Qualità del paesaggio e attrattività turistica
Il caso di studio altoatesino
di Paolo Degli Antoni
L’Istituto di ricerca Eurac si è interrogato su possibili rapporti tra paesaggio e soddisfazione della popolazione locale e dei visitatori, in una prospettiva di turismo sostenibile. In particolare per l’Alto Adige si mettono a confronto la diversità del paesaggio con l’intensità turistica. Come indicatore di diversità paesaggistica si sceglie l’indice di Shannon applicato all’uso del suolo, caratterizzato da valori compresi tra 0 e 1. I valori massimi si raggiungono nei Comuni delle Alpi retiche e delle Dolomiti, ma anche in quello poco alpestre di Proves, quelli minimi in Comuni vallivi, ma anche in celebrate località dolomitiche. L’assunto sotteso è dichiarato nelle parole: “la diversità e la ricchezza strutturale dei paesaggi sono direttamente proporzionali alla bellezza scenica del panorama alpino, mentre ampie zone omogenee incidono negativamente sul grado di percezione della bellezza paesaggistica. Noi … sosteniamo che una maggiore diversità paesaggistica sia apprezzata sia dalla popolazione residente sia dai turisti”. Il confronto con l’indicatore “Intensità turistica” non conferma l’assunto, infatti alcuni Comuni ad alta diversità paesaggistica hanno intensità turistica bassa (es. Proves, Tubre), altri a diversità paesaggistica bassa o media sono molto turistici (es. Avelengo, Badia). Alcune anomalie si spiegano facilmente: Avelengo ha meno di ottocento abitanti e nove importanti esercizi ricettivi censiti da https://www.suedtirolerland.it/. Tubre ha meno di mille abitanti e un solo esercizio ricettivo censito, Proves (250 abitanti) nessuno. Ai valori medi di diversità paesaggistica dei Comuni di Caldaro e Termeno sulla Strada del Vino si associano valori medio-bassi di intensità turistica, evidentemente l’attività agricola è prevalente su quella turistica; Bolzano col suo paesaggio di media diversità registra intensità turistica minima, evidentemente le funzioni industriale, trasportistica, direzionale, residenziale e di pubblica istruzione prevalgono.
Paesaggio come supermercato o come significazione spazio-temporale
Siamo così certi che la diversità paesaggistica sia un valore apprezzato, a prescindere dalle unità d’uso del suolo che la compongono e dal loro reciproco accostamento? Dal punto di vista percettivo e valutativo da parte di residenti e visitatori questo assunto può essere vero soprattutto per le persone specialmente attratte dalla facilità e dal ricco assortimento di beni di consumo e di servizi, dal “paesaggio come supermercato” come da definizione in “Ecologia del paesaggio del Monte di Portofino“. Secondo alcuni studi sociologici, le generazioni più giovani hanno accantonato criteri valutativi estetici romantici, valutando il paesaggio su base funzionale; la Convenzione europea del Paesaggio raccoglie questo atteggiamento: “territorio, così come è percepito dalle popolazioni … aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita”. Nei paesaggi-supermercato, caratterizzati da un alto numero di usi del suolo diversi in poco spazio, le popolazioni trovano facilmente soddisfazione ai loro bisogni e aspirazioni di tipo consumista e ricreativo, poco importa se l’aspetto visivo, tipico di certe periferie urbane, è un’accozzaglia accessoriatissima di agricoltura residuale, boschetti di neoformazione, centri commerciali e artigianali. Un pubblico turistico e residenziale più esigente presta invece attenzione alla significazione naturalistica e storica delle componenti paesaggistiche, prediligendo centri abitati di pregio architettonico, agricoltura espressiva delle tipicità eno-gastronomiche locali e valenza naturalistica degli ecosistemi (semi)naturali, senza trascurare la qualità dell’interfaccia urbano-rurale. In questo senso sono auspicabili passaggi netti tra città densa e campagna, richiesti peraltro dal piano paesaggistico della Provincia di Bolzano per le zone di rispetto paesaggistico: “Le zone di rispetto sono in genere degli spazi aperti nelle vicinanze degli insediamenti, che devono rimanere inedificate. Con le zone di rispetto si intende evitare la dispersione edilizia e mantenere la destinazione agricola. Le zone di rispetto paesaggistico proteggono i settori inedificati del paesaggio dalla dispersione urbanistica, favoriscono la compattezza degli insediamenti e mantengono l’utilizzo agricolo”. In forza di questi principi risulta particolarmente apprezzabile, specialmente dalla funivia per Soprabolzano, il brusco terminare della città di Bolzano a nordest verso l’estesa e compatta zona vitivinicola di Rencio, che vanta anche un minuscolo oliveto produttivo (non cartografabile a livello 3) sito alla massima latitudine raggiunta in Italia insieme al piccolo impianto di Castel Trauttmansdorff di Merano.
Le monocolture non sono da disprezzare quando costituiscono la matrice paesaggistica ed esprimono la tipicità produttiva dei luoghi. In questo senso la cella esemplificativa Corine livello 3 di tre chilometri di lato tra Termeno ed Egna (a destra) è esemplificativa di un paesaggio di qualità, composto in prevalenza da colture legnose (frutteti in pianura e vigneti su pendici), con un solo tipo di bosco (latifoglie) ai suoi lati, un solo tipo d’insediamento residenziale, rado, e piccole aree industriali; una criticità è data semmai dalla canalizzazione dell’Adige, il cui alveo non è sufficientemente largo da risultare cartografato. Un equivalente quadrato centrato su Bolzano (a sinistra) mostra un numero di classi Corine più alto, col vigneto come unica classe agricola, ma l’area ferroviaria e quella industriale difficilmente sono percepite come qualificanti.
CORINE Land Cover 3. Quadrati di tre chilometri di lato intorno a Bolzano e tra Egna e Termeno
Panorama sui vigneti collinari, i paesi e la piana tra Egna e Termeno. Foto: Comune di Egna
Biodiversità reale, percepita e ricercata
Diversi indicatori paesaggistici applicati a livello europeo a Corine Land Cover sottintendono che l’effetto margine tra usi del suolo diversi incrementi la biodiversità. Questo assunto è in realtà tutto da dimostrare, anzitutto perché l’effetto ecotono, ambiente di transizione con caratteristiche anche proprie, può esistere solo lungo l’interfaccia tra ecosistemi pregiati molto diversi tra loro, non per esempio al passaggio tra tessuto urbano denso e vigneto, quale si registra in via Brennero a Bolzano, né presso l’altrettanto netto limite tra i vigneti e il bosco.
Anche dal punto di vista strettamente ecologico, una maggiore estensione del contatto tra ecosistemi non incrementa proporzionalmente la biodiversità; per esempio gli arbusteti di contatto tra bosco e seminativi hanno solitamente una composizione specifica piuttosto uniforme, perciò il loro eventuale raddoppio potrebbe non comportare un arricchimento in specie animali e vegetali. Gli ecosistemi composti da individui di piccola taglia, come le praterie, esprimono il massimo della loro biodiversità già in superfici modeste, mentre quelli composti da individui grandi, come le foreste vetuste, esprimono il loro potenziale di biodiversità solo se presenti in superfici compatte estese almeno cento ettari; la frammentazione della foresta è un problema ecologico, non un carattere di varietà paesaggistica.
La biodiversità è percepibile a livello paesaggistico solamente a livello di habitat: colture caratteristiche e tradizionali, tipi forestali, corsi e specchi d’acqua con relativa vegetazione galleggiante e di sponda. Non sono percepite specie erbacee endemiche, a meno che queste non conferiscano almeno stagionalmente un tipico aspetto ai luoghi dove vivono numerose. Lo stesso dicasi per le specie animali, percepibili a livello paesaggistico quando sono presenti in assembramenti numerosi di individui, meglio se grossi (es. camoscio), mentre un raro coleottero solitario non lo è. Per non svalutare i contenuti naturalistici di un paesaggio e accrescere la soddisfazione di residenti e visitatori, è opportuno fornire informazioni d’aiuto per il reperimento, con pannelli illustrativi agli ingressi delle aree protette, con banche dati e con cartografie tematiche, meglio se consultabili anche in rete.
Nel quadrato Corine di Termeno-Egna rientra marginalmente il Parco del Monte Corno, unico in Alto Adige esteso all’area submediterranea (220 msm), in particolare l’habitat “bosco ceduo submediterraneo di roverella, carpino nero e orniello”, descritto dal portale internet dei parchi provinciali anche nella sua connotazione di fascia paesaggistica: “questa boscaglia si contraddistingue per la straordinaria varietà di forme di vita durante tutto l’anno. Già in inverno inoltrato sui rami spogli si aprono i fiori gialli del corniolo, che in estate darà frutti rossi. Verso fine aprile brillano i fiori bianchi del ciliegio canino”. Il parco fa parte della Rete Natura 2000 come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) e Zona di Protezione Speciale (ZPS) e ha un piano di gestione.
Bosco submediterraneo sulle pendici pedemontane in autunno. Foto: Comune di Egna
Un turismo dolce e poco invasivo, di tipo escursionistico ed esplorativo è proposto da siti internet esplicativi di sentieri di varia difficoltà, e consente di scoprire aspetti del paesaggio colturale e della biodiversità anche in stagioni diverse da quelle turistiche principali, che in Alto Adige sono estate e inverno.
Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.