di Eugenio Cozzolino
Figura 1: la tecnologia In Line Roller Crimper (ILRC) su motocoltivatore.
Quando si parla di emissioni dovute all’agricoltura non ci si riferisce solo a quelle dei trattori ed altri mezzi agricoli. Una parte importante delle emissioni legate all’agricoltura sono dovute anche alla lavorazione del suolo che, grazie a processi ossidativi, emette anidride carbonica (CO2) e protossido di azoto (N2O). Negli ultimi anni in molti paesi si sta diffondendo una nuova tecnica di coltivazione che può essere molto interessante dal punto di vista della capacità di sequestrare quantità importanti di CO2, ridurre le emissioni di N2O, ridurre le emissioni dei mezzi agricoli ed essere quindi anche conveniente economicamente per gli agricoltori. Si tratta della coltivazione di copertura (cover crop) terminata col roller-crimper (1). La tecnologia In Line Roller Crimper (ILRC) consente, attraverso la realizzazione di uno spesso strato pacciamante naturale derivante dall’allettamento al suolo di coltura di copertura, un uso più efficiente delle risorse naturali. In particolare, tale tecnica ostacola lo sviluppo delle infestanti, riduce l’evapotraspirazione del terreno facendo risparmiare acqua irrigua e protegge il suolo dall’erosione e dalle alte temperature. La pacciamatura, una volta esaurito il suo compito, si degrada ed arricchisce il suolo di sostanza organica. Ne consegue che la diffusione di questa tecnica consente di ottenere dei benefici agroambientali (riduzione di input energetici e di sintesi chimica, miglioramento della fertilità dei suoli, fissazione della CO2), socio-economici (riduzione dei costi di produzione) e di sicurezza alimentare, contribuendo inoltre a mitigare in agricoltura gli effetti negativi associati ai cambiamenti climatici (2). I benefici ottenibili dalle cover crops, sono relativi alla produzione di una elevata biomassa, andando ad aumentare il contenuto di sostanza organica nel suolo. La costituzione di tale biomassa impedisce agli elementi derivanti dalla mineralizzazione della sostanza organica di venire persi per lisciviazione o scorrimento superficiale ed al contempo previene forme di inquinamento delle falde ad opera dei nitrati. La fissazione dell’azoto atmosferico ad opera di specie leguminose in simbiosi con microrganismi azotofissatori permette di aumentare il livello di azoto nel terreno nel medio periodo; questo viene messo a disposizione per circa il 40% per la coltura successiva, mentre la restante quota sarà utilizzata dalle colture coltivate nella seconda e terza stagione. Nella gestione di una cover-crop basilare risulta essere la scelta della specie, che deve soddisfare i principali aspetti colturali (come una buona energia germinativa, una rapida emergenza oltre che un rapido adattamento e sviluppo, in modo da contrastare le infestanti). Le specie che vengono utilizzate tradizionalmente sono quelle appartenenti alle famiglie delle leguminose (es. veccia, favino, trifoglio) con lo scopo di fornire azoto fissato per via simbiotica alle colture da reddito che seguono, come il mais ad esempio (3). La tecnica della terminazione conservativa mediante l’utilizzo della ILRC è una innovazione che, nella sua semplicità tecnologica, ha consentito nell’ambito del progetto di ricerca ORWEEDS del CRA-Consiglio per la Ricerca in Agricoltura (ora CREA), una piccola rivoluzione socio-culturale nel rapporto fra ricercatori, operatori agricoli e piccoli imprenditori. La motivazione principale di questo successo risiede nella semplicità della tecnica (fig. 1) e della tecnologia utilizzata, associata ad una notevole diversità di funzioni ecologiche (controllo delle infestanti, minore consumo idrico, rilascio graduale degli elementi della nutrizione) e di vantaggi ambientali (minore consumo energetico). L’operatore agricolo ha percepito come “friendly” la tecnica proposta ed ha partecipato immediatamente e con entusiasmo alla discussione sulle potenziali problematiche connesse al suo uso. L’innovazione consente di preparare il letto di trapianto per le specie orticole con un ridotto numero di operazioni meccaniche. La coltura di copertura, tradizionalmente incorporata nel terreno con la pratica del sovescio, viene schiacciata con un rullo sagomato (roller crimper) abbinato a due serie di discissori, formando una pacciamatura naturale (fig. 2). Questo consente, rispetto alla tecnica tradizionale (sovescio + pacciamatura artificiale), un risparmio di gasolio del 56% e di tempo del 45% (2).
Figura 2: Roller Crimper su trattrice agricola abbinato a discissori.
La biomassa vegetale può essere costituita da una miscela di graminacee e leguminose con un elevato rapporto C/N (partecipando alla formazione di humus stabile), che formerà uno spesso strato di pacciamatura naturale in grado sia di apportare azoto che di coprire efficacemente il terreno per circa 90 giorni oppure solo da leguminose (con un più basso rapporto C/N), favorendo così il rilascio dell’azoto ma riducendo l’efficacia dalla pacciamatura naturale a circa 30-40 giorni. La tecnica ha consentito, sulla maggior parte delle orticole testate, l’ottenimento di produzioni soddisfacenti. In pomodoro, peperone dolce, peperone piccante, lattuga e zucchino le produzioni sono risultate comparabili a quelle ottenute con la tecnica tradizionale (sovescio). Notevole è stato l’interesse degli imprenditori agricoli, soprattutto di quelli che operano con il metodo biologico, i quali hanno apprezzato la capacità di contenimento delle infestanti della pacciamatura naturale e la sanità delle piante. Le potenzialità della tecnica ed il crescente coinvolgimento degli agricoltori hanno spinto una ditta privata ad acquistare dal CRA il brevetto e ad iniziare la costruzione dei primi esemplari di roller crimper abbinato ai discissori (2).
Bibliografia:
(1) https://aspoitalia.wordpress.com/2015/09/19/cover-crop-lagricoltura-che-aiuta-il-clima/
(2) https://www.feedingknowledge.net/home/-/bsdp/10223/it_IT
(3) http://tesi.cab.unipd.it/45143/1/Nale_Stefano_TESI.pdf
» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica – num. 6 Gennaio 2017 «
Eugenio Cozzolino: Laurea in Scienze Agrarie, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Napoli “Federico II”. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo.
Componente della “Lista nazionale degli ispettori preposti al controllo degli enti od organismi riconosciuti idonei ad effettuare le prove ufficiali ai fini della registrazione dei prodotti fitosanitari” istituita dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Dipendente dal 1987 nel ruolo tecnico del Mipaaf e successivamente come Collaboratore tecnico nei ruoli del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) divenuto CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) a partire dall’anno 2015. E’ autore di un centinaio di pubblicazioni scientifiche e divulgative. Curriculum vitae >>>