Verso un’agricoltura sostenibile
Una possibile soluzione per limitare gli input di fertilizzanti e fitofarmaci è l’utilizzo dei biostimolanti; vediamo insieme cosa sono e come agiscono
di Eugenio Cozzolino
Le tecniche agronomiche stanno evolvendosi verso metodi di coltivazione organici, sostenibili e a basso impatto ambientale. Lo scopo dell’agricoltura oggi è quello di ridurre gli input senza diminuire le produzioni e la loro qualità. I biostimolanti contengono composti bioattivi, in gran parte ancora sconosciuti, e sono in grado di aumentare la “nutrient use efficiency” delle piante e la tolleranza verso stress di tipo biotico e abiotico. Nelle colture orticole l’uso di biostimolanti permette di ridurre l’apporto di fertilizzanti senza compromettere la resa e la qualità del prodotto. Negli ortaggi da foglia sensibili all’accumulo di nitrati, come la rucola, i biostimolanti hanno la capacità di incrementare la qualità e mantenere il livello di nitrati sotto i limiti di legge. Zhang e Schmidt della Virginia Polytechnic Istitute and State University proposero per la prima volta nel 1997 il termine “biostimolante” per indicare “sostanze che applicate in piccole quantità promuovevano la crescita delle piante“. I biostimolanti a cui si faceva riferimento erano acidi umici ed estratti di alghe di cui si proponeva un’azione ormonale.
Kauffman nel 2007 riprese la definizione di biostimolante con alcune modifiche definendo i biostimolanti “materiali diversi dai fertilizzanti che promuovono la crescita applicati a basse dosi”. Inoltre introdussero una prima classificazione dei biostimolanti in tre gruppi:
- acidi umici;
- prodotti contenenti ormoni (es. estratti di alghe);
- prodotti contenenti amminoacidi.
Con il Decreto Legge 75/2010 e successiva modifica del 10 luglio 2013, viene inserita la sezione “Prodotti ad azione specifica sulla pianta -Biostimolanti“, defi¬niti come prodotti che apportano a un altro fertilizzante o al suolo o alla pianta, sostanze che favoriscono o regolano l’assorbimento degli elementi nutritivi o correggono determinate anomalie di tipo fisiologico. Nel giugno 2011 è stata fondata un’associazione “EBIC” (European Biostimulant lndustry Council) con l’obiettivo di proporre una precisa definizione di “Biostimolante”, attraverso una sua classificazione, con metodi analitici, con la precisa volontà di istituire a livello legislativo questa nuova categoria di prodotti.
Patrick Du Jardin, nel 2012, mette a punto una prima definizione e classificazione. “I biostimolanti sono sostanze e materiali con l’eccezione di nutrienti e pesticidi che, quando applicati alla pianta, semi o substrato di crescita in formulazioni specifiche, hanno la capacità di modificare i processi fisiologici delle piante migliorando la crescita, lo sviluppo e/o la risposta agli stress“.
La classificazione secondo Du Jardin è la seguente:
- Sostanze umiche
- Materiali organici complessi
- Elementi chimici benefici
- Sali inorganici incluso fosfito
- Estratti di alghe
- Chitina e derivati del chitosano
- Antitraspiranti
- Amminoacidi e altri composti azotati
Definizione di BIOSTIMOLANTE elaborata da EBIC 2013 (European Biostimulant lndustry Council).
I biostimolanti sono sostanze e/o microrganismi che applicati alla pianta o alla rizosfera stimolano i processi naturali che migliorano l’efficienza d’assorbimento e d’assimilazione dei nutrienti, la tolleranza a stress abiotici e la qualità del prodotto. I biostimolanti non hanno effetti diretti su parassiti e patogeni e quindi non rientrano nella categoria dei pesticidi.
I prodotti maggiormente utilizzati
1 – Estratti di alghe. Esse sono state utilizzate per centinaia di anni in agricoltura come ammendanti per migliorare la fertilità del suolo. Da poco più di 50 anni è iniziata la produzione di estratti liquidi per esaltare le proprietà biostimolanti delle alghe. Oggi sono numerosi i prodotti biostimolanti a base di estratti di alghe disponibili sul mercato.
Gli estratti sono ottenuti partendo da alghe verdi, rosse o brune, soprattutto del tipo Ascophyllum nodosum, Ecklonia maxima, Laminaria digitata e Fucus spp. Gli effetti biostimolanti sono da ricondurre soprattutto alla presenza di fitormoni, polisaccaridi, polifenoli e altre molecole organiche. I fitormoni individuati negli estratti di alghe che stimolano la crescita delle piante sono auxine, citochinine, acido abscissico, gibberelline, ecc..
2 – Dopo le alghe, tra le principali sostanze biostimolanti, e anche tra le più conosciute, ci sono le sostanze umiche. Esso si possono definire come delle macromolecole organiche complesse che provengono dalla decomposizione della sostanza organica e dall’attività metabolica dei microrganismi.
Sono sostanze molto eterogenee, classificate sulla base del peso molecolare e della solubilità (gli acidi umici sono solubili in acqua a pH alcalino, gli acidi fulvici sono solubili in acqua a tutti i pH).
Le sostanze umiche utilizzate per produrre biostimolanti provengono soprattutto da giacimenti di humus fossile (per es. Leonardite) o da compost. Le sostanze umiche esplicano un’azione di stimolo della crescita delle piante per via diretta e indiretta. Il maggior sviluppo radicale e la più elevata attività dei trasportatori radicali del nitrato si traducono in una maggiore efficienza d’assorbimento e di assimilazione dell’azoto inorganico da parte della coltura. Le sostanze umiche influenzano positivamente anche il metabolismo secondario, favorendo l’accumulo di antiossidanti e l’attività degli enzimi di difesa dallo stress ossidativo causato da radicali liberi che si generano a seguito di stress ambientali. L’azione indiretta delle sostanze umiche si esplica nel suolo attraverso un miglioramento della fertilità. Infatti, le sostanze umiche nel suolo cementano le particelle inorganiche degli aggregati, che risultano più stabili, aumentano la CSC (capacità di scambio cationico) ed esercitano un effetto tampone sul pH, incrementando la biodisponibilità degli elementi nutritivi e riducendo le perdite per lisciviazione. Gli effetti positivi degli acidi umici sul terreno e sul metabolismo cellulare determinano una maggior tolleranza delle piante agli stress abiotici (es. salinità) e biotici (es. attacchi di malattie fungine come la peronospora).
3 – Un’altra categoria di sostanze biostimolanti, molto importanti, sono gli idrolizzati proteici. Essi sono delle sostanze contenenti una miscela di aminoacidi e peptidi solubili, generalmente ottenuti per idrolisi chimica o enzimatica, o mista da proteine di origine animale o vegetale.
Le fonti proteiche sono rappresentate da residui della lavorazione del cuoio (es. collagene), dell’industria ittica o da biomasse vegetali di leguminose.
Attualmente, il mercato europeo degli idrolizzati proteici è rappresentato per oltre il 90% da prodotti di origine animale ottenuti prevalentemente per idrolisi chimica del collagene ad alte temperature. Gli idrolizzati proteici presentano proprietà biostimolanti, migliorando l’assorbimento e l’assimilazione dei nutrienti (es. azoto nitrico e ferro), la tolleranza a stress ambientali (salinità, siccità, temperature estreme) e la qualità del prodotto. È stato anche evidenziato che gli idrolizzati proteici possono stimolare le risposte di difesa della pianta agli stress. Gli idrolizzati proteici possono esercitare anche un’azione auxino-simile per la presenza di specifici peptidi che fungono da molecole-segnale e attivano i geni della biosintesi delle auxine nella pianta.
4 – I PGPR (Plant Growth-Promoting Rhizobacteria) rappresentano un gruppo di microrganismi della rizosfera in grado di stimolare lo sviluppo della pianta, sia migliorandone la nutrizione minerale che producendo fattori di biocontrollo. Tra essi si annoverano batteri appartenenti a differenti generi: Acinetobacter, Alcaligenes, Arthrobacter, Azospirillum, Azotobacter, Bacillus, Burkholderia, Enterobacter, Erwinia, Flavobacterium, Proteus, Pseudomonas, Rhizobium, Serratia, Xanthomonas. La stimolazione della crescita vegetale avviene attraverso meccanismi diretti e indiretti.
I PGPR sono in grado di agire direttamente sui nutrienti presenti nel suolo rendendoli disponibili per le piante, svolgendo così un’azione biofertilizzante. Azoto, fosforo, potassio e ferro sono elementi indispensabili per la sopravvivenza e la crescita vegetale. Nonostante siano particolarmente abbondanti nel suolo, molto spesso non sono adoperabili direttamente dalla pianta, in quanto presenti in forma non assimilabile. L’attività metabolica di numerosi batteri della rizosfera converte queste molecole nelle forme solubili. I meccanismi diretti comprendono la fissazione dell’azoto, la solubilizzazione del fosforo, la produzione di fitormoni (auxine, citochine e gibberelline) e la produzione di siderofori.
I rizobatteri esercitano un’azione di biocontrollo (indiretta) per le malattie attraverso la produzione di antibiotici, enzimi litici e il potenziamento della capacità difensiva della pianta in risposta all’attacco di organismi patogeni (ISR: Induzione della resistenza sistemica).
I PGPR possono utilizzare più di uno di questi meccanismi, suggerendo che la stimolazione della crescita delle piante sia il risultato sinergico di più azioni simultanee.
Per rispondere alle esigenze di mercato, negli ultimi anni si è reso necessario migliorare la sostenibilità delle produzioni agrarie in termini di qualità di prodotto e di riduzione dell’impatto ambientale. Particolare attenzione è stata per questo rivolta all’utilizzo dei biostimolanti, che possono aiutare il settore agricolo a rispondere alle sfide globali, quali la food security e i cambiamenti climatici.
Riferimenti bibliografici
www.fritegotto.it/FERTIRRIGO-FACILE-Biostimolanti-in-agricoltura-cosa-sono-e-come-agiscono/
www.informatoreagrario.it/ita/files/06-ND-Biostimolanti-Monaco-Pelissetti.pdf
» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica – num. 7 Luglio 2017 «
Eugenio Cozzolino: Laurea in Scienze Agrarie, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo. Componente della “Lista nazionale degli ispettori preposti al controllo degli enti od organismi riconosciuti idonei ad effettuare le prove ufficiali ai fini della registrazione dei prodotti fitosanitari” istituita dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Dipendente dal 1987 nel ruolo tecnico del Mipaaf e successivamente come Collaboratore tecnico nei ruoli del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) divenuto CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) a partire dall’anno 2015. E’ autore di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e divulgative. Curriculum vitae >>>