marche. Per info: Google “Donato Ferrucci Agronomo”.

Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Consulente per imprese agricole ed agroalimentari in ambito tecnico legale. Svolge analisi economico-estimative e di marketing dei processi produttivi. Supporta le imprese nella valorizzazione in filiera delle produzioni e nello sviluppo e dei sistemi di certificazione volontari e regolamentati. Docente presso ITS Academy Agroalimentare.

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