La morbidezza del vino
di Ezio Casali
Una delle caratteristiche più dibattute in fase di degustazione riguarda quella caratteristica che viene comunemente definita morbidezza. A tale riguardo nascono spesso delle interessanti “elucubrazioni enoiche”, nel senso che secondo alcuni la morbidezza è legata in via pressochè esclusiva agli zuccheri diventando così di fatto sinonimo di dolcezza, mentre per altri a determinare questa importante qualità organolettica intervengono anche alcol e glicerina, anche se sarebbe più opportuno forse denominarla glicerolo (un triolo, cioè un alcol trivalente con tre gruppi – OH).
Molecola di glicerolo (immagine da Wikimedia Commons)
Di fatto ritengo che la definizione corretta sia la seconda in quanto la dolcezza è una “semplice” sensazione gustativa, mentre la morbidezza comporta la percezione, oltre che del gusto dolce, anche di sensazioni tattili provocate dall’alcol e dalla glicerina: l’unione di tutte queste percezioni gustative e tattili conferiscono al vino quella che viene appunto indicata come morbidezza.
Per capire come la morbidezza interviene nelle nostre sensazioni sensoriali ed avere una pietra di paragone sulla quale lavorare, può essere interessante provare a sciogliere in bocca un piccolo pezzetto di burro; quello che proviamo in questa circostanza è paragonabile alla sensazione di morbidezza che dobbiamo andare a ritrovare quando degustiamo un calice di vino.
Una scala di valutazione può essere la seguente:
debole – poco morbido – morbido – corposo – pastoso
laddove:
- debole: vino decisamente senza corpo e personalità, probabilmente per materie prime scadenti (uve attaccate da malattie fungine, troppo irrigate in fase di coltivazione o che hanno subito piogge poco prima della vendemmia, ecc.);
- poco morbido: possiamo riscontrare tale caratteristica in quei vini che non presentano sensazioni gustative particolarmente evidenti.
Spesso molti vini giovani, sia rossi che bianchi, possono essere classificati come poco morbidi; in questo caso però tale evenienza non va considerata un difetto vero e proprio, in quanto si riscontra in vini che vanno bevuti giovani e per i quali, vista la loro collocazione come vini da aperitivo o per accompagnare merende, non è indispensabile ricercarvi sensazioni gustative troppo forti e caratterizzanti (senza dimenticare che spesso questi vini possiedono una buona componente acida che va a contrastare a livello gustativo la morbidezza rendendola meno percettibile); - morbido: un vino equilibrato, per il quale spesso si utilizzano anche gli aggettivi rotondo e/o vellutato. Sensazione decisamente piacevole e soddisfacente al palato;
- corposo: sono così definiti i grandi vini da lunga maturazione (o da invecchiamento, anche se bisogna ricordare che un vino vecchio è un vino che non è più buono) ricchi di alcolicità oppure quei vini ottenuti da uve stramature (passiti, botrizzati e similari) e quindi ricchi di zuccheri;
- pastoso: un vino nel quale l’eccessiva corposità “stanca” le nostre papille gustative, rendendolo pesante e poco appetibile. E’ tipicamente una caratteristica dei vini stucchevoli (vedi l’articolo L’appassimento delle uve e gli zuccheri del vino su Rivista di agraria n° 218 del 15 settembre 2015) che non incita ad un secondo sorso in quanto la sensazione di pastosità che si prova è al limite, se non oltre, del livello di accettabilità.
La morbidezza, come già visto nell’articolo su Rivista di agraria n° 210 del 15 aprile 2015, è una componente fondamentale dell’equilibrio di un vino, requisito essenziale per una buona valutazione in sede di analisi sensoriale.
Dal punto di vista dell’abbinamento cibo – vino, nel caso ci si approcci secondo la metodologia del contrasto, le caratteristiche del cibo da andare ad abbinare sono il saporito e la tendenza acida.
Il saporito lo possiamo riscontrare ad esempio nella carne, anche e soprattutto di selvaggina da pelo, trattata con spezie, alla quale abbineremo un vino rosso anche corposo) mentre la tendenza acida può essere dovuta ad esempio dovuta alla presenza di salsa di pomodoro od all’utilizzo di salse agrumate magari nella preparazione di carni bianche. Nel primo caso può essere intrigante sperimentare interessanti soluzioni di abbinamento con vini rosati, mentre nel secondo andremo a privilegiare abbinamenti con vini bianchi morbidi.
Camino (immagine da Wikimedia Commons)
Non tralascerei, infine, la possibilità di non prevedere alcun tipo di abbinamento: a mio modesto avviso ci sono dei vini i quali, dotati di grande morbidezza e di una amplissima gamma di profumi ed aromi, legati alla sovramaturazione delle uve, alla botrizzazione, ad una maturazione in legno, ecc. vanno bevuti per quello che sono, senza interferenza alcuna. Questi vini possono (ed in certi casi devono) essere assaporati senza accostarli ad alcunchè: sono i cosiddetti vini da meditazione, per i quali l’abbinamento migliore è un’atmosfera pacifica e rilassante magari con un camino, e meglio ancora se accompagnati da una dolce compagnia (ed in questo caso a me piace molto il termine vini da seduzione) con la quale condividere l’assaggio di questi che definire “nettare degli Dei” è quasi riduttivo.
Ezio Casali, iscritto all’Albo Provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Cremona, insegna presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Stanga” di Cremona. Si occupa di autocontrollo, soprattutto negli agriturismi, e di agricoltura multifunzionale. Curriculum vitae >>>