di Donato Ferrucci
La produzione integrata è un esercizio produttivo basato sull’utilizzo di molteplici strumenti, al fine di ridurre l’impatto ambientale della pratica agricola. La metodica è finalizzata, attraverso azioni tecniche articolate a gestire l’agroecosistema produttivo in maniera equilibrata, lasciando lavorare l’ambiente a vantaggio dell’uomo.
Una recente definizione è contenuta nella Legge n. 4 del 3 febbraio 2011, che istituisce, il Sistema Qualità Nazionale di Produzione Integrata, definendo il metodo come “un sistema di produzione agroalimentare che utilizza tutti i mezzi produttivi e di difesa delle produzioni agricole dalle avversità, volti a ridurre al minimo l’uso delle sostanze chimiche di sintesi e a razionalizzare la fertilizzazione, nel rispetto dei principi ecologici, economici e tossicologici”.
Già nel 1976 l’International Organisation for Biological and Integrated (IOBC) introduce il concetto pubblicando “verso la produzione agricola integrata, con la lotta integrata”. La stessa società, a fronte del crescente interesse pubblica nel 1993 delle Linee guida che, nel tempo, si sono evolute e perfezionate arrivando ad identificare i 4 obiettivi cardine: Sostenibilità ambientale, Qualità delle produzioni, Benessere degli animali e Etica Sociale. I principi fondamentali individuati dall’organizzazione sono:
- Approccio olistico;
- Riduzione dei costi sia produttivi che sociali;
- Approccio di sistema;
- Conoscenza;
- Stabilità dei sistemi agricoli;
- Bilanciamento degli apporti nutritivi;
- Miglioramento della fertilità dei Suoli;
- Difesa basata su un approccio integrato;
- Promozione della biodivesità;
- Ricerca della qualità;
- Tutela del benessere animale.
E’ immediata la comprensione che un sistema basato su questi principi e che persegue tali obiettivi non può che essere condiviso. La produzione integrata trova poi espressione in diversi modelli (Standard), di natura provata o pubblica. Dal punto di vista delle norme tecniche abbiamo la Uni 11233:2009 ed il GlobalGap®, mentre per le norme regolamentate troviamo il Sistema Qualità Nazionale Produzione Integrata (SQNPI) e la Produzione Biologica.
Altro elemento poco noto è che la Produzione Biologica, è un sistema di produzione integrata per quanto attiene obiettivi, principi e modello operativo, nel quale, la regola impone il ciclo chiuso in termini di input esterni. In un sistema di produzione biologica che ha raggiunto la maturità, l’azienda non dovrebbe praticamente più utilizzare mezzi produttivi esterni. Solo in caso di dimostrata necessità ne potrà utilizzare, in numero limitato, e presenti nell’attuale lista positiva riportata negli allegati I e II del Reg. CE 889/2008.
La produzione integrata coglie quindi i due principali obiettivi della legislazione alimentare: tutela della salute e interessi economici del consumatore, realizzandoli su due piani: diretto e indiretto. Direttamente mediante la produzione di beni non contaminati, di qualità ed a prezzi adeguati. Indirettamente, a livello di sistema, perseguendo un obiettivo ambientale e di riduzione dei costi di produzione.
E’ evidente la necessità, oggi, di una inversione di marcia del sistema produttivo, che deve rivolgere sempre maggiore attenzione alla componente ambientale. I segnali che arrivano dalle diverse agenzie di monitoraggio ambientale sono preoccupanti. Nel caso specifico, il rapporto 2018 dell’ISPRA, relativo al monitoraggio dei prodotti fitosanitari nelle acque, è emblematico di una situazione di criticità importante. Le indagini interessano il periodo 2016 ed hanno riguardato 4.683 punti di campionamento e 17.275 campioni, dove sono state ricercate 398 sostanze. Nelle acque superficiali sono stati trovati pesticidi nel 67% dei 1.554 punti di monitoraggio; nelle acque sotterranee nel 33,5% dei 3.129 punti. Il risultato complessivo indica un’ampia diffusione, seppure spesso con bassi livelli di contaminazione, della presenza e contaminazione da prodotti fitosanitari (PF), con un numero medio di circa 5 sostanze e un massimo di 55 in un singolo campione analizzato.
Il rapporto evidenzia inoltre che le vendite di prodotti fitosanitari nel 2015 sono state pari 136.055 tonnellate (63.322 come principi attivi). Seppur si registra un miglioramento qualitativo essendo la vendita dei prodotti classificati molto tossici e tossici in diminuzione (-36,7%), rimane critica la quantità distribuita che risulta pari a 4,6 kg/ha di PF. Nettamente al di sopra sono della media risultano il Veneto con oltre 10 kg/ha, Provincia di Trento, Campania ed Emilia-Romagna superano gli 8 kg/ha e Friuli-Venezia Giulia 7,6 kg/ha.
I dati disponibili a livello comunitario non risultano confortanti. L’Italia è al quarto posto in termini di quantità di PF distribuiti per unità di superficie agricola ed è circa 2.4 volte superiore alla media europea.
Concepiti per combattere organismi ritenuti dannosi, i prodotti fitosanitari, in caso di utilizzo non mirato, possono comportare effetti negativi per tutte le forme di vita. In seguito all’uso possono lasciare residui nell’ambiente, con un rischio per l’uomo e per gli ecosistemi. Di seguito si riportano alcune tabelle estratte dal “Rapporto Nazionale pesticidi nelle acque. Edizione 2018”.
Principi attivi distribuiti in agricoltura per regione. Anni 2001-2015, kg per ettaro di Sau
Sostanze rilevate con maggior frequenza
Sostanze più frequentemente rilevate sopra agli SQA (Standard di Qualità Ambientale D.Lgs. 152/2006)
La produzione Integrata, nell’accezione più evoluta, rappresenta il modello che più risponde alle esigenze ambientali del momento, mirando ad un utilizzo efficiente e mirato delle risorse naturali, viste anche come input produttivo e non solo come oggetto di salvaguardia.
Non è però corretto né eticamente giusto pensare che il comparto agricolo sia in grado di gestire il cambiamento senza un supporto, che non va interpretato nei soliti sistemi di finanziamento a “sostegno” del settore, medianti aiuti di tipo finanziario, strutturale, gestionale, utili ma non sufficienti.
Il motore del cambiamento è il consumatore. Quindi tutti noi che acquistiamo prodotti alimentari. E’ nel momento dell’acquisto che possiamo orientare il settore verso una produzione più vicina alle esigenze ambientali, abbandonando il teorema della “convenienza”. I prodotti alimentari devono avere un prezzo ragionevole, e possono avere un valore importante. Ma non possono essere sempre più “convenienti”, a vantaggio dei distributori e dei consumatori e, di contro, a svantaggio dell’ambiente e produttori. La ricerca della convenienza, ad ogni costo, non può essere misurata solo in termini di prezzo (quantità di denaro scambiata) e mai di valore (insieme di benefici che il consumatore riceve con l’acquisto).
Il consumatore deve essere coinvolto, educato ed informato rispetto a quanto realizzato, in modo tale da evitare che diventi un soggetto che “compra il prezzo”, parametro che, come una catena, costringe a spendere il meno possibile indipendentemente da altre considerazioni. Occorre sensibilizzare il consumatore verso un atto che è sia privato che sociale, quello di comprare “il prodotto”, ricercando la soddisfazione in un insieme di benefici non solo di tipo egoistico.
Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it