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di Cri­stia­no Pa­pe­schi e Linda Sar­ti­ni

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La lepre (Lepus spp.) può es­se­re con­si­de­ra­ta, a buon di­rit­to, il “sel­va­ti­co per ec­cel­len­za”, ov­ve­ro uno dei com­po­nen­ti della fauna au­toc­to­na mag­gior­men­te dif­fu­si e co­no­sciu­ti. Di­ver­se sono le spe­cie ap­par­te­nen­ti al ge­ne­re Lepus ori­gi­na­rie del no­stro Paese e qui dif­fu­se, seb­be­ne la lepre eu­ro­pea (Lepus eu­ro­paeus) sia quel­la nu­me­ri­ca­men­te più con­si­sten­te; que­sta è stata in­fat­ti og­get­to, negli ul­ti­mi de­cen­ni, di ri­po­po­la­men­ti mi­ra­ti a ca­rat­te­re fau­ni­sti­co-ve­na­to­rio non­ché, di con­se­guen­za, uti­liz­za­ta in al­le­va­men­to e nel­l’am­bi­to di im­por­ta­zio­ne da tutto il con­ti­nen­te eu­ro­peo e non solo.

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Gio­va­ne esem­pla­re di lepre eu­ro­pea

Un po’ di sto­ria

La lepre è co­no­sciu­ta da tempi im­me­mo­ra­bi­li e le prime raf­fi­gu­ra­zio­ni di que­sto splen­di­do la­go­mor­fo sono state rin­ve­nu­te al­l’in­ter­no di tombe egi­zie, in mi­nia­tu­re per­sia­ne, pit­tu­re ci­ne­si da­ta­te due mil­len­ni prima di Cri­sto, nel­l’ar­te greca, etru­sca e ro­ma­na. Di­ver­si au­to­ri del­l’an­ti­chi­tà ne par­la­no nei loro scrit­ti, da Pli­nio il Vec­chio a Ero­do­to, da Clau­dio Elia­no a Ora­zio fino a Se­no­fon­te. In ta­vo­la, le carni di lepre erano ve­ra­men­te ap­prez­za­te, tanto che la elo­gia­no e ri­cor­da­no sia Api­cio che Mar­zia­le.

La lepre eu­ro­pea

In­qua­dra­men­to tas­so­no­mi­co:

Clas­se Mam­ma­lia
Sot­to­clas­se Eu­te­ria
Su­pe­ror­di­ne Gli­res
Or­di­ne La­go­mor­pha
Fa­mi­glia Le­po­ri­dae
Sot­to­fa­mi­glia Le­po­ri­nae
Ge­ne­re Lepus
Spe­cie Lepus eu­ro­paeus

Poi­ché si trat­ta della spe­cie mag­gior­men­te dif­fu­sa, al­le­va­ta e og­get­to di in­te­res­se ve­na­to­rio, par­le­re­mo pro­prio della lepre eu­ro­pea, un ma­gni­fi­co la­go­mor­fo che i più for­tu­na­ti hanno avuto la for­tu­na di veder sfrec­cia­re in ter­ri­to­rio li­be­ro o sui campi col­ti­va­ti. Negli ul­ti­mi de­cen­ni si è as­si­sti­to ad un calo ge­ne­ra­le della pre­sen­za di lepri au­toc­to­ne in am­bien­te ru­ra­le a causa della mag­gio­re ur­ba­niz­za­zio­ne delle cam­pa­gne e del­l’a­gri­col­tu­ra in­ten­si­va, che hanno pro­gres­si­va­men­te ri­dot­to l’ha­bi­tat di que­ste spe­cie. Per­tan­to, visto il calo nu­me­ri­co delle po­po­la­zio­ni “wild” si è reso ne­ces­sa­rio in­tro­dur­re nuovi sog­get­ti, pro­ve­nien­ti da al­le­va­men­ti e da ope­ra­zio­ni di cat­tu­ra in zone a mag­gio­re den­si­tà ed in­fi­ne li­be­ra­ti sul ter­ri­to­rio, allo scopo  di ot­te­ne­re una ri­pro­du­zio­ne in loco. La lepre si muove si­cu­ra nel suo am­bien­te, che co­no­sce palmo a palmo, in par­ti­co­la­re nei mo­men­ti di tran­quil­li­tà, so­prat­tut­to al cre­pu­sco­lo o alle prime luci del­l’al­ba, ma anche nelle ore diur­ne per pro­cu­rar­si il cibo quan­do non di­stur­ba­ta. Le zone mag­gior­men­te vo­ca­te, il suo ha­bi­tat idea­le, sono le aree pia­neg­gian­ti o col­li­na­ri dove si al­ter­na­no ter­re­ni in­col­ti, se­mi­na­ti­vi di fo­rag­gio e ce­rea­li ma anche frut­te­ti e vi­gne­ti, dove l’a­ni­ma­le può va­ria­re la dieta a pro­prio pia­ci­men­to. Il suo area­le deve però es­se­re piut­to­sto va­rie­ga­to e com­pren­de­re nu­me­ro­si ri­fu­gi (sot­to­bo­sco, siepi, rovi, ce­spu­gli, erbai, ecc.) poi­ché, a dif­fe­ren­za del co­ni­glio, non scava gal­le­rie ma si na­scon­de in mezzo alla ve­ge­ta­zio­ne o tra le rocce per cer­ca­re ri­pa­ro. Il ri­fu­gio, anche noto come “covo”, non è dun­que una vera e pro­pria tana, bensì una zona ri­pa­ra­ta dove po­ter­si mi­me­tiz­za­re e sfug­gi­re allo sguar­do dei pre­da­to­ri: la lepre si ac­co­vac­cia e ri­ma­ne im­mo­bi­le, per­fet­ta­men­te in­vi­si­bi­le, fino a che il pre­da­to­re non è tal­men­te vi­ci­no da co­strin­ger­la ad una fuga a zig-zag in tutta ve­lo­ci­tà, fino a rag­giun­ge­re i 70 Km/h. Al con­tra­rio il le­prot­to, che non emana odori nelle prime set­ti­ma­ne di vita, ri­ma­ne sem­pre e co­mun­que im­mo­bi­le e il più delle volte sfug­ge anche al­l’ol­fat­to del pre­da­to­re. E’ una spe­cie molto ter­ri­to­ria­le ed il suo home range mi­su­ra, in ge­ne­re, da 1 a 2 Km di rag­gio; solo in caso di ec­ces­si­va pres­sio­ne pre­da­to­ria, den­si­tà di co­spe­ci­fi­ci o ca­ren­za di ri­sor­se ali­men­ta­ri, la lepre si spo­sta alla ri­cer­ca di una zona più adat­ta. Della lepre allo stato na­tu­ra­le pos­sia­mo dire, an­co­ra, che è una spe­cie ge­ne­ral­men­te so­li­ta­ria e non vive in grup­pi, sce­glien­do la “com­pa­gnia” so­la­men­te du­ran­te la sta­gio­ne degli ac­cop­pia­men­ti; non ef­fet­tua il le­tar­go, a dif­fe­ren­za di molti altri pic­co­li mam­mi­fe­ri sel­va­ti­ci, ed in esta­te si nutre di di­ver­se es­sen­ze quali erbe di campo, ce­rea­li, le­gu­mi­no­se, col­tu­re or­ti­co­le, de­pre­da i ger­mo­gli nei campi col­ti­va­ti, men­tre in in­ver­no, vista la mi­no­re di­spo­ni­bi­li­tà di cibo, si ac­con­ten­ta di ra­di­ci, bac­che, cor­tec­ce, semi e ghian­de.

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Lepre al covo

Un po’ di ana­to­mia e fi­sio­lo­gia

La lepre eu­ro­pea pos­sie­de un corpo slan­cia­to, al­lun­ga­to e com­pres­so la­te­ro-la­te­ral­men­te; è quin­di par­ti­co­lar­men­te adat­ta alla corsa, at­ti­tu­di­ne di­mo­stra­ta anche dalle zampe po­ste­rio­ri molto lun­ghe e mu­sco­lo­se, dal dorso ar­cua­to e par­ti­co­lar­men­te ela­sti­co, dal ba­ci­no stret­to, dal ven­tre piat­to e dalle ossa sot­ti­li e leg­ge­re. La testa è piut­to­sto pic­co­la, le orec­chie lun­ghe e mo­bi­li e gli occhi pos­sie­do­no una pu­pil­la gran­de e spor­gen­te con un campo vi­si­vo che copre quasi 360°, ca­rat­te­ri­sti­che che le con­sen­to­no di in­di­vi­dua­re i pre­da­to­ri anche a di­stan­za no­te­vo­le. Il man­tel­lo è folto e di co­lo­re gri­gio-bru­no sul dorso e i fian­chi, più rado e ten­den­te al bian­co-cre­ma sul­l’ad­do­me. La ta­vo­la den­ta­ria, in que­sta spe­cie, è quel­la ca­rat­te­ri­sti­ca dei la­go­mor­fi ed è quin­di si­mi­le a quel­la pre­sen­te nel co­ni­glio: i denti sono a cre­sci­ta con­ti­nua, con una dop­pia cop­pia di in­ci­si­vi nel­l’ar­ca­ta su­pe­rio­re ed una sola cop­pia in quel­la in­fe­rio­re, tre pre­mo­la­ri su­pe­rior­men­te e due in­fe­rior­men­te ed in­fi­ne tre mo­la­ri sia sopra che sotto. I ca­ni­ni sono as­sen­ti ed al loro posto vi è un ampio spa­zio privo di denti che si in­ter­po­ne tra gli in­ci­si­vi e i pre­mo­la­ri (dia­ste­ma).

Un ap­pa­ra­to di­ge­ren­te par­ti­co­la­re

L’ap­pa­ra­to di­ge­ren­te è in tutto e per tutto si­mi­le a quel­lo del co­ni­glio: la lepre è un er­bi­vo­ro mo­no­ga­stri­co con un in­te­sti­no molto lungo ed un cieco vo­lu­mi­no­so e svi­lup­pa­to, al cui in­ter­no av­ven­go­no fer­men­ta­zio­ni do­vu­te ai nu­me­ro­si mi­croor­ga­ni­smi qui pre­sen­ti e ca­pa­ci di di­ge­ri­re la fibra, pro­dur­re Acidi Gras­si Vo­la­ti­li (AGV), vi­ta­mi­ne e pro­tei­ne di na­tu­ra bat­te­ri­ca. Dopo una prima ma­sti­ca­zio­ne som­ma­ria del­l’a­li­men­to, il ma­te­ria­le in­ge­ri­to viene di­ge­ri­to una prima volta in ma­nie­ra som­ma­ria ed in­com­ple­ta ad opera dei suc­chi ga­stri­ci ed en­te­ri­ci cor­re­da­ti di en­zi­mi ed una volta nel cieco si at­ti­va­no le fer­men­ta­zio­ni bat­te­ri­che cui ab­bia­mo ac­cen­na­to. Il pro­dot­to espul­so dal­l’a­no è un tipo par­ti­co­la­re di feci de­no­mi­na­to “cie­co­tro­fo”, la cui forma ri­cor­da un ag­glo­me­ra­to di pic­co­le sfere ir­re­go­la­ri, lu­ci­de, mu­co­se e scure che l’a­ni­ma­le rein­ge­ri­rà per dal luogo ad un se­con­do pro­ces­so di­ge­sti­vo. In que­sta fase fi­na­le ven­go­no re­cu­pe­ra­te tutte le so­stan­ze pro­dot­te dalle fer­men­ta­zio­ni bat­te­ri­che e non pre­ce­den­te­men­te as­sor­bi­te, in modo che l’a­ni­ma­le possa estrar­le at­tra­ver­so l’in­te­sti­no du­ran­te la se­con­da di­ge­stio­ne. Al ter­mi­ne di tutto ver­ran­no espul­se le feci de­fi­ni­ti­ve, ov­ve­ro le clas­si­che pal­li­ne scure e sfe­ri­che che siamo abi­tua­ti a ri­co­no­sce­re come deie­zio­ni.

La ri­pro­du­zio­ne

Gli or­ga­ni ge­ni­ta­li (pene e vulva) non sono im­me­dia­ta­men­te vi­si­bi­li, ma de­vo­no ve­ni­re estro­fles­si per es­se­re os­ser­va­ti, men­tre nel ma­schio ma­tu­ro sono ben vi­si­bi­li i te­sti­co­li di forma al­lun­ga­ta e di­spo­sti cau­dal­men­te lungo la pa­re­te ad­do­mi­na­le. La ma­tu­ri­tà ses­sua­le viene rag­giun­ta in­tor­no ai 5-7 mesi nella fem­mi­na e 6-8 nel ma­schio. La sta­gio­ne ri­pro­dut­ti­va, o me­glio il pe­rio­do degli ac­cop­pia­men­ti, nelle lepre va da gen­na­io ad ot­to­bre, con ampie va­ria­zio­ni in fun­zio­ne della la­ti­tu­di­ne e del clima, con un mo­men­to di mas­si­ma fer­ti­li­tà in tarda pri­ma­ve­ra ed ini­zio esta­te, pe­rio­do in cui la di­spo­ni­bi­li­tà di cibo è mag­gio­re. Du­ran­te la sta­gio­ne degli ac­cop­pia­men­ti i ma­schi lot­ta­no tra loro per il ter­ri­to­rio ed il di­rit­to a ri­pro­dur­si e suc­ces­si­va­men­te i più forti mon­ta­no le fem­mi­ne; anche l’ac­cop­pia­men­to è piut­to­sto vio­len­to e le fem­mi­ne ses­sual­men­te ma­tu­re ri­por­ta­no spes­so le­sio­ni evi­den­ti sul dorso, cau­sa­te dal morso del ma­schio du­ran­te l’at­to ses­sua­le. Non è per­tan­to raro ri­tro­va­re in giro le co­sid­det­te “spe­la­te”, ov­ve­ro ciuf­fi di pelo che te­sti­mo­nia­no que­sti even­ti tur­bo­len­ti. La du­ra­ta della ge­sta­zio­ne è me­dia­men­te di 42 gior­ni ed in que­sta spe­cie può ve­ri­fi­car­si la co­sid­det­ta “su­per­fe­ta­zio­ne”, ov­ve­ro la pos­si­bi­li­tà di avere un ac­cop­pia­men­to fer­ti­le anche du­ran­te la gra­vi­dan­za o, me­glio, verso il ter­mi­ne della ge­sta­zio­ne, che con­sen­te al­l’a­ni­ma­le di por­ta­re avan­ti con­tem­po­ra­nea­men­te il frut­to di due ac­cop­pia­men­ti av­ve­nu­ti in tempi di­ver­si: al mo­men­to del parto la fem­mi­na è dun­que già gra­vi­da della cuc­cio­la­ta suc­ces­si­va. La lepre par­to­ri­sce me­dia­men­te 2-3 le­prot­ti ogni volta, ma sono pos­si­bi­li fino a 5-6 pic­co­li, del peso di circa 100 gr o poco meno, già co­per­ti di pelo e con gli occhi aper­ti.

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Una lepre nel suo am­bien­te

E se tro­via­mo un le­prot­to?

Come già ac­cen­na­to, il com­por­ta­men­to an­ti­pre­da­to­rio della lepre adul­ta con­si­ste nel na­scon­der­si e fug­gi­re, a se­con­da della ne­ces­si­tà. Al con­tra­rio il le­prot­to, privo di odori e quin­di dif­fi­cil­men­te in­di­vi­dua­bi­le, man­tie­ne la pro­pria po­sta­zio­ne, im­mo­bi­le, anche di fron­te al pe­ri­co­lo im­mi­nen­te. La fem­mi­na pre­sta po­chis­si­me cure alla prole, li­mi­tan­do­si ad al­lat­ta­re i pic­co­li una sola volta al gior­no circa e la­scian­do­li soli per tutto il resto della gior­na­ta, in modo da evi­ta­re che un even­tua­le pre­da­to­re possa lo­ca­liz­zar­ne la po­si­zio­ne o se­gui­re le trac­ce della fem­mi­na. Per­tan­to il ri­tro­va­men­to di un le­prot­to in mezzo al prato od alla cam­pa­gna non si­gni­fi­ca che quel­l’a­ni­ma­le si trovi in una con­di­zio­ne di pe­ri­co­lo, al con­tra­rio. “Soc­cor­re­re” un le­prot­to ab­ban­do­na­to si­gni­fi­ca, il più delle volte, sot­trar­lo alle cure ma­ter­ne e pri­var­lo del pro­prio am­bien­te na­tu­ra­le. Di con­se­guen­za, a meno che il sog­get­to ri­tro­va­to non sia pa­le­se­men­te fe­ri­to o sof­fe­ren­te, non an­dreb­be mai pre­le­va­to, ma la­scia­to dove si trova.

 

» Ar­ti­co­lo trat­to dalla Ri­vi­sta Ter­rA­mi­ca – num. 6 Gen­na­io 2017 «

Cri­stia­no Pa­pe­schi, lau­rea­to in Me­di­ci­na Ve­te­ri­na­ria e spe­cia­liz­za­to in Tec­no­lo­gia e Pa­to­lo­gia degli avi­co­li, del co­ni­glio e della sel­vag­gi­na. Cur­ri­cu­lum vitae >>>
Linda Sar­ti­ni, lau­rea­ta in Me­di­ci­na Ve­te­ri­na­ria e spe­cia­liz­za­ta in ispe­zio­ne degli ali­men­ti di ori­gi­ne ani­ma­le.

Il Co­ni­glio nano – Agra­ria.org
Cri­stia­no Pa­pe­schi – Il Sex­tan­te

In modo chia­ro e sim­pa­ti­co ven­go­no trat­ta­ti tutti gli aspet­ti le­ga­ti alla sua pre­sen­za in casa, dal ri­co­ve­ro al­l’a­li­men­ta­zio­ne, dalla con­vi­ven­za con gli altri ani­ma­li alle cure quo­ti­dia­ne, dalla ri­pro­du­zio­ne alla sua sa­lu­te.
Per ri­ce­ve­re una copia scri­ve­re a: info@​agraria.​org
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