di Flavio Rubechini
Continua il nostro “viaggio” alla scoperta di queste affascinanti piante dalle proprietà incredibili. A differenza del primo articolo dove ci siamo dedicati per lo più a piante provenienti da areali ben diversi da quello italiano, in questo andremo alla scoperta di superfrutti comuni nelle nostre regioni e la cui coltivazione non è una cosa così nuova. Tra i superfrutti degni di nota in Italia troviamo sicuramente il gelso (nero, bianco e rosso) e il melograno.
Gelso
Il gelso (Fig.1), o per meglio dire i gelsi sono un gruppo di piante appartenuti al genere Morus provenienti dall’estremo Oriente. In Italia i gelsi sono diffusi e conosciuti soprattutto per i frutti, tra questi troviamo il gelso nero (Morus nigra), il gelso bianco (Morus alba) e il gelso rosso (Morus rubra), quest’ultimo poco coltivato in Italia. Il gelso è una pianta molto longeva, caducifoglie, appartenente alla famiglia delle Moraceae, che può raggiungere una altezza massima di 10 metri. Ha un apparato radicale molto sviluppato e con radici robuste di colore giallo-arancio. Il tronco ha portamento eretto e può raggiungere anche i 70 cm di diametro. Il legno si presenta di colore chiaro, molto elastico e facilmente lavorabile. La corteccia è liscia e chiara negli alberi giovani, mentre con il passare del tempo assume una colorazione più scura, di colore bruno-grigiastro, con profondi solchi sulla sua superficie.
La foglie, presentano una spiccata eterofillia e risulta marcata una netta distinzione tra il gelso nero e il gelso bianco: in M.nigra le foglie sono di grandi dimensioni, alterne, ovali con margine leggermente dentellato, di colore verde acceso, con la pagine superiore pubescente e quella inferiore leggermente pelosa, con picciolo grande e robusto. Le foglie di M.alba, sono più piccole, alterne e ovali, di colore verde acceso, con pagine fogliari lisce, formose soprattutto per essere il pasto preferito dei bachi da seta (Bombyx mori).
Fig.1 Una bellissima pianta di gelso nero Morus nigra (Fonte: http://giardinaggio.com)
I gelsi hanno in genere fiori monoici, ma esistono varietà dioiche. Occorre ricordare che le varietà coltivate sono generalmente autofertili. I fiori sono raggruppati in infiorescenze (poco appariscenti e di colore verdastro) collocate singolarmente o a mazzetti all’ascella dei germogli dell’anno oppure su corti speroni presenti sulle branche principali della pianta. Si sviluppano in primavera e sono impollinate tramite il vento; dopo l’impollinazione l’infiorescenza si ingrossa e ogni singolo fiore si trasforma in una drupa; l’insieme delle drupe, formano la mora del gelso, falso frutto che viene chiamato in botanica sorosio. La maturazione dei frutti avviene, a seconda delle varietà, da fine giugno a tutto luglio in modo scalare. A maturazione i frutti si presentano di diverso costituire il principale tratto distintivo tra le varietà: neri per il M.nigra, bianchi per il M.alba (Fig.2) e rossi per il M.rubra.
Fig.2 Mora di gelso bianco (Fonte http://api.entecra.it)
La coltivazione del gelso in Italia è per lo più indirizzata verso il gelso nero come pianta da frutto, anche se il nostro paese può sicuramente vantare un passato dove soprattutto nel nord Italia venivano coltivate varietà di M.alba per la bachicoltura.
Il gelso è una pianta robusta, con una grande capacità di adattamento, senza particolari esigenze in termini di tessitura e pH del terreno; il suo optimum risulta però un terreno di medio impasto, umido anche se non bagnato. A livello climatico tollera molto bene il freddo, M.alba è il più resistente potendo resistere sino a -20° C, mentre il M.nigra e il M.rubra prediligono zone con un clima un po’ meno rigido. Resiste bene alla siccità ma per garantire una buona produzione in termini quanti-qualitativi risulta utile irrigare la pianta durante il periodo estivo.
Per la sua coltivazione viene spesso adotto un sesto di impianto di 1-2,5 metri sulla fila e i 2.5 e i 3 metri tra le file. L’impianto può avvenire generalmente tra aprile e maggio con talee radicate o in autunno inoltrato-fine inverno con astoni di un anno. Le concimazioni devo essere somministrate con regolarità: un buon concime organico potrà fare rendere al meglio l’intero impianto; è consigliato anche una concimazione fosfo-potassica, da somministrare il 70% prima della fioritura e il restante 30% a settembre ottobre.
Fig.3 Impianto di gelsi (Fonte http://edagricole.it)
La potatura è una pratica molto importante nel gelso per ridurre l’estensione della chioma e selezionare i rami più produttivi; questa pratica se ben eseguita aumenta la produzione a livello qualitativo e quantitativo e agevola la raccolta. Il periodo per eseguire la potatura è tra la fine febbraio e i primi di marzo. La pianta del gelso è molto vigorosa già dai primi anni dell’impianto: emette numerosi rami laterali che devono essere selezionati in base a produttività e vigore. È consigliato intervenire prima del risveglio vegetativo perché questa pianta reagisce ai tagli producendo abbondante lattice che la indeboliscono e la rendono più suscettibile alle avversità.
Si deve ricordare che i frutti sono prodotti sui rami di un anno: si evince che occorre stimolare la produzione di nuovi rami che possano portare frutti nell’anno successivo. Possiamo quindi dire che gli interventi di potatura consistono in tagli di ritorno sulle branche di 2 o 3 anni e nello sfoltimento dei rametti dell’anno, quando si presentano troppo fitti, per arieggiare la chioma.
Per quanto riguarda le avversità fungine, il gelso risulta suscettibile soprattutto a:
- Cancro dei rami (fungo responsabile Necria Galligena)
- Cancro delle radici (funghi responsabili Rosellinia necatrix e Armillaria mellea)
- Carie del legno (responsabili soprattutto i funghi del genere Fomes e Ganoderma)
Al fine di evitare l’insorgenza delle avversità suddette, sono consigliati le precauzioni generiche valide per tutte le piante: evitare tagli di potatura senza l’opportuna angolatura, non potare con piante bagnate, proteggere la ferita causata dal taglio con poltiglia bordolese, intervenire appena sono riconosciuti i sintomi per evitare la trasmissione anche ad altre piante, disinfettare gli attrezzi da taglio, eliminare i residui delle potature di piante malate.
A livello entomologico invece il gelso è suscettibile a:
- Corrosione a cunicolo delle parti legnose provocata dalle larve dei Rodilegno rosso e giallo (Cossus cossuse Zeuzera pyrina).
- Infestazione del legno dalla Cocciniglia bianca del Gelso (Pseudaulacaspis pentagona).
- Spoliazione fogliare causata da larve di Lepidotteri (Lymantria dispar, Hyphantria cunea).
A livello nutritivo le more del gelso presentano diverse peculiarità e proprietà tra le quali:
– Sono ricchi di vitamina C, delle vitamine del gruppo B e della vitamina K.
– Hanno preziosi minerali con un elevato quantitativo di ferro (185 mg x 100 g di frutti), di potassio, di manganese e di magnesio.
– le more del gelso nero e rosso sono ricchi di antociani, sostanze antiossidanti che prevengono l’invecchiamento cellulare e contrastano i radicali liberi così dannosi per il nostro fisico.
– le more del gelso nero contengono una sostanza chiamata resveratrolo, antiossidante utile per combattere le malattie cardiovascolari.
– le more posseggono importanti proprietà antibatteriche utili nel post-operatorio per prevenire infezioni.
– le more del gelso bianco hanno una spiccata azione antibatterica nei riguardi dei batteri responsabili delle carie dentali.
– sono potenti antinfiammatori, impiegati in passato per alleviare le infiammazioni della bocca e della gola.
– queste more sono decongestionanti e rinfrescanti, ottime per dissetare e tonificare.
– contengono pochissime calorie circa 43 per 100 gr di prodotto.
Melograno
Il melograno (Punica granatum) è una pianta a portamento arbustivo o arboreo appartenente alla famiglia delle Punicaceae. Proviene dall’Asia in particolare da zone dell’India settentrionale. Si può trovare allo stato naturale nella zona mediterranea, nel nostro paese è diffusa in quasi tutte le regioni e vegeta in modo ottimale dalla pianura fino a zone montane di 1000 metri. Il melograno raggiunge un’altezza che va dai 2 ai 4 metri, con un’estensione di circa 1-1,5 metri. Il tronco si presenta di colore bruno-grigiastro, con corteccia molto sottile. Le foglie sono coriacee, di colore verde-rossastro da giovani e di un verde vivace da adulte, strette ed allungate; nel suo habitat di origine è una pianta sempreverde ma nel nostro clima tende ad essere una pianta caducifoglia. I frutti, rotondeggianti e dotati di una spessa buccia di colore giallo o rosso chiaro, hanno un diametro di 10-12 cm e sono chiamati botanicamente balauste. (Fig.4)
All’interno di essi i sono i semi, divisi in più camere, separate da membrane non commestibili. La parte edule dei semi è lo strato lucido e di colore rosso che li contiene, composta prevalentemente da acqua, dal sapore acidulo.
P.granatum predilige un clima caldo (l’areale perfetto per la sua coltivazione risulta essere il sud Italia),tuttavia tollera brevi periodi di gelo: se esposta in maniera prolungata al freddo la pianta muore, ma potrà emettere polloni nella primavera successiva se il danno non risulta essere troppo grave. A livello edafico risultano ottimali terreni prevalentemente argillosi con un pH ottimale prossimo alla neutralità. Occorre porre particolare attenzione al drenaggio del terreno: P.granatum infatti non tollera ristagni idrici, per questo motivo è consigliabile incorporare nel momento dell’impianto, un certo quantitativo di materiale grossolano per facilitare lo sgrondo delle acque.
L’impianto deve essere eseguito in primavera, con talee di circa 1 anno, con un sesto di impianto ottimale di 3,5 metri tra le piante e 4 metri tra i filari; di seguito alla messa a dimora, si dovrà provvedere a tenere il terreno libero da infestanti, possibilmente con sarchiature e operazioni di lavorazione meccanica della superficie del terreno, al fine di evitare interventi di natura chimica. I primi frutti potranno essere raccolti dopo 2-3 anni, ed in molti casi una coltivazione di P.granatum può produrre fino a 30 anni.
Fig.4 Balauste di P.granatum di colore rosso chiaro (Fonte http://www.ragusanews.it)
Nei primi anni dalla messa a dimora si dovrà prestare particolare attenzione alle temperature elevate: le giovani piantine soffrono in maniera particolare il caldo e la siccità (soprattutto a livello radicale) sarà quindi necessario intervenire con innaffiature di emergenza, somministrando a giorni alterni 2-3 litri di acqua per pianta fino all’abbassare delle temperature. Una volta adulta, P.granatum risulta avere una buona resistenza e tolleranza alla siccità e alle temperature elevate. Per agevolare le piantine appena impiantate, è utile concimare con un concime con titolo di 1-1-1, con dosi consigliate di circa 20 grammi per pianta da somministrare ogni 2 mesi. In alternativa può essere somministrato del composto organico o letame ben maturo, circa 1 Kg ogni 4 mesi.
Le piante di P.granatum tendono a produrre diversi polloni che andranno annualmente eliminati per ottimizzare lo sviluppo della chioma e dei rami portanti frutti. Le forme di allevamento predilette per P.granatum sono ad alberello o a cespuglio.
Nel caso dell’alberello, è previsto che la pianta abbia un’altezza massima compresa tra i 2,5 e i 3,5 metri. L’impalcatura dovrà iniziare a 80 centimetri o al massimo 1 metro da terra. Le successive potature potranno essere libere cercando di mantenere la parte centrale come parte principale, verranno eliminate ogni anno le ramificazioni vecchie e danneggiate. La forma a cespuglio è quella che più si avvicina all’aspetto naturale della pianta. Con questa forma di allevamento è consigliato non eliminare tutti i polloni basali lasciandone circa 8-10 per pianta. Annualmente vengono rinnovati i getti, eliminando quelli vecchi o quelli danneggiati. In entrambe le forme va sfoltita la ramificazione più interna, eliminando rami improduttivi e favorendo la penetrazione della luce all’interno. Per aumentare la fruttificazione possono essere recise le ramificazioni che hanno fruttificato l’anno precedente, in modo da favorire il ricaccio di nuove gemme potenzialmente fruttifere.
La moltiplicazione di P.granatum in genere avviene o per talea o per divisione per pollone. La riproduzione tramite pollone si effettua prelevando le porzioni di pianta con alcune radici che successivamente possono essere trapiantate direttamente a dimora, oppure possono essere anche collocati in vaso in attesa della messa a dimora nella primavera successiva.
Per la moltiplicazione del melograno tramite talea si possono scegliere parti di pianta legnose o semi-legnose, in genere si prelevano da porzioni di ramo con 1-2 anni di età. Le talee vengono prelevate nel periodo autunnale e collocate in contenitori riempiti con substrato (composto da terriccio, torba e sabbia) e innaffiate costantemente; dopo circa 1 anno sarà possibile mettere a dimora le piantine. Un ultimo metodo di riproduzione del melograno è tramite seme. I semi possono essere interrati in piccoli vasi e tenuti costantemente umidi e ad una temperatura costante di 20-22 C° germoglieranno. Questa tecnica, tuttavia, aumenta il tempo necessario per ottenere frutti, è per questo risulta poco utilizzata. La raccolta dei frutti avviene quando il colore esterno della buccia è rosso intenso o giallo. Si può dire che la raccolta inizia nel mese di ottobre e può durare per tutto il mese di novembre. I frutti raccolti possono essere conservati per 4-8 settimane, in un luogo asciutto a temperature di circa 5°C.
Fig.5 Esempio di impianto di melograni (Fonte http://www.consorziokore.it)
Le principali avversità fungine che affliggono il P.granatum sono:
- Alternariosi
- Muffa grigia
- Cercosporiosi
A livello entomologico possiamo dire che gli insetti attaccano, in genere, i giovani germogli, gli steli fiorali e le parti più tenere della pianta. Tra i principali insetti dannosi per P.granatum possiamo annoverare:
– Afidi
– Ragnetto rosso
– Cocciniglie
– Aleirodi
– Tripidi
– Virachola isocrates
– Leptoglossus zonatus
Infine un fenomeno molto peculiare è lo spaccamento dei frutti: questo fenomeno è dovuto in larga parte a stagioni piovose e sbalzi termici che portano i frutti a manifestare vistose e profonde spaccature. Questo fenomeno comporta un deprezzamento dei frutti ma non intacca minimamente la commestibilità della melagrana. Le proprietà benefiche del melograno sono riconosciute in tutto il mondo e tra queste possiamo ricordare:
- Aiuta nella prevenzione del cancro(specie della prostata, del polmone e del seno) e rallenta la crescita delle cellule tumorali.
- Ha effetto “anti-age“, in quanto contiene un gran numero di antiossidanti che contrastano il processo d’invecchiamento precoce.
- Favorisce la diuresi, è consigliato nelle diete dimagranti ed è indicata nel regime alimentare dei diabetici.
- Aumenta il naturale flusso del sangue verso il cuore e combatte l’ipertensione;
- Contrasta l‘osteoartitee l‘artrite reumatoide.
- Combatte l’osteoporosi, in quanto inibisce la degenerazione della cartilagine articolare.
- Protegge ilsistema vascolare.
- Favorisce l’eliminazione dei metalli pesanti presenti nell’organismo e salvaguarda i reni.
- Aiuta a prevenire l’Alzheimere il morbo di Parkinson.
- Protegge e rigenera il fegato.
- Riduce ilcolesterolo cattivo e aumenta quello buono.
- Ha proprietà antibatteriche.
- L’assunzione regolare costituisce un vero e proprio “viagra naturale“, combattendo la disfunzione erettile (un esperimento clinico ha dimostrato che il testosterone può aumentare del 30 per cento nel sangue di un gruppo di uomini affetti dalla patologia dopo 30 giorni di somministrazione quotidiana di succo di melograno).
Flavio Rubechini, diplomato presso l’ISS B. Ricasoli di Siena come perito agrario specializzato in viticoltura ed enologia, ha lavorato per aziende sia viti-vinicole che ad indirizzo misto in Veneto, Toscana e Sicilia. Si è specializzato nei superfrutti, dalla loro coltivazione alla loro commercializzazione, e ha seguito corsi della Massey University in Nuova Zelanda. Attualmente è studente in Scienze agrarie presso l’Università di Pisa. E-mail: flaviorubechini@icloud.com