di Mirko Castellini
Il biochar è il carbone vegetale che si ottiene come sottoprodotto della pirolisi di diversi tipi di biomassa vegetale. In particolare, se applicato ai suoli (agricoli e non), è un potente ammendante, ovvero può modificare apprezzabilmente le proprietà fisiche e idrauliche del suolo. La sua produzione avviene a partire da residui e sottoprodotti agricoli quali potature, stoppie di mais o frumento, lolla di riso, mallo di mandorla, fogliame secco, ecc. (https://ichar.org/).
In generale, l’addizione di biochar al suolo incrementa la sua porosità, migliora la ritenzione idrica e incrementa quella degli elementi nutritivi che rimangono più a lungo disponibili per le piante. Con particolare riferimento all’impatto sulle proprietà idrauliche del suolo, gli effetti sulla permeabilità sono prevalentemente legati alla tessitura del suolo considerato; quindi, essendo dipendente dalla sua curva granulometrica, l’effetto è più incerto e meno generalizzabile, essendo direttamente dipendente anche dallo stato strutturale. In una recente review volta a sintetizzare la letteratura più significativa su questo argomento, infatti, Zhang et al. (2021) riportano come numerosi studi abbiano riscontrato sia un aumento della conducibilità idraulica alla saturazione, Ks in suoli sabbiosi o medio-limosi, sia un effetto opposto, o anche nullo. In altri casi, è stato verificato un sostanziale non effetto per un suolo a tessitura fine (Castellini et al., 2015). Gli effetti specifici, inoltre, possono dipendere anche dalla tipologia di biochar usato (ad esempio, matrice vegetale di partenza, modalità di creazione del biochar e dimensioni del prodotto del finale utilizzato).
Con specifico riferimento alla componete fisica del suolo, è opportuno che gli effetti determinati dal suo utilizzo debbano essere determinati sperimentalmente, poiché l’implementazione di concentrazioni eccessive di biochar può determinare effetti non voluti (eccessiva aerazione del suolo e/o valori troppo bassi della sua densità), e determinare scompensi nell’ottimale bilanciamento tra acqua ed aria nel suolo. In altre parole, approfondimenti sperimentali circa il suo utilizzo sono necessari per valutarne i pro e i contro, ed eventualmente ottimizzarne l’uso in agricoltura, anche su larga scala.
Il progetto “Water4Agrifood: Miglioramento delle produzioni agroalimentari mediterranee in condizioni di carenza di risorse idriche” ha lo scopo di trovare soluzioni reali e praticabili al problema della carenza d’acqua disponibile per le aziende agricole e, più in generale, metterne in evidenza il valore ai fini produttivi. Di conseguenza, quantificare gli effetti attesi, o che è plausibile ottenere, dall’uso degli ammendanti disponibili, siano essi più tradizionali che relativamente più innovativi (vedi il biochar), può contribuire all’ottimizzazione della risorsa idrica in agricoltura (Water4AgriFood).
Nel presente contributo si riportano alcuni dei risultati preliminari ottenuti in sperimentazioni di laboratorio e relative all’uso di crescenti dosi (concentrazioni) di biochar, per due diverse tessiture di suolo (medio sabbioso e medio impasto), al fine di evidenziare le modificazioni indotte sulla densità del suolo e sulla capacità idrica di campo. In particolare, utilizzando un biochar ottenuto in condizioni standard di pirolisi (circa 500 °C) e da una matrice di potatura di fruttiferi (denominato biochar1), sono stati preparati in laboratorio miscele suolo/biochar con concentrazioni in peso crescenti comprese tra 0 (controllo; suolo senza ammendante) e 43% circa, per un totale di 18 concentrazioni analizzate. Le miscele suolo/biochar, una volta preparate, sono state “impacchettate” all’interno di campionatori cilindrici (200 cm3 circa) per le analisi in laboratorio. Per ciascun suolo e concentrazione di ammendante (biochar1), quindi, è stata determinata la curva di ritenzione idrica in laboratorio con il metodo degli imbuti filtranti (buchner) (Figura 1 e 2).
Figura 1. Imbuti filtranti usati per la determinazione della curva di ritenzione idrica prossima alla saturazione, in laboratorio.
Figura 2. Esempio di gradazione di colore (da più chiaro, 0%, a più scuro, 43%) relativa all’aggiunta del biochar (biochar1) nei campioni di suolo. La tabella indica le concentrazioni (%; percentuali in peso) variabili da 0% (controllo; campione in basso a destra) e 43% (concentrazione massima; campione in alto a sinistra).
Sinteticamente, il metodo degli imbuti filtranti consiste nel monitorare il processo di drenaggio di un campione di suolo inizialmente saturo, prendendo nota dei volumi d’acqua drenati in corrispondenza di prefissati valori del potenziale matriciale (Figura 1). Al termine dell’esperimento viene quindi determinato il contenuto idrico termo-gravimetrico del campione, vengono determinati “a ritroso” i valori di contenuto idrico compreso tra due successivi valori del potenziale all’equilibrio, impostati nel corso del transitorio di drenaggio, e viene in ultimo calcolata la densità apparente del campione secco (Figura 2).
Il medesimo suolo di medio impasto prima citato è stato inoltre miscelato con due tipi di biochar (biochar1 e biochar2) che differivano soltanto per la pezzatura delle particelle (biochar1, a matrice sostanzialmente polverulenta; biochar2, con particelle di carbone di dimensioni mediante più grossolane, e fino a 0.8-1 cm) (Figura 3). Questo secondo approfondimento sperimentale, quindi, ha avuto lo scopo di valutare un possibile effetto sulla densità apparente del suolo secco, determinato dalla sola differente “consistenza” del carbone vegetale utilizzato nella miscela.
Figura 3. Confronto delle due tipologie di biochar usati nella sperimentazione.
Figura 4. Correlazione tra densità apparente del suolo secco e concentrazione di biochar (biochar1), con indicazione della funzione esponenziale che interpola i dati sperimentali. Le rette nere in tratteggio indicano l’intervallo ottimale dei valori suggeriti dalla letteratura scientifica (0.9-1.2 g/cm3).
I risultati rappresentati in Figura 4 confermano che l’implementazione del biochar nel suolo determina una diminuzione della densità. Prendendo come riferimento i valori ottimali di densità del suolo suggeriti in letteratura, tuttavia, si può stimare quale concentrazione sia opportuno (consigliabile) utilizzare, per non indurre modificazioni troppo accentuate, negative, sulla densità del mezzo poroso. Ad esempio, con riferimento ai suoli analizzati, i risultati suggeriscono un più proficuo utilizzo sul suolo a tessitura relativamente più grossolana (sabbioso), poiché per concentrazioni fino al 5% di biochar circa, la densità del suolo è mediamente superiore ai valori ottimali (1.2 g/cm3). Il suolo di medio impasto invece ha mostrato, per proprie caratteristiche fisiche, valori già ottimali della densità. I dati mostrano che, concentrazioni fino al 20% circa, sembrano migliorare la densità di entrambe i suoli analizzati. Al di là di questa soglia, i due suoli potrebbero risentire dei difetti tipici dei materiali troppo porosi e incoerenti, con problemi per l’ancoraggio degli apparati radicali.
La Figura 5 riporta la correlazione tra la capacità idrica di campo, CIC (ovvero, la quantità massima di acqua che un suolo può trattenere quando l’effetto della gravità ha determinato il drenaggio dell’acqua presente nei pori di maggiori dimensioni) e la concentrazione di biochar. Come atteso, l’aggiunta di crescenti dosi di biochar incrementano l’acqua disponibile. Tale effetto è risultato essere sostanzialmente equivalente tra i due suoli, poiché la pendenza della retta interpolante le misure sperimentali non è risultata dissimile nei due casi considerati. Simili risultati, tuttavia, sono stati osservati anche per gli altri valori dei potenziali di matrice imposti nel corso del transitorio di drenaggio.
Figura 5. Correlazione tra capacità idrica di campo (CIC) e concentrazione di biochar (biochar1), con indicazione della funzione esponenziale che interpola i dati sperimentali.
Per riassumere, i risultati preliminari più interessanti suggeriscono che l’utilizzo degli ammendanti dovrebbe essere verificato preliminarmente, in funzione del suolo considerato, poiché le concentrazioni suggerite dalla pratica agronomica potrebbero essere non applicabili sempre, ed in tutte le situazioni reali. Ciò vale soprattutto per il biochar che, seppur incluso dal 2015 nella lista degli ammendanti utilizzabili nel suolo (All. 2 del D.Lgs. 75/2010), è ancora relativamente nuovo e/o poco applicato nella pratica agronomica. I risultati di un’ampia letteratura scientifica lo identificano come un utile strumento per il miglioramento delle proprietà fisiche ed idrauliche dei suoli; tuttavia, non tutto è noto sui pro e contro derivanti dal suo utilizzo in campo, e l’eventuale utilizzo su larga scala necessita di altri studi ed approfondimenti sperimentali.
Tra gli aspetti di rilevante interesse pratico, ad esempio, c’è quello relativo alle dimensioni del biochar utilizzato. L’importanza di questo fattore è da mettersi in relazione alle modalità di spargimento in campo di questo materiale che, come detto, essendo molto poroso e leggero, può risultare di difficile spandimento quando troppo fino e allo stato secco (Figura 3). La Figura 6 evidenzia per il suolo di medio impasto studiato, l’effetto di riduzione della densità apparente del suolo secco, per effetto dell’utilizzo della stessa tipologia di biochar, ma con diversa dimensione delle particelle miscelate (biochar1 più fino e biochar2 più grossolano). Sebbene non siano attualmente disponibili informazioni specifiche relative alla porosità strutturale dell’ammendante usato, o sulle curve granulometriche caratteristiche, con riferimento al suolo e biochar utilizzato, i risultati hanno indicato che sarebbero necessari dosi mediamente più alte (pari a un fattore 2.5 circa) utilizzando un materiale relativamente più fine, invece che più grossolano, per ottenere una equivalente riduzione della densità del suolo. Ciò implica che, individuata una concentrazione da implementare, sarebbe preferibile usare una granulometria relativamente più elevata, se lo scopo è quello di ottenere un più accentuato effetto di riduzione della densità del suolo. Questo aspetto sperimentale è indubbiamente interessante, anche da un punto di vista pratico, e andrà approfondito in futuro.
Figura 6. Correlazione tra densità apparente del suolo secco e concentrazione di biochar (biochar1 e 2), con indicazione della funzione esponenziale che interpola i dati sperimentali. Le rette nere in tratteggio consentono di stimare l’equivalente dose di biochar (ovvero 17 e 43%) necessaria per determinare un equivalente effetto di riduzione della densità apparente del suolo (nell’esempio, pari a 0.67 g/cm3), mentre quelle in verde indicano la dose necessaria (8 e 21%) per non superare il “valore soglia” della densità apparente pari a 0.9 g/cm3.
Altri aspetti dello studio nell’ambito di “W4AF” riguardano l’effetto relativo alla componente strutturale del suolo, ovvero quando il suolo sono non è rimaneggiato (suolo indisturbato); dal momento che i risultati qui presentati si riferiscono a campioni preparati in laboratorio, essi non tengono conto della componente struttura “naturale” del suolo. Risultati relativi a questa parte della ricerca potranno essere presentati nel breve futuro.
In conclusione, nuove ricerche sono auspicabili, meglio se di carattere interdisciplinare, per una più approfondita e complessiva valutazione dell’utilizzo del biochar in agricoltura, e sull’impatto che questo promettente ammendante può avere sugli agro-ecosistemi italiani.
Letteratura citata:
Castellini, M., Giglio, L., Niedda, M., Palumbo, A.D., Ventrella, D., 2015. Impact of biochar addition on the physical and hydraulic properties of a clay soil. Soil Till. Res. 154, 1–13. https://doi.org/10.1016/j.still.2015.06.016.
Zhang, Y., Wang, J., Feng, Y., 2021. The effects of biochar addition on soil physicochemical properties: a review. Catena 202, 105284. https://doi.org/10.1016/j.catena.2021.105284.
Ringraziamenti:
La ricerca è supportata dal progetto “Water4AgriFood, Miglioramento delle produzioni agroalimentari mediterranee in condizioni di carenza di risorse idriche”, PNR 2015–2020”, finanziata dal MIUR, PON ARS01_00825 “Ricerca e Innovazione” 2014–2020.
Mirko Castellini è ricercatore in servizio presso il Centro di Ricerca Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria), sede di Bari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Idronomia Ambientale. La sua attività di ricerca si basa sullo studio delle proprietà fisiche e idrauliche del suolo. Castellini, Mirko – Author details – Scopus