La solarizzazione
di Eugenio Cozzolino
Nell’immagine è riportato il frontespizio della pubblicazione del Prof. Katan et al. dove si parla per la prima volta di solarizzazione. Il lavoro fu sottoposto all’esame scientifico e alla critica attraverso una pubblicazione su Phytopathology nel 1976.
La pubblicazione descrisse dettagliatamente il metodo, i suoi principi e il suo potenziale nel controllo delle malattie e delle erbe infestanti in condizioni reali. La solarizzazione consiste nel sottoporre il suolo, opportunamente lavorato, bagnato e pacciamato con film plastico trasparente, all’azione benefica della radiazione solare per un cospicuo numero di giorni nella stagione calda. L’innalzamento termico nel terreno dovuto all”effetto serra è responsabile di una serie di fenomeni positivi per le coltivazioni successive. La solarizzazione è un’agrotecnica ecocompatibile, economica e di facile esecuzione. La riuscita del trattamento dipende oltre che dalle temperature raggiunte dal terreno anche dall’attenta esecuzione di tutte le fasi che lo compongono.
In cosa consiste
La solarizzazione si può effettuare sia in pieno campo che in serra; la tecnica della solarizzazione si effettua mediante la copertura del terreno con film plastico trasparente che deve essere in possesso di una elevata resistenza meccanica, con spessori di 25-50 micron e una capacità termica che esalti totalmente l’effetto serra al suolo. La quasi totale trasparenza a tutto lo spettro solare e l’elevata opacità alla radiazione IR emessa dal suolo sono caratteristiche indispensabili per un film per solarizzazione. In ambiente protetto, serra o tunnel, l’effetto solarizzazione è esaltato in quanto, oltre alla copertura del terreno con pacciamatura, vi è la copertura della serra stessa.
Ovviamente la solarizzazione si esegue nel periodo più caldo dell’anno, giugno-agosto, per circa 30-40 giorni.
È stato dimostrato che la solarizzazione è efficace se la temperatura supera per un periodo di tempo sufficientemente lungo il valore di 37-40°C, generalmente riconosciuto come soglia termica minima per una significativa riduzione del carico dei microrganismi dannosi. Le ricerche finora condotte hanno permesso di accertare che essa è in grado di assicurare un più o meno efficace controllo di fitopatogeni e fitoparassiti tellurici (Pyrenochaeta lycopersici, Verticillium dahliae, Fusarium oxysporum f.sp. melonis, Fusarium oxysporum f.sp. radicis-lycopersici, Sclerotinia spp., Rhizoctonia spp., Phoma lycopersici, Phytopthora capsici) nonché di numerose infestanti, ivi comprese Orobanche spp., di influenzare la nodulazione simbiotica radicale delle leguminose, di migliorare le condizioni di nutrizione del terreno, di incrementare l’accrescimento e le produzioni areiche delle specie coltivate. In alcune esperienze è stata messa in luce una attività verso le larve di Agriotes (ferretti) mentre, nei confronti dei nematodi galligeni del genere Meloydogine, i risultati non sono stati sempre ottimali. Prima di procedere, occorre eliminare i residui di vegetazione della coltura precedente, lavorare il terreno alla profondità di 30 cm, e affinarlo bene. Durante le lavorazioni del terreno sarebbe opportuno somministrare e interrare sostanza organica che libera per fermentazione composti volatili (ammoniaca, composti solforici, isotiocianati) ed altre sostanze ad azione tossica verso la carica patogena tellurica.
Successivamente, occorre predisporre un impianto irriguo con ali gocciolanti, e subito dopo bisogna coprire il terreno con film plastico cercando di far aderire quanto più possibile il film al terreno ed interrando i bordi con cura, specialmente quando si opera in pieno campo. Infine, è necessario irrigare il terreno e portarlo alla capacità di campo. A fine solarizzazione bisogna evitare rivoltamenti di strati profondi di terreno. Ciò per evitare di portare in superficie strati di terreno probabilmente infetti, non sottoposti all’azione del calore. Il trattamento non provoca ‘vuoto biologico’, favorisce la sopravvivenza di batteri PGPR (Plant Growth Promoting Rhizobacteria), funghi e attinomiceti antagonisti, etc.
Solarizzazione effettuata su un orto domestico
I punti critici
Le principali motivazioni che, allo stato attuale, limitano la diffusione di questa tecnica sono:
- Durata (circa 45 giorni); spesso è considerata una causa ostativa per fare solarizzazione; in coltura protetta, con gli elevati costi di investimento, l’imprenditore cerca di avere un tempo di inattività quanto più breve possibile, ed attualmente diversi mezzi chimici consentiti sono caratterizzati da rapidità di esecuzione, bassi residui sulle colture e costi sostenibili.
- Minore efficacia in pieno campo.
- Efficacia legata all’andamento climatico.
I punti a favore
- Approccio integrato al terreno considerato come un ‘ecosistema complesso
- Integrabile con altri prodotti
- Buona efficacia
- Tecnica utilissima in orticoltura in coltura protetta nel caso di aziende biologiche
- Aspetto economico
- Ridotto impatto ambientale
La tecnica della solarizzazione, sebbene nota da tempo a molti agricoltori, spesso non è stata presa in seria considerazione perché in passato si è fatto largo uso dei fumiganti.
In un contesto politico e sociale nel quale vi sono sempre maggiori spinte dall’Unione Europea, con la progressiva revoca delle sostanze attive comunemente utilizzate come fumiganti e dalla GDO con la richiesta di un prodotto sempre più ecosostenibile, la solarizzazione si ripropone con attualità come una tecnica capace di assicurare risultati economicamente validi agli imprenditori agricoli.
Riferimenti bibliografici
https://agronotizie.imagelinenetwork.com/speciali/colture-protette-serre-difesa-tecnica/1431
http://www.fritegotto.it/News-La-solarizzazione/
http://www.ccr.unict.it/pom/descrizione.html#contenimento
» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica – num. 9 Luglio 2018 «
Eugenio Cozzolino: Laurea in Scienze Agrarie, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo. Componente della “Lista nazionale degli ispettori preposti al controllo degli enti od organismi riconosciuti idonei ad effettuare le prove ufficiali ai fini della registrazione dei prodotti fitosanitari” istituita dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Dipendente dal 1987 nel ruolo tecnico del Mipaaf e successivamente come Collaboratore tecnico nei ruoli del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) divenuto CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) a partire dall’anno 2015. E’ autore di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e divulgative. Curriculum vitae >>>