di Cesare Ribolzi
Formaggi a crosta naturale e crosta lavata
Materia prima essenziale per fare il formaggio è naturalmente il latte che si presenta di colore bianco in quanto i globuli di grasso, importanti costituenti del prodotto, riflettono tutte le frequenze della luce e quindi danno al latte la colorazione bianca. Se ne volete avere una semplice prova, confrontate il colore di un bicchiere di latte intero e quello del latte scremato. La differenza è abbastanza evidente ed è dovuta al diverso contenuto di grasso nei due bicchieri. Una volta che il latte viene trasformato in formaggio, sappiamo che la frazione acquosa rimanente, il siero di latte, si presenta con un colore giallo/verdognolo, dovuto al suo contenuto in riboflavina e ad un ridotto contenuto di grassi, rimasti intrappolati nella matrice caseinica del formaggio.
A seconda che il latte venga munto nel periodo invernale o estivo, esso presenta una colorazione sensibilmente diversa: bianco in inverno e più tendente al giallo nel periodo estivo. Questa variazione di colore è dovuta alla maggior presenza di carotenoidi, in particolare di ß carotene o provitamina A, nei foraggi freschi estivi che trasmettono la colorazione al latte e di conseguenza ai prodotti derivati.
I derivati caseari cosiddetti ”d’alpeggio”, formaggi e burro principalmente, sono facilmente riconoscibili da quelli prodotti nel periodo invernale, dalla evidente colorazione gialla. Ad un esame più approfondito, dal profumo e dal sapore, si possono riconoscere essenze ed aromi trasmessi al prodotto direttamente dalle erbe e dai fiori dei quali gli animali si sono nutriti al pascolo in alpeggio o comunque conseguente ad una alimentazione con foraggi freschi.
Il Parmigiano Reggiano veniva distinto e quotato diversamente a seconda del periodo dell’anno nel quale veniva prodotto. La produzione invernale veniva distinta da quella del resto dell’anno ed era denominata ”invernengo” o ”vernengo”.
Veniva ritenuto di qualità e pregio superiori, per il suo colore più bianco rispetto al formaggio prodotto nei mesi estivi. La colorazione più chiara è determinata dall’alimentazione degli animali con maggiore quantità di fieno, meno ricco in ß carotene rispetto al foraggio estivo di sfalcio fresco. Anche la quotazione del formaggio era più alta. Oggi la distinzione non c’è più, tutto il formaggio viene chiamato Parmigiano Reggiano e le variazioni del prezzo sono dovute principalmente a motivazioni di mercato. Al contrario i formaggi prodotti nei paesi Anglo-sassoni, vengono ritenuti di maggior pregio se prodotti nei mesi estivi e se quindi si presentano di colorazione più gialla. Il latte viene addirittura addizionato di coloranti durante la fase di trasformazione in formaggio, per ottenere formaggi caratterizzati da un’evidente colorazione che va dal giallo all’arancione. Per fare questo, viene utilizzato l’annatto, un colorante naturale di derivazione carotenica, estratto dalla Bixa orellana, pianta spontanea presente in quantità in America centrale ed India.
Un altro motivo che definisce il colore del latte è l’elevata quantità di grassi, che ne determina la colorazione tendente al giallo.
Le razze bovine Jersey e Guernsey (originarie delle omonime isole situate sul canale della Manica) producono latte con elevato contenuto di grassi; il loro latte, pur non essendo il più adatto per scopi caseari, può fornire burro con ottima resa di trasformazione e colorato di un giallo carico.
Ma quando sentite il termine ”formaggio blu” cosa immaginate che significhi?
È piuttosto intuitivo rivolgere il pensiero ai formaggi ‘‘erborinati”, cioè che presentano colorazioni locali blu/verdi dovute al colore del micelio di muffe specifiche, frequentemente appartenenti al genere Penicillium.
Deve essere sfatato il mito secondo il quale il colore blu sia dovuto all’aggiunta di prezzemolo al formaggio o all’aver inserito in esso dei fili di rame che ossidandosi hanno lasciato il colore del ”verde rame” al formaggio; il colore infatti è dovuto solamente allo sviluppo delle muffe sopra citate. La disposizione ordinata del colore blu nel formaggio, generalmente verticale, è dovuta al fatto che le muffe per svilupparsi necessitano della presenza di ossigeno e quindi le forme di formaggio vengono di proposito forate dopo alcuni giorni dalla produzione, per consentire l’ingresso dell’ossigeno ed il conseguente sviluppo delle muffe. Tra gli erborinati più diffusi e conosciuti ricordo il nostro Gorgonzola, il Roquefort francese e lo Stilton inglese. Ve ne sono molti altri prodotti localmente e meno diffusi ma non per questo di minor pregio.
Nel mio caseificio ne produciamo uno, denominato ”Toma Blusca”, ottenuto da latte pastorizzato, intero, non omogeneizzato. La cagliata viene fatta acidificare da specifici fermenti dopo che il latte è stato addizionato da colture di Penicillium.
Il risultato, dopo almeno 6 mesi di stagionatura, è un formaggio che presenta le tipiche striature blu/verdi, un profumo molto intenso ed un sapore deciso.
Formaggio con crosta lavata ad una settimana
La muffa che si sviluppa nel formaggio non ha infatti una mera funzione estetica, decorativa. Le muffe sono delle sensazionali produttrici di enzimi idrolitici che svolgono la loro azione sulle proteine e sui grassi del formaggio, staccando piccole porzioni proteiche e lipidiche che determinano l’intenso profumo e sapore.
I formaggi erborinati possono essere prodotti con latte bovino, pecorino e caprino. La combinazione dell’azione fungina con il sapore intrinseco del latte delle diverse specie, permette di ottenere prodotti anche molto diversi tra loro ma accomunati dalle colorazioni blu/verdi; i formaggi denominati a ”crosta fiorita”, invece, presentano esternamente una coltre di muffe che ne ricopre la crosta.
I colori sono fondamentalmente il grigio ed il bianco; il colore grigio viene conferito al formaggio dalla presenza di muffe del genere Mucor, anche detto ”pelo di gatto”, che si sviluppa nelle primissime settimane di vita del formaggio. Questa muffa non è responsabile del conferimento di particolari sapori e aromi al formaggio, se non qualche volta un leggero profumo di fungo.
Più incisiva ed importante è certamente l’azione dovuta alla presenza di muffe bianche sulla crosta del formaggio (mi riferisco principalmente alle muffe appartenenti ai generi Penicillium camemberti e Geotrichum candidum).
Due esempi che conosciamo tutti molto bene, di formaggi prodotti utilizzando questi generi di funghi, sono il Brie e il Camembert. Questi si presentano ricoperti da Penicillium camemberti, il quale oltre che a conferire il candido aspetto ai due formaggi, svolge una importante funzione nella maturazione dei due prodotti. Queste muffe iniziano la maturazione del formaggio dalla crosta verso il centro. Questo tipo di maturazione è chiamato ”centripeto” ed è evidente una volta che il formaggio è maturo, in quanto dopo il taglio della forma si vede chiaramente come la porzione di formaggio immediatamente sotto la crosta sia molto morbida e possa arrivare a sciogliersi con l’avanzamento della stagionatura. L’azione idrolitica delle muffe sui costituenti del formaggio svolge un ruolo molto importante sul gusto ed il profumo del prodotto. Esternamente si nota un odore di ammoniaca, mentre il sapore del formaggio è burroso e piacevolmente aromatico. Personalmente preferisco gustare questi prodotti quando hanno passato la data di scadenza indicata e sono quindi giunti a maturazione completa.
Colorazioni dal rosa all’arancione sulla crosta sono tipiche dei formaggi a ”crosta lavata”. Esempi conosciuti da tutti sono il nostro Taleggio ed alcuni tipi di Robiole. Per la produzione di questi formaggi, le forme vengono sottoposte a ”lavaggi”’ con soluzioni saline su tutte le facce della crosta. In questo modo le croste vengono ripulite dalle muffe e viene preparato un ambiente più adatto a ospitare specie microbiche diverse tra cui lieviti e batteri del rosso, per es. Brevibacterium linens. Questi microrganismi sono già naturalmente presenti nell’ambiente ma con la pratica dei ”lavaggi” viene favorito il loro insediamento. I batteri responsabili della colorazione rossa sono numerosi e non si può escludere che passino ai formaggi dalle salamoie prodotte con sale marino. Il loro sviluppo sulla crosta determina, oltre alla colorazione, un aroma e sapore caratteristico nel formaggio maturo. La crescita di questi batteri è evidente dalla fine della seconda settimana dalla produzione, quando i formaggi sono stati sottoposti ad almeno 2 lavaggi. Il mantenimento della crosta umida, unitamente ad una elevata concentrazione salina, sono le condizioni responsabili della selezione di questi microrganismi. Dalla terza/quarta settimana, l’azione dei batteri diventa più evidente anche sotto la crosta, dove il formaggio tende a fondere ed acquista un sapore e profumo sempre più accentuato. Ritengo che la pratica dei lavaggi sia stata inizialmente attuata per tenere puliti i formaggi dalle muffa, ma con queste procedure sono stati, in maniera involontaria, creati dei nuovi e particolari formaggi.
» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica – num. 6 Gennaio 2017 «
Cesare Ribolzi, dopo la laurea in Scienze Agrarie, facoltà di Scienze delle Preparazioni Alimentari e brevi esperienze lavorative presso il caseificio Giuseppe Pasini di Abbiategrasso e Meggle Milchindustrie in Baviera, è oggi responsabile di produzione del caseificio Norden (www.norden.eu) di Osmate (VA).
Entrato nel Forum di Agraria.org con una domanda, ha iniziato a dare delle risposte.