Cinofilia: il valore del campionato italiano oggi
di Federico Vinattieri
Mario Querci con i suoi Mastini Napoletani, nel best in show della IDS di Firenze, anni ’80
Storie di cani campioni. Ne potremmo raccontare tante. Ci sarebbe da scrivere libri su libri con gli aneddoti che ogni allevatore potrebbe narrare.
Cani campioni del passato, cani campioni famosi, cani campioni che hanno fatto la storia della propria razza… Campioni italiani che si erano guadagnati quel titolo, conquistandosi scontro dopo scontro, ring dopo ring, ogni singolo Certificato di attitudine al campionato (C.A.C.).
C’era una volta in Italia il famigerato “CAC di Campionato“, una sorta di punto obbligatorio per ottenere il titolo di campione, che limitava annualmente quel titolo a pochi esemplari per ogni razza, una vera e propria élite. Era un evento imperdibile per chi voleva divenire campione italiano… pertanto, che venisse esso svolto a Taormina in Sicilia, piuttosto che a Monza in Lombardia… tutti gli allevatori d’un certo calibro erano lì presenti, con i propri esemplari più meritevoli.
Che tempi! Ripensare alla retrospettiva della nostra cinofilia è importante, per non dimenticare quel che è stato e soprattutto per cercare di tramandarlo a chi verrà poi. Certi ricordi non devono essere perduti.
Quando talvolta mi capita di ripensare ai miei campioni del passato, è automatico l’essere pervaso immediatamente da un senso di nostalgia, non solo per il ricordo di quei soggetti che non ci sono più, dei quali conservo centinaia di foto e reliquie, ma anche per quell’atmosfera cinofila diversa che li circondava: dove il pubblico era spaventosamente più presente a bordo ring… dove si veniva premiati con coppe e con medaglie… dove i risultati si comunicavano a casa solo alla sera quando si rientrava, perché non c’erano i cellulari… dove si faceva la coda al mattino in segreteria per ritirare la busta con i numeri… dove si sottoponeva i propri esemplari al giudizio di tecnici del calibro di Ciceri, Mariotti, Bonetti, Adinolfi, Faja, Rivolta, Renai della Rena, Perricone, Brivio Chellini, De Sanctis, Morsiani, e tanti tanti altri nomi, ormai scolpiti nella nostra storia cinofila… dove le esposizioni canine erano solo quelle che venivano definite “le classiche”, ossia sempre quelle, in periodi definiti, in posti fissi, in luoghi suggestivi, ville, giardini, parchi.
I miei ricordi d’infanzia sono strettamente legati a quei luoghi, che hanno segnato la mia gioventù, e quando, quelle rare volte, non accompagnavo i miei genitori alle esposizioni canine, li aspettavo a casa di mia nonna… alla sera, quando rientravano, li osservavo scendere dall’auto, e a seconda delle loro espressioni cercavo di comprendere se avessero vinto o se il risultato non fosse stato ottenuto… d’altronde senza telefonini e senza internet, non c’era possibilità di sapere l’esito della gara fino al loro rientro serale. Ma era bello così!
Quella cinofilia è stata la più bella, e chiunque l’abbia vissuta non può che condividere questa mia opinione.
All’epoca, il titolo di Campione Italiano c’era da sudarselo, e non era affatto scontato che un esemplare, pur avendo delle qualità, potesse prima o poi raggiungere quel traguardo tanto ambito.
…e invece oggi?
Chi frequenta il mondo delle esposizioni canine oggi, sa benissimo quali siano le tante problematiche attuali.
Premetto che non condivido l’opinione di alcuni colleghi che sostengono che la cinofilia oggi è in “decomposizione”… no, non è affatto così! Ci sono grandi risorse anche nella cinofilia attuale, poiché anche oggi vedo valide selezioni, progetti ambiziosi da parte della nostra Ente nazionale, e una buona dose di passione da parte di tanti colleghi allevatori… Ma pretendo invece che venga riconosciuto il fatto che la cinofilia di oggi è assai differente da quella di soli 2-3 decenni or sono. Una diversità evidente, tangibile, su svariati aspetti.
Visto che mi considero da sempre un assiduo frequentatore di manifestazioni canine, mi permetto di divulgare una mia opinione su quelle che sono le principali cause che hanno reso il titolo odierno di Campione Italiano, ahimè, assai più attenuato nel suo valore effettivo, rispetto a quello d’una volta. Il riverbero di valore di questo diploma, che attesta l’inserimento nell’albo dei campioni nazionali, oggi non è assolutamente paragonabile al valore che aveva negli anni ‘80 -’90.
Quali sono le ragioni di questo divario?
Per prima cosa, vorrei parlare del numero delle esposizioni.
Umberto Corsiglia e Giacomo Lehmann, alla premiazione della Esposizione Int. di Nervi 1956
Dall’ultimo bilancio dell’Ente Nazionale della cinofilia italiana si evince che nel nostro Paese, nel solo anno 2021, sono state organizzate ben 417 esposizioni, di queste 40 sono state esposizioni internazionali, 21 esposizioni nazionali, 19 esposizioni regionali, e 337 sono stati raduni delle varie società specializzate di razza.
Un numero impressionante, considerando il fatto che in un anno ci sono circa 50 fine settimana. Una media di 8 eventi per ogni weekend. Nel 2022 probabilmente saranno anche di più, visto che non ci sono più tante restrizioni dovute alla recente pandemia.
Da questa quantità, a mio avviso esagerata, di eventi espositivi, nel 2021 sono stati proclamati ben 893 Campioni italiani. Anche questo un numero da capogiro!
Vero che il numero di nascite è notevolmente aumentato negli ultimi anni (* nel 2013 sono stati 142.483 i soggetti registrati in Italia, nel 2021 sono stati 201.386), ma questo non giustifica un numero così elevato di esposizioni e di campioni nazionali.
Ma quanto conta davvero oggi vincere un Campionato Italiano?
Sicuramente il prestigio attribuibile a questo titolo oggi, non è più quello di una volta.
Questo perché? Probabilmente molto è dovuto a quella che io chiamo la “sindrome dell’ordinario”, ossia, quando una cosa diventa abituale, una consuetudine, un fatto ripetitivo, automaticamente perde di prestigio e di interesse.
E’ un po’ quello che sta succedendo al Campionato di calcio di serie A, che sta pian piano perdendo sempre più audience… sempre meno persone vanno allo stadio, sempre meno persone acquistano le partite sulle piattaforme televisive, sempre meno tifosi seguono le partite… Qual è il motivo? Semplice: la consuetudine. Questa “overdose” di calcio è stata deleteria per il calcio stesso. A lungo andare le persone perdono d’interesse nei confronti di una costumanza. Al contrario, infatti, la nazionale di calcio ai mondiali riscuote sempre grandi affluenze, proprio perché viene svolto ogni quattro anni e perché non è così facile arrivare alla vittoria finale. La perdita d’interesse è direttamente proporzionale alla frequenza degli eventi.
Stessa cosa vale per il campionato italiano in cinofilia. Noi “drogati di cinofilia” siamo anche contenti di questa quantità debordante di eventi… ma sappiamo tutti che questo straripamento di esposizioni è irrimediabilmente esiziale per la cinofilia stessa.
Sono talmente tanti gli eventi espositivi, che alla fin dei conti, con insistenza, tanti soggetti non meritevoli arrivano lo stesso ad acquisire i risultati utili per richiedere il titolo nazionale.
Colpa dei giudici direte voi! Vi sono certamente alcuni giudici considerabili un po’ di “manica larga” per le qualifiche, e la cosa è stata più volte evidenziata anche in sedi ufficiali, ma è anche vero che il giudizio di uno stesso esemplare può variare da mostra a mostra, quindi su dozzine di eventi espositivi a disposizione dell’espositore, si può, bene o male, sempre trovare quello favorevole.
Quel che manca oggi è una vera uniformità di giudizio, invece si evidenzia talvolta una netta superficialità di analisi sui soggetti esposti, assodata soprattutto per le razze poco rappresentate, ossia quelle meno conosciute, per le quali i giudici non devono sostenere alcun esame d’abilitazione, avendo d’ufficio l’idoneità al giudizio, come regolamento in vigore stabilisce.
Ed ecco che anche soggetti decisamente mediocri, riescono ad arrivare allo stesso titolo di soggetti ben più meritevoli di tale riconoscimento.
Nelle razze che allevo, ad esempio, una buona metà dei soggetti che oggi son divenuti campioni italiani, posso assicurarvi che circa 25-30 anni fa, non avrebbero avuto alcuna possibilità di diventarlo. Questo è anche dovuto al fatto che la competizione vera e propria è calata di livello. Nella stragrande maggioranza delle razze, il livello medio qualitativo rilevabile nei ring, è drasticamente scemato.
Nei miei scritti mi ritrovo a far sempre l’esempio del Mastino Napoletano, razza che conosco molto bene, alla quale sono legato da sempre e nella quale in passato vi sono stati scontri epici nei ring italiani, tra campioni veri, campioni d’un livello qualitativo oggettivo ed evidente, un grado di tipicità ben diverso da quello visibile oggi in esposizione. Questa nostra razza italiana oggi è rappresentata da soggetti che sono, senza mezze misure, nettamente inferiori rispetto a gli esemplari di soli due decenni fa.
Parlando con tanti colleghi, ho constatato che tale argomentazione è abbinabile anche a tantissime altre razze, oserei asserire alla maggioranza di esse.
Cosa è accaduto?
La qualità si è abbassata? Gli allevatori non sanno più allevare? I giudici non sanno più giudicare?
Non credo sia questo il nocciolo della questione. Penso però che l’approccio sia al giudizio, sia alla selezione, sia mutato in modalità irreversibile.
Da una parte c’è stato un fisiologico ricambio generazionale, sia degli allevatori, sia degli “arbitri”, dovuto ad un normale fattore anagrafico… dall’altra è cambiato proprio l’approccio alla cinofilia, dove internet è divenuta la prima vetrina utile, scavalcando di gran lunga il valore del confronto e delle contese agonistiche in ring. I social sono diventati una necessità per l’allevatore, una piazza sulla quale diffondere opinioni, critiche, e dove sponsorizzare i propri esemplari, e tutto ciò ha messo, che lo si voglia o no, in secondo piano le esposizioni canine… considerate da tutti, una volta, una forma di comparazione del proprio lavoro e pertanto delle vere verifiche zootecniche, oggi tenute in considerazione dai più, solo per pubblicizzare la propria immagine, aggiornando le proprie pagine online, con nuove foto/video e nuove esperienze.
Tutto ciò è confermato dal fatto che esiste oggi una buona fetta di allevatori che alleva senza nemmeno frequentare le esposizioni, e in alcuni casi, senza aver mai partecipato ad un evento espositivo. Un fatto lecito, sia chiaro, ma inconcepibile per chi, come il sottoscritto, vive costantemente la cinofilia soprattutto tramite le esposizioni canine.
L’autovalutazione è importante in una selezione, ma un allevatore necessita anche di direttive esterne, che solo esperti giudici possono contribuire a fornire in sede di giudizio. In che direzione sta andando la mia selezione? Questa domanda un allevatore se la deve costantemente porre.
Sia chiaro comunque che noi che partecipiamo alle expo’, lo facciamo anche perché ci piace, non perché abbiamo impellente bisogno di farlo, pur riconoscendo il valore di tali competizioni cinotecniche.
La realtà è che nella cinofilia fino ai primi anni 2000, le esposizioni canine erano protagoniste, eventi non suscettibili di deroga, a cui non si poteva contravvenire o venire meno. Se si voleva restare legati a quel mondo, un allevatore doveva tassativamente partecipare alle mostre. Oggi no.
Tutto cambia. Giusto che sia così.
Ogni settore subisce dei radicali cambiamenti nel corso degli anni, sia positivi, sia negativi… ma la cinofilia, forse più di ogni altro settore della zootecnia, ha subito questo repentino avvicendamento tra vecchi e nuovi metodi.
C’è poi da considerare questa corsa al voler fare il campione in tempi brevi. Perché?
Questa mania di voler a tutti i costi chiudere i campionati italiani appena il cane ha l’età per poter partecipare in classe intermedia o in libera. Una volta i campionati, nella maggior parte delle razze, venivano chiusi anche a 5-6 anni di età del soggetto… Oggi a 18-20 mesi, molti sono già campioni. Una vera “pista del diploma”, da percorrere al galoppo… Mah!
Non condivido e non comprendo i vantaggi di voler bruciare i tempi, ma anzi, talvolta rimango attonito di fronte a tali fulminee carriere. Dov’è il divertimento nel chiudere un campionato in due settimane? Non dobbiamo dimenticarci infatti che le esposizioni sono sì dei preziosi momenti di confronto, di condivisione, di valutazione, ma sono anche, per molte persone, un autentico diversivo per evadere dall’ordinario della vita, fonti di puro intrattenimento… o almeno dovrebbero esserlo.
Dopo queste riflessioni, non resta che un quesito a cui dare risposta.
La vera domanda da porsi è la seguente: qual è il vero valore zootecnico del titolo di campione italiano oggi?
Ai fini dell’agonismo può avere ancora il suo perché… in quanto bene o male per ottenerlo devi comunque vincere almeno sei esposizioni.
Ma onestamente, ai fini della mera valutazione cinotecnica di un prodotto di un centro di selezione, ottenere oggi il titolo di campione italiano quanto conta davvero?
Lascio a voi la risposta.
Tessana di Ponzano, al giudizio di Guido Vandoni, alla mostra d’Oltremare di Napoli 1990
Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone – www.difossombrone.it – http://lupi.difossombrone.it – http://ornitologia.difossombrone.it). Curriculum vitae >>>