Artemisia absinthium L, dalla “fata verde” ai potenziali impieghi terapeutici
di Annabella Vitalone e Maria Titiriga
Artemisia absinthium L. (Fam. Asteraceae) è una pianta erbacea perenne di colore verde-argento, con un forte odore aromatico e molto amara, nota anche con il nome di assenzio. Questa pianta è nota ed utilizzata fino dall’antichità. Sembra infatti che la pianta venisse addirittura citata in un papiro egizio del 1600 a.C. e da Plinio e Plutarco, nel 150 a.C., che riferiscono come l’assenzio venisse utilizzato in qualità di insetticida per i campi.
La pianta si sviluppa fino ad un metro di altezza, in maniera spontanea in Europa, Asia e Nord America, in terreni sabbiosi o argillosi, in zone incolte, aride, siepi, margini di strade, ma può essere anche coltivata facendo attenzione a scegliere un terreno, per quanto possibile, simile a quello in cui la pianta si sviluppa spontaneamente, con un pH compreso tra 4,8 e 8,2. Morfologicamente, A. absinthium presenta un caule stretto con foglie picciolate, bipennatosette, che presentano segmenti lineari e dentati; sotto l’infiorescenza le foglie sono invece intere e lineari. Le infiorescenze sono costituite da grappoli unilaterali con capolini globulari, formati da brattee vellutate che racchiudono piccoli fiori giallastri (Figura 1).
Fig. 1 Morfologia di A. absinthium L. (www.researchgate.net).
Le parti utilizzate della pianta sono le foglie e le sommità fiorite che contengono alcune sostanze, tra cui: l’absintina (marker utile al riconoscimento), l’anabsintina, l’artabsintina e l’anabsina. Inoltre, nella droga è presente un olio essenziale con una composizione complessa e diversa in base al paese di provenienza della pianta; infatti, mediante analisi spettroscopiche, sono state identificati oltre 60 fitocostiuenti, tra cui borneolo, metil-inochiato, acetato di isobornile, ossido coriofillenico e tuione sono quelle presenti con maggiore frequenza.
L’assenzio è principalmente conosciuto per la bevanda derivata dalla pianta, che porta il suo nome. Questa fu preparata per la prima volta nella Svizzera francese verso la fine del XVIII secolo e alla fine del XIX secolo divenne la bevanda più consumata d’Europa e d’oltre oceano. I pittori e gli scrittori europei, per lo più francesi, come Van Gogh, Toulouse Lautrec, Zola, Oscar Wilde e Picasso ne fecero largo uso e la “fée verte” (fata verde, nome del liquore per la sua particolare colorazione verde) venne utilizzata come ispirazione per le loro opere artistiche. L’assenzio scomparve dal mercato in poco più di un decennio a causa di una patologia che fu collegata al consumo del liquore, ovvero l’absintismo. Un’analisi più attenta ha mostrato però che questa intossicazione non era dovuta principalmente ad A. absinthium, ma ad una condizione di alcolismo cronico e ad alcune piante/sostanze tossiche che venivano aggiunte alla bevanda (e.g., Acorus calamus L., Tanacetum vulgare L., cloruro di antimonio, solfato di rame). Dopo queste considerazioni, l’assenzio liquore compare nuovamente sul mercato di alcuni Paesi, con una ricetta diversa da quella originale, dove la quantità di tujone è limitata e A. absinthium viene spesso sostituita da Artemisia abrotanum, pianta che non contiene tuione. La tossicità di A. absinthium è dovuta proprio a questa componente che si trova in maggior percentuale nell’olio essenziale. A questo proposito è stato osservato che l’α-tujone ed il β-tuione, due isomeri della molecola (Figura 2), in quantità elevate interagiscono con il canale dell’acido γ-amino-butirrico (GABAA) inibendolo e causando così un blocco della trasmissione GABA-ergica. Gli effetti di questa azione si possono manifestare sotto forma di scariche elettriche anomale, con sintomi simil-convulsivanti. Questi sintomi sono reversibili e sono direttamente proporzionali alla concentrazione di tuione nelle sue isoforme. Inoltre, è stato ipotizzato che l’attività pro-convulsivante di questi composti non sia dovuta solo all’azione antagonista sui recettori GABAA, ma anche all’azione antagonista sui recettori serotoninergici 5-HT3. In base a queste considerazioni European Medicines Agency (EMA) ha fissato la dose massima giornaliera ammissibile di tuione a 6 mg.
Fig.2 Struttura chimica dell’α-tuione e del β-tuione (www.onap-profiling.org).
Come detto inizialmente A. absinthium è prevalentemente conosciuto per il liquore che porta il suo nome, ma questa pianta ha svariati impieghi nella medicina tradizionale. Infatti, viene utilizzata come antielmintico, antisettico, antispasmodico, antidiarroico, antipiretico, stomachico, cardiotonico, antitumorale e per disturbi neurodegenerativi. Le bevande aromatizzate con A. absinthium sono utilizzate per stimolare la digestione e l’appetito, mentre preparati ottenuti dai rami freschi sono utili per allontanare le zanzare.
Tuttavia, nonostante la varietà degli impieghi tradizionali, i riscontri scientifici sono stati inferiori e più specifici. Studi in vitro hanno evidenziato un’attività antiossidante dell’estratto alcolico derivato dalle parti aeree nei confronti del radicale idrossilico e del radicale superossido ed una marcata e selettiva attività citotossica nei confronti di cellule tumorali mammarie, intestinali ed endometriali, dovuta principalmente alla capacità dell’estratto di danneggiare il DNA delle cellule tumorali inducendone l’apoptosi. L’estratto alcolico ha mostrato anche un’attività antielmintica nei confronti della Leishmania major, in alte concentrazioni (LC50=16,6 mg/ml), e della L. amazonensis; in quest’ultimo caso l’attività antielmintica è stata osservata anche in vivo. Sempre in vitro è stata testata l’attività antibatterica ed antifungina dell’estratto alcolico ed è stato osservato che la preparazione utilizzata da sola non influenzava negativamente la crescita batterica o fungina, ma una sua componente (i.e., l’acido 4’-5’-O-dicaffeolchinico) inibiva i sistemi di efflusso dei batteri. L’inibizione di tali sistemi riduce lo sviluppo di resistenza batterica agli antibiotici e, grazie all’associazione con essi, si riesce ad ottenere lo stesso effetto terapeutico ad una concentrazione inferiore di antibatterico. L’attività antibatterica ed antifungina è stata confermata anche in seguito all’impiego dell’olio essenziale di A. absinthium, che ha manifestato anche un’attività larvicida nei confronti di sei specie di zanzare (i.e., Anopheles stephensi, Anopheles subpictus, Aedes aegypti, Aedes albopictus, Culex quinquefasciatus e Culex tritaeniorhynchus). Quest’ultima attività è molto importante dato che le zanzare sono responsabili della trasmissione di agenti patogeni come il virus Zika ed agenti eziologici responsabili della febbre Dengue, della febbre del virus del Nilo occidentale, dell’encefalite giapponese e della filariosi. In vivo, l’estratto acquoso ha mostrato un’attività epatoprotettiva in topi con danni indotti da sostanze chimiche o di tipo autoimmune e l’estratto alcolico ha mostrato un’attività neuroprotettiva, ed in entrambi i casi le proprietà sono riconducibili alla capacità antiossidante della pianta, in grado di indurre un aumento dei livelli di superossido dismutasi e glutatione perossidasi.
L’impiego di A. absinthium nell’uomo ha evidenziato altre proprietà della pianta, tra cui l’attività antiinfiammatoria; infatti, nei pazienti colpiti dal morbo di Crohn (patologia infiammatoria cronica al livello intestinale), in seguito a trattamento con polvere di A. absinthium (0,3-0,4% di absintina), si osservò una regressione dei sintomi fino a completa guarigione. Questi effetti positivi erano dovuti alla capacità della pianta di inibire: l’attivazione delle ciclossigenasi-2 e della NO sintasi, l’attivazione del fattore di trascrizione NF-kB, la produzione di TNF-α e di altre citochine proinfiammatorie (interleuchina-1β, interleuchina-6). L’effetto antinfiammatorio è risultato anche in pazienti con osteoartrite al ginocchio in quanto, in seguito all’impiego di A. absinthium (unguento al 3% e linimento al 3%), si è manifestata una diminuzione dell’intensità del dolore. Durante i trial clinici la pianta (polvere allo 0,2% di absintina) ha anche ridotto la proteinuria da Immunoglobuline A e ha mostrato un effetto ipoglicemizzante in caso di diabete mellito di tipo II.
I dati preclinici e clinici, presenti in letteratura, non sono spesso concordi nel descrivere quale sia la reale potenzialità applicativa della pianta, ma il suo impiego tradizionale che si verifica da molti anni ha indotto l’EMA a considerare A. absinthium come “medicinale vegetale di uso tradizionale” per contrastare la perdita di appetito e/o i disturbi gastrointestinali. Il Ministero della Salute inoltre, include A. absinthium nell’ Allegato 1 del DM 9 luglio 2012, aggiornato con il Decreto 27 marzo 2014, ovvero tra le “Sostanze e preparati vegetali ammessi” negli integratori alimentari. Nello stesso allegato sono specificate le parti della pianta da utilizzare, ovvero capitula (l’infiorescenza), folium (la foglia), herba c. floribus (la pianta fiorita) e viene specificato che l’impiego di quest’ultima favorisce la motilità gastrointestinale, l’eliminazione dei gas e contrasta i disturbi del ciclo mestruale.
Come succede per tutte le piante medicinali, un impiego errato può indurre la manifestazione di alcuni effetti indesiderati. In questo caso, particolare attenzione va rivolta alla presenza del tuione nella droga. Pertanto, con le preparazioni a base di assenzio non si deve assumere una dose di tuione superiore alla dose massima giornaliera in modo tale da evitare danni renali, disturbi gastrointestinali ed un effetto neurotossico che si presenta con incubi, tremori e delirio. Inoltre, si deve evitare l’impiego con medicinali che agiscono sul sistema nervoso centrale, l’utilizzo in persone di età inferiore a 18 anni, nelle donne in gravidanza e/o allattamento.
In conclusione, si può dire che A. absinthium può essere efficacemente utilizzata per combattere i disturbi gastrointestinali e la perdita di appetito. Per quanto riguarda le altre attività, si può affermare che i risultati finora osservati sono incoraggianti, ma servono ulteriori studi per poter classificare queste come attività terapeutiche.
Sunto ed aggiornamento dell’elaborato di tesi in Farmacognosia del Corso di Laurea magistrale in Farmacia (Facoltà di Farmacia e Medicina), Sapienza Università di Roma.
Relatore: Dott.ssa Annabella Vitalone- Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia “Vittorio Erspamer”, Sapienza Università di Roma.
Studente: Dott.ssa Maria Titiriga, laureata in Farmacia, presso Sapienza Università di Roma. E-mail titiriga_m92@yahoo.it