L’applicazione nei lavori di riqualificazione della Pineta di Pinzolo (Trento)
di Andrea Carbonari e Luca Vidi
Premessa
Gli interventi di ripristino vegetazionale rappresentano la fase conclusiva dei lavori di sistemazione idraulica forestale adottati per innescare una dinamica colonizzazione della vegetazione.
Tra le varie tecniche di intervento, la semina di specie erbacee rappresenta una modalità molto diffusa per ottenere un primo rapido effetto protettivo della vegetazione che, in funzione della gestione successiva, può anche assumere uno stato definitivo. Una copertura erbacea ben affermata ha, infatti, un effetto di regimazione e di protezione dall’erosione solo di poco inferiore ad una formazione arbustiva o arborea che, peraltro, richiede tempi molto più lunghi per ottimizzare il proprio effetto.
In questa breve nota si tratterà di una modalità operativa che ormai da decenni è prassi negli interventi sistematori eseguiti in amministrazione diretta dai Servizi forestali della Provincia Autonoma di Trento ovvero la semina protetta con pacciamatura.
Semina protetta
Operando spesso in ambiente montano, e comunque in un contesto non urbano, dove molteplici possono essere i fattori limitanti come l’aridità del suolo, l’erosione eolica, le basse temperature notturne, le pendenze elevate, la brevità del periodo vegetativo ecc., il successo di un inerbimento è spesso molto condizionato dalla capacità di ottenere condizioni che riescano ad attenuare tali aspetti, creando i presupposti per una pronta germinazione o, in alternativa, per la protezione del seme fino a che non sopraggiungano condizioni climatiche favorevoli.
Tali condizioni si ottengono integrando le tradizionali modalità di semina (manuale/meccanica od idraulica) con l’apporto di uno strato protettivo vegetale di fieno o di paglia, eseguendo, cioè, una semina pacciamata.
Semina su materiale alluvionale con uso esclusivo di erba verde in stadio di maturazione a distanza di una stagione vegetativa
Peraltro, non è conoscenza recente che la copertura del suolo con uno strato di residui organici ne limita il disseccamento e lo protegge dall’erosione. Tali aspetti erano conosciuti nelle pratiche agronomiche del passato, in particolare nell’orticoltura, pratiche riprese in epoca moderna da imprenditori legati all’agricoltura organica. E’ stato comunque Hugo Meinhard Schiechtl, alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, a brevettare, in concomitanza con i lavori di costruzione dell’autostrada del Brennero, un proprio sistema di inerbimento con pacciamatura, dove la fibra vegetale veniva incollata al suolo mediante l’aspersione di una soluzione bituminosa, da cui appunto il nome di nero verde. In effetti, anche se in alcuni casi, come nei cantieri di alta quota, l’impiego del bitume ha un ruolo importante come accumulatore di calore, attenuando lo sbalzo termico notturno, la vera funzione miglioratrice del metodo è data dal microclima che si instaura tra la superficie del terreno e lo strato pacciamante.
Infatti, la creazione di uno strato di aria umida in prossimità del suolo indotta dalla presenza della pacciamatura, attenua il surriscaldamento della superficie nelle ore più calde del giorno e contrasta il disseccamento del terreno da parte del vento. In questo modo, si creano condizioni favorevoli ad una più costante attività biologica delle piante negli stadi particolarmente sensibili della germinazione del seme e dell’insediamento delle plantule.
La distribuzione sul terreno seminato di uno strato omogeneo di fieno nella misura di 500-700 g / mq fa sì che, in poco più di un mese, si riesca ad ottenere una crescita che in condizioni ottimali si otterrebbe in una intera stagione vegetativa di 5-6 mesi.
La pacciamatura esercita una sorta di effetto serra creando condizioni ideali per la germinazione del seme e l’insediamento delle plantule. Le foto sopra mostrano una semina pacciamata con ecotipi nativi eseguita a 2300 m s.l.m., ad un mese dalla semina (dx) e dopo una stagione vegetativa (sx).
Oltre all’effetto sul microclima, la pacciamatura esercita anche un’importante funzione fisica di protezione del suolo dall’erosione causata dall’energia cinetica trasmessa dalla pioggia battente. L’umidità trattenuta dallo strato di pacciamatura viene, poi, ceduta gradualmente andando ad integrare quella presente nel suolo che si forma per condensazione, creando così un ulteriore stimolo alla crescita.
Quelli sopra descritti sono aspetti che, da soli, motivano la validità di una tecnica di inerbimento. Vi è comunque anche un altro fattore che si considera di non minore importanza ed è l’apporto di sementi di ecotipi nativi che si ottiene quando, come pacciamatura, si utilizza erba verde o fieno proveniente da praterie naturali (composte da specie ed ecotipi autoctoni), con caratteristiche ambientali analoghe al luogo di utilizzo.
Analizzando il cantiere del parco pineta di Pinzolo tale tecnica è stata impiegata nella variante con paglia di grano in quanto avendo come obbiettivo la formazione di una zolla erbacea da tappeto, non si volevano introdurre troppe specie provenienti dal fieno locale cosa invece che sarebbe stata auspicabile se si fosse operato su di una scarpata stradale , un pascolo o una pista da sci.
Nel caso specifico, la paglia è stata impiegata per accelerare l’affermazione del prato ma anche per compensare la forte presenza di scheletro nel suolo dato peraltro solo apparentemente negativo in quanto elemento portante e drenante. Questi ultimi due aspetti sono molto importanti nella realizzazione di verde funzionale in quanto sono presupposti per una maggiore resistenza alle sollecitazioni da calpestio oltre a conferire al prato maggiore tolleranza alle patologie fungine in quanto viene garantita la permeabilità del suolo.
L’impiego di uno strato organico a protezione del seme, compensa la ricca presenza di scheletro che comunque verrà inglobato nella futura zolla erbosa.
Il miscuglio impiegato è formato prevalentemente da varietà europee da tappeto di Festuca arundinacea , Poa pratensis e Lolium perenne.
E’ importante sottolineare che più della specie è fondamentale la scelta varietale.
Per fare un semplice esempio della singola specie Lolium perenne ci sono in commercio centinaia di varietà da tappeto ed altrettante da foraggio.
Le varietà scelte per le tre specie del miscuglio utilizzato appartengono alla “A List”, acronimo di Alliance for low input sustainable Turf (alleanza per un tappeto sostenibile a basso input) un progetto che raggruppa un mix varietale selezionato per tre aspetti fondamentali: ridotte esigenze idriche, ridotte esigenze nutrizionali ed in fitofarmaci ridotta produzione di biomassa e di conseguenza risparmio sui tagli.
Inoltre, i semi del miscuglio vengono commercializzati con un trattamento promotore della germinazione, contenente micorrize, umettanti e biostimolanti radicali per una germinazione più rapida ed omogenea del seme e un più rapido insediamento e chiusura del manto erboso. La concimazione di fondo è stata esclusivamente organica , consentita nei regolamenti per l’agricoltura biologica.
28 maggio 2020 – Pineta di Pinzolo
28 maggio 2020 – Pineta di Pinzolo
16 giugno 2020 – Pineta di Pinzolo
Andrea Carbonari, laureato in Scienze Forestali presso l’Università degli studi di Padova, è Funzionario Forestale esperto, assegnato ad APROFOD Agenzia provinciale per le foreste demaniali Responsabile SETTORE VIVAISTICO E DEL VERDE FUORI FORESTA – Provincia Autonoma di Trento.
Luca Vidi, diploma di agrotecnico ad indirizzo forestale, è assessore alle Foreste, Ambiente, Rifiuti, Patrimonio, Acqua e Energia del Comune di Pinzolo Madonna di Campiglio S.Antonio di Mavignola.