di Federico Vinattieri
Cucciolo di Bouledogue Francese – foto © F.Vinattieri
Addentriamoci in un argomento che forse nessuno si è mai permesso di approfondire pubblicamente in ambito cinofilo, perché considerato di facile fraintendimento, per il quale una parola sbagliata può fare capire lucciole per lanterne. C’è sempre stata quindi la tendenza a moderare i termini nel trattare l’argomento “soldi” in questo settore, pertanto anche chi in passato avrebbe voluto parlarne, ha fatto poi un passo indietro. Io ne voglio parlare, poiché, visto e considerato che non ho mai allevato per denaro, penso d’essere la giusta persona per trattare l’argomento con doverosa imparzialità.
Premesso che la cinofilia ufficiale in Italia, ma anche altrove, non è stata certo generata all’origine dalla volontà di far soldi, ma dall’autentico desiderio di riunire una comunità di persone con lo stesso proponimento, per far partire un nuovo genere di interesse, di confronto, un inedito motivo di comparazione e coinvolgimento. Questo ce lo conferma il fatto, non dimentichiamocelo, che la cinofilia venne voluta e creata proprio da coloro che dei soldi non ne avevano poi tutta questa esigenza e forse nemmeno l’ossessione, essendo nobiluomini e nobildonne, personaggi di rango sociale elevato, Conti e Contesse, Marchesi, Principi e Principesse. Semmai quindi il grattacapo del tormentoso profitto è comparso a seguire.
Cuccioli di Mastino Napoletano – foto © F.Vinattieri
Direi di partire da un quesito che mi viene talvolta posto: “quanto influiscono i soldi nella cinofilia e nell’allevamento canino in generale?”. La riposta sembra ovvia, ma non lo è.
Verrebbe subito da dire “moltissimo”, ma vivendo la cinofilia a 360°, conoscendo buona parte degli allevatori italiani e molti colleghi stranieri, posso permettermi di dire “dipende!”. Sicuramente una parte dei miei colleghi allevatori sono dei veri professionisti, dunque per loro allevare è un vero mestiere e devono tendere “a far ciccia”, per dirla alla maniera fiorentina, ossia a produrre numerose cucciolate da poter poi cedere. Ciò non toglie che si possa lavorar bene anche su grandi numeri, conosco moltissimi colleghi allevatori che nonostante la loro sostenuta produzione, riescono comunque a garantire la qualità, salute ed il benessere dei cuccioli e dei riproduttori. In tali attività naturalmente i soldi contano, ed il “batter cassa” resta lo scopo principale. Niente di male se il tutto viene svolto con criterio, nel rispetto della deontologia e nel pieno della legalità. Ovvio che vi sono grandi interessi in questo settore, forse secondo solo al settore equestre, nel grande ramo della zootecnia. Come sempre succede però, c’è la pessima abitudine di additare subito chi fa una cucciolata in più, chi ha qualche fattrice in più, chi si cimenta nella selezione di più di una razza, chi pubblicizza di più i propri riproduttori, ecc..
Penso che, senza assegnare etichette o elargire giudizi, fin troppo di facile emissione al giorno d’oggi, posso proporre una riflessione rivolta a coloro che approfittando del fattore lucro, fanno di tutt’erba un fascio, equiparando ogni genere di allevatore dai grandi numeri, ad un poco di buono. Va molto di moda il termine “cagnaro”, espressione dispregiativa tra l’altro bruttissima, usata spesso a sproposito, anche se nessuno nega che vi siano effettivamente casi in cui questo aggettivo calzi a pennello. La figura dell’abietto commerciante senza scrupoli esiste e come, purtroppo, ma solitamente agisce su altri canali, difficile che partecipi alla cinofilia, chiamiamola così, “ufficiale”. Chiariamoci, non sono mancate in passato alcune celebri eccezioni, noti allevamenti con affisso riconosciuto, che si sono poi rivelati delle autentiche coperture per considerevoli produzioni, veri e propri centri “cucciolatori”, altra brutta espressione gettonata tra i cinofili virtuali… ma tali anomalie trascendono dalla cinofilia.
La definizione di cinofilia è: “amore per i cani, interesse attivo per il loro allevamento e il miglioramento delle razze”; Il cinofilo è quindi “colui che è ispirato da interesse per i cani”, pertanto è assai inopportuno abbinare questi termini a coloro che commettono violazioni o abusi nei confronti di questi animali. Ad ogni modo, asserire che chi alleva lo fa principalmente per denaro non corrisponde assolutamente a verità.
Cucciolo di Boxer – foto © Saverio Mariotti
Una parte bella consistente dei miei colleghi seleziona per pura predilezione, un qualcosa di ben lontano dal mero guadagno e che si ferma molto prima del fanatismo. Forse sarò troppo idealista, sarò illuso, oppure la mia visione resta su binari più morali, fatto sta che a mio parere è ancora la passione il motore principale che fa muovere il settore cinofilo. Quel sentimento impetuoso, basato sui piaceri procurati dalle emozioni che ti vengono regalate nel quotidiano dai propri animali e soprattutto dal fervore provocato dall’attesa di portare a compimento futuri progetti. A conferma di ciò, posso dichiarare apertamente, e senza timore d’esser smentito, che senza un certo grado di passione, determinate scelte di vita non potrebbero mai essere attuate. La passione sormonta di gran lunga la ricerca dell’introito, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. Se un qualunque allevatore d’esperienza si guarda indietro e ripercorre a retroso la sua carriera, troverà sicuramente uno o più episodi in cui la sua passione ha rasentato la follia ed ha prevalso sulla razionalità. In quei casi l’impeto di portare a casa il risultato ci fa superare i nostri limiti e ci trascina oltre, anche con una buona dose di incoscienza.
Chi alleva da anni conosce bene quel che sto affermando, ed è altrettanto consapevole del fatto che nella maggior parte dei casi verrà preso per matto dalle persone che lo circondano, se queste non condividono la medesima passione o specialmente se non sono cinofili. Su centinaia di allevatori che conosco bene, solo una modestissima percentuale alleva per pecunia. Io non percepisco tutta questa devozione degli allevatori nei confronti del Dio Denaro o per lo meno non lo ritengo così evidente e rilevante come viene professato. Dunque, chi sostiene che si alleva solo per denaro, non conosce la vera eccitazione nel veder nascere il frutto di tanti anni di programmi e di sacrifici. D’altronde, io non vedo nulla di male se un allevatore cerca di coprire le proprie spese con la cessione dei cuccioli. Alla fine dei conti, se si alleva con avvedutezza, prodigandosi per garantire il benessere dei propri soggetti, non vedo il perché anche l’allevatore non possa guadagnare dal suo lavoro. Le spese mensili per il mantenimento perfino di un modesto centro di selezione sono notevoli, ingenti, talvolta quasi insostenibili, anche perché è molto molto facile fare il passo più lungo della gamba e ritrovarsi a dover campare troppi soggetti, accumulati un po’ per ingenuità, un po’ per frenesia. In tutta onestà penso che sia estremamente difficile far selezione e soldi allo stesso tempo. C’è chi ci riesce, e allora tanto di cappello. Io ad esempio non ci son mai riuscito, e come me tanti tanti altri.
Ma si può tranquillamente allevare cani senza che questa sia la propria fonte di reddito principale? Assolutamente sì. Anzi, direi che con tale filosofia i risultati possano concretizzarsi in minor tempo e con maggior successo. Sono sempre stato dell’avviso che i soggetti che fungono da riproduttori, debbano essere gli stessi che vengono condotti in esposizione, ma questo, tengo a precisarlo, resta il mio personalissimo punto di vista. Vi sono anche colleghi allevatori molto competenti che puntano sulla quantità e finiscono bene o male, per incappare spesso in uno o più soggetti eccezionali… anche questo è un sistema, ma deve essere supportato da diversi fattori essenziali: tempo, spazio, metodo e risorse economiche. Fatto sta che un allevatore non può essere giudicato né dalla quantità dei soggetti che detiene, né dalla quantità di razze che alleva, né da quanti cuccioli produce; questi tre dati si rivelano irrilevanti finché non si conoscono bene i suoi metodi di allevamento, che possono senza dubbio essere validissimi anche se si supera certi numeri. Le variabili per valutare un allevamento sono molte e non si deve mai commettere lo sbaglio di fermarsi a discernere unicamente la facciata.
Detto ciò, non sto certo spezzando una lancia a favore di chi esagera, ma sto sostenendo che per permettersi di criticare bisogna prima conoscere ed entrare nel merito dei criteri selezione di un allevatore. Chi, come il sottoscritto, non alleva per mestiere, bensì per pura passione, per mantener viva nel tempo una tradizione di famiglia e per spirito di agonismo, ha appreso da tempo che l’obiettivo primario non è mai guadagnare, bensì raggiungere determinati traguardi selettivi, che hanno la loro massima consacrazione con le eventuali vittorie nel ring. La tendenza in tal casi è quella di produrre il minimo indispensabile per proseguire nel proprio programma di allevamento e semmai di cedere quel minimo da rientrare di qualche spesa irrinunciabile. Se si ha una produzione minimale, già coprire le spese sostenute in un anno, talvolta, diventa un’utopia. Chiacchierando con amici, occasionalmente mi è capitato di confessare che se dovessi recuperare tutto ciò che ho speso per i cani negli ultimi trent’anni, potrei acquistare due poderi.
Cuccioli in allattamento – foto © F.Vinattieri
Chi sostiene che i guadagni superano di gran lunga le spese, non si rende conto di quali siano i costi ordinari di un allevamento.
Vogliamo fare un veloce elenco? Vi accontento subito:
- Mangime: la spesa ordinaria sicuramente più elevata, qualunque sia la tipologia d’alimentazione, se si ha diversi soggetti, i costi mensili sono comunque sostanziosi;
- Spese veterinarie ordinarie: che comprendono vaccinazioni, microchip, anti parassitari, vermifughi, altri medicinali utilizzati nel corso dell’anno per svariati motivi, indagini sanitarie, lastre ufficiali, test sulla salute, ecc.;
- Spese veterinarie straordinarie (o d’urgenza): interventi chirurgici, tagli cesarei, inseminazioni artificiali, emergenze cliniche che possono capitare;
- Viaggi: intesi come trasferte per le varie manifestazioni canine, ma anche per acquisti, importazioni di nuovi soggetti, accoppiamenti. Da tenere in considerazione anche l’usura del mezzo e relativa manutenzione, che solitamente non considera mai nessuno quando si sommano le spese;
- Iscrizioni alle esposizioni: diventate ormai veramente ingenti, soprattutto quando si tratta di eventi di calibro internazionale (campionati europei o mondiali), esposizioni estere, ma anche le nostre esposizioni italiane, sono costi aumentati negli anni proprio come in ogni altro settore;
- Pratiche E.N.C.I.: ogni pratica ha dei costi, dal banale pagamento della tessera associativa annuale, fino alle pratiche ordinarie di denuncia di cucciolata e relativa richiesta pedigree, poi passaggi di proprietà, libretti delle qualifiche, ecc.;
- Cucciolate: in tanti credono che le cucciolate sia solo “entrate”, ma chiunque abbia seguito anche solo una singola cucciolata, conosce benissimo quali siano i costi per portarla avanti, dal semplice costo degli alimenti per lo svezzamento, ai vari integratori, vitamine, vaccinazioni, microchip, antielmintici, e chi più ne ha più ne metta;
- Pratiche Asl: ogni volta che si cede un cucciolo, questo deve essere iscritto all’asl e poi volturato al nuovo proprietario e tutto ciò ha dei costi, se poi il soggetto deve partire per l’estero lo si dovrà mantenere fino alla vaccinazione antirabbica e richiederne il passaporto;
- Prodotti per igiene: prodotti per lavaggio, spray, shampoo e qualunque altro prodotto/attrezzo sia necessario per l’igiene, la pulizia, la toelettatura, la comodità, la vita dei propri esemplari;
- Strutture e attrezzature: box, recinzioni, canili, casse parto, svariati attrezzi che servono;
- Spese secondarie e collaterali: collari, guinzagli, ciotole… oppure ad esempio tra le “spese minori” possiamo inserirci ciò che riguarda le “pubbliche relazioni”, chi ha un allevamento solitamente lo vuole anche pubblicizzare, quindi ci sarà da sostenere le spese annuali del proprio sito web, e l’insieme di quelle piccole spese facoltative che bene o male tutti mettono in conto:
- Tempo: tendiamo a non abbinare al nostro tempo un prezzo, ma dobbiamo mettere in conto le innumerevoli ore che noi stessi dedichiamo all’allevamento, tempo che altrimenti potremmo far fruttare in altre attività.
Tutto ciò è solo la norma, dando per scontato che l’allevamento sia posto su un terreno di proprietà, altrimenti al suddetto elenco ci sarà da aggiungere anche i costi dell’affitto. Questo tanto per chiarire che allevare non è uno scherzo, non è una pacchia, non è certamente un’attività semplice, né per chi come tanti lo fa per soddisfare il proprio entusiasmo e per saziare la propria passione, né specialmente per chi ha deciso di intraprendere tale attività come effettiva professione. D’altro canto il cane è un lusso, non una necessità primaria, quindi è giusto che chi si cimenta in questo settore o chi dall’altra parte vuole divenire proprietario di un cane, debba prendere atto che a tale scelta conseguono inevitabili altre rinunce e un certo grado di dedizione. I soldi in cinofilia contano quindi? Sicuramente aiutano molto, come in tutti gli ambiti, ma la considerazione da fare è che si può allevare lo stesso anche da “squattrinati”, arrancando forse, con sacrifici ben maggiori, magari arrivando con molto ritardo rispetto ad altri, però ci si arriva se si ha le capacità e la perseveranza… ma senza passione, costanza, abnegazione, interesse, tutto ciò diventa impossibile.
Federico Vinattieri è un appassionato allevatore cinofilo, giudice F.I.A.V., ornitofilo e avicoltore (titolare Allevamento di Fossombrone – www.difossombrone.it – http://lupi.difossombrone.it – http://ornitologia.difossombrone.it). Curriculum vitae >>>