Per coltura protetta s’intende la produzione, in massima parte ortofloricola e vivaistica, che si esegue in ambiente protetto, influendo sul controllo dei fattori ambientali che condizionano la crescita della pianta. Le “protezioni” impiegate vanno dal semplice tunnel in plastica, posto sulla singola fila, a serre-tunnel in film plastico, fino alle serre in vetro con struttura in ferro o in alluminio. Le colture protette rivestono in Italia una notevole importanza economica sia per la loro ragguardevole produzione, destinata anche all’esportazione, di prodotti freschi a largo consumo e di prodotti floricoli. La serra è una struttura utilizzata per la coltivazione e/o la protezione di piante che sfrutta la trasmissione della radiazione solare, sotto condizioni controllate, per migliorare l’ambiente di crescita, con dimensioni tali da consentire alle persone di lavorare al suo interno…
Gennaro Pisciotta, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università G. Marconi – Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate di Roma, è Agrotecnico Laureato ed Enotecnico libero professionista Maestro Assaggiatore ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio). Ha insegnato presso l’ISIS “Falcone” di Pozzuoli (Napoli) fino al 26/09/2018
La sigla ISO 14001 (UNI EN ISO 14001) identifica una norma tecnica internazionale, ad adesione volontaria, che certifica il Sistema di Gestione Ambientale (SGA) e che ne fissa i requisiti per organizzazioni pubbliche e private. Questa norma non è altro che un documento che stabilisce delle regole tecniche da seguire per garantire la sicurezza, il rispetto dell’ambiente e la certezza dei risultati riguardo sistemi di gestione ambientale, proponendo uno standard condiviso e affidabile. La certificazione, come per tutte le norme ISO, non è obbligatoria, ma diventa un valore aggiunto verso il mercato, in quanto indica la capacità dell’organizzazione nel tenere sotto controllo gli impatti provenienti dalle proprie attività e l’impegno della stessa nella ricerca di un miglioramento del proprio metodo di gestione dell’ambiente in maniera sempre più efficace in termini di sostenibilità.
Emanuele Zazza – Tecnico superiore per le Certificazioni e la Valorizzazione delle imprese biologiche e agroalimentari.
Andrea Erbosi – Tecnico superiore per le Certificazioni e la Valorizzazione delle imprese biologiche e agroalimentari.
Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.
L’allevamento ovino in Toscana assume rilievo e importanza per la consistenza numerica dei capi allevati rappresentando a livello nazionale il 6% del totale. Le pecore, prevalentemente di razza Sarda, sono allevate in aziende di medie/grandi dimensioni concentrate nelle province di Grosseto, Siena, Pisa e Firenze. Nelle altre province, in particolare Massa Carrara, Lucca, Pistoia, Pisa e Livorno, sono presenti, in aree montane e pianeggianti, aziende di piccole/medie dimensioni che allevano pecore di razza massese. I risultati conseguiti dalle aziende agropastorali toscane, nel tempo hanno consentito di raggiungere un’elevata qualità dei prodotti derivati, alcuni dei quali valorizzati tramite marchi DOP, ampiamente apprezzati sia sul mercato nazionale che estero. Tuttavia, vi sono margini di miglioramento e ottimizzazione della filiera, soprattutto per quanto riguarda le tecniche gestionali delle aziende e di lavorazione del latte.
Giovanni Brajon – Responsabile Unità Operativa Territoriale Toscana Centro dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana ‘M. Aleandri’.
Rudolf Steiner nasce a Donji Kraljevec nell’allora Regno di Ungheria, ora Croazia, il 27 febbraio 1861, sotto l’impero asburgico. In seguito la famiglia si trasferisce a Pottschach, ai confini con la Stiria, a 70 km da Vienna. Il contatto con il paesaggio circostante viene descritto con trasporto da Steiner e tale ricordo diverrà anche tema di alcune sue pagine, a testimoniare il sodalizio con la natura siglato nel primo periodo dell’esistenza. Dopo pochi anni, nel 1869, un nuovo trasferimento a Neudörfl, in Ungheria. Dal 1879 al 1883 studia nella Facoltà di matematica, storia naturale e chimica del Politecnico di Vienna. In questa città, baricentro culturale e fucina di idee innovative, entra in contatto con l’Idealismo, sviluppatosi in Germania tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX, e con la letteratura tedesca che, grazie all’influenza dello studioso di Goethe Karl Julius Schröder (1825-1900), ne influenzeranno l’evoluzione interiore e indirizzeranno le riflessioni e gli studi, pervadendo le opere future. A questo periodo risale anche la significativa conoscenza di un contadino erborista, Felix Koguski (1833-1909), di cui Steiner elogia la profonda ed occulta sapienza.
Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, insegna Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze.
Quando si parla di Colombi ornamentali, ci si trova davanti ad una moltitudine di forme e di colori, una incredibile varietà di razze, molte delle quali allevate da decenni anche in Italia. Visionando attentamente la lista delle razze di Colombi riconosciute dalla Federazione Italiana Allevatori Colombi (*F.I.A.C.) e dalla Entente Europeenne d’Avicultura, di Cunicultura e di Colombicultura (*E.E.), si ha però subito l’impressione di non riuscire a focalizzare un’immagine identificativa corrispondente a tanti dei nomi indicati. Molte delle razze elencate non si sono mai viste qui in Italia. La nostra “tradizione colombofila” annovera tutt’oggi dei grandissimi allevatori, competenti e stimati a livello europeo, ma da parecchi anni ci siamo concentrati principalmente su quelle 25-30 razze più comuni e più reperibili, tralasciando parecchie razze non meno interessanti e non meno attraenti, esteticamente parlando.
In questo articolo ho voluto trattare una di queste razze, una tipologia di colombo piuttosto rara in Italia, ma che sicuramente merita di essere conosciuta.
Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone
I novel food sono alimenti o ingredienti “nuovi” rispetto a quelli tradizionalmente intesi. Questo concetto è stato introdotto per differenziarli dai prodotti consumati in modo significativo prima del Regolamento CE 258 del 1997. Tali alimenti, quindi, non sono nuovi per i consumatori, infatti tale diversificazione è stata operata allo scopo di fornire una maggiore protezione ai cittadini europei. Dal 1° gennaio 2018, il Regolamento (UE) 2015/2283 sui nuovi alimenti (novel food), è entrato in vigore abrogando il precedente Regolamento (CE) 258/97. Nel nuovo regolamento, come peraltro già previsto nel precedente, per novel food si intendono tutti quei prodotti e sostanze alimentari privi di storia di consumo “importante” al 15 maggio 1997 all’interno dell’Unione Europea, e che, quindi, devono comunque sottostare ad un’autorizzazione per valutarne la loro sicurezza, prima della loro immissione in commercio.
Mauro Bertuzzi, laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie presso la Facoltà di Agraria di Milano, è Presidente del Collegio dei revisori dei conti per l’Ordine interprovinciale di Milano e Lodi degli Agrotecnici e Agrotecnici Laureati.
Al netto delle considerazioni sulla divergenza fra fenomeno osservato (disseccamento) e propagandato (malattia dovuta alla Xylella), delle misure di lotta adottate contro il batterio note per la loro inefficacia in letteratura così come alle istituzioni europee (EFSA, 2015), della correlazione scientificamente fondata fra salute del suolo, uso di prodotti chimici e vulnerabilità delle piante agli agenti patogeni, delle contraddizioni e delle anomalie nella gestione della cosiddetta emergenza Xylella, nonché dei molteplici aspetti di irregolarità e negligenza accertati dalla Procura di Lecce e tali “da mettere in serio dubbio anche i risultati degli accertamenti in campo” (Ciervo, 2020[1]), i finanziamenti di cui sopra rischiano di dare un colpo definitivo al paesaggio, all’ambiente e all’economia locale di una Terra già fortemente danneggiata dalle misure finora adottate. I finanziamenti di cui sopra rischiano di cancellare per sempre il Sud della Puglia per come lo sconosciamo, terra di ulivi secolari e millenari.
Margherita Ciervo – Professore aggregato e ricercatore in Geografia economica e politica, Università di Foggia. Associate Researcher presso University of Liège. Si occupa da oltre sei anni della questione Xylella. Sul tema ha scritto diversi articoli scientifici e l’e-book a libero accesso “Il disseccamento degli ulivi in Puglia. Evidenze, contraddizioni, anomalie, scenari”
Negli ultimi 30 anni, la menzione di biologico ha accompagnato la definizione dei prodotti agroalimentari assumendo alterni significati. Dal punto di vista normativo, le istituzioni hanno perfezionato l’identità, le regole e la struttura del termine “biologico” (associato ai prodotti agro alimentari) con dettami di diversa fonte legislativa. Strumenti che sono nel tempo diventati una innovativa opportunità professionale per tutti gli addetti ai lavori che, insieme alla crescita del mercato dei prodotti biologici, hanno messo a disposizione le proprie competenze per guidare le imprese attraverso una normazione e una tecnologia associata ad un “sistema qualità” che vive di regole originale e distinte dagli schemi a valenza privatistica. Dal punto di vista dei beneficiari finali, il consumatore è sempre più protagonista di scelte critiche ed ha amplificato il consenso verso i prodotti qualificati con il termine biologico, gratificandolo con un successo esponenziale, che appare avere ancora ampi margini di espressione.
Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.
Carissime Lettrici e carissimi Lettori, ci eravamo salutati lo scorso anno dopo il primo lockdown, all’inizio di un’estate che ci ha purtroppo illusi. L’autunno e l’inverno sono stati duri per tutti, soprattutto per chi ha dovuto affrontare, oltre alle limitazioni nei movimenti personali, le difficoltà economiche legate alla pandemia. Purtroppo l’Associazione di Agraria.org ha dovuto cancellare tutte le attività in presenza e, con la stampa del n. 13 della rivista TerrAmica, abbiamo deciso di sospendere la pubblicazione. Il nostro Presidente, il dott. Luca Poli, informò i lettori nell’editoriale del numero di dicembre 2020. Nel corso dell’ultimo anno è continuata invece l’attività in rete, con il costante aggiornamento del portale www.agraria.org, e la pubblicazione dei nuovi numeri della nostra www.rivistadiagraria.org che ha superato i 40.000 iscritti alla newsletter. Abbiamo rifatto la grafica del nostro portale dedicato alla filiera corta www.aziende.agraria.org: e del catalogo www.allevamenti.agraria.org dove sono inseriti più di 12.000 allevatori, con più di 1.000 razze presenti; continuano ad essere molti i professionisti registrati in www.professioni.agraria.org, il catalogo dedicato al settore agrario e forestale…
Sono trascorsi oramai tanti anni da quando in Italia arrivarono i primi Pumi. Correva voce che vi fosse una sorta di “nuovo cane” in giro per l’Italia, un qualcosa di mai visto prima, talmente stravagante nell’estetica da destare la curiosità di tutti coloro che pensavano d’aver visto oramai ogni genere di forma e accostamento cromatico nel vasto mondo della cinofilia. Finalmente giunsero le prove di reali avvistamenti nelle expo’ italiane e allora scattò la ricerca per vederli dal vivo. La risposta immediata dell’intera comunità cinofila fu di puro stupore, quando in esposizione si videro varcare sui ring questi strani piccoli cani, che all’apparenza sembravano un bizzarro ibrido tra un cane ed un koala. Venivano tenuti a bordo ring nei trasportini e noi, curiosi, ogni tanto cercavamo di scrutare quali strane creature si potessero nascondere all’interno…
Federico Vinattieri è un appassionato allevatore cinofilo, giudice F.I.A.V., ornitofilo e avicoltore (titolare Allevamento di Fossombrone).
Aurora Lovison e un’allevatrice della razza Pumi, con l’affisso riconosciuto ENCI/FCI “Italianstyle”.
Il Puzzone di Moena o Spretz Tzaorì Dop è un formaggio trentino molto apprezzato per due caratteristiche organolettiche indicate nella denominazione in lingua italiana e secondo la lingua ladina della Val di Fassa: l’odore accentuato e il sapore molto intenso, fino al piccante, spesso salato (etimologia: Spretz “spressa”, cioè la massa casearia rappresa, Tzaorì, saporita). Le sue origini non sono antiche anche se l’allevamento del bestiame bovino e la produzione di formaggi, in particolare del “nostrano fassano”, caratterizzato soprattutto dalla crosta untuosa e dalla pasta con odore e sapore accentuati, viene prodotto da molto tempo sulle malghe, nei caseifici turnari, nei masi di montagna, soprattutto in Val di Fassa, ma anche in certe aree della confinante Val di Fiemme e della conca di Primiero, con le denominazioni di “nostrano della Val di Fiemme” o “nostrano di Primiero”…
Marco Salvaterra, laureato in Scienze agrarie presso la Facoltà di Agraria di Bologna, insegna Estimo ed Economia agraria all’Istituto Tecnico Agrario di Firenze.