I derivati climatici in agricoltura: un tentativo di applicazione in Italia
di Diego Terranova
Fiume Serio in piena (fonte: meteofulvio.blogspot.com)
Introduzione
Di derivati climatici abbiamo già parlato in un precedente articolo (http://www.rivistadiagraria.org/articoli/anno-2017/derivati-climatici-la-possibile-applicazione-agricoltura): sono contratti finanziari (come le opzioni e i futures) con caratteristiche che li fanno assomigliare a un’assicurazione. Esempio: un agricoltore (o un’associazione agricola) e un ente finanziario si accordano in questo modo: l’agricoltore a gennaio paga un premio di 1000 € all’ente finanziario, e quest’ultimo si impegna, dopo luglio, a corrispondere all’agricoltore una somma di denaro proporzionale ai millimetri di pioggia eccedenti una quantità prefissata, rappresentante il totale della pioggia caduta a giugno e luglio che l’agricoltore considera dannoso superare: in sostanza l’agricoltore si sta assicurando contro l’eccesso di pioggia nel periodo giugno – luglio. Le variabili climatiche che entrano in un derivato climatico possono essere le più varie: l’appena citato livello pluviometrico, il livello idrometrico di un fiume, la temperatura ecc.; l’agricoltore e l’ente finanziario dovranno anche specificare, nel contratto, l’ente meteorologico scelto per la rilevazione dei dati.
Uso attuale dei derivati climatici
I derivati climatici sono attualmente usati principalmente dalle aziende produttrici di energia (gas ed elettricità) per assicurarsi contro inverni ed estati anomale (estati fredde con conseguente scarso uso dei condizionatori e inverni caldi con scarso uso del riscaldamento), con la temperatura come variabile climatica; saltuariamente ci sono stati esempi di utilizzo anche da parte di aziende di tipo diverso, come ad esempio il derivato sulla temperatura stipulato in Italia da Fonte Tavina (acque minerali) e Banca Popolare di Sondrio nel 2003 (contro la possibilità di un’estate fredda e conseguenti scarse vendite). Un campo di applicazione naturale dei derivati climatici sarebbe l’agricoltura, e in effetti ci sono state applicazioni di questi contratti in paesi del “terzo mondo” (ad esempio in Marocco, con variabile climatica temperatura e contro la siccità); l’uso dei derivati è stato reso necessario dalla mancanza, in questi paesi, di un’adeguata rete assicurativa. In USA e Canada c’è una rilevante attività di ricerca accademica rivolta all’applicazione di questi contratti all’agricoltura, ma si ha l’impressione che il passaggio dalla teoria alla pratica sia per ora assai scarso, se non assente. Interessante risulta quindi il tentativo, fatto in Italia dal Condifesa Alessandria (http://www.codial.it), e del quale parlerò in questo articolo, di progettare un derivato climatico legato al livello idrometrico dei fiumi Po, Tanaro e Bormida, allo scopo di assicurare le coltivazioni in area golenale della provincia di Alessandria.
I problemi delle coltivazioni in area golenale
Ricordiamo che la golena è la zona compresa fra la riva di un fiume e il suo argine; è una zona molto fertile a causa del materiale limoso che viene depositato su di essa dopo le esondazioni (si pensi al famoso limo fertile del Nilo) e, per questa ragione, ospita spesso terreni coltivati. Il rovescio della medaglia consiste nel fatto che gli allagamenti della golena, relativamente frequenti, procurano anche danni alle colture e, per questa ragione, le zone golenali sono escluse dalle polizze assicurative contro i danni da alluvione. La problematica è spiegata bene in questo articolo: http://www.alessandrianews.it/provincia/un-progetto-assicurare-coltivazione-aree-golenali-6690_p.html, dove i proprietari di terreni in zona golenale sono definiti “cornuti e mazziati”: le esondazioni li danneggiano più frequentemente di chi ha il terreno fuori dalla golena, ma questi ultimi hanno la possibilità di assicurarsi e loro no. L’articolo, datato 30 gennaio 2012, tratta del progetto di fattibilità di un’assicurazione per i terreni in golena della provincia di Alessandria: chi scrive aveva già avuto contatti col dott. Marco Castelli, direttore del Condifesa Alessandria e coinvolto in questo progetto, e quindi, dopo aver trovato questo articolo online ma non anche altri articoli conseguenti, ha ricontattato il dott. Castelli per sapere come la cosa era andata a finire. Purtroppo il progetto non ha avuto seguito (almeno per ora), per le ragioni che ora chiarirò, dopo una descrizione un po’ più dettagliata della sua strutturazione, che coinvolge i derivati climatici.
Il progetto del Condifesa Alessandria per assicurare i terreni in area golenale
Ricordiamo che i Condifesa sono associazioni di agricoltori che gestiscono le assicurazioni agricole trattando direttamente con le compagnie assicurative e con lo Stato per quanto riguarda i sussidi alle polizze: le polizze assicurative agricole sono infatti sempre sussidiate a causa dei prezzi elevati richiesti dalle assicurazioni; il sistema dei sussidi statali all’attività di gestione dei rischi agricoli sarà descritto brevemente nel seguito dell’articolo. Ma veniamo all’idea del Condifesa Alessandria: l’idea consisteva nell’utilizzare un derivato climatico legato al livello idrometrico di un fiume. Esempio: gli agricoltori della zona golenale del Tanaro pagano, collettivamente, 100.000 € a un ente finanziario, e quest’ultimo si impegna, nel caso il livello idrometrico del Tanaro superi una soglia prefissata, a pagare un importo proporzionale all’entità del superamento agli agricoltori. Supponiamo poi che, nell’anno assicurato, il Tanaro effettivamente esondi e l’ente finanziario debba pagare 1.000.000 € ai coltivatori: sarà poi compito del Condifesa, in qualità di mediatore, distribuire questo milione fra i danneggiati dalla piena in proporzione ai danni subiti. Indubbiamente un progetto intelligente, a opinione di chi scrive, e rispondente anche agli incoraggiamenti dell’Europa di costituire fondi comuni contro i rischi agricoli, ma che purtroppo per ora è fermo. Il Condifesa Alessandria ha infatti contattato una compagnia leader mondiale nel campo delle riassicurazioni, presentando i dati storici dei livelli idrometrici dei fiumi coinvolti: purtroppo i dati sono stati giudicati insufficienti dai manager della riassicurazione e il progetto si è fermato.
E’ possibile, con opportune modifiche, rendere il progetto appetibile alle assicurazioni?
Chi scrive ovviamente pensa di sì, con opportune modifiche. Nel seguito dell’articolo verranno esposte le motivazioni di questo ottimismo.
Il sistema degli aiuti statali alle assicurazioni agricole
Prendiamo due compagnie assicurative; la prima assicura 1000 automobili e la seconda 1000 campi agricoli posti nella stessa zona geografica. I premi assicurativi richiesti dalla seconda saranno necessariamente molto più alti di quelli richiesti dalla prima, per un semplice motivo: un incidente di un’automobile non influenza minimamente la probabilità che un’altra automobile ne abbia uno, ma ciò non vale per due campi agricoli, se sono vicini: un temporale danneggerà entrambi! Per questo motivo, chiamato tecnicamente “correlazione positiva dei rischi”, le polizze agricole costano proibitivamente di più, e pertanto c’è bisogno di un sistema di aiuto statale (presente in tutti i paesi). In Italia il MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo) eroga contributi agli agricoltori per il pagamento delle polizze assicurative; in più, tramite il suo ente ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), funge da riassicuratore per le compagnie assicurative titolari dei contratti di assicurazione.
Considerazioni matematiche sulle assicurazioni
E’ opportuno richiamare due nozioni elementari di statistica: la media e lo scarto quadratico medio (nel seguito chiamato anche brevemente “variabilità”). Prendiamo i numeri 3, 4 e -3 (si potrebbe pensare a un investimento i cui possibili risultati finanziari siano 3 o 4 migliaia di euro come eventuali ricavi e 3 migliaia di euro come perdita): sommando i 3 numeri e dividendo per 3 si ottiene la media aritmetica (= 2). Prendiamo poi le 3 differenze dalla media (1, 2, 5), eleviamole al quadrato (1, 4, 25), sommiamo e dividiamo per 3 (= 10; questo numero è detto varianza) e infine estraiamo la radice quadrata della varianza (circa 3,162): questo è lo scarto quadratico medio (variabilità). Il procedimento per trovare media e variabilità si estende a un numero qualsiasi di valori numerici; pensando questi valori come risultati di un investimento sorge allora il problema: è preferibile un investimento con media 10 e variabilità 15 o uno con media 8 e variabilità 4? La statistica teorica esamina in modo approfondito la tematica delle scelte fra investimenti, ma in questo semplice esempio è chiaro che il secondo è preferibile al primo, perché il primo, pur essendo superiore nella media, ha una grossa variabilità, che implica maggiori perdite potenziali.
Come ragionano le assicurazioni?
In modo diverso a seconda dei rischi da assicurare: nel seguito daremo esempi (molto) semplificati di tre tipi diversi di assicurazione: 1) assicurazione per rischi indipendenti (esempio: sinistri delle automobili); 2) assicurazione per un rischio agricolo (esempio: eccesso di pioggia); 3) assicurazione contro esondazione di fiume in area golenale (non ancora esistente …… per ora).
Assicurazioni per rischi indipendenti
Supponiamo di avere 1000 automobilisti, ciascuno dei quali all’incirca ogni 5 anni ha un incidente del valore di 5 (migliaia di euro). Ciò significa che c’è una probabilità di 1/5 (= 0,2), per l’assicurazione, di dover pagare 5 all’automobilista, in caso di incidente, e di 4/5 (= 0,8) di non dover pagare nulla. Se l’assicurazione chiedesse 1 ogni anno al cliente come premio assicurativo avremmo un cosiddetto “gioco equo” fra assicurazione e assicurato, ma ciò ovviamente non può piacere all’azienda, esattamente come, nei casinò, il giocatore che punta sul rosso ha una probabilità inferiore a 1/2 (perché c’è lo zero) di vincere, e infatti sui grandi numeri il banco vince sempre. L’assicurazione, quindi, aumenterà il premio di un piccolo carico (diciamo 0,1), che quindi diventerà 1,1: una somma non eccessiva, tale da risultare preferibile, per l’assicurato, al rischio di pagare 5, ma anche accettabile per l’assicurazione, grazie alla legge dei grandi numeri. Supponiamo che l’azienda ragioni su un orizzonte temporale di 5 anni: in questi 5 anni incasserà con certezza 5500 (1000 di incasso annuale X 1.1 X 5 anni) e dovrà pagare (ce lo dice la statistica teorica, con calcoli anche semplici) un esborso con media 5000 e variabilità 141,4: il guadagno potenziale avrà allora media 500 (= 5500 – 5000) e variabilità 141,4: un ottimo risultato, considerando che, con semplici calcoli, si può dimostrare che la probabilità di andare in perdita è inferiore a 0,0002 (2 su 10000). E’ evidente che le assicurazioni con rischi indipendenti non hanno alcun bisogno di sussidi statali.
Assicurazioni per rischi correlati positivamente
Supponiamo di avere 1000 campi agricoli posti nella stessa zona geografica, e di volerli assicurare contro l’eccesso di pioggia; quando arriva un forte temporale un grosso gruppo di campi vicini subirà un eccesso di pioggia, mentre gli altri potranno avere pioggia moderata o anche nessuna pioggia. Supponiamo che sia 0,6 la probabilità che, nella zona geografica sede dei campi, non ci siano forti temporali in un certo anno; si avrà allora un forte temporale con probabilità 0,4, che darà eccesso di pioggia su un certo numero di campi vicini. Si può supporre che, in caso di grosso temporale, i campi danneggiati siano in numero da 250 a 750, con uguale probabilità sul numero dei campi; poiché, se si verifica un danneggiamento di, ad esempio, 500 campi, il campo x di proprietà del signor y può essere danneggiato oppure no, si può calcolare che la probabilità di danneggiamento, per questo campo specifico, è pari a 0,2, cioè si ha in media un danneggiamento ogni 5 anni per ogni singolo campo, come nell’esempio delle automobili. Se anche questa volta il danneggiamento vale 5 (migliaia di euro), con calcoli probabilistici abbastanza semplici si ottiene che, su un orizzonte temporale di 5 anni, l’assicurazione dovrà pagare una somma di media 5000 (come nel caso delle automobili) e variabilità 2923,3 (molto maggiore!). Se ora l’assicurazione facesse pagare 1,1 a ogni proprietario avrebbe, alla fine dell’anno, un’entrata di media 500 e variabilità 2923,3, altamente insoddisfacente. L’assicurazione dovrebbe far pagare almeno 1,6, con un’entrata di media (la variabilità non cambia) pari a 3000 (= 1000 X 1,6 X 5 – 5000). Con un premio così alto, però, nessun agricoltore vorrebbe assicurarsi; subentra allora lo Stato, che sussidia l’agricoltore di 0,5 (l’agricoltore pagherà quindi 1,1, come nel caso dell’assicurazione per le automobili); lo Stato poi, riassicurando l’assicurazione, diminuirà anche l’elevata variabilità della sua entrata.
Assicurazione in blocco di 1000 campi in zona golenale, con un derivato climatico legato al livello idrometrico del fiume
Essendo questo un esempio puramente teorico, supponiamo che al superamento di un certo livello idrometrico nel corso dell’anno l’assicurazione paghi agli agricoltori, riuniti in associazione, una somma fissa di 1000 (migliaia di euro = un milione). Si calcola facilmente che, sul solito orizzonte temporale di 5 anni, l’esborso dell’assicurazione avrà media 5000 e variabilità 4472,1: una variabilità così grande da giustificare un rifiuto, da parte dello Stato, di fungere da riassicuratore, e anche di sussidiare i premi degli agricoltori, che dovrebbero a questo punto essere necessariamente elevatissimi. Chi scrive crede che il rifiuto del progetto del Condifesa Alessandria da parte dell’importante riassicurazione sia dovuto, oltre che alla scarsità di dati idrometrici per i fiumi piemontesi, anche a considerazioni sull’elevata variabilità degli eventuali esborsi.
Un problema irresolubile?
Chi scrive crede di no; vediamo nel seguito una possibile soluzione.
Una possibile soluzione: derivati climatici su più fiumi lontani fra loro
Supponiamo che l’assicurazione abbia stipulato 2 derivati climatici con due associazioni di agricoltori, ciascuna con 500 campi in area golenale su due diversi fiumi; i due fiumi siano abbastanza lontani, in modo da poter supporre che le loro condizioni metereologiche siano indipendenti. Si verifica che, posta pari a 0,2 la probabilità di esondazione nell’anno, sull’orizzonte di 5 anni l’esborso dell’assicurazione ha sempre media 5000, ma variabilità 3162,3, valore non molto lontano da 2923,3 dell’esempio dell’assicurazione contro l’eccesso di pioggia. Se poi i fiumi lontani fra loro fossero 4 o 10 (e quindi, rispettivamente, 4 associazioni agricole di 250 campi ciascuna, o 10 associazioni agricole di 100 campi) si verifica che, essendo sempre 5000 l’esborso medio, la variabilità sarebbe rispettivamente pari a 2236,1 e 1414,2. In questi casi teoricamente potrebbero essere sopportati anche errori dovuti alla scarsità di dati idrometrici: vediamo perché. Supponiamo che la scarsità di dati idrometrici per 10 fiumi abbia fatto supporre erroneamente una probabilità di esondazione di 0,2, essendo invece la probabilità reale pari a 0,25; l’esborso dell’assicurazione avrebbe allora media 6250 e variabilità 1530,9; con un premio di 1,6 l’entrata avrebbe media 1750 e stessa variabilità, situazione accettabile per l’assicurazione e pienamente riassicurabile da parte dello Stato.
Conclusioni
In questo articolo sono stati esaminati tre esempi, artificialmente semplificati, di tre tipi di assicurazioni contro i danni: due esistenti (contro rischi indipendenti e contro avversità atmosferiche) e uno per ora non esistente (esondazioni di uno o più fiumi). Pur nell’artificialità degli esempi è stata chiarita la necessità dei sussidi statali alle assicurazioni contro i rischi atmosferici; per quanto riguarda un’eventuale assicurazione contro le esondazioni dei fiumi, gli esempi fanno pensare quanto segue: un’assicurazione per un singolo fiume, o per fiumi vicini (ad esempio quelli della provincia di Alessandria), molto probabilmente non sarà mai presa in considerazione, perché sembra essere troppo rischiosa. Se però, con l’uso di derivati climatici legati ai livelli idrometrici, si assicurassero più fiumi fra loro abbastanza lontani, in modo da poter ritenere le loro vicende atmosferiche indipendenti fra loro, la rischiosità probabilmente diminuirebbe, in modo da rendere anche questo tipo di assicurazione sussidiabile dallo Stato. Chi scrive suggerisce quindi una linea di ricerca volta a verificare se, effettivamente, fiumi abbastanza lontani fra loro hanno livelli idrometrici che si comportano in modo indipendente: un esame delle serie idrometriche (negli stessi periodi di tempo) ad esempio di Po, Tagliamento, Arno, Tevere, Volturno sarebbe semplice e utile, magari includendo qualche fiume estero in vista di un’eventuale cooperazione internazionale.
Diego Terranova, docente di matematica e fisica in un liceo di Lodi, ha svolto consulenze di statistica e matematica applicata per aziende ed enti pubblici, ed ha usufruito di vari anni di congedo retribuito dall’insegnamento per svolgere attività di ricerca in varie università italiane. Da qualche anno studia i derivati climatici, sui quali ha presentato una relazione, nel 2015, al congresso IARFIC (International Agricultural Risk, Finance, and Insurance Conference) di Washington (www.iarfic.org). Mail: diego.terranova1@libero.it