Produzioni Biologiche: il ricorso avverso le decisioni degli Organismi di Controllo. Quando e come
di Nicolò Passeri
Introduzione
Le aziende che aderiscono al sistema di controllo e certificazione dell’Agricoltura Biologica (Reg. CE 834/07 ed Reg. CE 889/08) decidono volontariamente di sottoporsi ad un sistema di regole di derivazione comunitaria a cui si aggiungono disposizioni Nazionali e, da non dimenticare, obblighi di natura contrattuale legati agli impegni verso l’Organismo di Certificazione (OdC).
L’adesione all’Agricoltura Biologica si fonda quindi su tre diversi livelli di norme. Quando però, durante il rapporto di certificazione vengono rilevate delle Non Conformità, come definite del Decreto Dirigenziale del 26.09.14, spesso le aziende si trovano a dover far fronte a richieste senza avere chiaro la natura e l’origine e, in alcuni casi, anche a contestare le decisioni ed i provvedimenti maturati.
Obiettivo di questa breve nota è quello di fornire alcuni strumenti con cui far fronte alle richieste ed eventualmente decidere di disporre un ricorso avverso alle decisioni di un Organismo di Controllo in ambito Agricoltura Biologica.
La base documentale
Il documento basilare per l’accesso al Sistema dell’Agricoltura Biologica è la Notifica, derivato del fascicolo aziendale, da cui ne eredita informazioni e titoli quali: titoli di possesso sui beni gestiti ed ambiti entro cui si svolgono le attività inerenti l’Agricoltura Biologica.
Questo documento, gestito in parallelo al Fascicolo Aziendale è certamente la base entro la quale definire il profilo aziendale, la scelta dell’Organismo di Controllo e le attività che si intende sottoporre al controllo stesso.
Bisogna quindi tener presente che solo se le attività svolte sono ben perimetrate e le strutture definite, è possibile svolgere delle attività in ambito Biologico. Quindi, in questa sede, del tutto preliminare, le attività di un operatore trovano definizione tecnica. Incongruità o discrepanze possono invece essere oggetto di rilievo. Compete quindi agli operatori definire l’ambito entro quale muoversi fissando nel contempo i limiti da parte degli OdC.
A questo primo documento di sistema si associano e devono essere aggiornati periodicamente i piani annuali di produzione, documenti attestanti le potenziali produzioni dell’anno. Questi possono essere modificati ed aggiornati in corso d’opera e forniscono agli OdC l’ambito e la caratterizzazione delle attività: di coltivazione, allevamento e trasformazione nell’arco dell’anno.
In funzione dell’Organismo di Controllo scelto in Notifica, viene stipulato e deve essere conservato un contratto di certificazione con l’ente. Questo documento, seppur considerato complementare e avulso dalle pratiche ordinarie dagli operatori, rappresenta di fatto il documento con cui si impegnano al rispetto delle regole interne all’OdC, ovvero il documento con cui accettano le condizioni, le fasi amministrative e tutti i potenziali provvedimenti.
Il dettaglio delle attività amministrative, dei controlli e dei meccanismi legati ai provvedimenti interni è però demandato ai Regolamenti Tecnici degli Organismi, la cui adesione e applicazione è sottoscritta all’atto del contratto.
Bisogna quindi fare tesoro del contratto sottoscritto e tenersi aggiornati in merito alle modifiche del Regolamento Tecnico che possono avvenire, in conseguenza della Normativa Nazionale e Comunitaria o per esigenze interne dell’Organismo.
A tutti questi documenti si affianca quello più importante nel rapporto tra OdC e operatori, ovvero il documento di cui all’Art. 63 del Reg. CE 889/08, definito a seconda dell’Organismo di Controllo, Dichiarazione d’Impegno, Piano di Gestione, Relazione Tecnica, o altro ancora. Questo documento rappresenta la sintesi del rapporto tra Operatore ed OdC e definisce gli impegni cui gli operatori si assoggettano (in autocontrollo); contiene la descrizione della conduzione ordinaria e delle emergenze e dei rischi correlati alle attività svolte. Il primo adempimento per l’operatore è quindi redigere un documento che comprenda:
- una descrizione completa delle proprie attività;
- una definizione di tutte le misure concrete da intraprendere per garantire il rispetto degli impegni dello standard;
- una definizione di tutte le misure precauzionali da intraprendere per ridurre il rischio di contaminazione.
Questo documento d’impegno rappresenta la base del sistema qualità predisposto dall’operatore, che deve contenere alcuni elementi:
- il rispetto dello standard,
- l’impegno ad accettare infrazioni e irregolarità normate sul biologico,
- l’obbligo di informare gli acquirenti del prodotto biologico, nel momento in cui si verifichino delle anomalie.
Una volta redatto tale documento, l’Organismo di Controllo ha l’obbligo di controllare e verificare coerenza ed efficacia della dichiarazione in funzione del perimetro operativo e, nel caso, di segnalare eventuali carenze o incoerenze.
Questo passaggio rappresenta quindi il punto nevralgico entro il quale l’operatore definisce cosa fare e come fare per la sua attività, l’Organismo invece valuta efficacia e coerenza.
Durante le verifiche ispettive questo documento svolge la regia e tutela gli interessi sia degli operatori che dell’OdC; dovrebbe essere sempre aggiornato in funzione della dimensione e del numero di attività. Redigere questo documento in modo particolareggiato, equivale ad una più alta tutela degli operatori nel momento in cui dovessero verificarsi imprevisti che possano compromettere le conformità dei prodotti oggetto di certificazione.
Qualora infatti si verificassero eventi compromissori durante il processo di produzione, l’Organismo di Controllo dovrà svolgere le sue funzioni d’indagine e chiarire il coinvolgimento e le responsabilità in capo all’operatore. L’OdC verificherà se esiste una responsabilità diretta oppure se, dopo aver disposto tutte le misure precauzionali previste, la responsabilità dell’operatore è limitata o nulla.
Le misure precauzionali sono quindi la difesa preventiva, che richiede coerenza ed attuazione da parte degli operatori (da loro stessi definita), affinché si possa dare dimostrazione, in caso di sospetto, di comportamento adeguato in termini tecnici. Tanto più che se le misure preventive sono sottoscritte dall’OdC, queste sono state giudicate coerenti ed efficaci per l’operatore.
Per usare un parallelismo che spieghi il meccanismo di questo documento, si potrebbe pensare al Piano di Autocontrollo Igienico Sanitario (Reg. CE 852/2004), nel quale ciascun operatore del settore alimentare definisce le proprie regole di condotta, i propri punti critici di controllo ed i limiti di accettabilità per la definizione del rischio; l’Autorità preposta poi verifica coerenza ed efficacia del Piano e dispone eventuali revisioni.
Questo non significa che la dichiarazione d’impegno rimanga statica ed immutabile nel tempo, ma che anzi in funzione degli eventi e delle evoluzioni degli operatori debba essere plasmata e aggiornata.
Qualora questo documento fosse carente ed incompleto, perché superato rispetto alle attività svolte in termini sia gestionali che strutturali, a nulla potrà valere qualunque ricorso si voglia muovere.
Gli OdC all’atto del contratto forniscono dei modelli all’interno dei quali è possibile disporre gli elementi richiesti nell’Art. 63 del Reg. CE 08/889; deve essere cura degli operatori saper dedicare tempo e professionalità alla loro compilazione. Troppo spesso infatti, tenuto conto della possibilità di risposta in maniera generale ed estremamente sintetica (con una x), questi modelli sono trattenuti nelle aziende, senza che se ne comprenda il senso, se non in una circostanza di massima criticità, ovvero troppo tardi.
Gli operatori devono saper tutelare i propri interessi partendo proprio dalla definizione degli impegni che sono loro in prima persona a poter e dover dettagliare. Allo stesso tempo questo documento diventa un mezzo di discussione e tutela con l’OdC qualora si verificassero non conformità.
Dalla ratifica del provvedimento al ricorso
A seconda del tipo di sospetto/rilievo, possono essere adottati provvedimenti cautelativi (in funzione della gravità degli eventi), entro i quali l’OdC chiede e cerca controdeduzioni di parte, nonché una valutazione in contradditorio da parte degli operatori delle circostanze riscontrate. Questa possibilità è davvero molto utile e spesso, se utilizzata ed accolta, permette agli operatori di risolvere il caso in maniera elegante, anche agli occhi dell’OdC, utilizzando ad esempio perizie tecniche, o analisi interne effettuate in autocontrollo. L’inerzia degli operatori però spesso lascia sfuggire i termini di questa possibilità e l’OdC stabilisce un provvedimento definitivo.
Quando un operatore del biologico riceve la ratifica di un provvedimento significa che l’OdC ha emesso un atto a seguito di non conformità rilevate a carico dell’operatore, previste dal DM 15962 del 20 dicembre 2013, il provvedimento deve riportare:
- il codice della Non Conformità,
- la tipologia,
- una dettagliata descrizione della non conformità,
- l’indicazione della relativa misura,
- la decorrenza dell’applicazione della stessa,
- il riferimento alla partita e/o lotto di prodotto e/o le attività e/o l’unità produttiva e/o intera azienda.
Il provvedimento riporta i termini per la presentazione del ricorso e della proposta di azione correttiva, ove prevista; e indica inoltre i termini entro i quali l’OdC verifica il rispetto del provvedimento e del trattamento della non conformità.
L’operatore quindi, con la ratifica di un provvedimento, ha l’obbligo di trattare la Non Confromità e proporre all’OdC una possibile azione correttiva, che eviti che questa si verifichi nuovamente. L’OdC ha di contro l’obbligo di formulare un giudizio sull’azione correttiva proposta entro uno specifico termine, contenuto nel Decreto Dirigenziale del 26.09.14.
Indipendentemente quindi dalla possibilità di presentare un ricorso, bisogna dare seguito a questa prescrizione come se la “Non Conformità” fosse definitiva. Purtroppo il sistema vincola a questo adempimento, che se non seguito, lascia che l’OdC adotti un provvedimento più oneroso a carico dell’operatore, proprio per il mancato adempimento agli obblighi del primo.
La pratica del ricorso avverso
Fatta salva quindi la gestione amministrativa della Non Conformità si può pensare alla presentazione del ricorso. Chiaramente devono esistere dei validi presupposti per la presentazione. Chiarito quindi di essere adempiente rispetto alle condizioni base ed alle evidenze richieste ai fini della certificazione, si può intraprendere la strada del riscorso.
L’avvio è certamente la collazione dei documenti che nel tempo sono stati prodotti in ambito di certificazione: dichiarazioni d’impegno precedenti a quella in vigore, verbali ispettivi (completi della lista dei requisiti), analisi in autocontrollo, quaderni/registri di produzione e lavorazione oltre a regolamento tecnico di certificazione dell’OdC.
Raccolti tutti questi documenti è opportuno formalizzare una relazione tecnica di parte che chiarisca all’organo di valutazione interno all’Organismo stesso quali possano essere le ragioni per cui accettare il ricorso. Bisogna infatti mettere a fuoco che l’organo di valutazione del ricorso, per quanto indipendente è interno all’Organismo di Controllo, questo sta a significare che non basta manifestare una ipotesi quantomeno inopportuna di ingiustizia subita, quanto invece rappresentare un quadro chiaro ed esaustivo per il quale il provvedimento di Non Conformità deve essere riconsiderato. Tutti i documenti a supporto della tesi di difesa devono avere un valido fondamento (tecnico e scientifico), ovvero non sono sufficienti le interpretazioni tecniche di un perito, se non inquadrate alla luce delle normative multilivello di derivazione europea, nazionale e disposizioni interne dell’OdC in ambito Agricoltura Biologica.
Scrivere un ricorso significa quindi costruire, sulla conoscenza solida della base normativa di riferimento (purtroppo abbastanza articolata e sofisticata), un documento efficace e coerente con i compiti che può svolgere un organo di valutazione dei ricorsi interno all’organismo, che di fatto può rimettere in discussione una decisione consolidata.
Rimettere in discussione una decisione significa che, presi a riferimento i presupposti del provvedimento, il ricorso ha messo in luce la loro incoerenza, insussistenza ed inapplicabilità, attribuendo valore alle controdeduzioni mosse nel ricorso.
L’intero iter di valutazione e decisione in merito al ricorso è definito nel regolamento tecnico interno dell’OdC che, sulla base del contrato firmato, è stato accettato dall’Operatore. Prima quindi di intraprendere altre strade che richiedano la valutazione giurisprudenziale di un tribunale, è opportuno che gli Operatori si interroghino sulla valenza delle proprie ragioni in relazione alle prescrizioni/obblighi/adempimenti che hanno sottoscritto e che dovrebbero aver mantenuto; si interroghino sulle ragioni dei provvedimenti adottati, valutino con coscienza la concreta sussitenza dei presupposti per la presentazione di un ricorso interno all’OdC.
Proprio perché la materia ha diversi livelli di gestione normativa, è bene chiarire che
- bisogna conoscere e rispettare le regole;
- verificare che queste regole siano state applicate anche dagli OdC;
- verificare che queste abbiano trovato un’interpretazione coerente rispetto ai principi comunitari.
La strada del giudizio di un tribunale, che può rivedere le decisioni dell’OdC, ancorché prese a qualunque livello, può essere perseguita solo qualora siano accertate evidenti condizioni di carenza dei presupposti. In questo scenario infatti, ancor più che nelle fasi extra-giudiziali deve essere chiara la base normativa di riferimento, il rispetto dei principi e le eventuali mancanze riscontrate. La competenza del tribunale dovrà essere verificata, oltre che da un punto di vista tecnico, anche con un legale per definire quale sede di giudizio sarà la più opportuna in funzione del merito dell’azione giudiziaria da muovere: dall’inadempienza contrattuale, al pregiudizio del danno, fino alla distorta interpretazione delle norme. Alternative che possono avere modalità e sedi differenti per essere valutate.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.