Impatto del giardinaggio sul paesaggio agrario e naturale
di Paolo Degli Antoni
La parola “giardino” ha origini germaniche e si riferisce, similmente alla parola latina “hortus”, a terreni separati fisicamente e funzionalmente dall’ambiente naturale, coltivati intensivamente per produzioni ortofrutticole, officinali e floricole. Dopo le costruzioni, è quanto di più artificiale si possa concepire, specialmente quando il terreno è estesamente pavimentato e le colture sono in vaso; l’irrigazione e il ricovero stagionale in ambienti protetti delle piante non rustiche spingono al massimo l’artificialità.
Fig.1 – Alhambra, Portal del Turismo de la Provincia de Granada
Fig. 2 – Castello (Firenze): Limonaia
Per secoli il giardino è rimasto di solito confinato in appezzamenti all’interno di cortili domestici, di chiostri conventuali, nella campagna in recinti a immediato contatto con le abitazioni.
Fig. 3 – Orto-giardino in Alto Adige
Nella civiltà occidentale a partire dal Rinascimento il giardino si proiettò all’esterno con effetti geometrico-prospettici ordinatori del territorio, a evidenziare l’estensione della proprietà e l’abilità di controllo, ispirando anche i passeggi e i giardini pubblici dei secoli XVIII e XIX.
Le grandi potenze coloniali si pregiavano di coltivare in questi contesti specie importate dai territori conquistati, non confinandole a collezioni botaniche o a esperimenti agronomico-selvicolturali. Gli altri Paesi imitarono questa moda con ritardo più o meno accentuato.
La diffusione novecentesca di modelli d’insediamento urbano basati sull’abitazione unifamiliare, isolata o a schiera, non aderente alla sede stradale, comportò il formarsi di piccoli giardini sulle facciate, destinati all’ostentazione del raggiunto stato sociale, ma poco idonei alla fruizione ricreativa e alimentare, per l’eccessiva esposizione pubblica. Quartieri così concepiti, privi dell’urbanità formale e funzionale propria della città storica, richiedono l’uso sistematico dell’auto privata per raggiungere i servizi elementari, non si preoccupano dell’ambientazione paesaggistica nel territorio agrario circostante e ancor meno di quella naturalistica con gli ecosistemi naturali più vicini; quei giardini risultano talvolta spogli, altre volte ostentano materiale vivaistico a effetto, con sempreverdi multicolori, fioriture e foliazioni scalari secondo precisi schemi crono-cromatici non mutuati dall’ambiente circostante.
Fig. 4 – Giardini sulle facciate di case individuali a Firenze
Sul finire del XX secolo la deindustrializzazione consegnò alla fruizione pubblica aree industriali dismesse e infrastrutture ferroviarie obsolete. L’osservazione della riconquista spontanea da parte della vegetazione ispirò alcuni esperimenti, come la trasformazione in passeggio pubblico dei tracciati ferroviari dismessi a Edimburgo, presto imitati persino in terreni inizialmente concepiti per l’ordine e il controllo, come i Jardins des Plantes parigini, dove sono in corso significativi esperimenti ecologici, spinti fino alla sottrazione di estese aiuole alla fruizione pubblica comune.
L’aumentata attenzione di alcune fasce della popolazione e di alcuni progettisti verso la natura ha indotto la scelta di non trasformare la vegetazione agraria o forestale circostante le nuove costruzioni; questo è accaduto in località di villeggiatura, dove alberghi e seconde case emergono direttamente dalla foresta (troppo spesso sottovalutando il rischio di incendi boschivi), e presso case di campagna trasformate in residenze secondarie o in recettività, dove si sono mantenute le colture agrarie caratteristiche.
L’agronomo paesaggista Gilles Clément ha valorizzato le successioni secondarie anche in ambito urbano in chiave psico-antropologica fino a comporre un giardino planetario autodeterminato, inclusivo anche delle specie esotiche a diffusione spontanea. Il suo allievo giardiniere Yann Monel, tra le numerose iniziative, destina una particella di terreno di sua proprietà all’evoluzione naturale, senza intervenire, a giardino planetario.
Da diversi decenni sempre più architetti orientano le loro creazioni verso un impatto visivo minimo, accentuato dalla collocazione degli edifici nel paesaggio agrario o forestale preesistente; caso paradigmatico è la Casa Esagono di Vittorio Giorgini a Baratti (LI), del 1957, appena appoggiata sul suolo forestale.
In questi casi il lavoro del giardiniere si limita allo sfalcio dell’erba, al contenimento delle siepi in forma naturale e a interventi selvicolturali appropriati.
Fig. 5 – Casa per vacanze a Rosfjord, Norvegia
Per quanto riguarda il verde pubblico, la sua fruizione spesso non consente le lunghe attese della successione secondaria, dunque può convenire anticipare i tempi, costituendo artificialmente ecosistemi propri di fasi più avanzate, bisognosi di scarsa manutenzione e ispirati a repertori naturalistici.
L’irrigazione sarà limitata a eventi di soccorso in presenza di andamento stagionale particolarmente sfavorevole e a singolarità vegetazionali come rare bordure fiorite, attrezzate con impianti a goccia.
Il tappeto erboso, necessario nei giardini pubblici destinati principalmente al gioco dei bimbi, si lascia crescere a lungo in primavera, per consentire la fioritura delle specie non graminoidi, e si mantiene corto in estate, per limitare la traspirazione; non irrigandolo, esso ingiallirà similmente alla vegetazione erbacea naturale e colturale circostante, con un buon effetto anche estetico di sintonia con la stagione.
Fig. 6 – Giardino non irriguo integrato con le colture agrarie sulla collina a sud di Empoli (Firenze)
Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.