di Edoardo Alterio
Il pioppo nero (Populus nigra L.) di località Colle Tufo in agro di Sesto Campano (provincia di Isernia) è inserito nell’Elenco nazionale degli alberi monumentali. Ha chioma imponente e una circonferenza di 649 cm. L’attuale coltivazione dei campi adiacenti non rispetta la zona d protezione dell’albero e le colture lambiscono il fusto. L’uso di fitofarmaci, le operazioni meccaniche ed il taglio indiscriminato di grosse brache inferiori per lasciar spazio alle trattrici minacciano il naturale processo evolutivo dell’albero (foto di Ferdinando Alterio).
La legge n. 10 del 14 gennaio 2013, dettante regole per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, dedica l’articolo 7 alla tutela degli alberi monumentali, fornendone una prima definizione valida a livello nazionale e risolvendo una lacuna legislativa durata diversi decenni. Con il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 23 ottobre 2014 (Gazzetta Ufficiale, Serie generale n.260 del 18 novembre 2014) viene attuata la legge n.10 del 2013, istituito l’Elenco degli alberi monumentali d’Italia ed elencati i criteri direttivi per il loro censimento. Ai Comuni spetta la selezione, nel territorio di loro competenza, degli alberi candidati; le Regioni, successivamente, redigono elenchi regionali sulla base delle segnalazioni effettuate dai Comuni. Durante la fase di stesura dell’elenco, gli alberi segnalati possono anche essere proposti per l’avvio del procedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136 del decreto legislativo n.42 del 2004 (codice Urbani). Dall’unione dei singoli elenchi regionali è costituito l’Elenco nazionale, liberamente consultabile sul sito del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Al primo elenco, approvato nel 2017, sono seguiti due aggiornamenti, di cui l’ultimo nel 2019 (approvato con decreto dipartimentale n.757 del 19 aprile 2019). L’Elenco nazionale contiene oggi circa 3.200 alberi.
In linea con gli atti normativi sopraccitati, lo scorso 31 marzo, con decreto del Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha disposto l’approvazione delle “Linee guida per gli interventi di cura e salvaguardia degli alberi monumentali”, un documento che riassume un insieme di buone pratiche di gestione, rivolte ai proprietari degli alberi, ai tecnici, ditte e funzionari dei Comuni coinvolti nella cura del patrimonio arboreo monumentale. La cura degli alberi monumentali ha come obiettivo quello di conservarli e “garantire loro per quanto possibile la massima longevità, comprendendo bene le loro esigenze, le loro potenzialità e le loro risposte […], accompagnarli delicatamente e con la massima attenzione nel loro naturale processo evolutivo, mantenendo inalterati per quanto possibile funzionalità e morfologia ma anche i caratteri del sito che li accoglie e che essi stessi contribuiscono a creare e mantenere”. È chiaro quindi che la capacità dell’arboricoltore non è solo quella di manutenere l’albero, ma anche l’ambiente in cui esso vive. Tra gli interventi citati nelle Linee guida compaiono la potatura, la spollonatura, la cura delle ferite, i consolidamenti, i trattamenti fitosanitari, il miglioramento del suolo attorno alla pianta, la concimazione, l’irrigazione. La potatura, tra le pratiche più rischiose per la salute dell’albero se mal effettuata, deve essere eseguita con tagli di piccole dimensioni, rispettando la forma caratteristica della chioma e conservando la distribuzione delle foglie lungo i rami in maniera uniforme, rimuovendo non più del 10% della superficie fotosintetica attiva. Viene evidenziata l’importanza della tutela delle radici della pianta e del suolo adiacente al fusto. Troppo spesso, infatti, il deperimento dell’albero è causato dal danneggiamento dell’apparato radicale più che della parte epigea. In quest’ottica, lo spazio prossimo all’albero è il suo “contesto minimo vitale”, che può essere spazialmente materializzato in una zona di protezione dell’albero (tree protection zone) o di rispetto: “un’area pressoché circolare, avente diametro pari almeno al diametro medio della proiezione della chioma dell’albero, che, indipendentemente dalla specie, non potrà mai essere inferiore a un’area di raggio pari a 20 metri partendo dall’esterno del fusto dell’albero”. All’interno di questa superficie, ancor meglio se recintata, è opportuna la sospensione delle attività agricole e l’eccessivo calpestamento. Se all’interno della stessa area sono presenti manufatti o pavimentazioni, ritenuto che non vi è particolare interesse storico o architettonico e che la loro presenza può causare prematura morte dell’albero, la rimozione del conflitto è “azione opportuna”. Dal punto di vista della procedura amministrativa, le Linee guida differenziano gli interventi da eseguirsi sugli alberi in due categorie: interventi che non costituiscono modifica della parte epigea ed ipogea né della zona di rispetto (A) e interventi che costituiscono modifica della parte epigea ed ipogea e della zona di rispetto (B). Sono interventi di tipo A i trattamenti fitosanitari, la cura delle ferite, le valutazioni di stabilità, le ripuliture, le concimazioni. Sono interventi di tipo B la potatura della chioma, gli interventi che possono modificare gli apparati radicali, la realizzazione di percorsi o pavimentazioni, gli interventi e la realizzazione di manufatti nella zona di rispetto, l’abbattimento. Gli interventi di tipo A possono essere sempre eseguiti previa comunicazione al Comune. Per gli interventi di tipo B è invece necessaria l’autorizzazione comunale. Le linee guida dedicano una sezione anche al personale addetto alla gestione degli alberi. Questo deve essere costituito da professionisti e ditte specializzate, “tecnici di comprovata esperienza nell’ambito dell’arboricoltura e con le specifiche competenze e abilitazioni definite dalle norme relative all’esercizio delle professioni, e imprese scelte in base a documentata esperienza nel campo dell’arboricoltura e in particolare nella cura degli alberi monumentali”. Tra i suggerimenti presenti nel documento, particolarmente interessante è quello che riguarda la possibilità di elaborare dei piani di gestione pluriennali per ogni singolo albero, di durata variabile da 5 a 10 anni e validi dopo l’approvazione dall’autorità competente (Comune). I piani di gestione nascono dalla volontà di rendere gli interventi puntuali, calibrati e costanti nel tempo, evitando gli interventi una tantum e dannosi. Il piano di gestione è redatto da un tecnico specializzato ed è costituito da “l’analisi fitopatologica e biomeccanica dell’albero complete di scheda di analisi visiva e documentazione fotografica, la descrizione di tutti gli interventi di cura da compiersi nell’arco della sua vigenza, la tempistica di realizzazione degli stessi attraverso un adeguato crono-programma”. Il piano di gestione, se presente, deroga all’obbligo di comunicare o richiedere autorizzazioni per la realizzazione degli interventi. Tale deroga non è comunque valida per gli interventi su specie come castagno, olivo, gelso e salice, per i quali è comunque dovuta (se inseriti in un contesto produttivo e in attualità di coltura) la comunicazione o l’autorizzazione. Gli interventi da attuarsi su olivi monumentali devono tenere conto di alcuni aspetti particolari. Ad esempio, “si dovrà mantenere la tipologia di potatura di allevamento adottata negli anni precedenti, avendo cura di non alterare l’equilibrio morfologico-strutturale che la pianta ha raggiunto e prediligendo di norma la conservazione dell’esemplare alla sua produzione”. Negli olivi monumentali le potature devono eseguirsi nei mesi di marzo, aprile e maggio o ancor più posticipate negli esemplari vetusti, per evitare l’incombenza di danni causati da possibili gelate tardive. Infine, il documento invita alla gestione degli alberi monumentali in maniera partecipativa, coinvolgendo anche le comunità locali. Le Regioni devono sostenere i Comuni nelle attività di educazione e comunicazione mirate a diffondere la conoscenza deli alberi monumentali presenti nel proprio territorio. Per quanto riguarda specifici divieti ed eventuali sanzioni, le Linee guida rimandano ai già citati legge n.10 del 2013 e decreto del 23 ottobre 2014 che ribadiscono l’obbligo di autorizzazione comunale per interventi quali abbattimento e modifiche della chioma e dell’apparato radicale, i quali devono comunque essere motivati e improcrastinabili a causa dell’impossibilità di adoperare soluzioni alternative. A chiunque, senza autorizzazione, abbatta o danneggi un albero monumentale è applicata una sanzione amministrativa che prevede il pagamento da 5.000 fino a 100.000 euro (come previsto dall’art. 7, comma 4 della legge n.10 del 2013).
Nonostante le Linee guida qui descritte non siano un documento definitivo e non costituiscano obblighi giuridici, rappresentano tuttavia una base cui riferirsi “per le attività istruttorie nell’ambito dei procedimenti amministrativi di cui al comma 4 dell’articolo 7 della legge n.10 del 2013”. Inoltre, il documento si presenta come uno strumento utile per riassumere i principi fondamentali per la corretta gestione del patrimonio arboreo monumentale.
Edoardo Alterio si è laureato in Scienze forestali all’Università degli Studi del Molise (triennale) e ha poi conseguito la laurea magistrale in Scienze agroambientali presso l’Università degli Studi di Milano. Attualmente è borsista di ricerca presso il Dipartimento TESAF dell’Università degli Studi di Padova. Si occupa di Ecologia forestale e Selvicoltura. E-mail: edoardo.alterio@unipd.it