Lombrichi in pericolo, la minaccia viaggia nei terricci
di Francesco Agresti
Esemplare di Diversibipalium multilineatum – Testa di Bipalium Kewense
In comune hanno la forma, la dieta e l’origine extraeuropea. Sono entrambi piatti, estranei alla microfauna del Vecchio continente e in cima alla lista delle prede preferite hanno i lombrichi. Sono due specie di vermi arrivati dal Sudamerica e dal Giappone e rappresentano una nuova minaccia per tutti gli anellidi europei.
Il primo è originario del Brasile è giunto in Europa nascosto nei vasi di piante ornamentali. Si chiama Obama Nugara. (nome che deriva dalla lingua della popolazione nativa brasiliana Tupi: Oba sta per foglia, Ma per animale) è un verme piatto classificato come specie solo quest’anno. In Nuova Zelanda, un parente prossimo dell’Obama, l’Arthurdendyus triangulatus, ha ridotto la popolazione di lombrichi del 20% e ha provocato danni rilevanti anche in Francia e Spagna. L’Obama Nugara non è stato ancora avvistato nel nostro Paese, mentre in Gran Bretagna nel 2016 sono stati segnalati già quattro esemplari, tre in dei garden center e uno in un giardino privato.
E’ stato invece avvistato in territorio italiano fin dallo scorso febbraio il Diversibipalium multilineatum, un altro verme piatto lungo 15 cm trovato in giardino pubblico del Bolognese. “Una colonia di circa una settantina di esemplari è stata individuata a Bologna nei giorni scorsi – ha raccontato Mattia Menchetti, ricercatore dell’Università di Firenze che fa parte del team internazionale che ha pubblicato il primo studio sull’argomento su ‘Zootaxa’, la più importante rivista scientifica al mondo di tassonomia zoologica. “Di solito – ha aggiunto – vivono in Giappone, ma si trovano anche in Corea del Sud e in Francia”.
Questa ‘planaria aliena’ rappresenta un pericolo per la biodiversità del suolo in quanto è in grado di sterminare in grandi quantità lombrichi, lumache e chiocciole fiutando le loro scie odorose.
“Riescono anche ad attraversare gli oceani viaggiando nel terriccio e nei vasi da giardinaggio”, sottolinea Menchetti. Una volta insediatesi, poi, non è così semplice debellarle. Queste specie non rappresentano un pericolo per l’uomo, almeno non direttamente. Mentre sono in grado di provocare significative alterazioni negli ecosistemi con cui vengono a contatto. Sono, infatti, animali molto voraci hanno dei recettori che permettono loro di fiutare le prede. Seguono, ad esempio, le scie di muco delle chiocciole, poi le attaccano. Le planarie riescono a uccidere una preda anche 10 volte più pesanti di loro, agendo magari in gruppo. Si avvolgono attorno a essa e la divorano attraverso una bocca piazzata sotto il ventre.
Obama Nugara
L’università di Firenze in collaborazione con quella di Barcellona, il Naturalis Biodiversity Center di Leida e il Museo di storia naturale di Parigi, sta portando avanti una ricerca sull’impatto che queste specie possono avere sugli ecosistemi.
“A un primo esame abbiamo pensato che il Diversibipalium multilineatum potesse appartenere a una specie di planarie molto invasiva, originaria dell’Est asiatico e stretta parente del Bipalium kewense”. Una specie, quest’ultima dotata di veleno, oltre che di una particolare testa a martello. I tessuti del Bipalium kewense contengono tetrodotossina, una sostanza pericolosa, molto potente, e potenzialmente letale per l’uomo. “Ma anche se queste planarie fossero velenose – rassicura Menchetti – le possibilità di rimanere intossicati, o addirittura uccisi, sarebbero davvero irrisorie”.
In generale si tratta di animali molto voraci: hanno dei recettori che permettono loro di fiutare le prede. Seguono, ad esempio, le scie di muco delle chiocciole, poi le attaccano. Le planarie riescono a uccidere prede anche 10 volte più pesanti di loro, agendo magari in gruppo. Si avvolgono attorno a esse e la divorano attraverso una bocca piazzata sotto il ventre.
“Un sottosuolo senza lombrichi è meno areato – conclude Menchetti – I danni recati a campi coltivati ma anche aree verdi urbane potrebbero essere considerevoli. Il nostro studio è il primo del genere in Italia. Abbiamo la possibilità di far luce su questo fenomeno: ancora non si ha la percezione delle conseguenze che possa avere. Per questo è importante che, chiunque si imbatta in questo tipo di animali, ce lo segnali. Potrebbe essere un contributo fondamentale alla nostra ricerca”.
Francesco Agresti, laureato in Economia, giornalista economico (ha collaborato con le riviste Terra e Vita e AzBio), imprenditore agricolo gestisce un allevamento di lombrichi rossi californiani a Sabaudia. www.lombricolturabellafarnia.it