di Gennaro Pisciotta
I contenitori utilizzati come vasi vinari che si possono trovare in una cantina sono ascrivibili, in generale, alle seguenti tipologie:
- serbatoi in acciaio inox;
- serbatoi in vetroresina;
- vasche in cemento armato;
- serbatoi e autoclavi in ferro smaltato a caldo;
- serbatoi in ferro smaltato a freddo;
- contenitori in legno.
Al vaso vinario, per abbrivio, si chiede di:
– rispondere ai fattori di ordine economico (costi);
– non rilasciare sostanze che possano provocare nocumenti al vino;
– permettere un’adeguata sanificazione.
Caratteristiche delle diverse tipologie:
Obiettivo specifico del presente articolo è occuparsi dell’impiego del legno in enologia, introducendo il lettore in un mondo con una lunga storia alle spalle ed in continua evoluzione, fino a giungere ai giorni nostri all’impiego del “legno nel vino”, visto che attualmente il costo di botti e barriques aumenta considerevolmente il prezzo dei vini. Si stanno diffondendo sul mercato alcuni prodotti che si pongono come alternativa dei contenitori in legno, ci si riferisce in particolare all’utilizzo di legno di rovere sotto forma di frammenti legnosi, di diverse forme e dimensioni, e tostati più o meno intensamente. Chips (trucioli) e staves (doghe) sono le forme più comunemente conosciute, ammesse soltanto per vini italiani da tavola, ma anche sui vini IGP aggiungendoli in cisterna, come normato dal D.M. 21 giugno 2017 del MIPAAF e pubblicato sulla G.U. del 30 agosto 2017, per adeguarsi alla normativa comunitaria.
La produzione, la conservazione ed il trasporto del vino hanno imposto da sempre l’impiego di contenitori. Nel tempo si sono succeduti otri di pelle, anfore ed orci di terracotta o ceramica, fasciame. In tempi più moderni nella vinificazione si è fatto ricorso a manufatti cementizi e di acciaio. Il legno ha sempre mantenuto uno stretto legame nella filiera viticola-enologica, inizialmente come materia prima di manufatti per contenere il liquido, successivamente come mezzo raffinato di tipicizzazione del prodotto nell’invecchiamento.
Il legno da impiegare deve possedere le seguenti caratteristiche:
- porosità,
- elasticità,
- robustezza,
- non deve cedere sostanze resinose, quindi da scartare il legno delle conifere.
Il rovere, sinonimo di quercia, è il legno più impiegato per la realizzazione dei vasi vinari destinati ai vini di qualità, e l’importanza dello stesso per questo scopo è recente e risale al XVIII secolo per due motivi; da un lato era necessario saper vinificare dei vini veramente fini (dal punto di vista qualitativo), dall’altro necessitava che detti vini fossero imbottigliati. Solo l’affinamento in bottiglia, difatti, era capace di rendere noto le potenzialità dell’invecchiamento in vasi vinari di rovere. Nella bottiglia il vino, dopo la fase avuta nell’ambiente ossidativo della botte, era pronto all’ambiente riduttivo della stessa, mentre i tannini potevano ammorbidirsi. Negli ultimi anni vi sono diverse scuole di tendenze che giudicano il rovere, in termini negativi, quando la sua presenza diventa troppo invadente, altri protendono in senso opposto, poiché conferiscono ai vini pronunciati aromi di “boisé” (soprattutto sentori di vaniglia e di rovere tostato), legati anche alla tostatura cui è sottoposto il rovere al momento della fabbricazione dei vasi vinari.
Il rovere impiegato nelle botti proviene quasi esclusivamente da due specie di quercia e, precisamente, Quercus sessilis o petrea (rovere), Quercus robur o peduncolata (farnia) della famiglia delle Fagacee; i legni maggiormente richiesti provengono dai boschi francesi del Massiccio Centrale (terreni silicei, magri e asciutti che limitano a pochi millimetri annui la crescita del tronco), nei Dipartimenti di Allier (dove predomina Q. sessilis), Limousin (Q. robur), Cher, Nievre, Borgogna, Vosges.
Citiamo tra gli altri tipi di rovere:
- il rovere di Slavonia: meno pregiato dei parenti nobili francesi, più che altro è impiegato per realizzare botti di grandi dimensioni;
- il rovere americano, quercia americana bianca o White Oak (Quercus alba), molto gradevole, quasi dolce, ma non è adatto ai grandi vini.
Oltre alle querce, utilizzate per le botti perché il taglio della fibra del legno permette di ottenere la curvatura della doga non compromettendo la resistenza del materiale, che rappresentano la quasi totalità del mercato, grazie anche alla qualità delle sostanze estraibili e la ridotta porosità, si può ricorrere al legno di:
- castagno (Castanea sativa): deve provenire da bosco ceduo, meno duro del rovere, ricco di tannino che può conferire al vino colore marrone (per evitare questo inconveniente bisogna far scaricare abbondantemente il legno interno durante le operazioni di abbonimento, cioè i trattamenti a cui vengono sottoposi i vasi vinari prima del loro impiego enologico), però si presta bene dal punto di vista meccanico ed è economico;
- acacia (Robinia pseudoacacia) e gelso per vasi vinari secondari, il secondo specialmente per tini e bigonci (avente la capacità di circa 50 litri, a sezione ovale) dove era richiesta una struttura perfettamente verticale.
Le tipologie di contenitori in cantina principali sono:
- Il tino è il classico recipiente nel quale si immette il mosto affinché subisca la fermentazione alcolica; ha la formo tronco-conica e il diametro maggiore è circa i 10/9 di quello minore; è provvisto di un’apertura anteriore attraverso la quale si può entrare per provvedere alla pulizia del recipiente della fermentazione; nella parte superiore può essere scoperto (nelle zone calde) o coperto nelle zone fredde); è costituito da doghe dello spessore di 4-8 cm, tenute insieme da cerchi metallici. Attualmente si tende ad effettuare la fermentazione in contenitori di acciaio, che hanno il pregio di avere forma e capienza differenti.
- La botte è il tipico contenitore utilizzato per l’affinamento, la conservazione e l’invecchiamento del vino; può avere una sezione circolare, ovale o ellittica ed è provvista di una piccola apertura nella parte superiore per poter controllare il livello del vino; anteriormente presenta l’apertura per l’entrata dell’addetto alle pulizie.
Il termine botte indica genericamente un contenitore costruito con doghe di legno curvate, tenute da cerchi di ferro, esistono circa 160 tipologie di botti, ognuna delle quali porta un nome diverso. Spesso una botte, pur mantenendo lo stesso nome, a seconda della zona di utilizzo cambia la sua capacità. Vi proponiamo a titolo esemplificativo una classificazione:
I principali due tipi conosciuti sono il tonneau francese di 900 litri e la barrique, una piccola botte in legno, della capacità compresa normalmente tra 225 e 228 litri utilizzata per l’affinamento del vino, sia bianco che rosso (ma anche, raramente, per i rosati da evoluzione). Si considerano 225 litri per la barrique bordolese, 228 litri per la borgognona (detta pièce), 350 litri per l’affinamento del cognac, 250-260 per l’affinamento del porto.
- Vasi vinari secondari utilizzati in Italia sono, che si accennano per completezza, sono i bigonci, secchio di legno di castagno fatto a doghe con cerchi di legno o di ferro veniva utilizzata durante la vendemmia e la vinificazione per trasportare l’uva pigiata dalla vigna alla cantina e per riempire i tini di fermentazione, e il caratello o carratello, a forma di botte, ma esteso maggiormente in lunghezza rispetto alla larghezza, di capacità variabile da 25 a 200 litri, oggigiorno viene utilizzato soprattutto in Toscana per la produzione di Vin santo.
La lavorazione del legno per la realizzazione delle botti, dopo la scelta dello stesso, prevede il taglio delle doghe, ovvero le tavole di legno che, accostate, formeranno la botte; le doghe possono essere ricavate dai tronchi per «spacco» oppure per «seggiole». Nel primo caso le sezioni di tronco vengono spaccate con l’utilizzo di cunei idraulici che penetrano verticalmente nel tronco; le seggiole, invece, usate per le botti più grandi, vengono realizzate tagliando le tavole mediante sega a nastro; il materiale di scarto è decisamente inferiore rispetto allo spacco, a scapito però della resistenza meccanica; per ovviare a tali inconvenienti si provvede a incrementare lo spessore delle tavole, mai inferiore ai 35-40 mm, in funzione del volume del recipiente.
A questa fase seguono:
- Stagionatura del legno, di prassi dura un anno per ogni cm di spessore della doga, in realtà il tempo viene dimezzato, durante tale periodo deve essere verificato frequentemente lo stato sanitario e si effettua all’aria e al sole (preferibilmente) o in celle;
- Curvatura, che può essere a vapore (preserva dalla tostatura del legno), ad acqua calda (che preserva anche dalla tostatura del legno), con bracieri, fuoco indiretto, sistema più adottato che conferisce una leggera tostatura, o con fuoco diretto
- Tostatura, che può essere
- nulla
– leggera (fino a 5 minuti)
– media leggera (tra 5 e 8 minuti, la più ricorrente, evita processi degradativi del legno e migliora la qualità degli aromi)
- media (fino a 10 minuti)
- forte (fino a 15 minuti)
La tostatura produce mutamenti fisico-chimici, con particolari reazioni di termo-degradazione e termolisi che portano alla formazione di fenoli volatili, etil-fenoli, lattoni, ecc. responsabili di aromi caratteristici che si possono sintetizzare come segue:
- tostatura leggera, profumo leggero, gusto amaro, un po’ astringente;
- tostatura media, profumi complessi, dalla vaniglia al caffè, toni dolci e persistenti; rotondità al gusto, sentore di pan tostato, minori toni amari e astringenti della tostatura leggera;
- tostatura forte, sentore di caramello cotto e caffè tostato, sapore di legno bruciato, sensazione tannica, amara e astringente, ed infine aromi molto attenuati.
Per sintetizzare si può dire che una tostatura media permette una migliore e più ricca formazione di componenti aromatici, mentre con tostature forti la reazione di degradazione soppianta la reazione di sintesi delle sostanze aromatiche ed infine una tostatura leggera stenta a farle risvegliare.
Assemblaggio delle doghe
I listelli di legno pronti per essere assemblati a formare i contenitori, i procedimenti di lavorazione sono differenti se si tratta di botti piccole (barriques o tonneaux) oppure contenitori di dimensioni più elevate.
- Botti piccole, le doghe di legno vengono dapprima rifilate, quindi si procede alla sagomatura, prima del vero e proprio allestimento, si ha il raggruppamento delle stesse superiormente e tenute insieme da un primo cerchio metallico formando la cosiddetta «gonna»; si procede poi alla piegatura che avviene sfruttando il calore di un braciere acceso al centro della gonna. Le doghe vengono pian piano poste in trazione da un martinetto idraulico e si inseriscono i cerchi metallici che andranno a fissare la struttura. Il calore, necessario per ammorbidire il legno e consentirne la piegatura, incide in maniera determinante anche sugli aspetti organolettici. Allo stesso tempo avviene, infatti, anche una tostatura del legno, che può essere più o meno spinta, per conferire note aromatiche peculiari.
- Botti grandi, in questo caso la piegatura delle doghe avviene «a vapore» immergendo il legno in bagni d’acqua bollente che ne ammorbidiscono la struttura, prima che vengano piegate tramite apposita pressa. Talvolta si abbina alla piegatura a vapore anche una fase di tostatura a fuoco per imprimere gli aspetti organolettici desiderati
A questo punto è necessario accennare per completezza alle operazioni di abbonimento e risanamento, anche se con un taglio pratico e fattivo.
Operazioni di abbonimento
Prima di usare i vasi vinari in legno, sia nuovi che già usati, si deve procedere alla pratica dell’abbonimento che consiste nel sottoporli ad uno dei seguenti trattamenti:
- Vaporizzazione: si usa il vapore d’acqua a mezzo di un apparecchio generatore e poi si lava semplicemente con acqua. Al cocchiume si mette un tappo di legno scannellato, per sfiatatoio. La temperatura è di circa 120°C e la durata non è molto lunga per evitare che la botte si deformi. Non sempre comunque è possibile fare questo trattamento per ovvi motivi di carattere pratico – economico, per cui si ricorre ad altri metodi.
- Metodo lento: trattamento con acqua e cloruro di sodio (sale da cucina) al 3%–4%; dura mediamente 15 – 20 giorni, ma non è escluso che duri di più. E‘ un trattamento economico.
- Metodo rapido: trattamento con acqua e acido solforico tecnico (cioè meno puro) al 3%. Si fa seguire poi un trattamento con carbonato di sodio al 3%-4% per 24 – 48 ore, per ogni trattamento acido – basico. Qualora la soluzione lo imponga è bene ripetere il trattamento. Al termine di ogni trattamento viene fatto il lavaggio con acqua e acido tartarico al 2%-3% (per il pH); inoltre nei fusti di costruzione recente, è buona regola mettere, prima il vino comune e in seguito quello migliore, oppure si può adattare il fusto creando una pseudo-vinificazione con vinacce fresche, anidride solforosa e acido tartarico. Il preferire un metodo all’altro è condizionato dal legno su cui ci troviamo ad operare, dalla disponibilità economica e, soprattutto, dal tempo tecnico di stagionatura e messa in funzione dell’elemento. Lo strato che deve essere trattato è quello a più stretto contatto con il vino (3 – 5 mm), sottraendo il tannino e le sostanze coloranti.
Operazioni di risanamento
Le operazioni di risanamento consistono nella messa a punto di vasi vinari che hanno già contenuto vino e sono alterati: il caso più frequente è l’ammuffimento. La muffa ha diverso colore, da bianco a verde, ed è più o meno intenso a seconda della profondità del micelio dentro il legno. Essa è generata da ambiente caldo-umido e, se è presente soltanto in superficie, basta usare un po’ di acqua e soda al 2%-3% per eliminarla. Se la muffa è profonda (di colore verde e per più di un centimetro) non c’è più niente da fare; si potrebbe provare con l’ascia ad asportare quel centimetro di spessore infestato dai funghi, ma non è sicuramente l’operazione migliore.
Comunque, prima di riusare il fusto è bene risciacquarlo con acqua e acido tartarico. Si può eliminare la presenza di odore di marcio con acqua e latte di calce al 6%.
Per la parte inerente i processi biochimici legati all’invecchiamento e\o affinamento in legno del vino o del legno in vino si rimanda alla pubblicazione della seconda parte dell’articolo.
Bibliografia
- Igino Santoni – Manuale di Industrie Agrarie – Edagricole – Edizione 1990
- Il vino:100 domande e 100 risposte – Hoepli -Terza Edizione
- Giuseppe Sicheri – Industrie Agrarie – Terza Edizione – Hoepli Editore -Edizione 1991
- VEBI – Appunti di Enologia – 5a Edizione –
- Gian Pietro Corazza – Manuale di Enologia – Poseidonia Scuola – Prima Edizione 2014
- Barili, botti e tini dal sito http://www.saperebere.com/
- Ufficio Tecnico Tebaldi – Botti e barriques secondo Tebaldi: scegli i legni in base ai risultati desiderati dal sito tebaldi.it
- Simone Lavezzaro, Albino Morando – Recipienti in legno in enologia, cosa sapere – pag.44-47 – Supplemento Informatore Agrario n.12\2017
- T.A.S. “PAOLINO&D’AQUILEIA” Con Ordinamento Speciale per la Viticoltura e l’Enologia – Cividale del Friuli (UD) – Esame di Stato -a.s. 2013/2014 – Studente Giacomo Nunin – Tesina su “Contenitori in legno: caratteristiche botaniche, meccaniche e composizione chimica delle più comuni essenze legnose utilizzate nell’affinamento dei vini rossi”
- Lara Tat, Piergiorgio Comuzzo, Franco Battistutta, Roberto Zironi – Il nuovo utilizzo del legno in enologia – Dipartimento di Scienze degli Alimenti Università degli Studi di Udine Via Marangoni, 97 – 33100 Udine
- Rosario Di Gaetano – Affinamento dei vini (botti e barriques) – Scuola Enologica di Conegliano dal sito http://enosystem.altervista.org/Archivio/Didattica/Enologia/EM7U2_Botti.pdf
- Jemma Diana – l’affinamento del vino in legno da https://slideplayer.it/slide/3743737/
- https://www.grappa.com/ita/grappa_dettaglio.php/titolo=i_legni_della_grappa/idpagina=38/idnews=1/idsezione=5
- https://www.bottigamba.com/images/pdf/Caratteristiche_Foreste.pdf
- Conoscere il vino – Sceglierlo, degustarlo, servirlo in tavola – Volume 5 – Fabbri Editore
Gennaro Pisciotta, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università G. Marconi – Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate di Roma, è Agrotecnico Laureato ed Enotecnico libero professionista Maestro Assaggiatore ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio). Ha insegnato presso l’ISIS “Falcone” di Pozzuoli (Napoli) fino al 26/09/2018. Curriculum vitae >>>