di Paolo Banti, Vito Mazzarone, Luca Mattioli, Marco Ferretti
Cinghiale femmina e piccoli
Premessa
La Legge Regionale 10/2016 (comunemente conosciuta come “Legge obiettivo”) ha portato un sensibile cambiamento nell’impostazione tradizionale della gestione degli Ungulati in Toscana. Questa norma ha avuto lo scopo di ridurre, nel giro di tre anni, i conflitti generati tra gli Ungulati selvatici, gli habitat che li ospitano, e alcune attività antropiche, prima fra tutte l’agricoltura. E’ bene ricordare le condizioni iniziali (nel 2015) e le problematiche sulle quali la legge cercava di incidere, che possono essere così riassunte:
- in Toscana, dai dati ricavabili dai censimenti effettuati nelle sole aree cacciabili (quindi sottostimando le consistenze relative alle aree protette) si deduceva che la densità degli Ungulati selvatici era circa 4,5 volte superiore a quella media italiana (1);
- gli importi liquidati agli agricoltori, sulla base dei danni periziati da professionisti abilitati, assommavano ad oltre 2 milioni di euro/anno. A questo si doveva aggiungere che il malessere dei coltivatori, tra cui rientrano anche coloro che non svolgendo l’attività come imprenditori agricoli principali non vengono indennizzati, non è valutabile solo nel danno economico risarcito;
- gli sforzi economici attuati per la prevenzione dei danni all’agricoltura produttiva, che è concentrata nel 30% del territorio regionale, assommavano ad oltre 500 mila euro/anno, escludendo i costi relativi alla messa in opera degli impianti di recinzione da parte dei cacciatori volontari. Come effetto negativo della prevenzione si è avuta una estesa frammentazione di habitat e una modifica del “paesaggio toscano”dovuta alle recinzioni in alcuni casi alte oltrfe due metri , senza peraltro ottenere, in molti casi, la soluzione del problema;
- ogni anno in Toscana avvenivano 690 incidenti stradali in cui erano coinvolti Ungulati (media 2012-2015 dei sinistri denunciati), con conseguenti danni materiali, a persone ferite e, in certi casi, decessi;
- il controllo degli Ungulati (ai sensi dell’art. 19 della L. 157/92) era divenuto negli ultimi anni da intervento straordinario, una pratica ordinaria e generalizzata, con l’attivazione, come media annuale degli ultimi anni, di oltre 9.000 autorizzazioni e l’esecuzione di oltre 40.000 uscite di prelievo. Il numero di capi prelevati in regime di controllo rappresentava una parte considerevole dell’abbattuto: oltre il 10% dei prelievi complessivi per la specie Cinghiale;
- il mancato trasferimento dei corpi di Polizia provinciale alla Regione, a seguito della Legge “Delrio”, metteva a rischio il normale svolgimento delle attività di controllo faunistico, da sempre coordinate da tali soggetti;
- la diminuzione del numero di cacciatori, evidente in Toscana come nella maggioranza delle regioni italiane, annunciava una progressiva futura riduzione della pressione di prelievo venatorio sulle popolazioni di Ungulati, con conseguente impossibilità a realizzare i prelievi programmati, a regole invariate di caccia e controllo.
Che fare in questa situazione nella quale la tradizionale prassi gestionale si mostrava inadeguata a risolvere i problemi sopra esposti? Quali cambiamenti adottare in un quadro nel quale gli Ungulati aumentavano e le risorse economiche ed umane (cacciatori, ma anche operatori pubblici) diminuivano? Quali nuovi assetti organizzativi adottare, considerando le mutazioni conseguenti alla riforma delle Province ed alla nuova “centralizzazione” delle competenze in capo alla Regione? Le risposte che la Legge Ungulati della Regione Toscana proponeva sono state relativamente semplici, in accordo con le buone pratiche di gestione faunistica contenute nelle Linee Guida Ispra (2) (3) (4) ed attuabili nel rispetto del quadro normativo nazionale che regola la materia. Eccone una sintesi.
1) Effettiva differenziazione gestionale fra aree vocate e aree non vocate (problematiche).
La Legge indicava le modalità per definire le “aree non vocate” (equivalenti a quelle “problematiche” delle Linee Guida ISPRA, caratterizzate da colture agricole e/o aree antropizzate) in cui la gestione deve tendere ad una forte riduzione delle consistenze e, di conseguenza, le “aree vocate” (per lo più boscate e/o cespugliate) nelle quali la gestione rimane di tipo conservativo. La divisione del territorio (giunta a termine solo per il cinghiale) è stata effettuata attraverso l’analisi, differenziata per ciascuna specie, dell’impatto attuale (danni) e potenziale (presenza di colture di pregio, presenza di aree fortemente urbanizzate). Nel processo di individuazione dei confini delle aree, si è partiti da quelle già esistenti nei rispettivi Piani Faunistico-Venatori provinciali, tuttora vigenti. Da notare che in Toscana, risulta attualmente non vocato al Cinghiale quasi il 50% del territorio agro-forestale, e per il Capriolo, è considerato “non vocato” l’11,7% costituito dalle zone di vivaio e di maggiore attività viti-vinicola (aree di produzione del Chianti, del Brunello e del Nobile di Montepulciano). Per il Cervo, rimane certamente vocato il territorio compreso nelle attuali aree ACATER appenniniche, mentre non lo è quello occupato dalle nuove popolazioni originatesi da fughe di animali allevati (p.e. Chianti, aree livornesi e pisane, ecc.). Per Daino e Muflone la Regione, di norma, si attiene alle indicazioni ISPRA, che per tali specie “para-autoctone”, prevedono la graduale eradicazione della maggioranza delle popolazioni esistenti.
Nelle aree non vocate la gestione non conservativa è stata effettuata per buona parte dell’anno, in periodi differenziati per specie, unicamente attraverso il prelievo selettivo (ed in girata/forma singola per il Cinghiale nei mesi ottobre-dicembre), attuato da cacciatori regolarmente abilitati ed iscritti alle singole unità di gestione. Il prelievo è stato comunque programmato sulla base di specifici piani, ripartiti per classi di sesso ed età, applicati a scalare e sui quali è richiesto sempre il parere dell’ISPRA. Il prelievo in queste aree sui cervidi si è potuto spingere fino al 100% del censito, più l’incremento atteso. La legge si proponeva di ridurre il conflitto Ungulati/agricoltura nelle aree con forte vocazione agricola e conseguente scarsa tollerabilità per queste specie attraverso un incremento della pressione di caccia, in termini sia di entità dei prelievi, ma soprattutto di prolungamento dei tempi della caccia di selezione. Tutto questo adottando la strategia coniata da Cromsigt (5) con il termine “hunting for fear” ovvero indurre nel selvatico un comportamento di paura nel frequentare zone dove sperimenta una maggiore predazione umana. Poco o nulla la legge cambiava nelle restanti aree classificate come vocate agli Ungulati nei rispettivi piani faunistici venatori, ove la gestione mantiene l’obiettivo della conservazione delle popolazioni sui livelli di densità ottimale di cui all’art. 10 della L. 157/92, introducendo il prelievo selettivo a scalare sui Cervidi e coordinando a livello di Comprensorio i piani sul Cinghiale.
2) Sostituire progressivamente, nelle aree non vocate, gli interventi di “controllo” (attuati ai sensi dell’art. 19 delle L. 157/92) con il prelievo venatorio selettivo. Una delle più importanti novità della legge è stata quella di aver promosso nelle aree non vocate l’aumento dei tempi di prelievo della caccia di selezione, in attuazione dell’articolo 11-quaterdecies della L. 248/2005. Il prelievo selettivo, infatti, esercitando un limitato impatto sulle specie non target, può essere attuato in periodi più estesi di quelli previsti dall’art. 18 della L. 157/92, in modo da ridurre il ricorso ad abbattimenti “in controllo”. Rappresenta difatti l’unica modalità di caccia sugli Ungulati che può essere permessa anche in periodi critici sia per le colture agricole che per il ciclo biologico di altre specie. La possibilità di ricorrere ad interventi di “controllo” nelle aree e tempi di divieto di caccia, è stata comunque prevista con piani specifici, anch’essi soggetti al parere ISPRA tornando all’originaria funzione di intervento “straordinario” previsto dal Legislatore. I piani di controllo, rispetto al prelievo selettivo, necessitano di una prassi complessa (richiesta di intervento a causa del danno, messa in atto di metodi ecologici, atto autorizzativo singolo, coordinamento della Polizia Provinciale) e spesso sono soggetti a ricorsi al TAR.
3) Programmare la gestione delle popolazioni di Ungulati in ambiti adeguati (Comprensori) Rispetto al passato, la Legge introduceva il concetto di gestione Comprensoriale (tipo quello ormai da anni utilizzato per l’ACATER), ovvero attuata in maniera coordinata, sin dalle fasi di monitoraggio annuale, su unità di popolazione, mediante il coordinamento dei diversi attori (distretti di caccia, istituti privati e pubblici, aree protette) presenti nel Comprensorio. La finalità è stata quella di superare la passata frammentazione delle competenze tra istituti ed ATC nella realizzazione dei censimenti e piani di prelievo, oltre che di spingere le aree protette ad assolvere ai compiti di monitoraggio, destinando la quota parte del piano di prelievo relativo alle aree limitrofe cacciabili. Le oltre 800 Unità di Gestione (UdG) che compongono i Comprensori sono state codificate attraverso una portale web (Toscaccia) dove i tecnici faunistici hanno inserito i dati di censimento e di prelievo, oltre che su un portale cartografico ad accesso libero, Geoscopio (6).
4) Valorizzare la carne dei capi abbattuti. Nella Legge, forse per la prima volta in una legge regionale riguardante l’attività faunistico-venatoria, veniva trattato questo argomento. La gestione della carne dei capi abbattuti rappresenta un argomento strategico della gestione della risorsa rappresentata dagli Ungulati selvatici. La diminuzione delle popolazioni ungulate, specialmente nelle aree non vocate, si favorisce con la creazione di percorsi di gestione dei capi prelevati che diano soddisfazione anche economica agli operatori coinvolti (cacciatori, agricoltori, aziende di lavorazione della carne, ristoratori, distributori) e ai consumatori finali. Ciò, nella logica di trasformare effettivamente il “problema Ungulati” attraverso il razionale sfruttamento venatorio, in gestione di una “risorsa naturale rinnovabile” costituita dalle carni degli Ungulati cacciabili. Oltre all’aspetto della valorizzazione economica delle carni, la Legge promuoveva la sicurezza alimentare connessa con il consumo delle carni prevista in ambito comunitario. Si prevedevano infatti obblighi per gli ATC relativi alla costituzione ed attivazione dei Centri di Sosta (CdS) a disposizione dei cacciatori di Ungulati, la compartecipazione alle spese di formazione dei cacciatori in materia di igiene e sanità, nonché la stipula di convenzioni con i Centri di Lavorazione (CdL). Tali misure andavano a colmare una grave lacuna che portava al consumo delle carni senza le necessarie garanzie igienico-sanitarie.
La 10/2016 legge ha avuto una durata triennale, decadendo nel febbraio 2019. Ovviamente i suoi effetti, anche grazie alla modifica dei regolamenti regionali nel 2017 (7), hanno avuto ricadute su tutto l’anno solare 2019. Dal 2020 è iniziata una nuova fase, con nuove scelte politico/gestionali che si sono discostate in parte da quanto previsto dalla Legge Obiettivo. Di seguito i dati relativi al triennio di vigenza della norma, in particolare per quanto riguarda la specie cinghiale.
Il Cinghiale
Il cinghiale è la specie che causa la maggioranza dei problemi relativi ai danni agricoli ed ai sinistri stradali in Toscana. Relativamente a questa specie sono state incrementate le possibilità di prelievo soprattutto nelle aree agricole incluse entro le aree non vocate alla specie. In esse difatti è stata permessa la caccia di selezione in tutto l’arco annuale e una fondamentale concorrenza positiva fra i vari cacciatori, in modo che non vi siano intenzioni conservative in zone dove non è tollerabile la presenza di questo ungulato. Tale metodologia gestionale è andata a sommarsi con le altre forme di prelievo preesistenti: caccia in girata, in forma singola e controllo attuato ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94 (art. 19 L. 157/92). Ai fini della gestione complessiva della specie, l’insieme dei prelievi effettuati con tali modalità nelle aree non vocate, è andato pertanto a sommarsi con il prelievo “ordinario” effettuato (per tre mesi) dalle squadre di caccia nelle aree vocate nel periodo ottobre gennaio. Pertanto, le modalità di abbattimento poste in campo sulla specie si riassumono nello schema seguente:
- caccia di selezione, effettuata nelle aree non vocate (ATC e Istituti faunistici privati) nel periodo gennaio- dicembre (salvo interruzioni in talune aree limitrofe a quelle vocate, durante il periodo di caccia in braccata eventualmente disposte dagli ATC);
- caccia in girata e in forma singola (attuato nelle aree non vocate nel periodo ottobre-dicembre) nei territori cacciabili (gestione ATC e Istituti faunistici privati);
- caccia in braccata (esercitata nelle aree vocate per tre mesi consecutivi, scelti dagli ATC nel periodo ottobre-gennaio);
- controllo faunistico (ai sensi dell’art. 37 della L.R. 3/94 edell’art. 19 della L. 157/92), attuato con il coordinamento delle Polizie Provinciali.
Da notare che il prelievo selettivo in area vocata, ancora non attivato in quanto non richiesto dagli ATC, è una possibilità prevista dalla Regione Toscana all’interno del D.P.G.R. 48/R/2017 all’art. 73, Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) e della legge regionale 9 febbraio 2016, n. 10 (Legge obiettivo per la gestione degli ungulati in Toscana. Modifiche alla l.r. 3/1994).
Figura n° 1: Aree vocate vigenti per il cinghiale
Risultati di prelievo selettivo
La caccia di selezione al cinghiale rappresenta uno degli aspetti di maggiore novità introdotti dalla legge 10/2016. I prelievi sono iniziati nel 2016 in modo disomogeneo nei diversi ATC regionali. Queste le date di partenza ufficiali del prelievo per ilprimo anno, il 2016:
– per l’ATC Firenze (ad esclusione della porzione di Prato) dal 15 giugno 2016;
– per l’ATC Lucca dal 7 luglio 2016;
– per l’ATC Massa dal 11 luglio 2016;
– per l’ATC Siena dal 15 luglio 2016;
– per l’ATC Pistoia dal 22 luglio 2016;
– per l’ATC Pisa dal 28 luglio 2016;
– per l’ATC Livorno dal 11 agosto 2016;
– per l’ATC Arezzo dal 15 agosto 2016;
– per l’ATC Grosseto dal 17 settembre 2016.
Durante i periodi previsti per la caccia al cinghiale in braccata (ottobre-gennaio) gli ATC hanno avuto facoltà (ai sensi delle rispettive deliberazioni di approvazione del calendario venatorio annuale) di poter sospendere la caccia di selezione nel territorio non vocato a caccia programmata di propria competenza, o in porzioni di esso. In alcuni casi (ATC di Livorno e Grosseto) la caccia di selezione è stata riservata completamente o nelle aree limitrofe a quelle vocate, ai soli componenti delle squadre di caccia anche negli altri periodi, in difformità con quanto previsto dalla legge regionale.
Rispetto all’epoca di inizio della caccia di selezione al cinghiale gli abbattimenti complessivi per provincia a partire dal giugno 2016 sono riassunti nella figura successiva , cumulando i dati fino al 2019
Figura n° 2: Cinghiali abbattuti in selezione per mese e provincia – dati giugno 2016/dicembre 2019
Il trend di prelievo negli anni è apprezzabile dalla figura successiva. Da notare che nel 2015 già alcune province (Pistoia e Siena) avevano iniziato ad attuare questa tecnica venatoria.
Figura n° 3: Cinghiali abbattuti in selezione per anno (2015-2019)
Nel triennio 2016-2019 sono stati abbattuti quasi 26.000 cinghiali. Il numero appare inferiore a quanto fatto di norma con la tecnica della braccata sul territorio regionale, ma bisogna sottolineare che questi capi sono stati tolti nelle aree agricole, più a rischio di danni. Anche sulla tempistica, come vedremo più avanti, ci sono delle importanti differenze. Le differenze fra i vari territori sono apprezzabili nella figura seguente.
Figura n° 4: Cinghiali abbattuti in selezione per provincia – dati giugno 2016/dicembre 2019
E’ possibile notare un apporto assai diverso in capi abbattuti dato da ciascuna provincia: nel periodo di applicazione della legge il maggior contributo al prelievo in selezione è venuto da Firenze, Siena e Arezzo.
L’andamento degli abbattimenti selettivi per mese è meglio evidenziato nella figura successiva, anch’essa relativa a tutto il periodo di applicazione della caccia di selezione sulla specie in Toscana. Da essa emerge che la maggior parte del prelievo si concentra nei mesi di aprile-settembre.
Figura n° 5: Cinghiali abbattuti in selezione per provincia e per mese – dati giugno 2016/dicembre 2019
Relativamente alla struttura del prelievo la prevalenza dei maschi adulti è stata una costante durante i tre anni esaminati.
Figura n° 6: struttura dei Cinghiali abbattuti- dati cumulati 2016/2019
Come evidenziato bene dalla figura, il prelievo selettivo ha maggiore impatto quando le altre forme di caccia sono chiude e, soprattutto, nel periodo di maggiore danno alle coltivazioni.
Anche gli interventi di controllo ai sensi dell’art. 19 L. 157/92, prima svolti in netta maggioranza in braccata nei mesi autunnali e invernali, si sono col tempo meglio distribuiti durante l’anno.
Figura n° 7: Cinghiali abbattuti in controllo art. 19 L. 157/92 per provincia e per mese – dati giugno 2016/dicembre 2019
Nella figure successiva, si può anche vedere anche l’interazione sicuramente positiva in un’ottica di gestione generale del territorio (aree aperte alla caccia ed aree a divieto) fra prelievo selettivo e controllo, che assicurano un prelievo ben commisurato durante le fasi più critiche per l’agricoltura nell’anno solare.
Figura n° 8: Cinghiali abbattuti in selezione ed in controllo art. 19 L. 157/92 per mese – dati giugno 2016/dicembre 2019
Nonostante i tentativi di porre ostacolo all’attuazione del prelievo selettivo, in generale si è assistito ad un grande interesse per la caccia di selezione al cinghiale. In tre anni sono stati abilitati quasi 15.000 selettori alla specie cinghiale in Toscana, tramite prove di esame presso le dieci Sedi Territoriali Regionali.
Questa maggiore pressione nelle aree non vocate, oltre ad aver determinato un impatto sulla specie grazie ai tempi e ai luoghi di prelievo, ha avuto come effetto indiretto l’instaurarsi di un meccanismo virtuoso, non presente in precedenza, che ha portato ad una maggiore pressione e prelievo anche nelle (confinanti) aree vocate, da parte delle squadre. Nella figura successiva i risultati del prelievo in area vocata, con i classico metodo della braccata.
Figura n° 9: Cinghiali abbattuti in braccata – dati 1999/2019
E’ innegabile che nel 2016, anno di approvazione della Legge 10, si è avuto il maggior numero di abbattimenti degli ultimi venti anni.
Rispetto alle altre specie ungulate, la stima numerica del cinghiale appare molto complicata e di diffciile attuazione su larga scala. In questo caso ci vengono in aiuto le statistiche venatorie o “hunting bags” (8).
Dai dati in nostro possesso, riassunti nella tabella seguente, essendoci una diminuzione generalizzata dei carnieri nelle varie forme di caccia e controllo, si può dire che vi è stata una diminuzione della popolazione presente. Ovviamente non abbiamo la pretesa che essa sia stata dovuto in modo esclusivo alle scelte gestionali fatte nel 2016, ma sicuramente, anche in presenza di altri fattori (cambiamento climatici, diminuzione risorse trofiche, predatori), ha dato un contributo determinante a questo trend.
Tabella n° 1: Cinghiali abbattuti dal 2015 al 2019
Danni alle coltivazioni e sinistri stradali
Il prelievo del cinghiale nelle aree non vocate si inserisce tra le attività poste in essere per limitare alcune delle situazioni di maggior disagio alle attività antropiche dovute alla presenza della specie. Come mostrato in precedenza negli ultimi anni si assiste ad una diminuzione dei prelievi nelle aree vocate e di quelli effettuati in controllo. Senza esprimere certezze sulla diretta correlazione tra gli abbattimenti effettuati e trend di alcuni dei danni provocati dalla specie si riportano di seguito, a titolo informativo i dati sinora raccolti sulle variazioni accertate dei danni all’agricoltura (danni periziati da tecnici abilitati e successivamente liquidati).
Tabella n° 2: danni all’agricoltura da Ungulati in Toscana (in euro, liquidati)
I risultati riportati nella tabella sono resi ancora più evidenti dalle figure seguenti, dove si può notare come nel biennio 2018-2019 i danni siano diminuiti in maniera consistente. Si puoò inoltre analizzare come i danni da ungulato sono oltre il 90% dei danni totali da fauna e che il cinghiale è sicuramente l’ungulato che provoca più danni all’agricoltura
Figura n° 10: Danni da fauna selvatica all’agricoltura (euro)
Figura n° 11: variazioni dei danni all’agricoltura causati da Ungulati e da fauna selvatica in Toscana (in euro)
Figura n° 12: ripartizione dei danni da Ungulati all’agricoltura tra le diverse specie (euro)
Si riporta altresì di seguito il trend dei sinistri stradali in cui sono coinvolti gli Ungulati (con evidenziati quelli in cui è coinvolto il cinghiale). Si specifica a riguardo che sono riportati i sinistri denunciati alla regione/province, in relazione a richieste di indennizzo ad oggi presentate.
Figura n° 13: variazione delle richieste di indennizzo per danni in cui sono coinvolti Ungulati, per specie
Commercializzazione della carne
Attualmente risultano attive in Toscana 17 strutture di Centri di Sosta (CdS) di cui 14 gestite da ATC, 1 da un Ente Parco e 2 da privati. Sono concentrati nelle Provincie di Pistoia, Pisa e Siena. Come Centri di Lavorazione attualmente risultano in Toscana 12 strutture e sono gestiti da privati/cooperative. Sono distribuite su 7 provincie.
Figura n° 14: conferimento degli ungulati abbattuti in caccia e controllo in Toscana
I dati aggiornati per il 2019 sono i seguenti.
Tabella n° 3: Totale carcasse commercializzate Toscana 2019
Per il cinghiale siamo ancora al di sotto del 10% fra i capi conferiti e i capi abbattuti (sommando le varie forme di prelievo e controllo). Questo è dovuto sia problemi logistico/strutturali, sia alla tipologia di abbattimento (gli animali abbattuti in braccata non sempre sono adatti alla commercializzazione).
In attesa dell’evoluzione del quadro normativo nazionale (le Linee Guida Nazionali, più volte annunciate, dovrebbero uscire nei prossimi mesi) a livello regionale e territoriale esistono gli strumenti normativi per un coordinamento ed integrazione delle attività faunistiche e sanitarie per rendere operativa la filiera della selvaggina. Non e’ necessario derogare alle norme sanitarie, ma è necessario semplificare passando da un’eterna fase progettuale a una fase operativa, mettendo in conto errori e polemiche. È importante trovare la sintesi tra soddisfazione e tutela del consumatore, passando per il soddisfacimento delle legittime aspettative del mercato da un lato e il riconoscimento del ruolo del mondo venatorio dall’altro. È quindi necessaria una gestione adattativa capace di capire i cambiamenti dello scenario futuro in tempi rapidi, adottando azioni correttive e innovative.
Sitografia
(1) Apollonio M. – L’evoluzione della distribuzione e consistenza degli ungulati in Europa. I Georgofili Quaderni 2017-II
http://www.georgofili.net/File/Get?c=70e8a277-cd17-49f5-b720-bd52dee3778c
(2) ISPRA – Linee guida per la gestione degli Ungulati. Cervidi e Bovidi http://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/manuali-e-linee-guida/linee-guida-per-la-gestione-degli-ungulati.-cervidi-e-bovidi
(3) ISPRA – Impatto degli Ungulati sulle colture agricole e forestali: proposta per linee guida nazionali
(4) ISPRA – Linee guida per la gestione del cinghiale
(5) Cromsigt JPGM, Kuijper DPJ, Adam M, Beschta RL, Churski M, Eycott A, et al. – Hunting for fear: Innovating management of human-wildlife conflicts. J Appl Ecol. 2013; 50(3):544–9.
https://besjournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/1365-2664.12076
(6) Regione Toscana – Geoscopio: portale Piano faunistico-venatorio
http://www502.regione.toscana.it/geoscopio/cacciapesca.html
(7) Regione Toscana – Regolamento di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 D.P.G.R. 48/R/2017 – Testo unico regionale dei regolamenti in materia faunistico-venatoria
(8) ENETWILD – Guidance on estimation of wild boar population abundance and density: methods, challenges, possibilities
https://efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.2903/sp.efsa.2018.EN-1449
Un ringraziamento ai colleghi delle Sedi Territoriali Regionali, ai componenti del Gruppo di Lavoro (GdL) Ungulati, agli ATC, agli istituti faunistici privati e a tutti i tecnici che collaborano per la compilazione del portale Toscaccia. Si ringraziano le Polizie Provinciali e la Polizia della Città Metropolitana di Firenze per i dati sul controllo art. 37 L.R. 3/94. . I dati presenti nel paragrafo “Commercializzazione della carne” sono stati gentilmente forniti dal dott. Alessio Capecci – Prevenzione collettiva – Regione Toscana.
Paolo Banti, Vito Mazzarone, Luca Mattioli, Marco Ferretti
Direzione Agricoltura e Sviluppo Rurale
Settore Attività Faunistico Venatoria, Pesca Dilettantistica, Pesca in Mare – Regione Toscana
Contatti: marco.ferretti@regione.toscana.it – 055/4386059