Obbligo della sede di stabilimento: termine per lo smaltimento delle etichette non conformi prossimo alla scadenza
di Daniele Pisanello e Erika Stifani
Si avvicina il 15 marzo 2018, data dopo la quale le etichette non conformi al nuovo Decreto Legislativo 15 settembre 2017 n. 145, recante la disciplina dell’indicazione obbligatoria nell’etichetta della sede e dell’indirizzo dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento non potranno più essere utilizzate. Le sanzioni, anche se di natura amministrativa, sono piuttosto pesanti: 2.000 euro a 15.000 euro.
Come noto, questo decreto ha reintrodotto l’obbligo di indicazione in etichetta della sede di produzione/confezionamento: si tratta di un obbligo che, però, vale esclusivamente per i prodotti alimentari preimballati, fabbricati in Italia e destinati al consumatore finale o alle collettività in Italia. Se il prodotto è chiaramente destinato al mercato francese, ad esempio, l’indicazione della sede potrà essere omessa.
La nuova disciplina merita attenzione in quanto carica di talune sfumature; se gli alimenti sono preimballati e destinati a una collettività per esservi preparati, trasformati, frazionati o tagliati, l’indicazione in esame potrà essere riportata sui documenti commerciali e sempre che tali documenti accompagnino l’alimento cui si riferiscono o siano stati inviati prima o contemporaneamente alla consegna; lo stesso vale per i prodotti preimballati commercializzati in una fase precedente alla vendita al consumatore finale, la cui indicazione, una volta apposta sui documenti commerciali, consentirebbe all’acquirente di adempiere a sua volta all’obbligo di etichettatura in parola.
Il decreto non fornisce una definizione di sede di confezionamento, nonostante l’obbligo sia riferito alternativamente a quella “di produzione” o, se diversa, “di confezionamento”; sembrerebbe quindi che, in caso di diversità, si dovrebbe indicare l’ultima sede, quella di confezionamento. Tale lettura è consonante alla finalità sanitaria che il legislatore ha inteso riconoscere a questo obbligo e cioè quella di favorire una migliore capacità di rintracciabilità degli alimenti insicuri.
Vi sono poi alcune deroghe: l’indicazione obbligatoria in esame può essere omessa se:
- la sede dello stabilimento coincide con la sede dell’operatore del Settore Alimentare Responsabile delle Informazioni (OSARI), già indicato in etichetta ai sensi dell’art. 9, para. 1. lett. h) del reg. n. 1169/2011;
- per i prodotti di origine animali preimballati su cui sia riportato il marchio di identificazione di cui al regolamento n. (CE) 853/2004 o della bollatura sanitaria ai sensi del reg. 854/04.
- se l’informazione relativa alla sede dello stabilimento è comunque contenuta all’interno di un marchio di impresa riprodotto sull’etichetta.
Pertanto, fuori dalle ipotesi appena sopra menzionate, in caso di inadempimento all’obbligo introdotto dal presente decreto sono previste, salvo che il fatto costituisca reato, sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.
Daniele Pisanello è avvocato consulente in Diritto Alimentare, fondatore e managing Partner di Lex Alimentaria Studio Legale Associato (Pisa e Firenze), www.lexalimentaria.eu; Regulatory Expert per primaria società di consulenza regolatoria statunitense. E-mail: pisanello@lexalimentaria.eu
Erika Stifani, dottoressa in Legge, praticante avvocato presso lo studio LEX ALIMENTARIA.