di Raoul Lenaz
Sono Raoul e molti di coloro che frequentano il “Forum di Agraria.org“ mi conoscono in quanto moderatore nella sezione dei “Funghi Coltivati“ però, probabilmente non sanno che sono entrato nel mondo dei funghi Pleurotus nei primi anni del 1970 quando ho iniziato a lavorare per la “Forestal Funghi” di Crocetta del Montello. Il titolare di quella azienda era Oldo Sartor, figlio di uno dei due Sartor proprietari dell’allora “Funghi del Montello”, la più grande fungaia d’Italia conosciuta sopratutto per la sua produzione di Prataioli; pensate che già negli anni 1960 si erano dotati di un tecnico olandese per la gestione della loro enorme produzione! Il mio compito nell’ambito della Forestal funghi, era quello di visitare i produttori di funghi prataioli e Pleurotus e di convincerli a venderci, di anno in anno, tutta la loro produzione. Era un lavoro interessante che mi piaceva e che mi ha permesso di conoscere un mondo per me sino ad allora sconosciuto, dato che provenivo, in quanto allora Enotecnico, dal mondo enologico; la cosa più carina è che prima di entrare a far parte della Forestal Funghi, ero un funzionario di vendita della Federconsorzi presso l’ufficio Interregionale di Milano ed il mio compito, era quello di vendere all’ingrosso i vini dei Consorzi Agrari; visitavo le cantine di Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte e dovevo trattare con i loro titolari, per vendere loro i vini, proprio l’opposto di quello che facevo in seno alla Forestal, dove invece, visitando i produttori di funghi, dovevo convincerli a venderci le loro produzioni!
La nostra azienda successivamente, vendeva all’ingrosso, nei mercati ortofrutticoli dell’Italia centro settentrionale i funghi acquistati. Negli stessi mercati venivano venduti in parallelo, i funghi porcini e gli ovuli freschi che importavamo dalla Iugoslavia di quegli anni. Insieme al mio titolare frequentavo i mercati di Bologna, di Firenze, di Milano, di Torino e di Genova: quelle frequentazioni rappresentano per me, ancora oggi, dei bei ricordi.
Il lavoro svolto allora, nell’ambito della Forestal funghi, mi ha permesso di familiarizzare abbastanza bene, con le problematiche dei fungicoltori e le esigenze dei mercati ortofrutticoli.
Dopo alcuni anni di Forestal funghi, ricevetti da parte di Bruno Francescutti la proposta di entrare a far parte della sua azienda, l’Agrifung, la quale a quell’epoca era la più grande azienda italiana che produceva e vendeva il substrato seminato ed incubato per la coltivazione dei prataioli e quello solo seminato per i Pleurotus. Insieme ad Enzo Giordani uno dei tre soci dell’Agrifung, il mio compito era quello di seguire, controllare, tutta la produzione del composto sino al suo riempimento nei tunnel di pastorizzazione che ognuno, in quanto ne avevamo a disposizione sette, conteneva qualcosa come 3500quintali pronti per la pastorizzazione. Gestivo in prima persona anche il laboratorio di analisi che ci forniva tutti i parametri delle materie prime che utilizzavamo e quelli del composto sia prima della pastorizzazione che dopo di essa.
Già allora preparavo in platea, le masse da 3500 quintali di composto adatto alla coltivazione dei Pleurotus; i 3500 quintali di composto significano visivamente, delle masse veramente enormi per chi non è abituato a questi numeri. Il composto che preparavo era semplice nella sua formulazione ed era costituito da paglia, tutoli di mais e gesso, formulazione che sarebbe valida anche oggi se ci fosse sufficiente disponibilità di tutoli di mais; negli anni 70 erano disponibili in grande quantità e costavano veramente poco: purtroppo nel 2023, sono quasi introvabili! A quel tempo i sacchi, una volta riempiti assumevano una forma rotonda e non erano dotati di fori, poiché la fruttificazione si faceva avvenire su tutta la loro superficie, a sacchi spogliati!
In quegli anni, per un bel po’, per incarico del sig. Francescutti, andai in giro per l’Italia visitando i clienti “Agrifung” e fu proprio grazie a tutto ciò, che sempre di più mi appassionai al mondo della fungicoltura ed a tutti i suoi aspetti.
Nei primi anni del 1970, le uniche due varietà di Pleurotus che si coltivavano erano quelle dell’Ostreatus in autunno/inverno e del Florida in primavera, quest’ultimo quando e se il mercato ne permetteva la vendita ad un prezzo gratificante.
Il Pleurotus ostreatus è un ceppo esclusivamente invernale che viene bellissimo a temperature di coltivazione piuttosto basse, dai 10°gradi ai 15°gradi; a queste temperature cresce lentamente ma con dei colori molto scuri e con un cappello di un buon spessore. Mi ricordo ancora di quella volta che andai a visitare Borsato Bruno, un amico prima ancora che un cliente dell’Agrifung; aveva riempito a Porcellengo dove abitava, in pieno inverno, un suo capannone con composto di Pleurotus ostreatus. Durante la notte, non avendo riscaldato il capannone, le temperature erano talmente scese che i funghi, in fruttificazione, si erano ricoperti di un sottile strato di ghiaccio; riuscì a sciogliere quel velo di ghiaccio che ricopriva i corpi fruttiferi, aprendo il vapore e distribuendolo attraverso il fanget di plastica forato, presente all’interno del capannone: i funghi non subirono danni, nei giorni successivi raggiunsero la dimensione giusta per essere raccolti e, così fu. Vi ho raccontato questo episodio di cui sono stato testimone, per rimarcare come, soprattutto l’Ostreatus sia un ceppo puro, piuttosto vigoroso; è un po’ lungo nell’entrare in fruttificazione, dopo i 40 giorni circa dalla semina. I tempi chiaramente, non sono sempre eguali e possono variare di alcuni giorni, in funzione delle temperature, della ricchezza del substrato e del suo tasso di semina. Le rese del Pleurotus ostreatus erano e lo sono ancora oggi, leggermente più basse degli odierni ibridi; si parla sempre di rese del 15%-17%, non di più. Negli anni 1970 a fine incubazione, ovvero, dopo 15-20 giorni, si faceva raffreddare il composto presente all’interno dei sacchi non forati e poi si tagliava la plastica in modo da far avvenire la fruttificazione solo sulle pareti laterali. Chiaramente, essendo in tal modo la fruttificazione distribuita su tutta la superficie laterale dei sacchi in modo abbastanza intenso, la pezzatura dei funghi non era uniforme; per questo motivo, successivamente, si è iniziato a far avvenire la fruttificazione coi sacchi completamente chiusi e solo attraverso i fori che venivano effettuati sui sacchi prima del loro riempimento.
Francia, ballette incubate di Pleurotus, pronte per la fruttificazione
Alla fine degli anni 1970, in Francia ad una trentina di kilometri lontano da Parigi, io e mio figlio Riccardo per circa un anno e mezzo, dopo dei contatti avvenuti in Italia, abbiamo portato avanti tutta la produzione di Pleurotus, per conto di una società francese che aveva avuto dei problemi nel produrli. La coltivazione dei Pleurotus in quegli anni era veramente all’inizio, nelle fasi iniziali e non tutti, erano già all’altezza di farlo con padronanza! Avevamo a disposizione 8 celle di coltivazione climatizzate, contenute in una “ ex serra adibita alla coltivazione delle rose” lunga 120 metri e larga 16 metri; ogni cella di coltivazione era lunga circa 30 metri e larga 8 metri, come una normale serra standard e tutte, erano dotate di un impianto in sovrapressione dell’azienda “Cuoghi” di Albignasego (vicino a Padova), impianto che allora rappresentava il “TOP” per la coltivazione dei Pleurotus e che io avevo già visto presso molti fungicoltori italiani. Nostro compito era portare avanti tutti i cicli di produzione dei funghi, dall’inizio della fase d’incubazione del substrato sino alla fine delle volate.
Controllo delle prime spie di funghi su ballette già spogliate, lateralmente, della plastica
Pensate che allora, i sacchi di composto che venivano acquistati presso una platea di “Le Mans” nel dipartimento della Loira, non erano ancora forati e quindi bisognava stare attenti a come socchiuderli, durante la fase dell’incubazione, in modo da permettere una sufficiente microssigenazione per il micelio all’interno del substrato: ma noi questo lo sapevamo, forti delle mie esperienze precedenti in Italia. Quando abbiamo preso in carico la coltivazione, in azienda, ci siamo trovati entro alcune serre, davanti a delle partite di composto seminato e già andato a male, in quanto lo avevano fatto diventare anaerobico: il micelio all’interno di codesto substrato era morto! Chiaramente quelle partite le abbiamo fatto eliminare, dopodiché è iniziata “ex novo“ la coltivazione del Pleurotus gestita da noi. Nelle serre menzionate, mettevamo in incubazione un ceppo di Pleurotus “estivo” ma, essendo passati molti anni, ora non ricordo esattamente quale fosse: sicuramente un ceppo simile al SaJor-Caju e ritengo che la Platea di “ Le Mans” lo acquistasse dalla “Somicel “francese, laboratorio che produceva e vendeva micelio. Mi ricordo che la fruttificazione allora, alla fine dell’incubazione, con sacchi non forati e disposti uno accanto all’altro singolarmente, su delle scaffalature metalliche a tre ripiani, veniva indotta abbassando leggermente, di non molti gradi e con aria esterna, la temperatura all’interno del composto, a sacco chiuso e non spogliato della plastica per non essiccarlo troppo. Trattandosi di un ceppo estivo o quasi, la temperatura veniva abbassata solo di qualche grado e poi, la cella veniva messa in ricircolo con un tasso elevato di umidità, sino ad avere al suo interno una nebbiolina sottile e persistente. All’apparizione delle prime “spie” visibili, dei cosiddetti “primordi” su alcuni sacchi ed in diversi punti della serra, si tagliava solo lateralmente, la plastica aderente ai sacchi e lì, sulla superficie libera si faceva avvenire l’intera fruttificazione.
In quel periodo, in Francia, a produrre i Pleurotus, eravamo solo noi e la Somicel, un’azienda francese che era conosciuta soprattutto per la produzione di micelio che veniva venduto pure in Italia. Penso che in definitiva, io e mio figlio Riccardo, insieme solamente alla Somicel, siamo stati, in Francia, i primi a coltivarli e direi con un pelo di orgoglio, che abbiamo insegnato “ai Francesi di allora” qual’era il modo corretto di farlo! mercato di Parigi allora, desiderava che i funghi Pleurotus, una volta raccolti, fossero sgambati e noi lo facevamo. Quanti Pleurotus abbiamo prodotto con quelle 8 serre riempite ognuna, con circa 150 quintali di composto. Mi ricordo che in certi momenti avevamo intasato il grande mercato ortofrutticolo di “Rungis”, quello della città di Parigi e diverse volte, proprio per questo motivo, siamo stati costretti a venderli in Germania, anche lei comunque, allora, agli inizi per quanto riguardava il consumo dei funghi Pleurotus!
Oggi, sappiamo molto bene come il numero e la pezzatura dei funghi dipenda molto dalla quantità dei fori e dal loro diametro, nonché, dalla potenzialità produttiva del substrato.
Il Pleurotus Florida negli anni 1970 era l’unico ceppo a disposizione per poter produrre funghi all’infuori del periodo invernale freddo. Il suo micelio cresce bene ad una temperatura tra i 25° ed i 28°-max30°, per poi fruttificare pure a temperature abbastanza elevate, tra i 22°-23°gradi ed i 25°-27°. E’chiaro che alle temperature più basse è migliore in tutti i suoi parametri di pezzatura, colore e morfologia, aspetto questo, che vale in linea di massima, anche per gli altri funghi coltivati. Siccome sappiamo che quando vanno a maturazione, iniziano a rilasciare nell’aria molte spore che, come sappiamo, possono causare dei problemi di allergie, è buon senso raccoglierli prima che giungano a completa maturazione, attivando prima, quando presente, anche il cooling.
Per il Florida, essendo un ceppo direi “quasi” estivo, per indurre la fruttificazione, non c’è la necessita di raffreddare il substrato. Diversamente, per il Pleurotus ostreatus, per indurre la fruttificazione, bisogna indurre nel composto un salto termico all’ingiù, un suo raffreddamento; solamente in questo modo si bloccherà la fase di sviluppo vegetativo del micelio e le sue ife vegetative si trasformeranno in ifee “aeree”, pronte ad unirsi in cordoni miceliari tipici della fase iniziale della fruttificazione: perché si verifichi tutto ciò è necessario uno shock termico all’ingiù di almeno 8°-10°gradi. Agli inizi degli anni 1970, da parte di alcuni ricercatori, si suggeriva per favorire l’inizio della fruttificazione, di portare la temperatura del composto intorno ai 5°gradi sopra lo zero e di mantenerlo per circa una settimana. Si è visto in seguito, negli anni, che questo shock termico non è necessario, anche perché, quel passaggio dalla temperatura di incubazione a quella di fruttificazione ovvero dai 27°-28°-30°C ai 15°-18°-20° già rappresenta di per sé, quel salto termico all’ingiù richiesto.
Questo salto termico per indurre la fruttificazione è richiesto non solo per i Pleurotus invernali ma, anche per il prataiolo, per il Pioppino, per i ceppi di Shiitake invernali e per diverse altre specie di funghi. Lo shock termico all’ingiù viceversa, non è richiesto per le varietà estive dei Pleurotus ed altre specie di funghi esotici; è chiaro comunque che, pur senza quel shock termico, ognuno di essi ha un suo ottimo nei confronti della temperatura di fruttificazione.
Esistono in linea di massima tre tipologie di coloro che partecipano in maniera diversa al mondo dei funghi coltivati: gli operatori professionisti che gestiscono la coltivazione dei funghi Pleurotus usufruendo di un numero consistente di serre, quelli che li producono disponendo di una, due o tre serre e, quelli che mettono in coltivazione 200-300 ballette. Esiste poi una moltitudine di appassionati che si divertono ”hobbysticamente”, ad autoprodursi qualche balletta o pani di substrato e ne consumano i funghi prodotti soprattutto per uso familiare.
Le fungaie, quelle che veramente producono una certa quantità di Pleurotus con regolarità giornaliera, dispongono di un certo numero di serre, numero che dipende dalla lunghezza del ciclo di coltivazione e dal ritmo di riempimento delle strutture di coltivazione.
Riflessioni sui cicli di coltivazione dei Pleurotus
La durata normale di un ciclo di coltivazione di Pleurotus, di quei ceppi che si seminano molto spesso verso il 20 di agosto od all’inizio di settembre, chiamati autunno-invernali-primaverili, dura all’incirca 80-90 giorni, dalla semina alla fine della raccolta.
Come va interpretata questo periodo di tempo? In linea di massima, quando durante la fase d’incubazione va tutto bene, il micelio in 10-15 giorni ha già “chiuso” ed i l substrato si presenta già bello bianco e sicuramente, lo è ancora di più intorno ai 20 giorni; diciamo che intorno ai 20 giorni il substrato dovrebbe non essere solo bello bianco ma anche già abbastanza compatto (lo diventerà ancora di più dopo il suo raffreddamento), in presenza di una bella biomassa miceliare! Passati una ventina di giorni, in funzione dei ceppi che sono stati seminati e dell’andamento climatico in atto in quei momenti, con il buon senso e soprattutto con l’esperienza acquisita negli anni, si decide se lasciare ancora caldi i sacchi incubati oppure, se iniziare il loro raffreddamento ed umidificazione per indurre la fruttificazione.
Decidere quando, ad incubazione avvenuta, raffreddare il substrato è anche funzione dei ceppi di Pleurotus che abbiamo all’interno delle serre di produzione; alcuni iniziano a fruttificare a 20-25 giorni dalla semina, altri intorno ai 30 giorni ed infine dei ceppi puri, lo fanno intorno ai 35-40 giorni se non 40-42 e sono quelli che producono dei funghi di un colore molto scuro.
I funghi cominciano a nascere, a seconda del ceppo seminato, più o meno, intorno ai 25-30 giorni e poi debbono crescere per essere raccolti successivamente, al momento opportuno. Si deve attendere poi la seconda “volata” parola che definisce in gergo, ogni singola produzione di funghi che avviene nello stesso momento, nell’arco di pochi giorni; durante l’attesa per la seconda volata, in linea di massima, non si dà aria esterna e, se si dispone di un impianto di climatizzazione in sovrapressione, si viaggia in ricircolo con un tasso elevato di umidità ambiente; bisognerà chiaramente cercare di mantenere la temperatura all’interno della serra, su valori il più possibile, ideali per il ceppo di Pleurotus in coltivazione. Ogni “volata” comprende la nascita, la crescita e la raccolta dei funghi.
Serra “tipo” per la coltivazione dei Pleurotus: notasi i funghi in prima volata
Di solito si effettuano due o tre volate ed, a seconda della resa in funghi già ottenuta, si decide se attendere ancora una quarta e tutto ciò chiaramente, se il substrato si mantiene sano e, quando si capisce che è ancora potenzialmente produttivo.
E’ chiaro che il numero delle volate dipende da tanti fattori ed in primo luogo dalla potenzialità produttiva del substrato ed è reso possibile solamente se esso si mantiene sano nel tempo. Qui entra in gioco l’esperienza del fungicoltore in merito a quel determinato ceppo in coltivazione ed a quel determinato substrato e, tutto ciò, sia se lo prepara lui nella sua azienda e sia se lo acquista presso qualche Platea.
In linea di massima possiamo attribuire una trentina di giorni alla fase dell’incubazione e dell’induzione e una cinquantina, sessantina di giorni a quella della raccolta. E’ chiaro che voler quantificare un ciclo di produzione non è così semplice, in quanto, le variabili in campo possono essere molte.
Serra ad a semicerchio per la coltivazione dei funghi Pleurotus: in fruttificazione!
Diciamo che un ciclo di 80 – 90 giorni, prevede che nella stessa serra il substrato debba incubare e poi fruttificare senza essere mai spostato.
Oggi per quanto riguarda i funghi Pleurotus, sono molte le specie ed i ceppi che abbiamo a disposizione per la loro coltivazione. Una volta, come già scritto prima, si disponeva solo del Pleurotus ostreatus tipicamente invernale, il cui ottimo di coltivazione era ed è intorno ai 13° – 15°C ambiente e del Pleurotus florida, un estivo che si coltiva anche tuttora ed il cui ottimo di temperatura ambiente è intorno ai 22° – 23° – 25°C.
Oggi, grazie al lavoro di selezione e di incroci vari della specie, abbiamo a disposizione una vasta gamma di ceppi, nonché nuovi ibridi dei Pleurotus per tutte le esigenze. Possiamo affermare che in linea di massima, dai 10° – 15°C sino ai 25° – 30°C, li possiamo coltivare.
Ma qual è l’aspetto più importante di una coltivazione dei funghi Pleurotus? Certamente quello di poter produrre i funghi il più possibile, con continuità; continuità nella produzione dei funghi, significa rifornimento certo e sicuro nei confronti della clientela, qualunque essa sia ma soprattutto, nei confronti dei gruppi della grande distribuzione. La continuità e la sicurezza del ricevere i funghi, per coloro che poi li debbono rivendere a loro volta, è l’aspetto maggiormente e sempre, richiesto.
Produrre i funghi Pleurotus con continuità significa disporre di un certo numero di serre di coltivazione, numero che varia in funzione della lunghezza del ciclo di coltivazione e del ritmo di riempimento delle medesime.
Per un ciclo di coltivazione di 90 giorni, con la fase dell’incubazione del substrato e quello della fruttificazione nella medesima serra, aspetto che io ho deciso di chiamare “Primo modo”, con un ritmo di riempimento di una alla settimana, ci vogliono 12 serre. Nell’ottantaquattresimo giorno riempiamo la dodicesima serra e dopo una settimana, ovvero dopo 91 giorni, nel momento in cui saranno pronte le ballette della tredicesima pastorizzazione, si andrà a riempire per la seconda volta, la prima serra, dando inizio ad un nuovo ciclo di coltivazione dei Pleurotus; è chiaro che la serra numero uno qualche giorno prima, dovrà essere svuotata e disinfettata.
Un secondo ciclo di questo “primo modo” della durata di 77 giorni di cui 30 per la fase d’incubazione e 47 per la fruttificazione e raccolta, prevede l’utilizzazione di 10 serre riempite una ogni sette giorni; a 77 giorni, quando saranno pronte le ballette della undicesima pastorizzazione, si tornerà a riempire per la seconda volta, la prima serra già svuotata, come al solito un giorno o due prima.
Questi concetti, relativi a tutti i possibili cicli di coltivazione dei Pleurotus, sono raccontati nei dettagli nel mio libro appena pubblicato, “I Funghi Pleurotus” che potrete trovare sul sito www.booksprintedizioni.it.
Se riempiamo una serra ogni dieci giorni, il medesimo ciclo di 90 giorni lo possiamo realizzare con solo 8 serre e se invece, riempiamo le serre una ogni 15 giorni, saranno sufficienti 5 serre ed il tutto sempre rispettando il concetto del “primo modo” ovvero, incubazione e fruttificazione entrambe avvengono nella stessa serra. Come vedete, già modificare un solo parametro, ovvero, i tempi di riempimento delle strutture di coltivazione, ci permette di realizzare lo stesso ciclo di coltivazione, con un numero diverso di serre.
Lavorando col proprio substrato, ovvero effettuando in azienda, come sono solito dire, un “ciclo chiuso”, in base alle sue rese in funghi, si deciderà quante volate fargli fare, se due o tre e quindi poi magari, anche decidere più consapevolmente con quale ceppo e con quale ciclo lavorare, man mano che si procede avanti nei mesi. Per lo svolgimento di un ciclo completo di coltivazione dei pleurotus, come già detto, il numero delle serre necessarie cambia in funzione del ritmo di riempimento delle medesime in giorni, ritmo che dipende a sua volta, da quanti giorni dura una intera pastorizzazione, dal riempimento del substrato nel tunnel sino alla sua semina.
La durata in giorni delle mie pastorizzazioni, quando mi debbo preparare un po’ di ballette di Pleurotus, possono variare dai 7 – 8 giorni sino ai 9 – 10 – 11 giorni, a seconda del momento climatico in cui le eseguo, dato che la mia tecnologia non prevede l’uso del vapore. La maggior parte delle aziende che producono substrato, utilizzano il vapore per attuare le pastorizzazioni ed in linea di massima la loro durata si avvicina ai 5 – 6 – 7 giorni e non di più; di conseguenza possono attuare un ritmo di riempimento delle loro celle di coltivazione in funzione di questi tempi in giorni e d’altronde, il tempo di durata in giorni, di ogni singola pastorizzazione, cambia a seconda dell’esperienza acquisita da ogni singola azienda che lavora a ciclo chiuso. Le aziende che acquistano il substrato dalle Platee, chiaramente non sono condizionate dalle pastorizzazioni e possono decidere liberamente i tempi di riempimento delle loro serre, in funzione del loro numero e delle loro necessità. Ripetendomi, il numero delle serre indispensabili per effettuare un ciclo completo di coltivazione, dipenderà dal loro ritmo di riempimento ed anche da quanto tempo si desideri concedere alla fase di produzione di funghi, ovvero, a quante volate si può far fare o conviene far fare al substrato.
Ritengo si possano seguire due criteri per creare i cicli di coltivazione dei Pleurotus.
UN PRIMO MODO: si utilizzano le serre a disposizione sia per la fase dell’incubazione del substrato che per quella della fruttificazione e raccolta, concetto che ho già evidenziato prima. IL substrato una volta messo a dimora non viene più spostato sino alla fine del ciclo. Teoricamente, in questo caso le serre dovrebbero essere tutte climatizzate, ma in qualche caso, ci possono stare anche delle deroghe, legate soprattutto al momento climatico in cui si effettuano le coltivazioni.
UN SECONDO MODO: si dovrà avere a disposizione una singola ed unica struttura coibentata e climatizzata, la quale, utilizzata per la sola fase dell’incubazione del substrato seminato, dovrà contenere “minimo”un numero di ballette che escono da due pastorizzazioni susseguenti. E’ chiaro che il numero delle ballette è collegato alla dimensione del tunnel di pastorizzazione. La dimensione della struttura adibita a contenere le ballette per la fase della loro incubazione, come appena sopra detto, dovrà essere tale da contenere almeno due pastorizzazioni. Si dovrà procedere come di seguito: alla fine della prima pastorizzazione, della durata di sette giorni, le ballette saranno riposte nella serra d’incubazione e la stessa cosa si farà per quelle che provengono dalla seconda pastorizzazione ovvero, al quattordicesimo giorno.
Il ventesimo giorno, ossia un giorno prima che vengano seminate le ballette della terza pastorizzazione, si sposteranno dalla serra d’incubazione quelle che provenivano dalla prima pastorizzazione e che sicuramente, a venti giorni dalla semina, saranno già bianche ed incubate: saranno messe a dimora nella prima cella di coltivazione addetta, in questo caso, alla sola fruttificazione e la cui dimensione, sarà certamente quella tecnicamente” giusta” per accogliere quel determinato numero di ballette! Dopo altri sette giorni, dalla serra addetta alla sola incubazione, si toglieranno le ballette, sicuramente incubate, della seconda pastorizzazione e saranno trasferite per la fase della fruttificazione nella seconda serra di coltivazione. Quindi ogni sette giorni, si sposta il substrato sino al riempimento dell’ultima serra di coltivazione. Alla fine del primo ciclo di coltivazione, finite le volate nella prima serra, desiderando continuare a produrre, la si svuoterà, disinfetterà e la si riempirà per una seconda volta, iniziando così di fatto un secondo ciclo di produzione di funghi Pleurotus. Desiderando essere più sicuri di spostare al momento opportuno, delle ballette sicuramente già incubate, si potrebbe pensare, se economicamente lo si può fare, di mettere a disposizione per la fase dell’incubazione, una struttura che possa contenere un numero di ballette provenienti da almeno tre pastorizzazioni. In questo modo saremmo più sicuri di non modificare i tempi di riempimento delle serre di coltivazione con il substrato incubato. Quanto precede, chiaramente è reso possibile se la durata di ogni singola pastorizzazione è di sette giorni! Un primo ciclo con il “secondo modo”, viene portato a termine in 63 giorni di sola produzione e prevede la utilizzazione di 8 celle di coltivazione riempite, una ogni 7 giorni. Alla fine dei 56 giorni si saranno riempite tutte le 8 serre; dopo altri 7 giorni, il che significa dopo 63 giorni totali, dalla struttura unica dell’incubazione, si toglieranno il solito numero di ballette già incubate; si metteranno a dimora per farle fruttificare, nella prima serra già svuotata e disinfettata uno o due giorni prima, iniziando così facendo, un secondo ciclo di coltivazione. Un secondo ciclo di coltivazione di Pleurotus sempre adottando il “secondo”modo, prevede l’utilizzazione di sole 6 serre riempite con il ritmo di una ogni sette giorni, ovvero, in 42 giorni. Avremo in linea di massima 49 giorni per la produzione di funghi. Infatti dopo aver riempito l’ultima serra, al quarantaduesimo giorno, seguirà una attesa di altri circa sette giorni per avere pronte le solite ballette incubate da mettere a dimora nella prima serra, svuotata e disinfettata, come sempre, un giorno o due prima.
Un terzo ciclo, sempre col “secondo modo”, potrebbe comprendere 60 giorni di sola produzione e l’utilizzazione di sole 5 serre riempite però al ritmo di una ogni 10 giorni; la procedura è sempre la solita. In questo caso, alla fine dei 50 giorni avremo riempito le 5 serre ma, poi chiaramente dovremo attendere altri 10 giorni per arrivare ai 60 del ciclo, ed avere a disposizione le nuove ballette incubate da mettere per la seconda volta, nella prima serra già svuotata e disinfettata qualche giorno prima. Desiderando, ci potrebbe stare anche un quarto ciclo da mettere in pratica adottando il “secondo modo”, comprendente 50 giorni di sola produzione e l’utilizzazione di sole 4 serre riempite al ritmo di una ogni 10 giorni. E’ chiaro che quanto precede, a proposito del numero e della durata dei cicli di coltivazione, va inteso con una certa elasticità, poiché il tutto, sarà condizionato dal tipo di struttura entro la quale si farà avvenire la coltivazione, di quale eventuale impiantistica essa sarà dotata, dal ceppo di Pleurotus utilizzato e dall’insieme delle condizioni colturali a cui questo ceppo sarà sottoposto. Però quanto precede, sempre a proposito dei cicli di coltivazione dei Pleurotus e della loro durata, rappresenta in un certo senso, “una guida” che desidera aiutare tutti coloro che si apprestano a dover fare delle scelte di tale tipo. Come ripeto, se acquisterete la mia recente pubblicazione “I Funghi Pleurotus” , leggendolo, capirete quale ragionamento dovrete mettere in campo per fare le scelte più appropriate Quello che sto scrivendo in questo contesto, fa parte di quel ragionamento e dovrebbe rappresentare già un buon aiuto!In funzione dei mesi, da Sud a Nord, le temperature cambiano e quindi sarebbe utile, in funzione di tutto ciò, poter avere a disposizione diverse tipologie di serre in cui coltivare i Pleurotus. Oggi oltretutto, a causa dei frequenti cambiamenti climatici che coinvolgono le temperature ed i tassi di umidità ambientali, il fare delle scelte ottimali è diventato certamente più difficile. D’altro canto, siamo fortunati che i funghi Pleurotus, in fase di coltivazione, sono dotati di una certa elasticità nei confronti di eventuali parametri colturali non ottimali che possono verificarsi per determinati momenti, all’interno delle strutture di coltivazione; hanno uno spirito di sopportazione e questo naturalmente ci aiuta un pochino. Però attenzione perché situazioni colturali non normali, per troppo tempo, si rifletteranno sulla qualità dei corpi fruttiferi.
Raoul, l’autore del libro “I Funghi Pleurotus” appena pubblicato, si propone con una sua chiacchierata di coinvolgerVi in taluni aspetti della coltivazione dei funghi Pleurotus, iniziando con una domanda secca:
ECONOMICAMENTE, E’ ANCORA GRATIFICANTE LA PROFESSIONE DEL FUNGICOLTORE ED IN MODO PARTICOLARE COLTIVARE I FUNGHI PLEUROTUS?
Rispondere a questa domanda non è così semplice, perchè la ritengo, ancora oggi, una di quelle da “un milione di dollari”!!!
In linea di massima, i produttori di funghi Pleurotus, per quanto riguarda i prezzi che riescono a spuntare alla produzione, sono sempre assoggettati a quella “domanda/offerta” del mercato: direi che i prezzi, a seconda delle annate e della figura commerciale a cui i fungicoltori sono legati per la vendita, sono sempre leggermente altalenanti. Ma non potrebbe essere diversamente e questo, lo sappiamo tutti, come sappiamo che questa dinamica vale per tanti altri prodotti della nostra agricoltura! Ultimamente e direi “meno male”, i prezzi dei funghi Pleurotus sono ridiventati abbastanza remunerativi per un problema di loro minor disponibilità sui mercati; sono un paio di anni che ci sono problemi di rese scarse da parte del substrato e, c è chi dà la colpa alla qualità della paglia e chi alla qualità del micelio. I fungicoltori lamentandosi, affermano che il substrato riesce a fare solamente una prima volata e poi praticamente, quasi più nulla; è per questo motivo che i prezzi dei Pleurotus sono “finalmente” risaliti e ridiventati veramente interessanti. Spuntare alla produzione, euro 2,50 – 3 il kilogrammo, significa, per un coltivatore di funghi Pleurotus, nel momento in cui riesca ad avere una resa minima in funghi di 23 kg – 25 kg per ogni 100 kg di composto posto in fruttificazione, essere sicuramente gratificati dal punto di vista economico! Quanto lo sia, dipende dai molti parametri aziendali messi in campo e sicuramente, quantitativamente, in modo diverso per ogni produttore di funghi. Sul mercato, in queste ultime due stagioni, non c’è stata a sufficienza, disponibilità di funghi e quindi, i prezzi sono aumentati.
Ultimamente, come appena accennato, per le rese basse sono stati colpevolizzati sia la paglia che il micelio. Non si riesce mai a conoscere con sicurezza la vera storia della paglia acquistata, i trattamenti eseguiti nei campi seminati a grano: è veramente difficile esprimere dei giudizi in merito a tutto ciò! Tanto la verità, quella vera, non la si saprà mai. Quindi Platee ed aziende a “ciclo chiuso”, ogni stagione acquistano i loro grandi quantitativi di paglia, facendo atto di fiducia nei confronti dei loro fornitori, certamente controllando e cercando di sapere, ma fino a che punto ciò è possibile in fase di trebbiatura e dopo? Sono stato testimone di molti racconti in merito a questi aspetti. C’è chi sta molto attento alla qualità della paglia, ma ritengo che delle volte, per vari motivi, non si arriva veramente sino in fondo, vuoi per l ‘atto di fiducia di cui prima, per le consuetudini che entrano in campo, per i rapporti di amicizia e così via!
Per quanto riguarda la qualità del micelio, il discorso diventa ancora più difficile. Normalmente chi produce substrato per sé o per venderlo, nel momento in cui ha micelio che invade troppo lentamente il substrato pur rispettando tutti i parametri di quella fase delicata, che ha problemi di inquinamento dei substrati in fase d’incubazione, oppure, si ritrova con un substrato incubato che non riesce a dare delle rese soddisfacenti in funghi, certamente inizia a sospettare anche sulla bontà e qualità del micelio acquistato. Nel corso dei decenni, quante storie ho sentito in merito al micelio e quante purtroppo sono finite in tribunale! Dopo 50 anni di appassionata fungicoltura, posso affermare che ancora oggi delle volte, e dico purtroppo, succede che arrivano alle aziende delle partite di micelio di qualità dubbia! Affermo anche che, tutto ciò, nei vari decenni, qualche volta, è successo sia a me che a dei miei amici produttori di substrato e funghi. Comunque noi, grazie ai nostri costanti contatti ed al nostro dialogare, negli anni abbiamo imparato, almeno in parte, a difenderci, controllando qualche volta e soprattutto quando necessario, alcuni semplici aspetti della bontà del micelio, ricorrendo alle scatole Petri ed alla cappa a flusso laminare.
Certamente non è semplice esprimere dei giudizi; vi dirò che anch’io, negli anni, come appena riferito, ho acquistato e ricevuto del micelio che molto probabilmente, non era puro e vigoroso come avrebbe dovuto essere! Per una stagione, forse quindici o vent’anni fa, ho dato una mano ad un mio amico, titolare di un laboratorio che produce e vende tuttora micelio a livello nazionale, in quanto gli era andato via il suo rappresentante; ho girato per lui tutta l’Italia, isole comprese. Ormai sono dei lontani ricordi, ma quella esperienza mi ha permesso di conoscere a fondo, abbastanza bene, la filiera del micelio e le sue problematiche; proprio per questo motivo negli anni, non ho mai suggerito a nessun amico di farsi un laboratorio per auto prodursi il micelio! Quelle volte che si sono verificati dei problemi con la qualità del micelio, e da parte di qualche amico si era manifestato il desiderio di produrselo, ho sempre suggerito di non farlo, conscio delle difficoltà di una tale professione! Delle volte, hanno problemi le multinazionali del micelio, superdotate di tutto ciò che serve, “al meglio”, compresi i genetisti, i biologi ed i laboratori di produzione: succede anche a loro! ho solo voluto esprimere un mio semplice pensiero in merito a quanto difficoltà per operare
Comunque lungi da me dare giudizi in quanto non sono certamente all’altezza di poterlo fare seriamente! Io ho voluto solo esprimere un mio semplice pensiero in merito alla difficoltà di coloro i quali producono micelio! Il fatto è che la nostra fungicoltura è una bella e buona “Biotecnologia” dove al suo interno c’è tanta ma tanta microbiologia: ci sono tanti microorganismi che si debbono eliminare del tutto, iniziando proprio da quella moltitudine presente nei chicchi di miglio o segale che danno luogo alla produzione del micelio e tanti altri di cui abbiamo un assoluto bisogno, e che devono essere viceversa, preservati e presenti all’interno del substrato in forma di consistenti biomasse!
Con un po’ di buona volontà, spero di chiarire, almeno in linea di massima, se conviene ed in quale modo, investire per coltivare i funghi pleurotus. Quindi, vedo di proseguire con la nostra chiacchierata.
Cominciamo col dire che in primo luogo, dobbiamo avere a disposizione le strutture all’interno delle quali, possiamo praticare la coltivazione dei funghi Pleurotus; normalmente si utilizzano delle serre a forma di arco o casetta. La dimensione standard, quella che in linea di massima, è sempre stata utilizzata negli anni precedenti, è di 30 metri di lunghezza, 8 metri di larghezza e 3,50 metri di altezza al colmo della struttura. Chiaramente le dimensioni della singola serra, possono variare e lo sono in funzione della quantità di substrato che si desidera mettere in coltivazione al suo interno. Ho degli amici che dispongono di serre larghe 10 metri, lunghe 30 metri ed alte al colmo metri 4,50: ho constatato con visite ripetute negli anni, che in queste serre si fanno i funghi più belli in quanto è permesso loro di respirare di più, hanno più metri cubi di aria libera a loro disposizione e loro, da tutto ciò, traggono vantaggio. Comunque, coloro che coltivano i pleurotus da diversi anni utilizzando delle strutture diverse, conoscono bene questi aspetti! Oggi si dispone di materiali diversi per la coibentazione esterna delle strutture, materiali che devono chiaramente permettere un certo grado di illuminazione naturale al loro interno. Disponiamo di impianti efficienti e moderni che permettono di controllare e modificare all’interno delle strutture di coltivazione, tutte le fasi colturali, da quella dell’incubazione del substrato a quella della coltivazione vera e propria, comprendenti la temperatura del substrato, quella ambientale interna, il tasso di umidità e la concentrazione della anidride carbonica nell’ambiente. Sono normalmente impianti in sovrapressione dotati di fanget in plastica forati che distribuiscono nel modo più uniforme possibile in tutti i punti interni della struttura, quello che serve in ogni determinata fase colturale: possiamo gestire i tassi di umidità ambientali, far intervenire flussi di aria calda o fredda, flussi di aria in solo ricircolo o accompagnati da una certa percentuale di aria esterna, oppure, far pervenire all’interno della serra solo aria esterna dotata comunque di un certo tasso di umidità. All’interno delle serre, normalmente, oltre all’impianto in sovrapressione, c’è sempre la presenza di un cooling dotato di pannello di umidificazione e di ventilatore di estrazione a velocità differenziata.
Il costo di una sola serra, come appena descritta sopra, completa di una impiantistica “al TOP”, adatta alla coltivazione dei Pleurotus, può costare oggi, dai 40.000 ai 50.000 euro. Sino a qualche anno addietro si parlava di 30.000-35.000 euro. Sia comunque chiaro che, il costo effettivo di una serra standard, può variare anche molto, in funzione soprattutto del tipo di copertura e dell’impianto di climatizzazione di cui la si dota; la scelta come sempre, sarà in funzione di dove e quando verrà fatta la coltivazione e dei ceppi che saranno messi in coltivazione. Come vedete, già il solo costo delle strutture di coltivazione rappresenta un investimento elevato; abbiamo già illustrato come, per effettuare un ciclo continuo di produzione della durata di circa 90 giorni, ci possono volere 12 serre, riempite una ogni sette giorni. Solo le serre di coltivazione, significano un investimento di 480.000-600.000 euro: aggiungete poi, tutto il resto! Ritengo che si debba fare una profonda e seria indagine di mercato, prima di decidere un investimento così importante ed avere almeno, un acquirente serio che garantisca un prezzo remunerativo ed un ritiro sicuro al 100% della quantità di funghi che si producono durante tutta la stagione. Comunque, come avevo evidenziato succintamente, i cicli di coltivazione possono essere molto diversi fra di loro sia nella loro lunghezza che nel numero di serre utilizzate. Sarà il futuro fungicoltore a fare le scelte per lui più opportune, in base alla sua disponibilità economica ed in base alle sue esigenze!
Attenzione che in Italia, sono molte le aziende importanti le quali, per la coltivazione dei Pleurotus, dispongono di decine e decine di serre climatizzate; quest’ultime sono nate negli anni e la maggior parte si trovano nell’Italia centrosettentrionale ma anche nel Lazio, in Campania, in Puglia ed in Sicilia. Molte sono dislocate nel Veneto, ma come detto, non solo! Pensate che ci sono fungaie che dispongono di 20 – 40 e più serre, all’interno delle quali coltivano i Pleurotus.
In Italia la maggior parte di coloro che coltivano i Pleurotus, acquistano il substrato dalle Platee; nel nord Italia ce ne sono tre: Quella di Fernando Pozza nel Trevigiano, quella del dr. Ricci nel Ferrarese e quella di Dal Pozzo/Rigoni nel Vicentino. Dopodiché bisogna scendere nel Lazio dove abbiamo La Funghitex ed infine la Fides. In Campania abbiamo la ex SAIPAN a Cava dei Tirreni e, in Puglia c’è l’azienda di De Biasi, a Castellaneta ed alcune altre. Queste sono le platee più conosciute ed importanti, che vendono i pani di substrato per coltivare i Pleurotus ma di solito, solo autotreni completi. Non dimentichiamoci della Sicilia poiché anche lì, esistono alcune aziende che vendono il substrato per i Pleurotus, ma non sono molte.
L’alternativa ad acquistare il substrato, è chiaramente quella di produrselo in azienda andando così ad effettuare, come lo chiamo io, un intero “ciclo chiuso”.
Nasce spontanea la domanda: quali sono le strutture e le attrezzature di cui c’è bisogno per produrre il substrato?
Serre ecologiche, non climatizzate, per la coltivazione dei funghi Pleurotus!
Dopo le serre climatizzate, si dovrà pensare a costruire uno o più tunnel di pastorizzazione; uno o due, dipende dal quantitativo di substrato seminato che ci servirà settimanalmente. Si può riempire una serra alla settimana od anche due, dipende da quante serre abbiamo a disposizione e dal tipo di ciclo di coltivazione che si desidera effettuare. La dimensione del o dei tunnel, dipenderà da questo!
Il substrato, per la fase della pastorizzazione dovrà usufruire dell’azione del vapore, per cui serviranno dei generatori di vapore con una potenza preventivata in funzione del quantitativo di substrato da pastorizzare settimanalmente.
Le materie prime utilizzate, normalmente vengono trinciate, a lunghezze diverse: ad una lunghezza di 2-3-4-5 cm tutte insieme. Avremo la paglia, che rappresenta la base per la preparazione del substrato dei Pleurotus, che avrà nel suo insieme tutte queste dimensioni; un trinciapaglia rotativo a martelli è quello che normalmente trincia la paglia e la sfibra come dovuto. La paglia nel mentre viene trinciata, attraverso una coclea, una vite senza fine per intenderci, dotata di tubi forati, subisce la prima bagnatura e viene quindi ammucchiata per la fase successiva della “Premassa”.
Per la movimentazione della paglia, sino al riempimento del tunnel di pastorizzazione, servirà una pala meccanica dotata di una benna abbastanza capiente. Servirà un cassone dotato al suo interno di una catena in movimento, la quale salendo, trasporta e livella il substrato; esso verrà utilizzato sia nel momento in cui si riempie il tunnel col composto e sia nel momento in cui lo si semina. Il cassone presenta al suo colmo anche la seminatrice.
È necessaria una blocchettatrice che ti permette di imbustare, sigillare e forare contemporaneamente più di 300 pani all’ora, del peso ognuno di 22 – 23 – 25 kg.
Serviranno dei nastrini telescopici per il riempimento del composto all’interno del tunnel di pastorizzazione; il nastrino finale è quello che brandeggia e distribuisce il composto, lanciandolo in modo uniforme a destra e sinistra: così facendo, alla fine del riempimento ci ritroveremo all’interno del tunnel, con un letto uniforme, possibilmente senza crepe, di composto alto dai 2,20 ai 2,50 metri. L’altezza del riempimento può variare in funzione di quale impiantistica è dotato il tunnel.
Servirà certamente, almeno un muletto per il trasporto all’interno delle serre, dei pani seminati. Per le serre e per i tunnel di pastorizzazione serviranno tutti i collegamenti elettrici, idraulici ed altro ancora.
Ripetendomi in parte, ecco l’elenco di ciò che si deve disporre per poter attuare un “ciclo chiuso”.
Un numero adeguato di serre per la fase dell’incubazione e produzione dei funghi.
Un trinciapaglia rotativo a martelli dotato di un potente motore elettrico oppure di presa di forza in modo che possa funzionare con un trattore; un trinciapaglia con abbinata una coclea che permetta la prima bagnatura uniforme della paglia.
Almeno un tunnel di pastorizzazione dotato della sua abituale impiantistica ovvero, ventilatore, filtri Hepa od a tasche al 95%, generatore di vapore.
Ci vuole un cassone dotato anche di seminatrice, come descritto già prima; serve una moderna blocchettatrice per pani, ed i nastrini telescopici per il riempimento del tunnel di pastorizzazione con il composto.
Quanto elencato sopra, rappresenta in linea di massima, tutto ciò che serve per prodursi il composto in azienda. Volutamente, non ho inserito lo spazio necessario e cementato, sia per posizionare tutte le serre che per l’insieme della Platea, che dovrebbe, se possibile essere anche coperta; anche la sala di semina dovrebbe essere al chiuso e con l’aria che entra, in sovrapressione, filtrata, in modo da evitare possibili inquinamenti del substrato.
Come vedete, prodursi il substrato e nelle proprie serre coltivare con esso i funghi Pleurotus, significa investire un bel po’ di soldini; io non sono un impiantista ma comunque, penso che 12 serre climatizzate più tunnel di pastorizzazione e tutte le attrezzature prima descritte, più le superfici cementate ed eventuali capannoni di contenimento possano rappresentare un investimento che oggi sicuramente supera qualche milione di euro: due o tre? Forse! L’importo che ho pensato, prendetelo pure con le pinzette, però ritengo non sia molto lontano dalla realtà. Ritengo pure che, se un imprenditore desiderasse realizzare una Platea al completo, dovrebbe realizzare un numero di serre superiore di molto le 12 preventivate prima; solo con una grande produzione di funghi, potrà ammortizzare in tempi ragionevoli il suo investimento.
Quindi, per produrre i funghi Pleurotus, o si realizzano solo le serre e si acquista il substrato da una Platea oppure, oltre alle serre si crea,” dal niente”, “da zero”, una nuova Platea che permetta di prodursi il composto.
Un investimento come quello sopra descritto, di qualche milione di euro, significa vendere la propria produzione ad una di quelle associazioni di fungicoltori che sono nate ultimamente, da qualche anno, e che distribuiscono i funghi in tutto il territorio nazionale attraverso la grande distribuzione; in alternativa esistono pure dei commercianti che ritirano i funghi alla produzione e poi li rivendono alla loro clientela, compresa la grande distribuzione. In Italia esistono alcune realtà di entrambe le tipologie.
Ma allora, esiste uno spazio economico per coloro che dispongono di una, due o tre serre, ovvero per i più piccoli produttori di funghi?
Ritengo di sì, ma certamente non essendoci una continuità nel produrre funghi, considerando il numero di serre limitato, cambierà sicuramente la tipologia della clientela che acquisterà i funghi Pleurotus. Certamente molto importante è la dislocazione delle strutture di coltivazione; l’ideale sarebbe produrre in assenza di una concorrenza troppo importante o meglio ancora in assenza completa di essa.
Coloro che dispongono di una sola serra o due, avranno molti funghi a disposizione nel momento in cui hanno una prima o seconda volata, e purtroppo trattandosi di quintali di funghi, saranno costretti a venderli subitaneamente, a qualche commerciante della loro zona, se presenti. Non produrre i funghi pleurotus con continuità per tutta la stagione, rende più difficilmente, valida la loro coltivazione dal punto di vista economico! E’ meglio produrne pochi, ma con una certa continuità, almeno questo è il mio umile pensiero!
Certamente con una piccola produzione continua di funghi pleurotus, si diventa una azienda agricola a km zero, i cui clienti saranno sicuramente i cittadini privati, qualche ristorante e fruttivendolo. Ritengo che con questo tipo di clientela i prezzi dei funghi possano essere ancora leggermente più elevati e gratificanti.
Ho sempre affermato che produrre settimanalmente od ogni 10 giorni, un 150 ballette da 20/25 kilogrammi di substrato ciascuna, potrebbe rappresentare un obiettivo carino e remunerativo per una singola famiglia o per un gruppo di amici di tre o quattro persone, anche come secondo lavoro!
Con un piccolo tunnel di pastorizzazione che sforni alla fine di ogni trattamento termico un 150 ballette da 20/25 kg seminate e messe a dimora subito, entro delle piccole serrette che, volta per volta, le contenga tutte, si può impostare un ciclo di coltivazione dei pleurotus con continuità. Certamente bisognerà tenere presente dove si intende effettuare la coltivazione ed i mesi durante i quali si vorrà e si potrà farla.
Per decidere il numero delle serrette necessarie, bisognerà capire se si potrà avere a disposizione una struttura unica climatizzata, per la sola fase dell’incubazione delle ballette, quelle provenienti da almeno due pastorizzazioni, o meglio ancora da tre.
Il numero di queste piccole serre sarà diverso se esse, in qualche modo, saranno climatizzate e quindi, potranno servire, una volta messe a dimora senza più essere spostate, sia per l’incubazione che per la fruttificazione delle ballette; questa ultima soluzione è quella che normalmente, almeno all’inizio di ogni ciclo di coltivazione, viene sempre attuata intelligentemente, nei mesi di fine estate e primavera, anche nelle serrette non climatizzate.
In ogni caso, sia che si tratti della grande fungaia che dispone di 12 – 24 o più serre, climatizzate o non e, sia che si tratti della piccola azienda agricola con più serrette, i cicli di coltivazione che si possono effettuare vanno da un minimo di uno, sino a due e delle volte due e mezzo. Molto dipende se le serre permettono di produrre anche nei mesi piuttosto freddi ed in quelli viceversa piuttosto caldi. Lo stesso vale per la piccola fungaia!
I prezzi che la grande azienda riuscirà a spuntare per ogni kilogrammo di funghi Pleurotus , saranno chiaramente in funzione degli accordi presi con i loro acquirenti a cui conferiscono la produzione. Se si riuscisse a prendere i 2,50 – 3 euro per kilogrammo di funghi, la coltivazione sarebbe veramente gratificante dal punto di vista economico! Penso che la piccola fungaia possa vendere i suoi funghi allo stesso prezzo, se non di più, in quanto azienda agricola a km zero, tipologia oggi vista di buon grado dai consumatori.
Si consideri che i prezzi del substrato solo seminato, adatto alla coltivazione dei Pleurotus, per la stagione 2023- 2024, attuato dalla Platee, franco azienda e più IVA, si aggira intorno ai 18 – 19 euro a quintale. Quindi ai 18-19 euro partenza, vanno aggiunti oltre all’IVA, i costi del trasporto i quali, chiaramente, varieranno a seconda delle distanze kilometriche tra la Platea e la fungaia; sicuramente parliamo di costi aggiuntivi a quintale di substrato pari a 2 – 3 – 4 euro a quintale, almeno in linea di massima!
Se un quintale di substrato costa 22 – 23e euro e produce durante un completo ciclo di coltivazione 22 – 23 kilogrammi di funghi, significa che un solo kilogrammo verrà a costare “1” euro! A quel singolo euro bisogna poi aggiungere tutti i costi supplettivi, di energia, raccolta, confezionamento e di consegna ai propri acquirenti!
Come vedete il costo di un kilogrammo di funghi alla produzione non rimane quel singolo euro, ma aumenta e di quanto, lo sanno solo i singoli produttori di funghi, in funzione dei loro propri costi aziendali, diversi da azienda ad azienda!
Quanto precede, Vi fa capire, almeno in linea di massima, a quanto bisogna vendere i funghi Pleurotus, per iniziare a guadagnare in modo appropriato!
I costi di un quintale di substrato seminato, per coloro che se lo producono in azienda, per quelli cioè che effettuano un “ciclo chiuso,” penso che possa oscillare, dai 10 ai 12 -13 euro; riteneteli “orientativamente” perché dipenderà dalle oscillazioni dei prezzi della paglia, del micelio, del materiale utilizzato per il confezionamento dei blocchi, e da quelli dell’energia! Se si riescono a produrre 25 kilogrammi di funghi per quintale di composto e per ogni singolo ciclo di coltivazione, potremmo avere un costo di soli 50 – 60 centesimi di euro a kilogrammo, invece di quel “1” euro come da esempio precedente! A questi costi vanno aggiunti, come prima, gli altri…
Nel caso della piccola azienda a km zero, ovvero dei tre o quattro familiari o amici, il costo di un quintale di substrato seminato, potrebbe essere ancora, leggermente più basso, forse intorno agli 8 – 10 euro e quindi un kilogrammo di funghi potrebbe venire a costare dai 30 – 40 – 50 centesimi di euro: è chiaro che dipenderà dalle rese in funghi! I costi del substrato, delle Platee, sono aggiornati al 2023 e quindi, spero di non essermi allontanato molto dalla realtà.
E’ chiaro che, per mettere in piedi una grande fungaia a ciclo “chiuso” che produce il substrato ed abbia a disposizione 12 – 24 o più serre per la coltivazione dei funghi Pleurotus, bisogna investire qualche milione di euro, come già affermato prima. I costi per una piccola azienda a km zero, che desideri prodursi il substrato e coltivarsi i funghi, in ambito familiare o in forma di piccolo gruppo di amici, certamente non sono paragonabili e ritengo possano essere alla portata di molti appassionati: studiata la zona migliore per coltivare e vendere i funghi, aiutati inizialmente da qualche bravo tecnico che già prepara substrato per i Pleurotus, si può partire e preparare quel piccolo impianto come da me suggerito! Un trinciapaglia, un Tunnel di pastorizzazione, delle serrette ecologiche e tanta buona volontà e determinazione! Lo scrivente, soprattutto per insegnarVi a preparare il substrato per i Pleurotus, compreso l’Eryngii, è sempre a vostra disposizione! Per tutte le delucidazioni, mi potrete trovare sul “Forumdiagraria.org” alla sezione “Funghi coltivati” dove, insieme ad altri colleghi, sono uno dei moderatori. Mi potere raggiungere anche con: “ lenaz.raoul@libero.it “.