di Thomas Vatrano
La concimazione è una pratica colturale ormai nota da tempo. Basti pensare ai lavori di Justus Liebig (1840), il quale dimostrò che le piante avevano bisogno di elementi inorganici come azoto, fosforo e potassio per crescere, quindi la chimica dei fertilizzanti ebbe un vigoroso sviluppo. Però, prima della disponibilità di concimi minerali, la fertilizzazione dei terreni avveniva con lo spargimento di sostanze organiche derivanti dalle deiezioni liquide e solide degli animali allevati. Ma con l’industrializzazione delle coltivazioni, tali sostanze non riuscirono a sopperire alle ampie richieste di concimazione. Ecco la nascita dei primi perfosfati minerali e sali potassici nel 1850, i quali diedero vita ad una escalation industriale dell’industria dei fertilizzanti chimici.
Fabbrica di concimi chimici (tratta da https://sites.google.com/site/cartolinedipiazzolasulbrenta)
L’uso massiccio dei fertilizzanti chimici, nel corso degli anni, ha determinato uno squilibrio nella fertilità del suolo, il deterioramento della struttura fisica, l’accumulo di sali con secondaria salinizzazione ecc. (Hernàndez et al., 2014; Lu et al., 2011). Nelle condizioni climatiche del Bacino del Mediterraneo, caratterizzato da temperature estive elevate, e a causa della intensificazione delle coltivazioni, è aumentata la decomposizione della sostanza organica, attraverso l’aumento del suo tasso di mineralizzazione annua.
Questo depauperamento in sostanza organica è considerato essere uno dei maggiori processi della degradazione del suolo (Diacono and Montemurro, 2010).
La gestione della fertilizzazione in ambito biologico richiede la conoscenza delle materie prime di origine, ossia della velocità di rilascio degli elementi nutritivi del prodotto commerciale utilizzato, in modo da essere in grado di somministrarlo all’epoca opportuna onde evitare perdite. Per fare un esempio, i prodotti a base di sangue secco o carniccio sono solubili e facilmente mineralizzabili, tanto da essere lisciviati in caso di precipitazioni dilavanti, mentre quelli a base di pelli e crini idrolizzati o cornunghia non solo solubili e sono mineralizzati in tempi più lunghi, anche alcuni mesi, così da essere protetti dal dilavamento. Spesso le aziende produttrici di fertilizzanti formano delle miscele per riuscire ad avere degli effetti di rilascio a più ampio spettro.
La velocità di rilascio degli elementi nutritivi non è prevedibile con precisione, variando anche in funzione di temperatura, umidità del suolo e disponibilità di ossigeno, che sono in parte controllabili dall’agricoltore.
In uno studio di Roussos P.A. et al. (2017) sono stati osservati gli effetti di fertilizzanti commerciali su due varietà di olivo greche (Koroneiki e Konservolia).
L’utilizzo del concime organico ha avuto un effetto significativo su diverse proprietà del suolo. Ha ridotto il pH nel confronto con il trattamento chimico, probabilmente dovuto all’azione acidificante nel processo di nitrificazione dello ione ammonio (NH4+), con la produzione di gruppi fenolici e carbossilici durante la decomposizione del materiale organico (Chang et al., 1991; Garcia-Ruiz et al., 2012).
Nello studio di Francioli D. et al., (2016) sono stati valutati gli effetti di diversi regimi di fertilizzazione (minerale, organica e combinata) sulla struttura del terreno e attività del microbioma. I parametri del suolo sono stati fortemente influenzati dall’applicazione a lungo termine dei fertilizzanti sopraccitati. Il ripetuto utilizzo del concime organico ha influenzato i diversi parametri nel seguente modo: lieve abbassamento del pH, aumento del carbonio organico, maggiore aumento rispetto a quello registrato con i concimi minerali; il fosforo disponibile per le piante era nettamente superiore rispetto all’organico ed infine anche la biomassa microbica era nettamente superiore utilizzando il concime organico. Tutti i parametri valutati erano superiori nella combinazione organico/minerale.
Concime organico pellettato (tratta da www.giardinaggio.org)
Anche nel lavoro di Rutkowska B. et al. (2014) sono stati valutati gli effetti di una concimazione inorganica e organica a lungo termine, sulle proprietà fisico-chimiche del suolo. Anche in questo caso l’applicazione di concime organico ha dato leggere variazioni di pH e aumento nel tenore di sostanza organica. La maggior parte dei microelementi era aumentata nei suoli il cui pH è stato precedentemente abbassato in funzione dell’applicazione dei concimi minerali. Per quanto concerne il contenuto in zinco, quest’ultimo è risultato aumentato in seguito alle somministrazioni di letame.
Il contenuto di boro e molibdeno disponibili era il più basso nei terreni trattati con il concime minerale, mentre è stato registrato un suo aumento nei terreni trattati con il letame.
La fertilizzazione in toto ha influenzato significativamente la concentrazione di microelementi nella soluzione circolante. La più bassa concentrazione di Boro e molibdeno della soluzione circolante è stata registrata nei terreni trattati con concimi minerali.
Il pH ha un forte effetto sul processo di assorbimento e rilascio di ioni manganese all’interno della soluzione circolante (Reddy et al. 1997). La disponibilità di molibdeno per le piante diminuisce con l’aumentare del pH (Smith et al. 1997). In suoli acidi e neutri, il boro si presenta principalmente sottoforma di idrossido, il quale si fissa su particelle colloidali del suolo. La sostanza organica mostra un’alta abilità nell’assorbimento del suolo. Tale fenomeno si intensifica con l’aumento del pH. La lunga applicazione con il letame ha avuto un effetto sulla diminuzione delle concentrazioni di rame e manganese, così come un aumento nella concentrazione di ferro e zinco.
L’Agricoltura Biologica è in forte crescita: un prodotto biologico per essere considerato tale deve essere prodotto rispettando le precise regole descritte dalla normativa, tra cui Regolamento n.834/2007.
Un prodotto derivante da Agricoltura Biologica spunta un prezzo più alto sul mercato dovuto proprio alla sua salubrità, pertanto il consumatore ha diritto di essere tutelato da frodi, in particolare modo sull’assenza di residui da pesticidi o eventuali accumuli da nitrato nelle colture. Fare Agricoltura Biologica, deve essere prima una vocazione, il rispetto degli agro-ecosistemi, la conservazione della fertilità dei suoli, la tutela della biodiversità sono elementi fondamentali per chi opera in questo settore. Spesso molti prodotti spacciati come biologici (organic) sono realmente coltivati in modo convenzionale, utilizzando, tra i diversi mezzi tecnici, concimi minerali.
Nello studio di Benincasa C. et al., (2018) sono state misurate le differenze/variazioni degli isotopi stabili di azoto (N) per determinare l’uso di fertilizzanti organici o sintetici nell’uliveto.
Durante le trasformazioni chimico-fisiche, nel materiale vegetale, si genera un processo chiamato frazionamento isotopico che porta ad una variazione della composizione isotopica di elementi leggeri in essi contenuti. La latitudine, come l’origine geografica, sono tra i fattori dominanti di questo processo. L’azoto è uno dei principali elementi costitutivi del materiale vegetale avendo due differenti isotopi stabili. L’abbondanza naturale di questi isotopi, 15N e 14N, in rapporto agli standard internazionali (azoto molecolare atmosferico) è 99,63% e 0,37% rispettivamente. Diversi processi, sia biologici che geofisici, possono alterare il rapporto dei due isotopi (δ 15N); lo studio di queste alterazioni può portare a differenti conclusioni (Schmidt et al., 2005; Sturm et al., 2011; Laursen et al., 2013). In natura, l’azoto molecolare dell’atmosfera è trasformato attraverso processi fisici e anche dall’attività di microrganismi. Le forme presenti e disponibili nel suolo sono la forma nitrica e ammoniacale (azoto inorganico), amminoacidi e proteine (azoto organico). Tuttavia, la profondità del suolo, vegetazione e il clima influenzano i valori del δ 15N nel suolo. Infatti, in un suolo con alte pendenze il processo di denitrificazione porta ad un esaurimento dell’isotopo 15N. Al contrario, stress idrico e la prossimità al mare comporta un arricchimento dello stesso isotopo nel suolo. Lo stabile rapporto isotopico di azoto nelle piante è tra -0,28% e 7,1% (Camin et al., 2007; Moreno-Rojas et al., 2008). Nel terreno agrario il contenuto di 15N è influenzato dalle pratiche di fertilizzazione. Un uso intenso di fertilizzante organico porta ad un arricchimento nei composti azotati del suolo i cui valori rientrano in un range tra +2 % e 30% (15N) (Kreitler and Jones, 1975). Questo range molto ampio del valore di δ 15N è dovuto alla differente origine del fertilizzante organico (Bateman et al., 2007; Flores et al., 2007; Camin et al., 2007; Rogers, 2008). I fertilizzanti artificiali, invece, prodotti attraverso la fissazione di azoto atmosferico (urea, ammoniaca e nitrati di potassio), hanno valori di δ 15N compresi in un ristretto range di -4 e +4%.
Le leguminose e le azoto fissatrici, come l’erba medica, più prevalentemente in suoli meno fertilizzati, usano, come sorgente di azoto, quello atmosferico isotopicamente più povero e pertanto, con valori più bassi di 15N, intorno allo 0%. (Yoneyama T., 1995).
In questo studio sono stati analizzati diversi campioni costituiti da drupe e foglie di olivo, non si è tenuto conto delle informazioni del 15N del suolo e i fertilizzanti somministrati e la composizione isotopica di azoto ottenuta dalle analisi di quattro tesi hanno mostrato che è possibile distinguere colture coltivate in biologico e convenzionale.
Inoltre, i dati ottenuti rappresentano un’applicazione al caso dell’olivo e hanno permesso di concludere quali ulivi analizzati fossero stati coltivati con concime organico e quali con il concime minerale, attraverso la misurazione della composizione isotopica dell’azoto. La misurazione della composizione isotopica dello stesso potrebbe essere suggerita come potenziale misuratore per valutare l’autenticità delle drupe (e col tempo magari per tutti i prodotti dell’agricoltura).
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Thomas Vatrano – Laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie nel 2007 presso l’Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria. Conseguito il titolo di Dottore di Ricerca, in Scienze Farmaceutiche, presso l’Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro – A.A. 2014-15. Durante il Dottorato di Ricerca si è specializzato nell’identificazione varietale in olivo e la rintracciabilità molecolare dell’olio d’oliva attraverso l’utilizzo di marcatori molecolari SSR. Ha collaborato con il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA) Centro di Ricerca per l’Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (CREA-OFA), dove si è occupato di sperimentazione di portinnesti nanizzanti da adattare al sistema di allevamento superintensivo. Attualmente svolge l’attività di consulente tecnico per conto di Organazoto fertilizzanti SpA. E-mail: thomasvatrano@gmail.com