Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Fe­de­ri­co Vi­nat­tie­ri

Ritratto di A.G.I.
Ce­le­bre di­se­gno di G. De Ba­seg­gio che ri­trae un A.G.I. di pro­fi­lo con per­fet­te spal­le a rosa (De Ba­seg­gio, 1989, Cam­pio­ni e Raz­za­to­ri, p. 273)

Ho de­ci­so di scri­ve­re que­sta sorta di “di­stil­la­to di zoo­gno­sti­ca” sulle ar­ric­cia­tu­re, dopo aver in­tra­pre­so una in­te­res­san­te con­ver­sa­zio­ne pri­va­ta con il Dr. Gio­van­ni Ca­na­li.
Chi come il sot­to­scrit­to, vive a pieno il mondo del­l’or­ni­to­lo­gia, sa bene quan­to sia im­por­tan­te, e in al­cu­ni casi ose­rei de­fi­ni­re “es­sen­zia­le”, il con­fron­to con esper­ti del set­to­re o con per­so­ne che hanno una mag­gior espe­rien­za. Que­sto con­fron­to è da ri­te­ner­si quasi in­di­spen­sa­bi­le tra noi Giu­di­ci, poi­ché la con­di­vi­sio­ne d’e­spe­rien­za porta una re­pen­ti­na cre­sci­ta del pro­prio ba­ga­glio cul­tu­ra­le.
Tal­vol­ta da sem­pli­ci chiac­chie­ra­te, pos­so­no na­sce­re spun­ti in­te­res­san­tis­si­mi per dei veri e pro­pri di­bat­ti­ti, che noi scrit­to­ri siamo poi por­ta­ti a rie­la­bo­ra­re ed espor­re in se­gui­to a tutti co­lo­ro che vor­ran­no par­te­ci­pa­re a tali di­sa­mi­ne co­strut­ti­ve e, tengo a pre­ci­sar­lo, prive di in­ten­zio­ni con­te­sta­to­rie.
Que­sto è quel­lo che mi ha spin­to a re­di­ge­re il pre­sen­te ar­ti­co­lo, che è stato ge­ne­ra­to da un dia­lo­go tra me e il Dr. Ca­na­li, che sap­pia­mo tutti es­se­re un vero esper­to di ge­ne­ti­ca e ana­to­mia dei ca­na­ri­ni (e non solo…), il quale mi ha espo­sto il suo pa­re­re su al­cu­ni spe­ci­fi­ci aspet­ti dei no­stri ca­na­ri­ni ar­ric­cia­ti.
Devo am­met­te­re che, fin da su­bi­to, le opi­nio­ni di Ca­na­li mi hanno tro­va­to in to­ta­le ac­cor­do.
Ma prima di ad­den­trar­ci nel me­ri­to, sono d’ob­bli­go al­cu­ne pre­mes­se da for­ni­re ai let­to­ri-al­le­va­to­ri che non sono av­vez­zi ai ca­na­ri­ni ar­ric­cia­ti, grup­po di razze che no­no­stan­te la loro sto­ria, re­sta­no co­mun­que una spe­cia­liz­za­zio­ne “di nic­chia” nel gran­de mondo della ca­na­ri­col­tu­ra.
Le razze dei ca­na­ri­ni ar­ric­cia­ti si dif­fe­ren­zia­no tra di loro per tre so­stan­zia­li fat­to­ri: le ar­ric­cia­tu­re se­con­da­rie (poi­ché le pri­ma­rie sono pre­sen­ti in tutte le razze), la ta­glia, e l’a­spet­to mor­fo­lo­gi­co, que­st’ul­ti­mo com­po­sto da trat­ti ana­to­mi­ci e con­se­guen­te po­stu­ra.
Tengo a pre­ci­sa­re che in que­sta sede non pren­do in con­si­de­ra­zio­ne le dif­fe­ren­ze mor­fo­lo­gi­che, ma solo il piu­mag­gio.
Tutti gli ar­ric­cia­ti de­ri­va­no da “ti­po­lo­gie an­ti­che”, con ano­ma­lie ge­ne­ti­che del piu­mag­gio, fis­sa­te ed ac­cen­tua­te me­dian­te la se­le­zio­ne, nel corso di sva­ria­ti de­cen­ni. Tra i primi ar­ric­cia­ti, pre­cur­so­ri di tan­tis­si­me at­tua­li razze, pos­sia­mo ad esem­pio ci­ta­re i fa­mo­si “Trom­bet­tie­ri”, i primi ar­ric­cia­ti, poi­ché ri­cor­da­va­no i trom­bet­tie­ri del re fran­ce­si, per le uni­for­mi ador­na­te di penne. Que­sti esem­pla­ri, si tra­man­da, che pre­sen­tas­se­ro già delle spal­li­ne ben evi­den­ti, ossia una delle tre ar­ric­cia­tu­re pri­ma­rie.
Gli ar­ric­cia­ti, oltre ad una sud­di­vi­sio­ne clas­si­ca tra razze “di forma” e razze “di po­si­zio­ne”, si dif­fe­ren­zia­no anche per ta­glia, ossia “razze pe­san­ti” e “razze leg­ge­re”, esat­ta­men­te come nelle razze di forma e po­si­zio­ni lisce. Vi sono razze che pre­sen­ta­no solo le ar­ric­cia­tu­re prin­ci­pa­li, le re­stan­ti razze, quasi tutte più pe­san­ti, ma­ni­fe­sta­no anche delle ar­ric­cia­tu­re se­con­da­rie, oltre ad un piu­mag­gio più vo­lu­mi­no­so in ge­ne­re.
Vale la pena spen­de­re due pa­ro­le nel de­scri­ve­re, con estre­mo po­te­re di sin­te­si, le ar­ric­cia­tu­re, no­zio­ni che pos­so­no sem­bra­re ba­na­li o ri­pe­ti­ti­ve, ma che tal­vol­ta ven­go­no tut­t’og­gi, ahimè, con­fu­se anche da al­cu­ni al­le­va­to­ri.
Le ar­ric­cia­tu­re pri­ma­rie sono spal­li­ne, jabot e fian­chi.
Le “spal­li­ne” de­ri­va­no dallo pte­ri­lio dor­sa­le, nei sog­get­ti mi­glio­ri l’ar­ric­cia­tu­ra sin­go­la dello pte­ri­lio dor­sa­le si di­vi­de in due spal­li­ne sim­me­tri­che. Nei sog­get­ti di­fet­to­si cade solo da una parte.
Lo “jabot” detto anche ce­sti­no at­tie­ne al petto; è dato da due ar­ric­cia­tu­re, pro­ve­nien­ti dai due pte­ri­li la­te­ra­li del petto che si uni­sco­no sul da­van­ti. Sog­get­ti di­fet­to­si pos­so­no avere jabot asim­me­tri­ci o ad­di­rit­tu­ra man­can­ti.
I “fian­chi” de­ri­va­no dagli pte­ri­li dei fian­chi, nella zona più ampia detta “sfioc­co”. Nei sog­get­ti ot­ti­mi sono sim­me­tri­ci, in quel­li di­fet­to­si pos­so­no avere con­si­sten­ze di­ver­se o es­se­re par­zial­men­te o to­tal­men­te man­can­ti. Di­fet­to par­ti­co­la­re è dato da fian­chi ca­den­ti in en­tram­bi i lati o solo in uno.
Le ar­ric­cia­tu­re se­con­da­rie ri­guar­da­no, a se­con­da delle razze: testa, col­la­re, fa­vo­ri­ti, cu­lot­te, bou­quet. Non sono vere ar­ric­cia­tu­re il pa­ra­cer­co e le penne di gallo, che sono penne fal­ci­for­mi, es­sen­do ta­lo­ra pre­sen­ti anche nei ca­na­ri­ni lisci. Il pa­ra­cer­co de­ri­va dallo pte­ri­lio del co­dio­ne e le penne sono di so­li­to più pig­men­ta­te di ca­ro­te­noi­di, men­tre le penne di gallo sono le co­pri­tri­ci della coda che ca­do­no ai lati della me­de­si­ma dopo il pa­ra­cer­co; pro­ven­go­no da un altro pte­ri­lio e sono più ro­bu­ste. Quasi sem­pre si equi­vo­ca e si chia­ma­no penne di gallo anche quel­le del pa­ra­cer­co.
Non è un’ar­ric­cia­tu­ra il ciuf­fo!… An­ch’es­so pre­sen­te in buona parte delle razze ar­ric­cia­te.
Non mi ad­den­tro negli in­nu­me­re­vo­li det­ta­gli, ag­giun­go solo, per do­ve­re di cro­na­ca, che in di­ver­si sog­get­ti vi è il di­fet­to detto “colpo di vento”, che con­si­ste nel fatto che il piu­mag­gio tende a spo­star­si da una sola parte, verso una unica di­re­zio­ne, spe­cial­men­te in al­cu­ni punti, come sul­l’ad­do­me.
Negli ac­cop­pia­men­ti si deve unire in­ten­so x bri­na­to, anche se ho no­ta­to, e non sa­prei darne una mo­ti­va­zio­ne, che la mag­gior parte degli al­le­va­to­ri di ar­ric­cia­ti pur­trop­po non ten­go­no conto di tali dif­fe­ren­ze, ri­te­nu­te dai più su­per­flue o di poco in­te­res­se, ben note in­ve­ce a chi al­le­va ca­na­ri­ni lisci e ca­na­ri­ni di co­lo­re. Da con­si­de­ra­re che nei gial­li spes­so l’in­ten­so è chia­ma­to “do­ra­to” ed il bri­na­to “pa­glie­ri­no”. Ogni spe­cia­liz­za­zio­ne de­tie­ne un gergo tutto pro­prio, che di­ver­ge da gli altri grup­pi di razze. Nei Pa­ri­gi­ni, ad esem­pio, un tempo si par­la­va di piu­mag­gio duro o semi duro per dire “in­ten­so” e piu­mag­gio mor­bi­do per dire “bri­na­to”.
Deve fare ec­ce­zio­ne il Gib­ber ita­li­cus, ove non esi­sto­no pra­ti­ca­men­te più i bri­na­ti, ma ci sono solo in­ten­si omo­zi­go­ti. Si­tua­zio­ni si­mi­li in razze af­fi­ni come il Gib­bo­so spa­gno­lo.
Un altro punto di fon­da­men­ta­le im­por­tan­za è quel­lo di non ac­cop­pia­re due sog­get­ti con lo stes­so di­fet­to, es­sen­do l’ar­ric­cia­tu­ra un fat­to­re quan­ti­ta­ti­vo, quin­di non men­de­lia­no, esat­ta­men­te come la ta­glia, tanto per spe­ci­fi­ca­re e com­pren­de­re me­glio.
Il giu­sto me­to­do è ac­cop­pia­re un sog­get­to di­fet­to­so con uno che si pre­sen­ta ot­ti­ma­le in quel­la ca­rat­te­ri­sti­ca, o sem­mai con un di­fet­to di­ver­so ove il primo do­ves­se ec­cel­le­re. Ovvio che sa­ran­no da esclu­de­re in se­le­zio­ne i sog­get­ti molto di­fet­to­si, ma que­sto vale per ogni razza, anche al di fuori del con­te­sto “ar­ric­cia­ti”.
L’al­le­va­to­re deve ap­pren­de­re il con­cet­to di au­to­cri­ti­ca, per­ce­zio­ne assai rara al gior­no d’og­gi, ma per for­tu­na an­co­ra pre­sen­te in di­ver­si al­le­va­to­ri com­pe­ten­ti.

– “Il primo giu­di­ce di un al­le­va­to­re, è l’al­le­va­to­re stes­so”… que­sto mi ha sem­pre ri­ba­di­to mio padre, e ho sem­pre ap­prez­za­to que­sto suo im­por­tan­te in­se­gna­men­to.

C’è una cosa che ac­co­mu­na giu­di­ci e al­le­va­to­ri, un’ar­ma da uti­liz­za­re, sulla quale fare sem­pre af­fi­da­men­to, ossia lo stan­dard, i no­stri “cri­te­ri di giu­di­zio”, da stu­dia­re sem­pre al fine di sa­pe­re quale sia la giu­sta stra­da da in­tra­pren­de­re e su quale con­no­ta­to ap­por­ta­re at­ten­zio­ne in se­le­zio­ne. D’al­tron­de, come scris­se Zin­go­ni: “La se­le­zio­ne non è altro che una scel­ta ocu­la­ta di ele­men­ti adat­ti ad un de­ter­mi­na­to scopo” (*U. Zin­go­ni, 1997, Ca­na­ri­col­tu­ra, II ediz., p. 594), che a mio av­vi­so resta tut­t’og­gi la de­fi­ni­zio­ne mi­glio­re mai scrit­ta su tale ma­te­ria.
Ma ve­nia­mo dun­que al noc­cio­lo della que­stio­ne, che ho vo­lu­to espor­re in que­sto ar­ti­co­lo.
Par­lia­mo di “rosa”…. Quan­do si parla di rosa, ci ri­fe­ria­mo ov­via­men­te alle spal­li­ne, ossia al co­sid­det­to “man­tel­lo”, so­prat­tut­to nel­l’Ar­ric­cia­to Gi­gan­te Ita­lia­no.
Nel­l’A­GI che de­ri­va in gran parte dal Pa­ri­gi­no, vi sono, o quan­to meno do­vreb­be­ro es­se­re evi­den­ti, delle dif­fe­ren­ze dal Pa­ri­gi­no stes­so. Ne sono state in­di­ca­te di­ver­se, le prin­ci­pa­li sa­reb­be­ro: il piu­mag­gio che tende al­l’al­to, la rosa ed il cap­puc­cio… oltre alla ta­glia e altre dif­fe­ren­ze ana­to­mi­che che, come già ac­cen­na­to, non trat­te­re­mo in que­sto testo.
Il “piu­mag­gio che va verso l’al­to”, è un con­no­ta­to che una volta si ve­de­va con mag­gio­re fre­quen­za, al gior­no d’og­gi  ri­sul­ta es­se­re sem­pre meno evi­den­te.
Il “cap­puc­cio”, che non è altro che un in­nal­za­men­to del col­la­ri­no verso la nuca, per­ma­ne ab­ba­stan­za co­stan­te più o meno ac­cen­tua­to e fi­ni­sce col di­ven­ta­re la ca­rat­te­ri­sti­ca più in­di­ca­ti­va.
La “rosa”, che one­sta­men­te non ho mai visto nel modo in cui viene de­scrit­ta dai no­stri cri­te­ri di giu­di­zio, che del resto ri­ten­go es­se­re una ca­rat­te­ri­sti­ca uto­pi­sti­ca.
Nei no­stri cri­te­ri di giu­di­zio, il man­tel­lo a rosa è stato così de­scrit­to, cito: – “Il man­tel­lo a “ROSA” è un ca­rat­te­re di ALTO PRE­GIO. La “RO­SA’’ è co­sti­tui­ta da piume molto lun­ghe e lar­ghe che si di­par­to­no da un cen­tro a “rag­gie­ra”, si­mil­men­te ai pe­ta­li di un fiore. La ROSA PIÙ PRE­GIA­TA è quel­la che com­pren­de i 3/4 del man­tel­lo, ed è in­ter­rot­ta, nella por­zio­ne po­ste­rio­re, da uno spa­zio vuoto che as­su­me la forma di una ‘V ro­ve­scia­ta”. Più la ROSA è gran­de e re­go­la­re, tanto più è pre­gia­ta”.
È anche vero che, con l’ul­ti­mo ag­gior­na­men­to dei cri­te­ri di giu­di­zio, si sta ab­ban­do­nan­do que­sta uto­pia, con una scri­mi­na­tu­ra, per­tan­to si sta pian piano im­boc­can­do una via un po’ meno uto­pi­sti­ca (*evi­den­te­men­te al­cu­ne cri­ti­che sul­l’ar­go­men­to sono state re­ce­pi­te e rie­la­bo­ra­te).
Per­ché ho de­fi­ni­to la rosa un con­no­ta­to uto­pi­sti­co? Pa­re­re con­di­vi­so a pieno dal Dr. Ca­na­li, il quale, ri­ba­di­sco, mi ha for­ni­to l’as­si­st per que­sto testo… La ri­spo­sta è sem­pli­ce: basta co­no­sce­re la zoo­gno­sti­ca e l’a­na­to­mia del ca­na­ri­no per af­fer­ma­re che la rosa non può ana­to­mi­ca­men­te esi­ste­re.
Mi spie­go me­glio… Lo pte­ri­lio dor­sa­le è lungo e non ha slar­ghi come quel­li dei fian­chi (sfioc­co), per­tan­to non è pro­spet­ta­bi­le un’ar­ric­cia­tu­ra mo­no­cen­tri­ca. Quan­do viene in­di­ca­ta la par­ten­za “da un cen­tro” nei cri­te­ri di giu­di­zio, è già di per sé una ter­mi­no­lo­gia er­ra­ta.
Un’ar­ric­cia­tu­ra mo­no­cen­tri­ca do­vreb­be de­ri­va­re da uno pte­ri­lio ro­ton­deg­gian­te, come nel caso del ciuf­fo, ad esem­pio, il quale pur non es­sen­do un’ar­ric­cia­tu­ra è as­so­lu­ta­men­te mo­no­cen­tri­co, del resto ri­guar­da la testa che ha pro­prio uno pte­ri­lio ro­ton­deg­gian­te. Le spal­li­ne non hanno uno pte­ri­lio ana­lo­go, quin­di un’ar­ric­cia­tu­ra cir­co­la­re a li­vel­lo dor­sa­le è im­pos­si­bi­le.
Allo stato at­tua­le si ve­do­no mol­tis­si­me pes­si­me spal­li­ne, forse anche toe­let­ta­te e nes­su­na rosa vera e pro­pria. Al mas­si­mo si può avere, in rari sog­get­ti, una “ro­sel­li­na” nella parte alta delle spal­li­ne (verso la testa). Que­sto ac­ca­de se ci sono penne api­ca­li (delle spal­li­ne) lun­ghe e ten­den­ti verso l’al­to. Va molto me­glio nella razza Ro­get­to, tanto per fare un esem­pio, che so­ven­te ha ot­ti­me spal­li­ne, ma pro­ba­bil­men­te solo per que­stio­ni di ta­glia più ri­dot­ta.

– “Ma la rosa si può ot­te­ne­re con la sem­pli­ce toe­let­ta­tu­ra!” – que­sta la ri­spo­sta fre­quen­te di tanti al­le­va­to­ri…

Si, certo, ov­via­men­te… anche uno jabot sca­den­te, un ad­do­me di­fet­to­so o delle spal­li­ne asim­me­tri­che, pos­so­no es­se­re si­cu­ra­men­te mi­glio­ra­te con la to­let­ta­tu­ra… Ma un conto è far de­via­re la penna in­ten­zio­nal­men­te toe­let­tan­do l’a­ni­ma­le, un conto è ri­cer­ca­re con la se­le­zio­ne una forma che è ana­to­mi­ca­men­te im­pos­si­bi­le da ot­te­ne­re. Vero che tal­vol­ta (rari casi), nel trat­to ini­zia­le delle spal­le, le piume ri­ca­do­no anche sul da­van­ti, fino a so­vrap­por­si al col­la­re e pren­do­no l’a­spet­to di una “co­rol­la”, ma ciò non si­gni­fi­ca che que­sto at­tri­bu­to abbia una base ana­to­mi­ca iden­ti­fi­ca­bi­le con un cen­tro, ca­rat­te­ri­sti­ca che non può esser pre­sen­te.
La rosa, come ar­ric­cia­tu­ra di per sé, non può dun­que esi­ste­re… que­sto è pro­va­to dal­l’a­na­to­mia stes­sa del ca­na­ri­no. La rosa, se pre­sen­te, o co­mun­que come con­no­ta­to reale e vi­si­bi­le, sarà sem­pre e co­mun­que frut­to di una de­via­zio­ne della penna (spon­ta­nea o vo­lu­ta per mezzo di ri­toc­co) e non di una con­for­ma­zio­ne na­tu­ra­le de­ri­van­te da una forma se­let­ti­va su tale at­tri­bu­to, poi­ché nel ca­na­ri­no non vi è un sup­por­to ana­to­mi­co per po­ter­la ma­ni­fe­sta­re senza ma­ni­po­la­zio­ne ester­na. Per rea­liz­za­re la vera rosa, bi­so­gne­reb­be tro­va­re il modo di se­le­zio­na­re una nuova mu­ta­zio­ne dello pte­ri­lio dor­sa­le, per ot­te­ner­ne uno ro­ton­do o co­mun­que di bre­vis­si­ma lun­ghez­za e col­lo­ca­to al cen­tro del dorso, ca­rat­te­ri­sti­ca che at­tual­men­te non esi­ste nel ca­na­ri­no e nean­che, ag­giun­go, in nes­sun altra spe­cie della clas­se tas­so­no­mi­ca “uc­cel­li”.
Per quan­to gli al­le­va­to­ri pos­sa­no sfor­zar­si a cer­car di ot­te­ne­re A.G.I. con spal­li­ne di forma de­si­de­ra­bi­le, si con­ti­nue­ran­no dun­que a ve­de­re delle spal­li­ne a “si­mil-ro­sa”, che però non po­tran­no mai es­se­re per­fet­te o per­fet­ta­men­te at­ti­nen­ti a quan­to ri­por­ta­to nella de­scri­zio­ne del mo­del­lo idea­le della razza.
Le spal­li­ne a rosa re­sta­no un’a­spi­ra­zio­ne idea­le non su­scet­ti­bi­le di rea­liz­za­zio­ne pra­ti­ca, un con­no­ta­to astrat­to e ir­rea­liz­za­bi­le in con­cre­to, o quan­to meno solo una il­lu­sio­ne vi­si­va che può trar­re in in­gan­no chi non co­no­sce i trat­ti ana­to­mi­ci del­l’ap­pa­ra­to te­gu­men­ta­rio di que­sti uc­cel­li.
Per quan­to sopra espo­sto, posso rias­su­me­re il tutto in sole sei pa­ro­le: la vera rosa non può esi­ste­re.

Visione di spalle del soggetto
Una vi­sio­ne uto­pi­sti­ca di spal­le a rosa (trat­to da De Ba­seg­gio, 1989, Cam­pio­ni e Raz­za­to­ri, p. 273)

Fe­de­ri­co Vi­nat­tie­ri, lau­rea­to in Scien­ze Zoo­tec­ni­che, al­le­va­to­re, giu­di­ce, scrit­to­re, ti­to­la­re Al­le­va­men­to di Fos­som­bro­ne www.​dif​osso​mbro​ne.​ithttp://​lupi.​dif​osso​mbro​ne.​ithttp://​ornitologia.​dif​osso​mbro​ne.​it). Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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