di Pasquale D’Ancicco
Alcuni anni fa mi occupai, in un articolo, delle razze avicole autoctone della Campania, allora considerate tutte estinte; oggi la situazione è radicalmente cambiata grazie al lavoro di Razze Autoctone Campane (R.A.C.), club di allevatori amatoriali che tra un pranzo (mai leggero) e una spedizione di ricerca, ha permesso, tramite il ritrovamento di capi considerati idonei, l’allevamento e la selezione in purezza, a molte razze avicole della Campania di essere recuperate, mentre per altre possiamo dire di esser vicini all’obiettivo.
Questi recuperi sono avvenuti attraverso ricerche storico\geografiche, spedizioni dopo avvenute segnalazioni, avvistamenti, notizie fatue, ecc., anche se molti recuperi sono avvenuti grazie al caso ed a una buona dose di fortuna; ovviamente non tutte le ricerche, spedizioni e indagini sul campo hanno dato esito positivo, anzi nella maggior parte dei casi si sono fatti dei viaggi a vuoto, ad esempio da gente che allevava polli nani credendo di avere razze antiche, o allevatori che si tramandavano da padre in figlio ceppi di polli industriali, ecc. Le razze che abbiamo recuperato erano state preservate fino ad allora perlopiù da anziani allevatori che risiedevano in baite su monti o in zone marginali, grazie al loro amore verso i propri animali, una certa diffidenza (che non guasta mai) verso ciò che è “forestiero” e anche una dose di parsimonia, è stato possibile per queste razze il preservarsi dall’avvento di ibridi industriali e razze estere. In questi anni di soddisfazioni, non sono mancati errori e delusioni: ci si è fidato di giovani allevatori hobbisti, “della domenica” che in un primo momento acquistavano soggetti e nel giro di un anno avevano cambiato idea sul tipo di animali da allevare o fatto perdere le tracce dei ceppi che gli erano state affidati, compromettendo, per fortuna non in modo irreparabile, il destino di alcune razze; mi piace, invece, sottolineare la serietà ed il lavoro svolto dagli allevatori più anziani cui sono stati affidati animali: dopo solo un anno di allevamento non solo avevano il pollaio colmo di suddette razze, avendole riprodotte con successo, ma avevano anche già provveduto a diffonderle presso vicini allevatori.
Ringrazio tutti gli amici del R.A.C. per l’impegno profuso in questi anni, il dott. Alessio Zanon per le informazioni e le consulenze storico\scientifiche e l’Associazione di Agraria.org per averci dato l’opportunità di far conoscere ad un pubblico più vasto il lavoro svolto e le razze recuperate.
La Beneventana, ritrovamento e recupero
Primi esemplari di Beneventana rinvenuti in una fattoria del Matese (foto T. Del Greco – 2014)
Nel gennaio del 2014 mi recai nel Parco del Matese (in provincia di Caserta) per far visita ad un amico cui dovevo cedere una femmina di fagiano Prelato; quando devo cedere animali a persone che abitano in zone isolate o mai “battute” per ciò che riguarda questo tipo di ricerche, preferisco recarmi di persona, nella speranza di rinvenire qualcosa di interessante. Giunto sul posto, mi resi conto che si trattava di una fattoria ove si allevava all’antica: animali da cortile liberi, vitello e maiale allevati in stalla, schiusa naturale degli avicoli, il tutto gestito dall’anziana nonna. La signora mi raccontò che di polli di sangue commerciale “lì non ne erano mai passati” in quanto tutto il pollame era del suo antico ceppo o, al massimo, per rinsanguare erano state utilizzate le schiuse provenienti da uova ricevute dai vicini terrieri; compiaciuto dalla notizia, iniziai subito a “studiare” il pollame presente. Tra i tanti capi due gruppi mi colpirono più degli altri: il primo composto da alcuni individui dalle forme sgraziate e dai tarsi incredibilmente lunghi, il secondo gruppo da polli dai tratti mediterranei (cresta semplice, orecchione bianco, zampe gialle, ecc.) a piumaggio fulvo. Scattai alcune foto e dopo una rapida consulenza dell’amico Zanon, medico veterinario, massimo esperto di pollame italico, convenimmo che il primo gruppo, quello formato da individui sgraziati dai tarsi lunghi, poteva essere ascrivibile alla “Storza” (razza campana ridotta allo stato di reliquia), mentre i polli dai tratti mediterranei potevano senz’altro far parte del pollame autoctono; tuttavia non vi erano fonti o citazioni storiche che descrivevano pollame campano in tale colorazione; fortuna volle che, dopo poche settimane, un amico, anch’egli appassionato di storia della zootecnia italiana, portò alla mia attenzione un trafiletto facente parte della “Rivista di agricoltura“ pubblicato nel 1936; nel trafiletto veniva descritta la popolazione di pollame tipica dell’areale Sannita (quindi le zone beneventane e le confinanti molisane e casertane) e veniva menzionata proprio una razza Beneventana dai caratteri mediterranei in colorazione fulva; tutto “quadrava”.
Tornai appena libero da impegni alla fattoria dell’amico, che gentilmente mi regalò (di nascosto dalla nonna che non avrebbe mai permesso la cessione dei suoi preziosi polli) sia una coppia di polli ascrivibili alla “Storza” sia di quelli riconducibili alla “Beneventana” (soggetti da me scelti in quanto tra gli esemplari presenti erano a mio giudizio tra quelli che avevano conservato un maggior grado di purezza).
Prima gallina Beneventana rinvenuta nella fattoria matesina (foto P. D’Ancicco – 2014)
A quella prima coppia, che si riprodusse abbondantemente e con una bassa percentuale di esemplari di scarto (zampe o piumaggio del colore errato, orecchione rosso, ecc.) furono affiancati altri soggetti di pollame fulvo successivamente rinvenuto sia nel basso Sannio che nell’alto Casertano, (specie galline, in quanto le più propense a sopravvivere alla “selezione rurale”) che furono utilizzati soprattutto per rinsanguare il ceppo principale. Partì dunque da questi capi la selezione e la ri-diffusione della Beneventana che, ad oggi, conta già un numero considerevole di esemplari, taluni allevati anche presso qualche agriturismo campano.
Gruppo riproduttivo di Beneventane (foto e soggetti P. D’Ancicco – 2018)
La Cenerina (o Cucula Campana): ritrovamento e recupero
Le prime Cenerine rinvenute nelle campagne Sannite (foto P. D’Ancicco – 2015)
Nel marzo 2015, un amico mi mise in contatto con un anziano allevatore che risiedeva dalle sue parti (campagne del basso Sannio) possedente una tenuta a suo dire molto “rurale”, asserendo che costui allevasse polli allo stato brado ed anche tacchini leggeri rossi, in quegli anni i miei impegni erano incentrati perlopiù sul recupero del tacchino Fulvo di Benevento; perciò decisi che era il caso di andar a fare una visita alla tenuta di questo allevatore, che poi negli anni sarebbe diventato uno dei maggiori artefici, per l’impegno nell’allevamento e nella riproduzione dei capi, del recupero delle razze avicole campane.
Giunto sul posto, la cosa che per prima mi colpì fu la conferma della ruralità nella quale venivano allevati gli animali da cortile: in piena libertà, liberi di vagare per la proprietà agreste, gli unici ricoveri ove gli animali potevano trovar rifugio dalle intemperie erano principalmente la stalla, ove venivano alloggiate anche le capre, e gli alberi di gelso; le deposizioni e le cove avvenivano nei cestini lasciati appesi lungo le pareti della stalla. I primi soggetti che osservai furono ovviamente i tacchini rossi, tuttavia riconoscendo in loro i classici ibridi rossi ad ala bianca molto diffusi nelle campagne italiche, mi concentrai sugli altri animali da cortile presenti, e tra i tanti polli alcuni in modo particolare attirarono la mia attenzione: soggetti in colorazione sparviero molto nervosi ed irrequieti, mi fissai a “studiarli” ed in loro, oltre alla colorazione color cenere che ricordava le antiche galline “Cicirinelle” (Cenerine nel dialetto locale, ossia color cenere), tanto citate dagli anziani allevatori delle aree Sannite, notai caratteri e forme mediterranee (cresta semplice, tarsi gialli, orecchione bianco, ecc.). Il tutto mi portò a pensare alla compianta razza Cucca o Cucula.
La mia mente corse subito ad un trattato del Cavalier Italo Mazzon (storico del secolo scorso studioso delle razze di polli) ove egli asseriva che polli italici in colorazione cucula erano diffusi in tutta la Penisola seppur con differenze regionali circa peso, stazza, tipo di barratura del piumaggio, ecc.
Il trio di Cenerine acquistate dall’allevatore che le aveva custodite (foto P. D’Ancicco – 2015)
Ne acquistai un trio composto da una coppia adulta ed una femmina più giovane; da quegli esemplari ottenni una discreta produzione il primo anno, tuttavia al secondo anno di allevamento notai che gli effetti della consanguineità, grazie alla quale l’allevatore aveva preservato per anni la purezza del ceppo, iniziavano a manifestarsi: difatti le schiuse successive diedero alla nascita esemplari molti deboli, gambe e dita storte, individui poco rustici resistenti alle malattie. Era evidente che il ceppo andava “rinsanguato”. Decisi così di chiedere all’amico Andrea Mangoni, biologo e grande conoscitore delle razze avicole italiane, il favore di cedermi uno dei suoi galli di razza Cucca veneta, ”cugina” dei soggetti del mio ceppo e rinvenuta da egli stesso nelle sue zone; l’amico Andrea mi fece pervenire il gallo alla prima occasione utile (Avincontro Reggio Emilia 2016); grazie al gallo in questione, accoppiato con alcune galline da me selezionate, il ceppo riacquistò vigore, dandomi prole rustica e resistente; da lì si partì per la costituzione di gruppi di “Cenerina” (così la ribattezzai in onore degli anziani allevatori Sanniti che ne avevano tramandato la memoria) sempre più numerosi e i problemi di consanguineità non si manifestarono più. Ad oggi la Cenerina è discretamente presente non solo negli allevamenti amatoriali campani ma anche in altre regioni ed è forse la più diffusa tra le razze avicole campane.
Coppia riproduttiva di Cenerine (foto e soggetti di P. D’Ancicco – 2018)
Pasquale D’Ancicco, presidente Razze Autoctone Campane e consigliere AIFAO.
E-mail: pasqualedancicco@live.it