di Marco Sollazzo
Alla scoperta di tannini ed antociani
I composti polifenolici sono sostanze naturalmente presenti nelle uve e tendono ad evolversi nel corso della maturazione e a modificarsi nel corso del processo di vinificazione. Nella famiglia dei composti polifenolici tratteremo di seguito le due classi principali, quella degli antociani e quella dei tannini.
Antociani
Sono principalmente cinque, possono trovarsi in diversa forma chimica e sono molecole responsabili della colorazione delle uve. Sono presenti sulla buccia delle uve e sono principalmente presenti nelle uve rosse e, a seconda della varietà, possono essere in quantità più o meno rilevanti. Generalmente, varietà più ricche di antociani hanno un maggiore potenziale di colorazione nel vino finale. Gli antociani si iniziano a formare nella fase fenologica della maturazione, esattamente nella fase d’invaiatura, ove gli acini verdi producenti clorofilla tendono ad assumere il colore rosso per la formazione degli antociani. (fig. 1)
Fig. 1 – Fase d’invaiatura: fase di maturazione delle uve dove avviene il viraggio del colore.
Il tenore di antociani tende a crescere fino a maturazione completa per poi diminuire nel corso della sovra-maturazione e appassimento delle uve. Uve poco sane hanno generalmente una minore presenza di antociani e i vini possono pertanto risultare meno colorati. Pertanto, la qualità dell’uva e il periodo di raccolta sono essenziali per avere il maggiore contenuto di antociani presenti ed estraibili dalle uve. Alcune aziende leader nel settore enologico analizzano il contenuto antocianico e la relativa estraibilità dalle bucce (maturità fenolica) per individuare, insieme ai parametri tecnologici ottimali di zucchero e acidità (maturità tecnologica), l’epoca ottimale di vendemmia.
Oltre a dover individuare il momento ottimale della raccolta per ottimizzare il contenuto antocianico delle uve e quindi della colorazione del vino finale, ci sono altri fattori che influenzano la loro quantità nel prodotto finale. In primis, per avere una loro estrazione è necessario un contatto prolungato delle bucce con il mosto, infatti è stato dimostrato che la massima capacità di estrazione degli antociani è stimata tra l’ottavo e il decimo giorno di contatto con le bucce; un effetto più lungo provocherebbe un riassorbimento degli antociani da parte delle bucce. Inoltre, procedendo ad opportune follature, cioè abbassando il cappello di vinaccia almeno tre volte al giorno durante la fermentazione e facendo periodici rimontaggi si favorirebbe l’estraibilità degli antociani e la loro omogeneizzazione nel mezzo (fig.2).
Fig.2 – Rimescolamento delle bucce in una vinificazione in rosso mediante follatura
La temperatura di fermentazione, il pH del vino e la presenza di solforosa durante il processo di vinificazione hanno una correlazione molto stretta nella presenza di questi pigmenti.
- pH: le forme chimiche degli antociani più prevalenti a pH bassi (3-3.2) sono di colore rosso con tendenze al viola e al rosso porpora, mentre pH più alti tendono a colori degli antociani più chiari e meno colorati.
- Temperature di fermentazione: le temperature comprese tra i 20 – 25 gradi favoriscono l’estrazione di questi composti, mentre temperature superiori ai 25 gradi possono compromettere la stabilità di questi composti in quanto vengono accelerate le cinetiche di ossidoriduzione, mentre temperature più basse necessitano di un periodo più lungo per una loro estrazione.
- Temperature di affinamento del vino: temperature di circa 5 gradi sono preferibili per mantenere il vino ad una corretta temperatura di affinamento e rallentare processi di degradazione degli antociani.
- Presenza di solforosa nel mezzo: quantità rilevanti di solforosa possono portare ad una decolorazione del vino (seppur reversibile), perché gli antociani liberi si combinano con i solfiti. Allo stesso modo, livelli di solforosa troppo bassi, portano il vino ad una predisposizione nel perdere i composti colorati per i ben noti problemi dell’ossigeno. Addizioni mirate di solforosa nel processo produttivo attraverso analisi alla mano è la via percorribile per ottimizzare le aggiunte di solfiti e la presenza degli antociani.
Il colore del vino, attribuibile alla presenza di antociani, è un parametro molto importante, perché offre indicazioni sullo stato del vino e sulla sua maturazione. Siccome gli antociani sono molecole chimicamente molto reattive, esse interagiscono con altre molecole e nel corso dell’affinamento tendono a modificarsi e/o diminuire nel tempo. Il processo di maturazione e stabilizzazione degli antociani in affinamento prende il nome di “stabilizzazione del colore”. Una porzione di antociani libera si combina con i tannini e con altre molecole presenti nel mezzo, formando delle molecole colorate più stabili, una parte tende a precipitare con la presenza dei sali di bitartrato di potassio e tartrati di calcio e un’altra porzione si perde per fenomeni ossidativi. Per questa serie di interazioni nel corso del tempo, il vino in carattere generale, passa visivamente da un colore viola intenso ad un rosso vivo fino ad evolversi ad un colore più aranciato. Appare ovvio, che se degustiamo un vino dell’anno in cui è stato vendemmiato, ci aspettiamo un colore vivo e intenso con delle colorazioni tra il viola e il rosso vivo; se invece il vino dell’anno tende ad un colore più aranciato bisognerebbe rivalutare il processo di vinificazione. Tuttavia, è doveroso dire, che alcune varietà di vino (Nebbiolo, Pinot nero e Cirò) hanno una composizione antocianica diversa dalla maggior parte delle altre varietà rosse e il loro colore dopo fermentazione è direttamente tendente al rosso granato.
Tannini
Sono polimeri più o meno grandi presenti nelle uve bianche e nelle uve rosse, dove generalmente sono più abbondanti. Essi contribuiscono alla composizione del corpo di un vino, hanno capacità antiossidante e la loro caratteristica sensoriale principale è l’astringenza. In alcuni casi, i tannini possono risultare amari, quando estratti da parti erbacee della pianta (raspi e vinaccioli). I tannini sono presenti nelle bucce, nei raspi e nei vinaccioli, la loro quantità tende a diminuire nel corso della maturazione delle uve. Le uve a bacca rossa hanno un contenuto tannico più alto delle varietà a bacca bianca e la loro quantità è strettamente legata alla varietà, al processo di maturazione delle uve, alla gestione del vigneto e al processo di vinificazione. I tannini, nella produzione di vini bianchi e rossi di pronta beva, quelli generalmente consumati entro l’anno dalla loro vendemmia, sono generalmente poco desiderati per le loro caratteristiche sensoriali d’astringenza. A differenza, vini d’invecchiamento hanno necessità di avere un buon corredo tannico, perché aiuta a migliorare la longevità del prodotto. Inoltre i tannini, così come gli antociani, tendono a modificarsi nel corso del tempo, in parte polimerizzandosi con altri tannini e antociani (aiutando la stabilizzazione del colore) ed in parte precipitando, diminuendo complessivamente le caratteristiche d’astringenza (fig.3). Risulta infatti noto, che un vino poco bevibile nel breve periodo per le sue caratteristiche astringenti, tenderà a migliorare nel corso della sua maturazione per le cinetiche sopra citate.
Fig. 3 – Interazione tra antociani, tannini e polisaccaridi. TA in condensazione = legame tannini-antociani, TA in polimerizzazione = legame di tannini. Nota come l’ossigeno, la solforosa e la presenza di altre molecole interagisce con i tannini e gli antociani.
Il produttore di vino deve saper identificare i parametri per ottimizzare il quadro tannico del vino, al fine di poter avere il miglior equilibrio organolettico e quindi il risultato finale. Ad esempio, pressature molto energiche, fermentazioni con la presenza di raspi e contatti molto prolungati delle bucce e vinaccioli con il mosto incrementano il contenuto di tannini aspri, amari e astringenti che contribuiscono in maniera negativa sulle qualità organolettica del vino.
Sono ormai note diverse tecniche enologiche che hanno lo scopo di mirare ad avere vini di qualità con una quantità di tannini più idonea. Generalmente le maggiori considerazioni da fare sono:
- mirata raccolta dell’uva a maturazione, in quanto raccolte anticipate esaltano la presenza di tannini ruvidi ed erbacei
- rimozione immediata dei raspi in fase di pigiatura (pigiadiraspatura)
- pressature soffici ed eventuali tagli di pressatura per separare la frazione meno tannica da quella più estratta
- periodo mirato di permanenza delle bucce con il mosto, procedendo all’assaggio quotidiano per controllare la fase di estrazione e di colorazione
- valutazione del periodo di affinamento, in quanto periodi d’affinamento più lunghi tendono a rendere il prodotto più morbido ed equilibrato
- utilizzo di coadiuvanti a base proteica per la rimozione selettiva di tannini astringenti.
Data la capacità anti-ossidante dei tannini è noto che le uve rosse, avendo una quantità più abbondante di tannini rispetto alle uve bianche, hanno una maggiore protezione naturale nei confronti dell’ossigeno e di conseguenza i vini rossi hanno generalmente un maggiore potenziale d’invecchiamento. Di conseguenza, la produzione e commercializzazione di vini bio e naturali è iniziata con le varietà d’uva a bacca rossa, in quanto è possibile utilizzare livelli più bassi di solforosa. Inoltre, sono numerose le ditte che producono tannini solubili da aggiungere in fase di pigiatura che hanno sostanzialmente lo scopo d’incrementare il numero di tannini nel mosto, al fine di ridurre l’impatto negativo dell’ossigeno sugli antociani e tannini presenti nelle uve, aiutando al contempo la stabilizzazione del colore. Altri preparati commerciali di tannini possono essere impiegati in fase d’affinamento per migliorare le sensazioni aromatiche e gustative del vino. Ulteriori tannini, più o meno polimerizzati, possono derivare dalla scelta del produttore di affinare il vino in botte di legno.
In conclusione, il produttore di vino deve essere consapevole del vino che vuole produrre al fine di utilizzare le tecniche enologiche più appropriate per ottimizzare l’estrazione selettiva di antociani e tannini e avere così il prodotto desiderato.
» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica – num. 10 Gennaio 2019 «
Marco Sollazzo, laureato in Tecnologie Alimentari ed Enologiche, Curriculum Viticoltura ed enologia presso la Facoltà di Agraria di Viterbo, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze viticole ed enologiche interateneo presso la Facoltà di Agraria di Torino, discutendo la tesi “Valutazione delle condizioni analitiche del test di minicontatto e impiego di biopolimeri per la stabilizzazione tartarica dei vini”. Curriculum vitae >>>