Nuove avversità del nocciolo tra passato e futuro: gli acari, la situazione nel Lazio
Passeri N., Nepomuceno L., Bizzarri S., Ferrucci D.
Introduzione
Negli ultimi anni si è sviluppato un forte interesse per la frutta a guscio, in particolare per le nocciole, in parte per rivalutazione della frutta secca e dei suoi benefici, in parte per un ritrovato interesse in termini di suscettibilità alla trasformazione, cui in particolare il nocciolo si presta.
La nocciola, ricca in acidi grassi mono e poli insaturi, è divenuta negli ultimi anni una delle colture di maggior successo per espansione in termini di ettari coltivazione, per i livelli di quotazione molto elevati che le nocciole hanno raggiunto in tutte le diverse fasi di filiera.
Il Nocciolo, (Corylus Avellana, L.) è un albero che risale alla fine dell’ultima era glaciale (10.000 anni fa); testimonianze di reperti fossili provano che i frutti di questa pianta erano parte integrante della dieta degli esseri umani proprio agli albori delle attività agricole.
La pianta è originaria dell’area della Mesopotamia e si è diffusa in tutta Europa, specialmente nella zona del Mediterraneo e dei Balcani arrivando poi nel Nord America.
La coltivazione del nocciolo è basata su prassi agronomiche consolidate, la coltura però vive un momento di transizione e slancio divisa tra risposte moderne agli incrementi produttivi (legati tra l’altro proprio all’espansione colturale) e prassi rispettose dell’ambiente che sono determinanti per la sensibilità del consumatore, a maggior ragione se hanno impatto sul territorio.
A questo proposito si rendono necessarie iniziative che tengano in considerazione le mutate esigenze della moderna tecnica colturale e che forniscano risposte in termini di difesa fitopatologica alle nuove sfide che si stanno concretizzando, per una coltura sempre più protagonista.
Importanza e diffusione del nocciolo quale coltura da reddito
La coltivazione del nocciolo è concentrata nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, più precisamente, in Turchia che è il primo produttore mondiale (70%) e in Italia che è al secondo posto con produzioni di alta qualità nel Lazio, Campania e Piemonte
Quello del nocciolo si presenta come un mercato in continua evoluzione, data la crescita della domanda di nocciole, che porta all’affaccio di altri competitors nel panorama internazionale come Nord America, Spagna, Azerbaijan, Georgia.
Nonostante sia la Turchia il primo produttore mondiale, in Italia la dinamica della coltivazione del nocciolo è in continua espansione, sia grazie alla crescente richiesta da parte dell’industria di trasformazione, sia per le crisi produttive e socio-politiche che colpiscono la Turchia generando una certa insicurezza degli approvvigionamenti.
Motivazioni per cui, l’interesse per lo sviluppo di una corilicoltura di qualità in Italia aumenta sempre di più, ricordando sempre che il nostro paese attualmente resta comunque il secondo produttore mondiale.
La pianta del nocciolo è relativamente economica da coltivare ed offre rese piuttosto elevate; un ettaro di terreno contiene un minimo di 450 piante e può produrre da 8/25 quintali di nocciole dopo il settimo anno di vita; si tratta di una pianta rustica che richiede terreni acidi, ben ventilati, ricchi di sostanze e con una buona capacità idrica.
Importante è la dinamica dei prezzi rilevata negli ultimi anni che appare come uno degli elementi di novità e di maggior interesse per la filiera del nocciolo nel nostro paese, poiché con il mantenimento delle quotazioni raggiunte nelle ultime campagne, si garantirebbe, preso atto delle spese da sostenere per la coltivazione, un ottimo riscontro economico finanziario.
In Italia stando alle statistiche, al 2015 (ISMEA 2016) la superficie occupata dalla corilicoltura è di circa 71.500 ha localizzata in quattro regioni che rappresentano il 98% della superficie nazionale, tra cui il Lazio, con la provincia di Viterbo, che detiene la concentrazione maggiore di corileti, intorno alla caldera del lago di Vico e nella zona dei Monti Cimini.
Il 10% delle nocciole è usato direttamente “in guscio” o come nocciole intere, con vendite che si concentrano nella parte finale dell’anno; il 90% della produzione è utilizzato dall’industria di trasformazione e le nocciole sono vendute sgusciate o tostate, intere, in grani, in pasta.
Principali avversità del nocciolo
Nel panorama italiano appare evidente che la provincia di Viterbo, in particolare la zona dei Monti Cimini, rappresenta la principale area corilicola e la produzione di quest’area assicura la pressoché totalità della produzione della regione Lazio, seconda solo alla Campania che presenta aree estese soprattutto nelle zone di Avellino e Salerno.
Nel viterbese la superficie produttiva è stimata a circa 17.600 ha e garantisce una resa intorno a 44.000 tonnellate con medie per ettaro di circa 25 quintali.
Vista la crescente richiesta sul mercato del prodotto, è sicuramente necessario attuare degli interventi atti a miglioramenti progressivi, lungo tutta la filiera produttiva della corilicoltura viterbese, per garantire una maggiore stabilità e concorrenzialità al comparto, soprattutto nei confronti dei principali competitors che hanno forti potenzialità produttive.
Oltre alle problematiche economiche non deve però essere considerata in secondo piano l’evoluzione delle problematiche fitosanitarie, ovvero la diffusione di malattie, nonché di parassiti animali, soprattutto insetti, che hanno spesso causato danni economici ingenti.
Per citarne alcuni in un elenco generale e non esaustivo, tra i parassiti animali e fungini troviamo:
Agrilo (Agrilus viridis)
è un coleottero che compie generalmente una generazione all’anno. Gli adulti compaiono intorno alla metà di maggio e le uova di color biancastro o arancio sono deposte sulla corteccia dei rami. Le larve scavano profonde gallerie interrompendo parzialmente o totalmente i vasi linfatici provocando ingiallimento della chioma, arresto della vegetazione e caduta anticipata delle foglie. Caratteristico è il rigonfiamento a spirale dei rami colpiti. La pianta difficilmente riesce a recuperare ed è destinata a morire. La prolungata presenza nel noccioleto dell’insetto rende difficile un programma di efficace difesa. Sono fondamentali pratiche agronomiche
Balanino del nocciolo (Curculio nucum)
Curcuglionide di color nocciola, dotato di rostro che nelle femmine è lungo quanto il corpo. Gli adulti compaiono in noccioleto a partire da aprile maggio e dopo un periodo di alimentazione che serve alle femmine per portare a maturazione le gonadi, iniziano gli accoppiamenti che vanno da metà maggio a metà luglio. Il rostro è impiegato dalla femmina per perforare il guscio della nocciola e deporgli all’interno l’uovo. Ogni femmina depone circa 20-30 uova e la larva dopo un periodo di incubazione di 10 giorni nasce e completa il suo sviluppo all’interno, nutrendosi del gheriglio. Dopo 30-35 giorni a maturazione fuoriesce forando il guscio. Solitamente il balanino è controllato con trattamenti effettuati per combattere la cimice. Effettuando i campionamenti a frappage (scuotimento) se il numero degli adulti è elevato è necessario intervenire con trattamento.
Cimice (spp.)
Insetti in cui le forme giovanili pungono le nocciole in accrescimento provocando danni. Gli stiletti dell’apparato boccale riescono a raggiungere il tessuto spugnoso o il seme in formazione passando attraverso il guscio provocandone l’aborto traumatico. Le punture delle cimici proseguono anche quando il guscio della nocciola è già indurito e all’interno il seme occupa interamente la cavità del frutto. La saliva che l’insetto iniettata con la puntura rende i semi immangiabili (sapore avariato) e comunque inutilizzabili dall’industria dolciaria. Le punture effettuate da alcune specie sul nocciola già formata prima della maturazione provocano danno commerciale gravissimo in quanto danno origine ad un seme avariato ma senza segni distintivi per riconoscerlo (cimiciato occulto). E’ sicuramente la patologia più difficile da controllare in quanto sono pochi i principi attivi autorizzati per la lotta e spesso non di grande efficacia. Occorre intervenire con interventi mirati in base ai campionamenti effettuati con diverse tecniche. Calcolando la soglia di intervento per ogni specie e la presenza di uova parassitate da antagonisti naturali.
- Gonocero (Gonocerus acuteangulatus) cimice nostrana molto pericolosa per il nocciolo in quanto può compiere l’intero ciclo a carico della pianta. Molto polifaga e può vivere su molte piante ospiti sia spontanee che coltivate. Piante particolarmente gradite che possono essere utilizzate come pianta esca per i monitoraggi: sanguinello, biancospino, rosa canina, ciliegio, pesco ed albicocco. Compare in noccioleto da maggio inizio giugno e porta gravi danni durante la fecondazione dei semi. Il monitoraggio avviene tramite frappage (scuotimento).
- Coreo marginato o cimice degli orti (Coreus marginatus) non è una cimice tipicamente corilicola in quanto predilige orticole e flora spontanea. Può essere confusa con il gonocero ma esistono dei caratteri distintivi molto chiari.
- Palomena (Palomena prasina) a differenza del gonocero, pur deponendo le uova sulle foglie, i primi stadi giovanili prediligono graminacee spontanee ed arbusti su cui si lasciano cadere dopo la nascita.
- Nezara (Nezara viridula) cimice che solo occasionalmente occupa il noccioleto, predilige ambienti orticoli, sverna in ricoveri vari tra cui anche le abitazioni (è la classica cimice verde che abbiamo sempre trovato in casa)
- Cimice grigia (Raphigaster nebulosa) come le altre specie ospite occasionale del nocciolo dove va a deporre e dove è presente soprattutto nelle forme giovanili.
- Cimice dei boschi (Pentatoma rufipes) come da nome volgare è cimice tipica amante delle zone boscose, può colpire noccioleti ubicati in prossimità di boschi. Tutte le cimici delle specie Coreo marginato, Palomena, Nezara, Cimice grigia e Cimice dei boschi di solito non arrecano gravi danni al noccioleto ed essendo insetti autoctoni hanno spesso antagonisti naturali che parassitano le uova.
- Cimice asiatica (halyomorpha halys) cimice esotica, di origine asiatica che ha fatto la sua comparsa in nord America e poi in Europa. Nel 2012 è stata segnalata in Italia. Cimice pericolosissima per tutte le colture, invasiva in quanto ogni adulto depone da 200 a 300 uova. Nelle zone di origine tropicali può compiere fino a 4 – 5 generazioni all’anno diventando devastante. Da recenti studi sembra effettuare due generazioni con accavallamento delle stesse. La sua pericolosità è rappresentata dal fatto che può bucare con il suo stiletto nocciole completamente formate pronte per la raccolta dando origine all’avariato occulto. E’ estremamente polifaga e può vivere su circa 200 specie di vegetali spostandosi da una pianta all’altra a seconda delle sue esigenze. Dopo la prima generazione avvenuta a fine di maggio inizio giugno va ad effettuare una seconda generazione molto importante nel periodo di fine giugno inizio luglio dando origine ad una popolazione molto importante che raggiunta la forma adulta svernerà l’anno successivo.
Oidio o Mal Bianco del nocciolo (Phyllactinia guttata)
Fungo con manifestazioni tipiche dell’oidio ma quasi esclusivamente sulle foglie. Attacchi in tarda estate provocano la caduta anticipata delle foglie. Raramente si rende necessario un trattamento in quanto il patogeno è già controllato con i trattamenti a calendario per altri parassiti.
Gleosporium (Piggotia coryli)
Fungo che colpisce le gemme che alla ripresa vegetativa vanno incontro a disseccamento e talvolta questa alterazione può interessare anche i rametti. Le gemme colpite si presentano imbrunite, con fruttificazione del fungo identificabili con la caratteristica puntinatura scura. Sintomi sulle foglie sono disseccamento detto a goccia. Gli attacchi più forti sono più evidenti in annate particolarmente umide e nei noccioleti di fondovalle. Qualora, si rendesse necessario, intervenire in autunno, a metà caduta foglie.
Mal dello stacco (Cytospora corylicola)
Si manifesta principalmente su impianti vecchi con la comparsa delle caratteristiche macchie di color bruno rossastro sulla corteccia dei rami. Le piante colpite manifestano scarso vigore vegetativo e necrosi dei tessuti. E’ importante asportare e bruciare i rami colpiti e intervenendo con prodotti a base di rame onde evitare l’espandersi della malattia. Le branche tendono a spaccarsi, di solito in seguito a nevicate oppure in caso di forte produzione per il peso del frutto. Caratteristica particolare è che dove la branca si rompe, si nota un taglio netto.
Marciume Radicale (Armillaria mellea)
Fungo che colpisce l’apparato radicale. Le piante presentano scarso vigore vegetativo, assenza di polloni e sovente appassimento e disseccamento da collasso. Tipica dei terreni più umidi, in caso di attacchi, è consigliabile rimuovere le piante infette asportando l’intero apparato radicale e lasciando la buca aperta allo scopo di bloccare l’attività fungina nella stagione estiva prima di sostituire la pianta (Traversone, 2020).
Le “nuove” avversità all’orizzonte, gli acari
Phytoptus avellanae
Tra i numerosi fitofagi del nocciolo è possibile annoverare tra i principali, gli acari e, tra questi, come il più dannoso, l’eriofide galligeno delle gemme Phytoptus avellanae (Tavella L. e Gianetti G., 2006). Sebbene l’attività e la conseguente dannosità di tali acari sia strettamente legata alle condizioni ambientali ed allo sviluppo vegetativo della pianta ospite, è possibile osservare la presenza del fitofago sulla pianta durante tutto l’arco dell’anno. Nello specifico, i controlli visivi si eseguono fin dalle fasi post-raccolta e nel periodo invernare al fine di individuare le gemme colpite, caratterizzate da ingrossamenti anomali dovuti all’azione lisigena ed enzimatica della saliva (Guidone Loredana, 2007) (Figura 1). In tali galle sverna il parassita che, da fine febbraio, prosegue con un’intensa e lunga attività riproduttiva e conseguente ovo-deposizione scalare fino a metà aprile, arrivando ad avere almeno sei generazioni l’anno (Nocciolare.it-a, 2017). Con la ripresa dell’attività vegetativa (compresa tra marzo e aprile in funzione delle condizioni ambientali) le galle si aprono, segnando l’inizio della migrazione di centinaia di eriofidi verso i nuovi ricoveri, gli apici vegetativi sani (Agronotizie-a, 2019 – Figura 2). L’attacco si protrae fino ad inizio estate portando alla formazione di pseudogalle sterili. Il danno consiste quindi nell’inibizione delle gemme colpite, incapacitate nel generare foglie o frutti con conseguente crescita stentata e deperimento della pianta, sia in fase di allevamento che di produzione (Varvaro L. et al., 2011).
Figura 1 Infestazione di Acaro del Nocciolo (Phytoptus avellanae) su Nocciolo (Corylus avellana). Si notano gli ingrossamenti delle gemme per la presenza interna del parassita (https://bladmineerders.nl)
Figura 2 Gemme ingrossate in fase di apertura prima della migrazione degli eriofidi su Nocciolo (www.traversalorenzo.com)
Il Phytoptus avellanae è un acaro eriofide galligeno del nocciolo che presenta due differenti forme, una galligena (gall form) ed una mobile (vagrant form) (Sebahat K. Ozman, 2003). L’adulto di forma galligena presenta un corpo cilindrico dallo spessore costante con un brusco restringimento caudale, a differenza dell’adulto di forma mobile che mostra un corpo a forma di “punta di freccia” con un restringimento costante e progressivo in direzione della coda. Anche il colore degli individui è differente: la forma galligena appare color crema mentre la forma mobile di colore giallo-chiaro con un imbrunimento sul dorso progressivamente più marcato con il passare dell’età. Le differenze più significative sono tuttavia di natura biologica/eziologica. Le forme galligene presentano un ciclo molto semplice con una sola tipologia di ninfe, le quali svernano e non sopravvivono all’esterno della galla, mentre le forme mobili si caratterizzano di ulteriori due forme larvali, una somigliante all’adulto ed un’altra simile morfologicamente agli acari del genere Tegonotus, chiamata simil-Tegonotus (Tegonotus-like) (Sebahat K. Ozman, 2003) (Figura 3).
La femmina della forma mobile, a differenza di quella galligena, depone le uova esclusivamente sulla pagina fogliare. Il ciclo biologico è scandito dal passaggio dello stadio di uovo ad uno di neanide, due di ninfa ed infine di adulto tuttavia è stato osservato che l’adulto di forma mobile simil-Tegonotus presenta uno stadio di ninfa aggiuntivo. Complessivamente Phytoptus avellanae completa nei climi italiani almeno sei cicli all’anno con progenie di acari che si susseguono e si sovrappongono almeno in parte nei passaggi da una generazione all’altra (Nocciolare.it-a, 2017).
Figura 3 Morfologia di Phytoptus avellanae dalle fasi giovanili all’adulto e differenza tra la forma mobile e la forma galligena (Sebahat K. Ozman, 2003)
Una buona strategia di difesa non può prescindere da un costante monitoraggio per l’individuazione del periodo ottimale del trattamento. L’individuazione delle galle nel periodo invernale è la prova della presenza del parassita e possono essere usate come indicatore. Alcuni studi condotti in Piemonte (Confagricoltura Alessandria 2017; Nocciolare.it-a, 2017) propongono un monitoraggio di 100 gemme per appezzamento ed una soglia di intervento del 10% di gemme attaccate nei corileti in fase di allevamento, un 15% in quelli produttivi. Nonostante le popolazioni di acari siano molto suscettibili ai fattori abiotici (radiazione solare, sbalzi termici, piogge intense e prolungate) ed a quelli biotici (acari fitoseidi ed altri predatori) potrebbero risultare potenzialmente pericolose se non trattate tempestivamente. Il momento ottimale dell’intervento si individua all’apertura delle galle in primavera e la successiva migrazione degli acari su tutti gli organi verdi della pianta nel periodo primaverile. L’impiego dello zolfo (usato anche per il controllo di altre malattie come l’oidio) risulta efficace se somministrato durante la migrazione, con interventi ad intervalli brevi e regolari di circa una settimana/dieci giorni per un totale di tre/quattro interventi, riducendo il numero di gemme gallate (Confagricoltura Alessandria-a, 2017; Nocciolare.it-a, 2017) (Tabella 1). Lo zolfo è un principio attivo (p.a.) che agisce per contatto, ed è quindi necessario prevedere una copertura della vegetazione quanto più omogenea possibile, al fine di raggiungere il maggior numero di eriofidi. Tuttavia, la sua efficacia è anche funzione dell’umidità relativa ambientale, riducendo l’azione antiparassitaria all’aumentare di quest’ultima.
Tabella 1 Diversi tipi di trattamenti per il controllo di Phytoptus avellanae su nocciolo (Nocciolare.it-a)
Un altro p.a. impiegabile per il controllo degli acari è l’olio minerale la cui applicazione è prevista per il periodo invernale e di inizio primavera. L’azione insetticida è prevalentemente di asfissia perché il prodotto ricopre di un velo l’intero corpo dell’insetto, compresi i canali tracheali, occludendoli. I diversi tipi di olii aumentano l’azione insetticida al crescere dei pesi molecolari e dei doppi legami costituenti, divenendo progressivamente fitotossico per l’azione fitocaustica sui tessuti vegetali. Gli olii minerali sono costituiti da miscele di idrocarburi in prevalenza saturi e si ottengono dalla distillazione del petrolio grezzo. Questi olii possono contenere idrocarburi paraffinici, naftenici ed aromatici ed è sconsigliata la miscela con prodotti contenenti zolfo (scheda tecnica degli oli minerali, Fitogest.it-a).
Altre tre specie di acari dannosi per le coltivazioni di nocciolo sono Eotetranychus carpini, Panonychus ulmi ed Tetranychus urticae, conosciuti rispettivamente come “ragnetto giallo della vite”, “ragnetto rosso della vite e dei fruttiferi” e “ragno rosso bimaculato o comune”, tutti polifagi (Agraria.org-a; Mazzone P. e Ragozzino A., 2006).
Eotetranychus carpini
Eotetranychus carpini (Figura 4) è un fitomizo che provoca arresto di sviluppo dei germogli e delle foglie, le quali si presentano non distese normalmente e con punteggiature necrotiche. Sverna come femmina fecondata e sulla vite in Italia settentrionale può raggiungere 7-8 generazioni all’anno. Le femmine svernanti si presentano di colore giallo dorato/giallo arancio mentre le femmine primaverili-estive hanno un colore giallo-verde con macchie più scure sui lati del corpo e con occhi rossi ben visibili. Le femmine misurano meno di 0,4 mm mentre i maschi risultano più piccoli e sottili. Le colonie si trovano sulla pagina inferiore della foglia in prossimità delle nervature, spesso ricoperte da fili sericei. Le generazioni primaverili-estive spesso si sovrappongono trovando così la contemporanea presenza di adulti, larve e uova. In ottobre con i primi freddi, sotto i 10 °C, vi è lo spostamento delle femmine adulte fecondate dalle foglie ai rifugi invernali (Fitogest.it-b, 2020).
Figura 4 Ragnetto giallo della vite (Eotetranychus carpini) (Agraria.org-a)
Panonychus ulmi
Panonychus ulmi (Figura 5) sverna invece come uovo sul legno di diversa età e negli stessi climi della specie precedente può compiere tra le 6 alle 9 generazioni all’anno. Le femmine sono lunghe 0,5mm e dal colore rosso intenso, sul dorso sono presenti dei “peli” (detti tubercoli) biancastri che si innestano nel punto di inserzione delle setole dorsali; questa caratteristica è importante per la distinzione di P. ulmi da altri acari come il Tetraychus urticae. I maschi si differenziano per le dimensioni più contenute, mentre gli stadi giovanili sono di colore giallo-aranciato. Le uova possono essere di colore rosso vivo se sono quelle invernali (uova durevoli con funzione svernante) oppure giallo-aranciato, come gli stadi giovanili, se sono uova primaverili-estive. L’acaro sverna come uova, in genere presenti alle ascelle delle gemme, inserzioni dei rami o a livello dei nodi. In primavera (aprile-maggio) alla schiusura delle uova gli individui iniziano subito la loro attività trofica dando il via ad una successione di generazioni primaverili-estive (da 6 a 9) con una durata variabile, da oltre un mese per la prima generazione a poco più di una settimana per le generazioni estive. Spesso le generazioni si sovrappongono tra loro con la presenza contemporanea di individui in stadi differenti. I danni si sviluppano a carico delle foglie e dei germogli a causa delle punture di nutrizione. Le foglie subiscono delle decolorazioni e perdita di lucentezza assumendo tonalità bronzee, mentre per le drupacee la tonalità vira al grigio chiaro. Successivamente le foglie disseccano e cadono. Le foglie presentano delle necrosi e decolorazioni puntiformi inoltre, nella pagina inferiore, sono visibili individui e loro residui (esuvie – strato superficiale dell’esoscheletro chitinoso perso durante la muta – ed escrementi) dall’aspetto di polverina bianco-grigiastra. Su entrambe le pagine è possibile vedere fili sericei sparsi di colore bianco. I germogli subiscono un rallentamento della crescita e la caduta delle foglie basali. I danni alle produzioni sono dovuti alle gravi filloptosi (caduta anticipata delle foglie) (Fitogest.it-c, 2020).
Figura 5 Ragnetto rosso della vite e dei fruttiferi (Panonychus ulmi) (Agraria.org-a)
Tetranychus urticae
Tetranychus urticae (Figura 6) è un acaro tetranichide estremamente polifago che attacca colture orticole, erbacee, floricole, arboree, fruttiferi e vite, anche se la sua attività specifica viene svolta su piante erbacee, ortive ed ornamentali, in serra come in pieno campo. Gli adulti di circa 0,5 mm possono essere di colore rosso-arancio (femmine svernanti) o di color da giallo-verdastro a rosso-arancio (generazioni primaverili-estive). Gli individui maschili hanno dimensioni più ridotte e una forma meno rotondeggiante rispetto le femmine mentre le forme giovanili hanno inizialmente un colore bianco-giallastro con due vistose macchie scure visibili in trasparenza presenti sui lati del corpo. Anche sulle femmine adulte sono visibili due macchie più scure e depongono uova biancastre, semi-trasparenti e tendenzialmente sferiche. Lo svernamento avviene allo stadio di femmina adulta fecondata in rifugi come screpolature della corteccia. A fine inverno vi è la ripresa dell’attività trofica su piante erbacee ed arbustive per poi spostarsi dopo alcune generazioni sulle piante arboree presenti nei frutteti; in genere vengono compiute 8-10 generazioni all’anno con forte presenza nei mesi estivi. In ambiente protetto riscaldato, invece, il ciclo può durare tutto l’anno senza interruzioni e i diversi cicli si vanno a sovrapporre provocando infestazioni molto consistenti. Il danno è costituito da una perdita di lucentezza delle foglie seguita da una successiva decolorazione che evolve in una bronzatura prima di disseccare completamente e cadere. Con una lente di ingrandimento è possibile vedere le forme mobili e i residui dell’attività metabolica come fili sericei tesi tra le nervature della foglia e una polverina di colore grigio chiaro costituita da escrementi e residui della muta. In ambiente protetto si può arrivare alla distruzione delle colture in ragione dell’ambiente favorevole che permette all’acaro di triplicare la popolazione tra una generazione e la successiva (Fitogest.it-d, 2020).
Figura 6 Ragno rosso bimaculato o comune (Tetranychus urticae) (info.agrimag.it)
Il controllo biologico di queste popolazioni (e degli acari tetranichidi in generale) è effettuato da molte popolazioni polifaghe. Tra i principali antagonisti naturali dei tetranichidi ci sono gli acari appartenenti alla famiglia dei fitoseidi ma è anche possibile individuare numerosi altri insetti predatori, quali coleotteri coccinellidi e stafilinidi, eterotteri antocoridi, neurotteri crisopidi e tisanotteri. Essi sono detti predatori “territoriali” in quanto, dopo essersi sviluppati su altre prede e colture, possono colonizzare il nocciolo quando c’è disponibilità di prede (Agraria.org-a, 2020).
Per la gestione ordinaria di tali acari con l’impiego di principi attivi si rimanda alla lotta contro Phytoptus avellanae per le notevoli somiglianze tra i fitofagi. In generale, contro gli acari fitofagi i prodotti ad azione per contatto sono poco efficaci soprattutto sulle colture arboree dove è difficile coprire l’intera superficie, risultando più efficaci i prodotti citotropici (Maione V., 2012).
Conclusioni
L’andamento climatico attuale, con manifesti sbalzi termici e periodi di intensità delle temperature spesso legate a basso tenore di umidità nell’aria, sembra favorire l’instaurarsi di popolazioni sempre più numerose e, purtroppo, aggressive, di afidi negli impianti corilicoli dell’areale Viterbese. La nuova situazione necessita di una innovazione strategica nell’affrontare la criticità che si sta acutizzando nelle ultime campagne. Sistemi di gestione integrata delle avversità, basata su interventi mirati e pratiche agronomiche bilanciate dovrebbero portare a quell’approccio di “Sistema Integrato” necessario a gestire l’avversità garantendo nel contempo la sostenibilità, ambientale ed economica, dell’azione di difesa.
I moderni sistemi di agricoltura, e non solo produzione, integrata devono diventare il modello operativo a garanzia di quanto il sistema socio-economico sta richiedendo, in particolar modo a colture come il noccioleto, che vedono un crescendo di interesse da parte degli operatori e, di conseguenza, di attenzioni dal mondo extra-agricolo.
Bibliografia e sitografia
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Agronotizie-a – https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2019/03/29/acaro-delle-gemme-del- nocciolo-ci-pensa-thiopronsupregsup/62435 (ultimo accesso Febbraio 2020)
Confagricoltura Alessandria-a – La coltivazione del nocciolo manuale pratico https://docplayer.it/61099569-La- coltivazione-del-nocciolo-manuale-pratico.html (ultimo accesso Febbraio 2020)
Fitogest.it-a – https://fitogest.imagelinenetwork.com/it/sostanze-attive/olio-minerale/233 (ultimo accesso Febbraio 2020)
Fitogest.it-b – https://fitogest.imagelinenetwork.com/it/malattie-piante/malattie-parassiti/acari/acari/ragnetto-giallo- della-vite/10 (ultimo accesso Febbraio 2020)
Fitogest.it-c – https://fitogest.imagelinenetwork.com/it/malattie-piante/malattie-parassiti/acari/acari/ragnetto-rosso-dei- fruttiferi-e-della-vite/9 (ultimo accesso Febbraio 2020)
Fitogest.it-d – https://fitogest.imagelinenetwork.com/it/malattie-piante/malattie-parassiti/acari/acari/ragno-rosso- bimaculato-o-comune/4 (ultimo accesso Febbraio 2020)
Guidone Loredana 2007, Indagini sull’artropodofauna del nocciolo con particolare riguardo a eterotteri coreidi e pentatomidi e Curculio nucum Linnaeus, responsabili di decrement quali-quantitativi delle produzioni corilicole, Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Dottorato di ricerca in Entomologia agrarian, 19 ciclo. Doi:10.6092/unibo/amsdottorato/185
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Maione V. (2012). Parassitologia animale dei vegetali e delle derrate. Corso di laurea magistrale in: “Scienze e Tecnologie Agrarie e Alimentari” dell’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria Dipartimento di Agraria https://www.unirc.it/documentazione/materiale_didattico/1462_2012_316_16860.pdf
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Varvaro L. et al. (2011). Speciale – Atti del Convegno Corilicoltura viterbese: dalla realtà locale alla dinamica europea. Rivista del Centro Studi e Ricerche sul Nocciolo e Castagno, Anno II, numero 1 – 2011. http://www.cefas.org/pb/flz/corylus%20n.1%202011.pdf
Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.
Nepomuceno L. – Bizzarri S.