Di Vittoria Capei Chiaromanni.
Oggi stiamo vivendo quello che il sociologo polacco Zygmunt Bauman (2000) ha definito postomodenità o “modernità liquida”: ovvero una vita leggera, frenetica e incerta nei confronti del futuro ed è per questo che nell’individuo moderno c’è un forte desiderio di ritorno al passato e alle vecchie tradizioni.
Tutto questo lo confermano anche i nuovi motivi che spingono l’uomo a viaggiare: il tempo libero, la ricerca di relax e l’evasione dalla vita quotidiana; vivere quindi un’esperienza diversa dal quotidiano. Per questi motivi oggi si parla di “turismo rurale” inteso come il piacere di visitare luoghi nella loro ingenuità e che riflettano la nostra identità. Si ricerca il bisogno di sentirsi parte di qualcosa, “toccare con mano”, vivere un’esperienza. Date queste esigenze ecco spiegato il legame tra l’individuo contemporaneo e il vino: si acquista questo prodotto non per semplice approvvigionamento ma perché si cerca attraverso il vino una corrispondenza con il proprio modo di essere e la propria identità. Attraverso il “nettare degli dei” oggi è possibile immergersi in una determinata realtà fatta di semplicità e vecchie tradizioni.
Nasce dunque anche un nuovo tipo di marketing, il marketing esperienziale, che si differenzia da quello tradizionale – inteso come processo sociale diretto a soddisfare i bisogni e i desideri dei propri consumatori o futuri tali – poiché pone maggiore attenzione verso il cliente. A lui deve offerta un’esperienza in cui le relazioni, le percezioni e i sentimenti diventano unici.
Bernd Scmitt, professore della Columbia University e autore del testo “Experiental Marketing” sostiene che le esperienze siano stimolazioni indotte ai sensi, al cuore e alla mente. Uniscono l’azienda e la marca allo stile di vita del cliente e collocano sia le azioni del singolo che l’occasione d’acquisto in un contesto sociale più ampio.
(www.torciano.com)
Scmitt poi prosegue dividendo l’esperienza umana in cinque differenti tipologie che chiama SEM (Strategic Experiential Module): il Sense, il Feel, il Think, l’Act e il Relate.
Il Sense è il livello più basso dell’esperienza e costruisce esperienze stimolando tutti e cinque i sensi. Ha l’obiettivo di ottenere un impatto sensoriale sui clienti o potenziali tali. Al secondo livello troviamo il Feel che ha l’obiettivo di creare esperienze affettive collegate alla marca suscitando emozioni e stati d’animo. Il terzo modulo è quello del Think che invece ha l’obiettivo di creare stimoli ed esperienze per la mente. Con questo tipo di esperienza si desidera stimolare la voglia di scoprire del consumatore. Il quarto modulo, quello dell’Act, consiste nel mostrare al cliente nuovi stili di vita in grado di arricchire la loro esistenza e suggerire alternative. L’ultimo modulo è quello del Relate che ingloba al suo interno tutti i precedenti moduli e inserisce l’esperienza personale in un contesto sociale più ampio.
Tutto questo è oggi applicabile e deve esserlo, al mondo del vino.
Per far conoscere il proprio vino e fidelizzare il cliente è necessario rendere il vino un’esperienza intendendo per essa “creare una positiva interazione con il consumatore, e far sì che quest’ultimo attivi i suoi processi cognitivi ed emotivi – ovvero sia coinvolto – per interpretare ciò che vive nel momento dell’interazione” (Addis, 2007).
Queste strategie sono diventate ormai necessarie per affezionare il cliente ai prodotti e al marchio. Mantenere i clienti è molto meno costoso che attrarne di nuovi quindi è molto importante far vivere un’esperienza unica e indimenticabile.
Usare il marketing in modo corretto e fedele al proprio prodotto assicura: una buona reputazione, un buon ricordo, tendenza di acquisto, propensione al ritorno nel medesimo luogo e il cliente sarà anche meno sensibile al prezzo. Inoltre questa strategia di marketing permette di differenziarsi rispetto alla concorrenza e creare una buona barriera a nuovi concorrenti.
Molte sono le aziende vinicole che non nascondono di investire nel marketing esperienziale, un esempio è una delle aziende storiche dalla Valpolicella, l’Azienda Allegrini. In una recente intervista rilasciata al Wine Meridian, Alberto Lusini, Sales and Marketing Director di Allegrini, conferma di usare questa nuova strategia che punta a vendere non solo il prodotto ma anche il territorio dal quale deriva affermando che, a causa del consumatore sempre più infedele, è diventato necessario per le aziende vendere un’esperienza. E’ per questo motivo che l’azienda Allegrini ha anche sviluppato un progetto di hospitality comprando la villa cinquecentesca, “Villa della Torre Allegrini”, a pochi metri dall’azienda e all’interno della quale vengono costantemente organizzati eventi ed incontri che legano il mondo del vino alla cultura del territorio.
E’ fondamentale ricordare che fare marketing esperienziale non è necessariamente costoso, ci sono tanti modi di far vivere un’esperienza a basso costo, quindi ogni azienda può trovare la strategia più consona con le proprie disponibilità.
Chi desidera cominciare ad investire in questa strategia dovrà concentrarsi soprattutto sull’esperienza dell’acquisto: questa fase dovrà essere curata nei dettagli e dovrà emozionare il cliente attraverso vari stimoli: l’architettura del punto vendita, il visual merchandising, il personale, gli stimoli sensoriali come musica e odori.
Sono innumerevoli quindi le formule che si possono usare. Quella vincente è trovare la più adatta alla propria filosofia aziendale e al messaggio che si desidera mandare al proprio cliente.
Vittoria Capei Chiaromanni, dottoressa triennale in “Comunicazione, media e giornalismo” e dottoressa magistrale in “Strategie della comunicazione pubblica e politica” presso l’Università degli studi di Firenze. Specializzata in “Marketing, comunicazione e pubblicità” presso l’ Istituto Europeo di Design – Roma, ha svolto sul settore del vino la propria tesi di laurea dal titolo: “Il vino toscano tra tradizione ed innovazione. Il ruolo dell’azienda Marchesi Antinori”. Mail: vittoria.capei.c@gmail.com