di Rita Leogrande
Plantago Plantago coronopus L. (Fonte Di Ixitixel – eigene Arbeit, selbst fotografiert, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3821653)
Il genere Plantago è composto da circa 265 specie presenti in quasi tutto il mondo (Feinbrun-Dothan, 1977, 1978; Feinbrun-Dothan e Danin, 1991). Plantago coronopus L. appartiene alla famiglia delle Plantaginaceae ed è comunemente chiamato Coronopo, Plantago barbatella, Barba cappuccio, Mescolanza, Minutina, Cerchio, Erba saetta, Erba stella, Stellaria e Piede di corvo.
Habitat
- coronopus è molto comune nelle zone desertiche, aride e saline. In Europa ha una distribuzione Mediterranea Atlantica, inoltre è molto comune nel deserto del Negev, della Giudea e Samaria. Si adatta a suoli sabbiosi o ghiaiosi e rocce fessurate, a luoghi assolati incolti e aridi, generalmente nei prati salmastri presso il mare; talvolta nelle zone di barene. Si può trovare anche sugli 800 m di altitudine.
Figura 1. Foto A) Plantago coronopus; Foto B) Portamento;
Foto C) Rosetta basale; Foto D) Infiorescenza (fonte Plantago coronopus – Wikipedia)
Caratteristiche morfologiche
Pianta erbacea annuale (terofita) dell’altezza di 15-20 cm (Figura 1).
Le foglie, nello stadio iniziale di crescita, sono sottili e allungate, di colore verde scuro senza nessuna divisione; successivamente compaiono frastagliature lungo i bordi molto variabili. Inizialmente le prime foglioline hanno un portamento eretto, successivamente, quando la pianta è ben cresciuta, le foglie si adagiano sul terreno assumendo una forma a stella, da cui deriva il nome comune di Erba stella. Le foglie disposte tutte in rosetta sono moto variabili in spessore e lunghezza; infatti possono essere lunghe da 10 a 40 cm (Foto C). La radice è singola e sottile con diverse ramificazioni. I fiori in gran numero sono riuniti in spighe cilindriche terminali, della lunghezza di 2-10 cm (Foto D). Le spighe composte da piccoli fiori bianchi sono portate da un lungo e robusto peduncolo anche fino a 30 cm. I fiori sono ermafroditi e sono impollinati dal vento. La pianta è autofertile. La fioritura avviene da maggio a luglio. Quando i semi sono maturi in primavera o all’inizio dell’estate l’infiorescenza diventa lignificata e le brattee e i sepali racchiudono le capsule contenenti da 1 a 4 semi. Le infiorescenze secche includenti i semi si piegano al suolo durante le estati calde e secche quando il suolo raggiunge temperature molto alte (nei deserti in cui la specie è presente si registrano anche temperature di circa 55°C). Le infiorescenze, curve quando sono bagnate, si alzano fino a diventare erette. I sepali, le brattee e gli assi delle infiorescenze formano una fine barriera per i semi; essi quando sono bagnati si rigonfiano aprendosi, lasciando uscire la capsula. I frutti esposti (capsule) cadono dopo essere stati bagnati e i semi fuoriusciti dalla capsula vengono dispersi dalle piogge. Quando i semi si bagnano secernono una grande quantità di mucillagine, la cui funzione naturale non è ancora del tutto chiara; un’ipotesi è quella di consentire al seme di raccogliere acqua più efficacemente possibile. Nel deserto del Negev ci sono circa 40 specie annuali, compreso la P. coronopus, che disperdono i loro semi tramite le piogge (ombroidrocori). Alcune di queste specie come la P. coronopus producono semi mucillaginosi che possono galleggiare sull’acqua di ruscellamento superficiale ed essere trasportati lontano dalle piante madri. I semi non germinano subito dopo la loro maturazione, ma nella stagione successiva o nella stagione con pioggia preceduta da un’estate calda e secca (Evenari et al., 1982).
Diversi studi hanno messo in luce che la germinazione della P. coronopus è influenzata dall’età del seme, dalla temperatura e dall’intensità luminosa. Gutterman e Shem-Tov (1996) dimostrarono che i semi, 5 mesi dopo la loro maturazione, avevano velocità di germinazione e percentuale di germinazione più elevata a temperature tra 10-25 °C e luce rispetto a temperature di 30 °C e al buio.
Altre ricerche hanno mostrato che la germinazione è influenzata anche dall’età del seme. Infatti, un lavoro condotto da Gutterman et al. (1998) evidenziò che semi raccolti circa due mesi dopo la loro maturazione germinarono in minor percentuale e a più basse temperature rispetto ai semi raccolti da anni precedenti. In questo lavoro si dimostrò che la temperatura ottimale di germinazione dei semi raccolti da anni precedenti era di 25 °C, mentre per i nuovi semi la temperatura ottimale era di 15 °C. Inoltre, la germinazione è influenzata dalla modalità di conservazione dei semi; infatti, Gutterman et al. (1998) mostrarono che i semi raccolti 2 mesi dopo la loro maturazione avevano una diversa percentuale di germinazione in relazione alla temperatura di conservazione. Infatti, i semi immagazzinati per circa 3 mesi a 40 °C germinarono in percentuali più elevate a temperature di 15 °C rispetto ai semi immagazzinati a 5 °C.
Inoltre, Shem-Tov et al. (1999) dimostrarono che la percentuale di germinazione di P. coronopus diminuisce all’aumentare del carbonio totale presente nel terreno. Perciò, l’inibizione della germinazione e il suo controllo attraverso il contenuto di carbonio può influenzare la distribuzione delle specie in determinate regioni.
- coronopus è presente in ambienti a salinità variabile e mostra un grado intermedio di resistenza alla salinità rispetto alle specie del genere Plantago. Infatti, nel genere Plantago circa 20 specie sono alofite (specie vegetali adattate agli habitat salini) e includono genotipi capaci di crescere in condizioni di stress salino, mentre altre sono tipiche glicofite (specie vegetali sensibili a concentrazioni più o meno elevate di sali nella soluzione circolante del terreno.). Plantago maritima L. può resistere a concentrazioni di NaCl al di sopra di 250 – 300 mM, mentre Plantago media L. è sensibile alla salinità; infatti, concentrazioni di circa 50 mM di NaCl inducono significativi danni fino alla morte della pianta; P. coronopus, invece, cresce a salinità anche al di sopra di 150 mM di NaCl (Vincente et al., 2004).
- coronopus mostra una specifica risposta fisiologica in condizioni saline. Infatti un aumento della concentrazione salina induce un incremento della quantità di sorbitolo nella pianta (Smekens e van Tienderen, 2001). Questo accumulo determina la riduzione del potenziale dell’acqua a livello cellulare contribuendo all’adattamento osmotico, tipico meccanismo di resistenza alla salinità. Questo adattamento fisiologico causa modifiche morfologiche; infatti, l’aumento del sorbitolo determina l’aumento del numero di spighe per pianta (Smekens e van Tienderen, 2001). Inoltre, in condizioni saline si assiste anche alla riduzione della biomassa e all’incremento dello spessore fogliare e della percentuale di sostanza secca.
Uso commestibile
Le foglie possono essere usate crude nell’insalata o cotte nelle minestre. Le giovani foglie hanno un sapore delicato leggermente amarognolo. Nelle Marche le foglie vengono bollite per alcuni secondi e aggiunte alle insalate, inoltre può essere utilizzata insieme ai legumi.
Uso medicinale
In passato le foglie venivano utilizzate per curare le ferite.
Attualmente è impiegata come diuretico, tonico, lassativo e astringente. Le sue proprietà medicinali sono dovute ai tannini e alle pectine presenti nelle foglie e alle mucillagini presenti nei semi.
I tannini sono composti organici polifenolici, dal sapore amaro, dotati di attività astringente e tannante. Le sostanze tanniche applicate localmente a basse concentrazioni provocano una notevole diminuzione della permeabilità cellulare. In terapia i tannini vengono utilizzati esternamente (colluttori, gargarismi) come astringenti e emostatici. Per la loro azione vasocostrittrice sono impiegati come antiemorroidali e stomatici. Inoltre, legandosi alle proteine di membrana delle mucose infiammate, limitano le secrezioni e l’assorbimento di sostanze tossiche, rendendosi efficaci negli stati flogistici del cavo orale e come antidiarroici (Capasso e Grandolini, 1999).
Le mucillagini sono sostanze amorfe, costituite da polisaccaridi eterogenei, che in presenza di acqua danno luogo a soluzioni colloidali, viscose e non adesive. La loro azione farmacologica è legata alla capacità di rigonfiarsi in acqua formando delle masse plastiche o dispersioni viscose. Se ingerite possono dunque avere azione lassativa grazie al rammollimento del contenuto intestinale e dell’aumentata pressione sulla parete intestinale con aumento dell’attività peristaltica; per uso topico (impacchi) hanno invece azione protettiva su cute e mucose infiammate o lese (Capasso e Grandolini, 1999).
Le foglie della plantago vengono utilizzate per preparare infusioni contro le ulcere, pustole e punture d’insetto oltre che per curare la dissenteria e le enteriti diarreiformi. L’infuso può servire anche come collutorio per gargarismi; inoltre, la soluzione, ricca di tannini ad azione astringente, è efficace in ambito oftalmico per curare la congiuntivite. La bevanda ottenuta dalle foglie bollite, assunta al mattino e la sera per alcuni giorni da sollievo agli occhi doloranti, con eccessiva lacrimazione.
Il decotto di foglie è utile contro laringiti, faringiti e tracheiti.
I semi della plantago che contengono il 30% di mucillagine agiscono come un forte lassativo.
Altri usi
Nei prodotti cosmetici le mucillaggini trovano impiego in lozioni antiseborroiche e antiforfora (Capasso e Grandolini, 1999) e la mucillagine dei semi della plantago viene aggiunta nelle creme anti acne.
Nel passato la mucillagine ricavata dai semi era usata in Francia per indurire le mussole e altri tessuti.
Nelle tradizioni popolari le radici venivano appese al collo come amuleto contro le malattie.
Coltivazione
- coronopus preferisce suoli sabbiosi o limosi ben drenati; cresce bene a qualsiasi pH del suolo, richiede esposizione soleggiata, infatti non cresce all’ombra. Si adatta bene sia in suoli aridi che umidi; inoltre, cresce bene vicino al mare tollerando l’esposizione marittima e lo stress salino.
La sua coltivazione, non molto diffusa, si realizza per l’utilizzazione delle foglie edibili. La coltivazione della P. coronopus rappresenta una risorsa per il futuro; infatti, potrebbe essere utilizzata in terreni salini abbandonati dall’agricoltura tradizionale, in quanto mostra una plasticità fisiologica che le permette di adattarsi a suoli molto salini.
I semi possono essere seminati a dimora a fine primavera o in semenzaio all’inizio della primavera per poi essere trapiantati.
Ricette
Minestrone_
Ingredienti: 500 g di plantago, 200 g di patate, 2 carote, 2 zucchine, 1 costa di sedano, olio, sale.
Preparazione: fare cuocere in tegame coperto tutti gli ingredienti sminuzzati in poca acqua con l’aggiunta di quattro cucchiai di olio. Servire con crostini di pane casereccio.
Frittata di Plantago
Ingredienti: 300 g di plantago, 5 uova, 50 g di pecorino, aglio, prezzemolo, olio.
Preparazione: sminuzzare la plantago nelle uova sbattute, aggiungere gli altri ingredienti, mescolare e versare il composto in una padella in cui si siano gia scaldati quattro cucchiai di olio. Far rosolare la frittata da una parte e dall’altra.
Insalata di plantago
Ingredienti: 200 g di plantago, 100 g di germogli di soia, 100 g di valerianella, 100 g di pomodori, olio, sale, aceto.
Preparazione: sminuzzare la plantago e i pomodori, aggiungere i germogli di soia, la valerianella, olio, sale e aceto.
Fagioli con plantago
Ingredienti: 200 g di fagioli, 200 g della plantago, aglio, olio, sale e pepe.
Preparazione: cuocere i fagioli, in un tegame a parte con poca acqua aggiungere la plantago, l’aglio, l’olio, il sale e il pepe. Quando la plantago sarà cotta aggiungere i fagioli e servire caldo.
Bibliografia
Capasso F., Grandolini G., 1999. Principi attivi In: Fitofarmaci II edizione, Impiego razionale delle droghe vegetali. 2° Ed. Springer, 41-72.
Evenari M., Shanan L., Tadmor N., 1982. The Negev. The challenge of a desert (2nd Edn). Cambridge: Harvard University Press, 438 p.
Feinbrun-Dothan N., 1977. Flora Palestina, Part Three-plates. Jerusalem, Israel: Academy of Sciences and Humanities, 811 p.
Feinbrun-Dothan N., 1978; Flora Palestina, Part Three-Text. Jerusalem, Israel: Academy of Sciences and Humanities, 481 p.
Feinbrun-Dothan N., Danin A., 1991. Analytical Flora of Eretz-Israel. Jerusalem: Cana., 1040 p.
Gutterman Y., Shem-Tov S., 1996. Structure and function of the mucilaginous seed coats of Plantago coronopus inhabiting the Negev Desert of Israel. Israel J. Plant Sci., 44, 125-134.
Gutterman Y., Shem-Tov S., Gozlan S., 1998. The effect of post-maturation temperatures and duration on seed germinability of Plantago coronopus occurring in natural populations in the Negev Desert highlands, Israel. J. Arid Environ., 38, 451-463.
Shem-Tov S., Zaady E., Groffman P.M., Gutterman Y., 1999. Soil carbon content along a rainfall gradient and inhibition of germination: a potential mechanism for regulating distribution of Plantago coronopus. Soil Biol. Biochem. 31, 1209-1217.
Smekens M.J., van Tienderen P.H., 2001. Genetic variation and plasticity of Plantago coronopus under saline conditions. Acta Oecologica, 22, 187-200.
Vincente O., Boscaiu M., Naranjo M.A., Estrelles E., Bellés j.M., Soriano P., 2004. Responses to salt stress in the halophyte Plantago crassifolia (Plantaginaceae). J. Arid Environ., 58, 463-481.
Si ringrazia la Dott.ssa Ornella Lopedota per la sua preziosa collaborazione nella stesura dell’articolo.
Rita Leogrande è ricercatrice in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), sede di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Agronomia Mediterranea. La sua attività di ricerca si basa sullo studio degli effetti sul suolo e sulle colture di tecniche agronomiche sostenibili.