Domanda di Ruralità
La Ruralità come possibile fattore di re-integrazione del dissesto presente a livello sia bio-ecologico che sociale
di Franco Paolinelli
Campagna periurbana umbra
Il “sistema gravitazionale” delle comunità sul territorio sta cambiando. Nelle province, fino a pochi decenni addietro, i comuni erano il centro delle relazioni economiche e sociali. Oggi le popolazioni di questi centri gravitano sui centri maggiori, ma tornano, ciclicamente, in campagna, al paese, per ritrovare, nel tempo libero, radici culturali, identità e benessere.
Alcuni scelgono di viverci e diventano promotori del flusso di scambio, dell’osmosi sempre più fitta e dinamica tra i poli urbani attrattivi e le loro costellazioni. C’è chi arriva ad avere una “doppia cittadinanza” quella di città e quella del piccolo centro.
La ruralità è il protagonista di questa osmosi. Infatti, per un “paesano” che abbandona la sua terra e l’attività agricola primaria ci sono vari cittadini che comprano piccoli appezzamenti per avere la casa in campagna ed altri che creano sul territorio iniziative per rispondere ai nuovi mercati, originati nei poli urbani, dal turismo, al sociale, all’arte, alla cultura, in tutte le loro declinazioni “rurali”.
Questa circolazione, da un lato determina problemi, dal traffico allo stress delle comunità locali, dalla distruzione delle logiche e dei ritmi del paesaggio all’impatto ambientale……, ma dall’altro è un fenomenale motore economico e sociale.
Infatti, i fruitori di agri-turismi e fattorie sociali o multifunzionali, di laghetti o piste nel verde…… sono consumatori di servizi ricreativi. Allo stesso modo i piccoli proprietari, paleo e neo-rurali, gli agricoltori del week-end, registrati o meno come imprenditori agricoli, i proprietari di case con orto e giardino…, gli orticultori urbani… i produttori di “vino in garage” sono “consumatori di ruralità”, soggetti completamente diversi dagli agricoli del primario.
La loro importanza economica, che vadano in mountain bike, visitino un’azienda, vi siano assistiti, facciano l’olio, il vino e gli ortaggi per casa, restaurino la villa, od abbiano 3 polli…, non è in ciò che producono, ma in quanto e come spendono e nel benessere che acquisiscono vivendo la ruralità.
Il limite tra agricoltura primaria e consumo di ruralità sembra liquido, ma in realtà è preciso: da un lato si produce per il mercato o per i rimborsi, ed eventualmente si coniuga la realizzazione di servizi e prodotti, dall’altro la coltivazione è una spesa, messa in atto per divertimento, status, manutenzione dei beni, identità, radici, terapia, formazione, qualità alimentare……
Il bilancio della seconda può, comunque, essere positivo per tutti gli attori della relazione:
- Il consumatore guadagna in felicità e benessere, nel rapporto con la natura, nel ritrovare un senso di sé, una dignità, un’identità che la metropoli, la società assistenziale, il posto fisso, spesso inutile…, possibilmente gli negano, delle opportunità di formazione;
- Le imprese del territorio guadagnano con l’indotto di spesa dei consumatori di ruralità. Si riportano nell’economia locale anche parte delle risorse economiche che l’attuale sistema politico – economico clientelare ed assistenziale distribuisce in modo, per lo più, improduttivo ed irrazionale.
- L’economia nazionale guadagna anche dal prodotto poiché, per poco che sia, non viene comunque importato. Inoltre, è già pagato dai servizi fruiti. Quindi, in un bilancio complesso, che valuta beni e servizi prodotti, ha costi bassi.
- Lo Stato guadagna con i prelievi fiscali e con la possibile riduzione dei costi di assistenza;
- L’ambiente ed il paesaggio potrebbero guadagnare se il flusso di spesa fosse ben guidato.
Qualcuno può inorridire e disperarsi all’idea della trasformazione delle campagne, dalla verità del produrre primario ad un grande “AGROTEATRO”, ma questa è la realtà del cambiamento in atto ed è meglio guidarla che abbandonarla ai furbi ed agli speculatori.
Infatti, questo mondo, che si potrebbe anche chiamare “AgroCultura” potrebbe coniugare primario e terziario, a livello di singole imprese come a livello di territorio, dando economia al primo e dignità al secondo. È quanto, ad esempio, fanno le aziende agricole che mantengono la produzione, creano attività ludico – didattico – culturali, gestiscono punti vendita aziendali, offrono orti da coltivare, , permettono e promuovono l’auto-raccolta e fanno il tutto dotandosi di un paesaggio adeguato.
Inoltre, rispondere alla domanda di ruralità vuol dire tenere vive le filiere tecniche dell’agricoltura stessa. Fattore non secondario, se pensiamo che gli equilibri mondiali di mercato potrebbero cambiare e nel futuro potrebbero di nuovo dare economia al primario stesso.
Olivo secolare
I NUOVI SPAZI DI MERCATO
Se analizzassimo bene i territori peri ed extra urbani scopriremmo che questa realtà è già ora vastissima, ma, la sensazione è che molto ancora si possa fare. L’agriturismo è già una realtà, ma può ancora crescere se gli operatori sapranno diversificare ed ampliare le loro proposte, soprattutto in termini culturali. L’offerta della multifunzionalità, di fattorie didattiche, agri-asili, fattorie sociali, agro-clubs / orti urbani ed altri servizi è sicuramente al di sotto delle richieste del mercato potenziale. Le sinergie possibili tra l’offerta di “coltura” e di “cultura” sono ancora, in gran parte da scoprire. Ad esempio, le raccolte dirette in campo di ortaggi, frutta, olive… possono essere viste come attività culturali che danno valore aggiunto al prodotto, ma in Italia non hanno ancora preso piede.
L’offerta di servizi e beni per rispondere alle esigenze della ruralità diffusa, dalla multifunzionalità alle piccole aziende, all’hobby farming, al giardino della casa in campagna, all’orto urbano può crescere molto. Anzi, a nostro avviso, questo è un grande spazio di mercato ancora da scoprire.
Già oggi, infatti, i “consumatori di ruralità” comprano beni e servizi, dal terzista, al frantoiano, al vivaista……, ma cercano altri servizi che non trovano facilmente sul mercato, dal potatore di olivi e vigne, all’agro-giardiniere….
Inoltre, questi consumatori potrebbero, anzi dovrebbero, essere guidati, per far si che la loro spesa aumenti e non riduca la qualità dell’ambiente, del paesaggio, della cultura locale.
È verosimile che nasca per questo una figura professionale ad hoc.
NECESSITA’
Le opportunità sono molte, ma per valorizzarle occorrono idee, guida e promozione.
Occorrono iniziative pilota e divulgazione per far capire agli operatori agricoli che il mercato è cambiato.
Occorrono professionisti ed imprenditori che non si trincerino nella paura e non si accontentino dei sussidi, ma accettino le sfide della globalizzazione e colgano le opportunità di nuova dignità che questo mercato può loro dare.
Occorre un sistema di formazione, ai vari livelli, che viva nel presente e formi operatori che possano stare nella realtà e sappiano essere utili al mercato. Un sistema, quindi, che non lavori solo per la propria riproduzione o per la sterminata giungla burocratica che caratterizza il mondo agricolo – forestale – ambientale – naturalistico, ma anche per il mercato in evoluzione.
Occorre una filiera del verde che faccia del proprio meglio per contenere il disordine paesaggistico che la trasformazione inevitabilmente determina, inventando nuovi codici estetici e nuovi equilibri ecologici.
Occorrono consumatori sensibili al bello ed alla qualità, con un pizzico di senso dell’avventura.
Occorre, infine, una regia politica, che sappia analizzare le politiche e le normative del territorio e se necessario modificarle, con coraggio e lungimiranza.
Il piccolo cabotaggio, la miopia degli interessi consolidati, la creazione di enti inutili, quale che sia il settore o la fase di filiera di riferimento e quale che sia la forza politica che la promuove, non sono la risposta necessaria.
Franco Paolinelli è laureato in Scienze forestali presso la facoltà di Agraria di Firenze. Si occupa di verde urbano, con particolare attenzione a due temi: alberi in città ed agricoltura urbana, argomenti che ha approfondito con un Master nel 1984 presso la Faculty of Forestry di Toronto ed un altro, nel 2006, presso la Facoltà di Scienze Agrarie nell’Ateneo della Tuscia. Ha avviato, e dirige, la rete di operatori S.A.P. (Silvicultura Agrocultura Paesaggio) e il progetto “Valorizzazione del Legno degli Alberi di Città”. Sito: www.citta-campagna.it