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Biostimolanti per un’orticoltura sostenibile

di Eugenio Cozzolino

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L’orticoltura è il principale comparto agricolo in cui l’elevata redditività delle colture induce ad utilizzare i biostimolanti; scopriamo gli effetti indotti dall’applicazione di questi prodotti sui parametri morfo-fisiologici delle piante.

In un precedente articolo abbiamo presentato i biostimolanti, li abbiamo classificati e abbiamo descritto sinteticamente le modalità di azione. In questa nota invece tratteremo degli effetti indotti dall’applicazione dei prodotti sui parametri morfo-fisiologici delle piante in orticoltura prendendo spunto dalla lettura del libro “Biostimolanti per un’agricoltura sostenibile” curato da Giuseppe Colla e Youssef Rouphael, rispettivamente docenti presso l’Università della Tuscia di Viterbo e della Federico II di Napoli. Nel libro vengono approfonditi gli aspetti applicativi delle sostanze e dei microrganismi ad azione biostimolante su colture cerealicole, oleaginose, proteaginose, orticole e frutticole evidenziando , alla luce dei risultati riportati nella letteratura scientifica internazionale, i benefici ottenibili dall’applicazione dei biostimolanti sulle colture in termini di maggiore resistenza agli stress abiotici, di incremento dell’efficienza d’assorbimento e assimilazione dei nutrienti e di miglioramento della qualità del raccolto. Nel nuovo Regolamento europeo sui fertilizzanti i biostimolanti delle piante sono definiti come qualunque “prodotto che stimola i processi nutrizionali delle piante indipendentemente dal suo tenore di nutrienti, con l’unica finalità di migliorare una o più delle seguenti caratteristiche della pianta o della rizosfera della pianta: a) efficienza dell’uso dei nutrienti; b) tolleranza allo stress abiotico; c) caratteristiche qualitative; d) disponibilità di nutrienti confinati nel suolo o nella rizosfera“. I biostimolanti sono quindi definiti sulla base degli effetti agronomici e non rispetto alla loro natura o alla modalità di azione. Il Regolamento identifica due categorie di biostimolanti:

1) Biostimolanti microbici delle piante: costituiti esclusivamente da un microrganismo o un consorzio di microrganismi (Azotobacter spp, Funghi micorrizici, Rhizobium spp, Azospirillum spp)

2) Biostimolanti non microbici delle piante: comprendono tutti i biostimolanti che non rientrano nella precedente categoria e, sebbene ad oggi il regolamento non abbia ancora indicato le tipologie di biostimolanti comprese, dovrebbero rientrare tra questi biostimolanti le sostanze umiche, gli idrolizzati proteici, gli estratti vegetali e di alghe e gli elementi minerali benefici come il silicio.
Il nuovo Regolamento europeo sui fertilizzanti dovrebbe essere operativo dal 2022.

Impiego dei biostimolanti in orticoltura

L’orticoltura è il principale comparto agricolo in cui l’elevata redditività delle colture induce ad utilizzare i biostimolanti per migliorare la produttività, sostenibilità dei processi produttivi e la qualità del prodotto. Da una recente indagine condotta in Italia su un panel di 4000 aziende agricole è emerso un trend positivo sull’impiego dei biostimolanti e un loro uso nel 45% dei casi su colture orticole, nel 34% sulla vite, nel 27% su seminativi autunno-vernini, nel 21% sulle colture frutticole, nel 17% sui seminativi primaverili e nel 13% sulle colture industriali. Nella maggioranza dei casi (76%) i biostimolanti sono utilizzati per aumentare la resistenza agli stress ambientali e nel 69% per migliorare la qualità del prodotto. Gli estratti d’alga sono i prodotti più utilizzati (76%), seguiti dagli idrolizzati proteici (61%) e dagli acidi umici-fulvici (52%), mentre meno rappresentati sono i prodotti microbici, utilizzati solo nel 20% dei casi. Nelle produzioni orticole, l’apporto di biostimolanti è finalizzato al raggiungimento di uno o più dei seguenti obiettivi: favorire una rapida emergenza delle plantule o un veloce superamento della crisi di trapianto; anticipare l’entrata in produzione; incrementare la crescita, la fioritura, l’allegagione e l’accrescimento dei frutti; migliorare la qualità del prodotto; aumentare l’efficienza d’uso dei nutrienti e la tolleranza agli stress ambientali. Il raggiungimento di tali obiettivi dipende non solo dal tipo di biostimolante utilizzato, dalle modalità di applicazione e dalla dose apportata, ma anche dall’interazione del biostimolante con i fattori genetici, agronomici e ambientali.

effetti stimolante piante biologico

Quali fattori influenzano l’efficacia del biostimolante

A) Genetici: L’attività dei biostimolanti dipende in primis dal genotipo utilizzato nella coltivazione. Le colture inoculate con funghi micorrizici arbuscolari manifestano una diversa suscettibilità alla micorrizazione, per cui la loro crescita e produttività possono variare significativamente in funzione del tipo di interazione con i miceti. La dipendenza delle colture alla micorrizazione può variare da zero, per le colture che non sviluppano simbiosi con le micorrize tipo le Brassicaceae (es cavolfiore, cavolo broccolo, rucola, ravanello) e delle Chenopodiaceae (es bietola da taglio, spinacio) a valori molto elevati (>90%) per le colture che presentano un apparato radicale poco sviluppato (es aglio e cipolla) o povero di capillizio radicale come quello fittonante di diverse specie ortive a semina diretta (es carota, finocchio, fava, pisello). La risposta delle colture agli inoculi di funghi micorrizici varia anche nell’ambito della stessa specie. Uno studio effettuato su otto cultivar di peperone, inoculate con propaguli di due funghi micorrizici, ha evidenziato che solo cinque cultivar rispondevano positivamente alla micorrizazione aumentando la produzione di biomassa secca delle piante rispetto al controllo non trattato.

B) Agronomici: pratiche colturali come le lavorazioni, l’irrigazione, la concimazione e la difesa fitosanitaria possono influenzare l’attività dei biostimolanti. Le lavorazioni frequenti riducono l’attività dei funghi micorrizici mentre la minima lavorazione permette lo sviluppo di un ampio reticolo ifale che incrementa la capacità di assorbimento dei nutrienti e dell’acqua delle piante micorrizate. Elevati apporti di fosforo solubile riducono la suscettibilità delle piante alla micorrizazione. L’apporto di inoculi di funghi micorrizici può essere associato alla concimazione organica con effetti positivi. Si evidenzia infatti in questo caso una maggiore micorrizazione radicale rispetto alle piante concimate solamente con concimi minerali. In generale, gli apporti consistenti e ripetuti nel tempo di sostanza organica a elevato grado di umificazione, unitamente all’uso di rotazioni colturali con specie micorrizabili, favorisce l’insediamento di una popolazione autoctona di microrganismi e questo riduce la necessità di apportare inoculi microbici esogeni. I trattamenti con fitofarmaci possono inibire l’efficacia degli inoculanti microbici, anche se in genere gli insetticidi, gli acaricidi, i nematocidi e gli erbicidi esercitano un effetto nullo mentre effetti negativi si hanno con l’applicazione di fumiganti es. Metam sodio e Dazomet e fungicidi es. Fenarimol, Mancozeb.

C) Ambientali: le caratteristiche pedoclimatiche dell’ambiente di coltivazione condizionano notevolmente l’attività dei biostimolanti. Suoli argillosi e soggetti a frequenti ristagni idrici, valori di pH acido o alcalino, alta salinità e dotazione elevata di elementi nutritivi nel suolo riducono la micorrizazione radicale. L’assorbimento delle sostanze biostimolanti per via fogliare è un processo passivo che avviene nell’arco temporale in cui le sostanze sono in soluzione e questa condizione è fortemente influenzata dall’umidità relativa dell’aria. Un’adeguata umidità inoltre favorisce l’apertura degli stomi (principali vie di accesso delle macromolecole organiche apportate dai biostimolanti) e garantisce l’idratazione dei tessuti con conseguente formazione di pori idrofili, che attraversano la cuticola fogliare e permettono l’accesso nei tessuti sia dell’acqua che di molecole organiche più piccole e nutrienti minerali apportati in soluzione sulle foglie. Per garantire un elevato livello di assorbimento fogliare delle sostanze biostimolanti è opportuno che l’applicazione del prodotto sia effettuata nelle ore centrali della giornata, ma soltanto se l’umidità relativa dell’aria è molto elevata. In mancanza di tale condizione è più opportuno effettuare il trattamento nelle prime ore della mattina o nel tardo pomeriggio.

Dose e modalità di applicazione del biostimolante

Il biostimolante esercita un effetto dose-dipendente sulle piante. Dosi crescenti inducono un aumento della risposta della coltura in termini di biomassa, di produzione fino a un valore massimo che corrisponde alla dose ottimale; al di sopra della dose ottimale la risposta della coltura diventa costante o decrescente per fenomeni di fitotossicità. Generalmente le applicazioni fogliari ripetute di sostanze biostimolanti sono quelle che garantiscono i migliori risultati in termini di efficacia sulla coltura, soprattutto se sono precedenti a eventi di stress. In questi casi alcuni composti che sono contenuti nei biostimolanti, come gli oligosaccaridi, i peptidi e l’acido silicico, inducono sulla pianta uno stato di pre-allerta (effetto priming) grazie al quale la pianta è in grado di reagire più velocemente allo stress. Anche i funghi micorrizici e il Trichoderma spp. possono indurre un effetto priming attivando una resistenza in corrispondenza delle radici. Anche le applicazioni di sostanze biostimolanti successive all’evento di stress possono essere di aiuto per la ripresa della pianta dopo il danno. L’induzione di resistenza determinata dai biostimolanti può anche incrementare la resistenza delle colture agli stress abiotici. Applicazioni fogliari di estratti di alghe possono ridurre i danni causati da patogeni fungini e batterici (es Alternaria spp., Botrytis cinerea, Didymella spp., Fusarium spp., Sclerotinia spp., etc) e parassiti (ragnetto rosso, nematodi) in diverse colture (carota, cetriolo, cipolla, fagiolo, patata, pomodoro, peperone, fragola), e anche i trattamenti fogliari con idrolizzati proteici vegetali possono incrementare la resistenza della coltura ad alcuni patogeni fogliari (es peronospora). I funghi micorrizici e il Trichoderma spp., oltre a ridurre l’incidenza dei danni causati da patogeni fungini e parassiti radicali incrementano la resistenza della coltura a patogeni aerei come Alternaria spp., Botrytis cinerea etc. I biostimolanti microbici possono essere applicati alla semina o al trapianto. Nel primo caso l’inoculo può essere mescolato al substrato oppure distribuito insieme al seme quando si opera la semina diretta in campo, mentre con il trapianto l’inoculo va collocato quanto più vicino è possibile all’apparato radicale oppure sciolto in acqua quanto è possibile e imbibire le piantine zollate per qualche minuto.

Etichetta di un biostimolante commerciale con esempi di applicazione
Etichetta di un biostimolante commerciale con esempi di applicazione

Applicazione dei biostimolanti in orticoltura

La scelta del tipo di biostimolante, della dose, del momento e della modalità di applicazione dipendono dalle finalità che si vogliono raggiungere in relazione alla coltura e alle specifiche condizioni pedoclimatiche e agronomiche. I risultati migliori si ottengono con un approccio che integra lungo tutta la filiera produttiva l’apporto di diverse sostanze e microrganismi in grado di esprimere un’azione sinergica e massimizzare l’effetto biostimolante.

Vivaismo: I biostimolanti possono essere impiegati nella produzione di giovani piantine di specie ortive da trapiantare al fine di incrementare gli standard qualitativi, aumentare i ritmi di crescita e migliorare le performance post-trapianto del materiale vegetale. I biostimolanti sono spesso applicati sui semi dalle stesse aziende sementiere utilizzando estratti di alghe, idrolizzati proteici e microrganismi al fine di promuovere una rapida ed uniforme germinazione dei semi, un elevato vigore delle plantule e una maggiore resistenza a stress abiotici. I biostimolanti possono anche essere applicati direttamente al substrato come nel caso degli inoculi di funghi micorrizici, dei batteri promotori della crescita, delle sostanze umiche e degli idrolizzati proteici. Durante la crescita in vivaio delle piantine è anche possibile applicare sostanze biostimolanti per via fogliare o radicale.

Orticoltura in pieno campo: Le applicazioni radicali di inoculi di funghi micorrizici all’impianto sono consigliati soprattutto in terreni caratterizzati da anomalie fisico-chimiche e per colture a ciclo lungo. Per es. su pomodoro da industria coltivato su suolo calcareo (pH 7,7), l’applicazione di un inoculo Rhizoglomus irregulare BEG 72 al trapianto in prossimità dell’apparato radicale a una dose elevata (150 spore/pianta) ha ritardato la senescenza delle piante e incrementato la crescita, la fioritura, la produzione commerciabile e il contenuto di fosforo nei frutti, mentre nel controllo  gli apporti di perfosfato fino a 120 kg/ha di P2O5, non sono risultati efficaci nel migliorare la produzione e il contenuto di fosforo nei frutti. Incrementi di crescita e produzione sono stati riscontrati anche in piante di zucchino e lattuga inoculate al trapianto con una pastiglia contenente Rhizoglomus irregulare BeG72 e Trichoderma atroviride MUCL45362. L’apporto di funghi micorrizici oltre a incrementare la produzione può migliorare le caratteristiche qualitative del prodotto edule aumentandone il valore nutrizionale inteso come maggiore contenuto di solidi solubili nei frutti e di molecole ad azione antiossidante (polifenoli, carotenoidi e vitamine). Le sostanze biostimolanti come gli acidi umici e fulvici, gli idrolizzati proteici e gli estratti di alghe possono essere apportati a livello radicale mediante impianto di irrigazione a goccia per stimolare lo sviluppo radicale e l’efficienza di assorbimento dei nutrienti. Fertirrigazioni settimanali addizionati di acidi umici (0,5 l/ha per intervento con un prodotto commerciale contenente il 12% di acidi umici) hanno incrementato la biomassa aerea, l’area fogliare, il contenuto di clorofilla delle foglie e la produzione di pomodoro del 10% rispetto al controllo non trattato. Durante il ciclo colturale possono essere previsti trattamenti aggiuntivi a quelli iniziali con applicazioni fogliari di idrolizzati proteici, estratti di alghe e acido silicico.

Orticoltura in ambiente protetto: l’uso dei biostimolanti trova maggiore diffusione nelle ortive in ambiente protetto a causa della più elevata redditività delle colture e delle condizioni ambientali più favorevoli per l’efficacia del prodotto. Nella serricoltura mediterranea, l’orticoltura è diffusa soprattutto in apprestamenti protetti low-tech, ossia serre e tunnel con copertura in film plastici e prive di sistemi di riscaldamento e con una limitata capacità di ventilazione. In queste condizioni le piante possono subire stress da elevata escursione termica, da eccessiva umidità relativa dell’aria e da ridotta intensità luminosa. Inoltre, l’elevata specializzazione colturale e l’uso di tecniche di coltivazione intensive causano una frequente perdita di fertilità dei suoli e salinizzazione dell’ambiente radicale con effetti negativi sulle colture. In questi contesti i biostimolanti possono contribuire significativamente a mitigare gli stress ambientali. In una prova condotta su zucchino inoculato o non inoculato al trapianto con una dose elevata di inoculo di Rhizoglomus irregulare BEG72 e irrigato con soluzione salina (1,8dS/m) o salina (5 dS/m), è stato riscontrato un aumento della tolleranza delle piante micorizzate alla salinità con un minor calo della produzione (-19%) al crescere della salinità rispetto alle piante non micorizzate (-36%), nonché un miglioramento dello stato nutrizionale del tessuti fogliari. Anche gli estratti di alghe possono migliorare la tolleranza della salinità delle colture su cima di rapa, dove le applicazioni fogliari settimanali di un estratto a base di Ecklonia maxima alla dose di 3ml/l hanno aumentato la tolleranza alla salinità della coltura fino a livelli di cloruro di sodio pari a 3,5 g/l. L’apporto di biostimolanti può anche essere utile per favorire l’allegagione e l’accrescimento dei frutti nei periodi di coltivazione più freddi e con minor intensità luminosa. Per queste finalità sono da preferire gli estratti di alghe o gli estratti di piante oppure gli idrolizzati proteici ad attività auxino-simile, se si vuole favorire l’allegagione, oppure prodotti ad attività citochinino-simile e gibberellino-simile per promuovere l’acccrescimento del frutto, rispettivamente attraverso una stimolazione della divisione e dell’estensione cellulare. I biostimolanti migliorano le caratteristiche qualitative dell’ortaggio attraverso una stimolazione del metabolismo primario e secondario; essi possono indurre un’attivazione della fotosintesi con una maggiore disponibilità di fotosintetati sia per la crescita che per la biosintesi di composti nutrizionali. Trattamenti settimanali con un idrolizzato proteico vegetale hanno determinato un incremento della qualità del frutto di pomodoro attraverso un aumento del contenuto di solidi solubili (°Brix), di acido ascorbico e del licopene. In spinacio, l’applicazione settimanale di diverse sostanze biostimolanti (estratto di alga, estratto vegetale e idrolizzato proteico) ha determinato per tutti i biostimolanti testati un incremento di composti ad azione nutraceutica nelle foglie. L’idrolizzato proteico vegetale ha inoltre indotto la riduzione del contenuto di nitrati nelle foglie. L’applicazione ripetuta di sostanze biostimolanti (estratti di alghe e idrolizzati proteici) per ridurre i nitrati nelle foglie è interessante soprattutto nei periodi invernali, quando i nitrati si accumulano più facilmente a causa della bassa intensità luminosa.

In conclusione di questo elaborato sintetico sull’utilizzo dei biostimolanti in orticoltura possiamo dire che questi prodotti possono contribuire alla realizzazione di un modello di intensificazione sostenibile della produzione vegetale che a livello mondiale la FAO promuove per permettere agli agricoltori di produrre di più nello stesso terreno, aumentando le rese e, allo stesso tempo, preservare le risorse riducendo l’impatto negativo delle coltivazioni sull’ambiente.

Il libro “Biostimolanti per un’agricoltura sostenibile” a cura di Giuseppe Colla e Youssef Rouphael
Il libro “Biostimolanti per un’agricoltura sostenibile” a cura di Giuseppe Colla e Youssef Rouphael

L’articolo è stato redatto integralmente consultando il libro “Biostimolanti-per un’agricoltura sostenibile” a cura di Giuseppe Colla e Youssef Rouphael. Edizioni l’Informatore Agrario. ISBN 978-88-7220-391-0

» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica num. – Gennaio 2020 «

Eugenio Cozzolino: Laurea in Scienze Agrarie, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo. Componente della “Lista nazionale degli ispettori preposti al controllo degli enti od organismi riconosciuti idonei ad effettuare le prove ufficiali ai fini della registrazione dei prodotti fitosanitari” istituita dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Dipendente dal 1987 nel ruolo tecnico del Mipaaf e successivamente come Collaboratore tecnico nei ruoli del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) divenuto CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) a partire dall’anno 2015. E’ autore di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e divulgative. Curriculum vitae >>>