di Giovanni Brajon
Pecore di razza Sarda (foto www.pecorinotoscanodop.it)
L’allevamento ovino in Toscana assume rilievo e importanza per la consistenza numerica dei capi allevati rappresentando a livello nazionale il 6% del totale. Le pecore, prevalentemente di razza Sarda, sono allevate in aziende di medie/grandi dimensioni concentrate nelle province di Grosseto, Siena, Pisa e Firenze. Nelle altre province, in particolare Massa Carrara, Lucca, Pistoia, Pisa e Livorno, sono presenti, in aree montane e pianeggianti, aziende di piccole/medie dimensioni che allevano pecore di razza massese
Il comparto agropastorale toscano è caratterizzato dai seguenti punti di forza e di debolezza:
Punti di forza:
- presenza e rilevanza sociale ed ambientale di allevamenti a carattere estensivo in aree marginali e svantaggiate, importanti dal punto di vista della sostenibilità ambientale, sia per lo stretto legame tra allevamento e superfici aziendali, sia per la possibilità di gestire correttamente gli apporti azotati alle colture;
- ruolo fondamentale dell’allevamento per l’attivazione dell’indotto (trasformazione casearia);
- elevato Know-how di tradizioni e tecniche casearie;
- radicata presenza di prodotti tipici derivanti dall’allevamento e presenza di produzioni di qualità a marchio DOP e IGP;
- presenza di un patrimonio ovino autoctono, che, seppure a limitata diffusione (tranne le razze Massese e Appenninica), può garantire, mediante esperienze di “filiera corta” soprattutto in aree marginali/montane, un risultato economico agli allevatori.
Punti di debolezza:
- frammentazione della proprietà, invecchiamento della manodopera e limitato ricambio generazionale a causa della scarsa attrattiva del settore;
- scarsa propensione ad investimenti e innovazione;
- forte impatto delle norme igienico sanitarie sui costi di produzione, soprattutto per gli allevamenti di piccole/medie dimensioni;
- rapporti interprofessionali spesso conflittuali, debolezza degli allevatori e criticità nel sistema associativo/cooperativo;
I risultati conseguiti dalle aziende agropastorali toscane, nel tempo hanno consentito di raggiungere un’elevata qualità dei prodotti derivati, alcuni dei quali valorizzati tramite marchi DOP, ampiamente apprezzati sia sul mercato nazionale che estero. Tuttavia, vi sono margini di miglioramento e ottimizzazione della filiera, soprattutto per quanto riguarda le tecniche gestionali delle aziende e di lavorazione del latte.
Il cambiamento dell’assetto produttivo è caratterizzato da una progressiva evoluzione delle tecniche di allevamento con particolare riguardo all’alimentazione, riproduzione e prevenzione delle malattie. Recentemente ha trovato interesse l’avvicinarsi degli allevatori a razze ovine considerate più produttive di quelle storicamente presenti sul territorio toscano (Sarda e Massese) con la conseguente evoluzione di una pastorizia che passa da un sistema basato su un elevato sfruttamento del pascolo, a un sistema più intensivo, condotto quasi esclusivamente in stalla. L’introduzione della razza Lacaune, proveniente dalla Francia, testimonia questo cambiamento soprattutto per quanto riguarda la gestione della riproduzione, dell’alimentazione, degli spazi e della salute delle pecore allevate. Questo cambiamento sta avvenendo in assenza di un’appropriata strategia regionale a supporto tecnico degli allevatori che, di conseguenza, si affidano al settore commerciale privato per l’acquisto e la gestione dei riproduttori e per la conduzione aziendale.
Proposta di un piano di settore
Per migliorare la competitività del comparto lattiero-caseario ovino in Toscana, sarebbe necessario sviluppare azioni innovative finalizzate all’implementazione della qualità del latte e dei formaggi, alla valorizzazione del loro legame con il territorio e della biodiversità, garantendo allo stesso tempo elevati standard per la sicurezza alimentare e la salute del consumatore.
Le azioni, fra loro integrate e sinergiche, si dovrebbero inserire in un piano di settore che coinvolga l’intera filiera produttiva, dalle aziende ai caseifici, al fine di ottenere risultati concreti in termini di miglioramento e valorizzazione della qualità del latte ovino, ottimizzando la produzione in un’ottica di sostenibilità economica, ambientale, etica e sociale. Le azioni del piano dovrebbero almeno comprendere i seguenti aspetti:
- Tecniche di allevamento
Miglioramento delle tecniche di produzione e gestione aziendale con particolare riguardo a: alimentazione, gestione dei pascoli, stabulazione, infrastrutture, mungitura e conservazione del latte, riproduzione e miglioramento genetico; gli interventi di assistenza tecnica devono essere calibrati in funzione delle caratteristiche aziendali e dei fabbisogni tipici delle razze allevate, impiegando sistemi di PLF (Precision Livestock Farming) a supporto del benessere animale e della redditività dell’allevamento.
- Benessere animale
Applicazione di strumenti oggettivi e validati (Classyfarm) atti a monitorare il profilo aziendale igienico-sanitario e di benessere animale basati su: rilievi di tipo indiretto su strutture, infrastrutture e pratiche gestionali e rilievi di tipo diretto, animal based. Le misurazioni devono essere effettuate da personale qualificato e sono finalizzate alla raccolta di informazioni su: condizioni sanitarie degli animali, profilassi attuate in azienda, patologie presenti in allevamento e indicatori di animal welfare. Il sistema di monitoraggio dovrà prevedere una continuità in maniera da categorizzare le condizioni di allevamento nelle differenti realtà ed eventualmente, ove necessario, apportare delle migliorie, in maniera da limitare lo stress, che spesso si traduce in peggioramento della qualità del prodotto (incremento cellule somatiche, comparsa germi patogeni, mastiti e diminuzione produzione del latte ed attitudine alla caseificazione) e di conseguenza in una perdita di tipo economico per l’allevatore che si ripercuote sull’intera filiera produttiva. A ciò si aggiunge l’obiettivo di ridurre sempre più il consumo di antibiotici e quindi di limitare il fenomeno dell’antimicrobico resistenza. L’implementazione del sistema di valutazione del benessere animale sul territorio, avvalendosi della piattaforma Classyfarm, pone le basi per ottenere la certificazione ‘Sistema Qualità Nazionale Benessere Animale’ (SQNBA), attualmente in fase di attuazione nell’ambito del protocollo stabilito tra i Ministeri dell’Agricoltura e della Sanità.
- Performance produttive e qualità del latte alla produzione
Monitoraggio della produzione e qualità del latte attraverso la valutazione dei parametri chimico- fisici ed igienico-sanitari: tenore in grasso e proteine, numero di cellule somatiche, carica batterica totale ed altri parametri, utili come indicatori dell’attitudine alla caseificazione e come strumento di monitoraggio dello stato di salute e di benessere degli animali. Il monitoraggio della qualità del latte è necessario per individuare le migliori tecniche di gestione degli animali.
I livelli produttivi devono essere confrontati con i dati relativi ai costi di mantenimento e gestione degli animali, al fine di valutare la sostenibilità nelle aziende che allevano razze con differenti tecniche di produzione. La rete dei prelievi e delle analisi sulla qualità del latte, deve avvalersi di laboratori in grado di affrontare effettivamente tutte le tipologie di analisi sopracitate, e deve essere nella condizione di poter valorizzare i risultati ottenuti con il supporto tecnico alle aziende di produzione, estendendo gli accertamenti anche all’eventuale presenza ed alla diffusione degli agenti infettivi mammari delle pecore.
- Qualità dei prodotti trasformati
I controlli sulla qualità del latte conferito devono prevedere la valutazione dei parametri chimico-fisici e igienico-sanitari che influenzano l’attitudine alla caseificazione in termini di resa in formaggio. Le analisi condotte per conto degli allevatori sono inserite in un sistema informatico e sono utilizzate per adottare un sistema “a premio” per il pagamento del latte sulla base del livello qualitativo. Questa strategia, come riscontrato nel corso di esperienze precedenti ed attuali, rappresenta un valido strumento per il miglioramento della qualità del latte. La selezione del latte in fase di conferimento consente inoltre di destinare il prodotto a diversi tipi di lavorazione sulla base delle relative classi qualitative. La valutazione delle caratteristiche del latte in entrata permette ai caseifici di attuare una selezione delle masse da destinare a diversi tipi di prodotti: più freschi, per i quali è fondamentale un buon apporto di materia grassa, semi-stagionati e stagionati, dove l’equilibrio fra grassi e proteine è di fondamentale importanza per ottenere un pecorino caratterizzato da alti standard qualitativi.
- Tracciabilità e valorizzazione del prodotto
La normativa di settore sulla tracciabilità ha puntato significativamente sulla trasparenza delle informazioni riportate in etichetta a tutela del consumatore, avvalendosi anche di sistemi volontari di certificazione. L’origine delle materie prime con cui si fabbricano i prodotti alimentari, rappresenta nel nostro paese uno strumento di garanzia di qualità certificata che gli attori della filiera possono comunicare direttamente al consumatore, informandolo sulla provenienza puntuale delle materie prime e riguardo le fasi che l’hanno trasformato in alimento, rafforzando il modello from farm to fork. L’etichetta rappresenta il veicolo d’informazione corretta, dettagliata e trasparente delle caratteristiche dei prodotti alimentari.
Nell’ambito della filiera lattiero casearia del latte ovino, la Regione Toscana ha promosso in passato il progetto “Latte di pecora della nostra terra”, curato dall’Istituto Zooprofilattico, che ha permesso di tracciare la provenienza del latte in ogni lotto di formaggio pecorino prodotto. Il collegamento è assicurato tramite sistema informativo che segue il percorso del latte fin dalla raccolta presso le aziende di produzione. Prima dell’immissione in commercio, su ogni forma di pecorino viene applicata un’etichetta comprensiva di un Codice QR e di un numero di identificazione. Tramite il Codice QR, utilizzando uno smartphone, il consumatore è in grado di risalire alle caratteristiche delle aziende di produzione e del latte utilizzato per tutte le forme di pecorino tracciate.
Inoltre, per dare maggiore robustezza al sistema, tutto il processo è certificabile ai sensi della norma UNI EN ISO 22005:2008 – RINTRACCIABILITA’ NELLE FILIERE AGROALIMENTARI.
Il Caseificio Busti ha applicato il sistema in alcune aziende conferenti nella zona di Pienza, e recentemente lo ha implementato l’inserimento di una serie di aziende localizzate nella Val d’Orcia. Questa strategia di valorizzazione del prodotto potrebbe estendersi ad altri territori, con l’obiettivo di comunicare ai consumatori la caratterizzazione dei formaggi prodotti con latte proveniente da diverse aree, da allevamenti con differenti sistemi di produzione e non di minore importanza da aziende che seguono elevati standard di benessere e salute animale.
- Sicurezza alimentare
L’ottenimento di un prodotto di qualità non deve prescindere dagli elevati standard igienico-sanitari che devono essere adottati in azienda: il controllo puntuale delle forniture (del latte e di tutti gli ingredienti e coadiuvanti tecnologici) e di tutte le fasi connesse col ciclo produttivo (fasi tecnologiche) rappresentano un elemento imprescindibile nella gestione della sicurezza alimentare. Seguire i dettami del sistema HACCP, applicandone i principi in tutti i passaggi della filiera, attivando e implementando procedure di rapida comunicazione tra gli attori coinvolti, costituisce un elemento base per la gestione puntuale di eventuali anomalie e di conseguenza per attivare pronte azioni correttive.
Nei caseifici, un’analisi preliminare del rischio, connessa alle varie fasi produttive, permette di monitorare il sistema in maniera puntiforme, agendo tempestivamente e preventivamente in caso di scostamenti.
L’introduzione di strategie per la valorizzazione del prodotto e di un sistema di tracciabilità che consentano di seguire le fasi di produzione e trasformazione del latte fino alla commercializzazione, (Progetto “Latte di pecora della nostra terra”) costituiscono un ulteriore strumento per contribuire alla garanzia di elevati livelli di sicurezza e di qualità alimentare.
- Ricerca e sperimentazione
Tra gli obiettivi della ricerca, che deve essere di supporto alle aziende, si segnalano: la gestione dei tipi genetici da latte che sono stati recentemente introdotti per una migliore utilizzazione delle zone intensive, la ricerca di nuovi parametri, riscontrabili tramite analisi del latte e del sangue, da utilizzare come indicatori di benessere animale e la somministrazione nella razione di fonti proteiche alternative alla soia. Inoltre, bisognerebbe approfondire lo studio per soluzioni di confezionamento dei prodotti utilizzando materiale biodegradabile o comunque ‘plastic free’.
- Formazione e comunicazione
La buona riuscita di un sistema di gestione della qualità passa attraverso la formazione e l’informazione del personale coinvolto, in altre parole di tutti gli addetti e operatori che quotidianamente manipolano i prodotti. Bisogna attivare percorsi formativi in aula e in campo, estesi anche alla produzione primaria, creando così un sistema di competenze a garanzia di prodotti di qualità.
La formazione permanente degli allevatori deve essere indirizzata al supporto tecnico per la gestione aziendale, al mantenimento di adeguate condizioni igienico-sanitarie degli animali attraverso misure di prevenzione, al miglioramento della qualità del latte e del benessere animale, con particolare riferimento al controllo delle mastiti.
Di pari passo deve essere attivata una comunicazione permanente indirizzata ai consumatori attraverso tutti gli strumenti attualmente in uso: siti web, social-media, eventi aperti al pubblico quali seminari, workshop, visite in azienda e nei caseifici. Tali iniziative avranno lo scopo principale di valorizzare il prodotto, evidenziandone il collegamento alla filiera territoriale, ed allo stesso tempo contrastare il crescente fenomeno della disinformazione e/o cattiva informazione.
Per predisporre un piano di settore che ricade su una filiera molto articolata quale quella del latte ovino, sarebbe auspicabile organizzare una Conferenza programmatica regionale nella quale Istituzioni, produttori e trasformatori, enti di ricerca e servizi, associazioni ed altri attori, a vario titolo parte integrante della filiera, portino utili contributi.
Giovanni Brajon – Responsabile Unità Operativa Territoriale Toscana Centro dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana ‘M. Aleandri’.