La certificazione del metodo biologico: il periodo di conversione
di Donato Ferrucci
Il sistema di produzione con metodo biologico prevede un periodo definito di “conversione”, fase in cui l’azienda pur avendo assunto tutti gli impegni previsti dalla norma non può commercializzare il prodotto con riferimenti al metodo stesso. Rispetto al requisito della conversione, si evidenzia spesso una certa confusione da parte degli operatori. Scopo del presente contributo è il tentativo di chiarire gli aspetti chiave inerenti la tematica.
La fase di conversione è definita dall’art. 2 del Reg. CE 834/07 come “la transizione dall’agricoltura non biologica a quella biologica entro un determinato periodo di tempo, durante il quale sono state applicate le disposizioni relative alla produzione biologica”.
E’ quindi una fase transitoria, di onere senza onori. In questo tempo l’azienda ha però modo di acquisire consapevolezza tecnico-normativa e di portare il sistema verso una stabilità ecologica indispensabile per avere dei risultati adeguati in termini produttivi.
La conversione varia come tempistica in base ai prodotti oggetto di certificazione (Reg. CE 834/07, Art. 17, par. 1 lett. c)). La prima distinzione è tra prodotti di origine vegetale, animale e ittici. Le produzioni trasformate non hanno periodo di conversione, in quanto si basano su attività di gestione di materiali certificati, e pertanto, mantengono il requisito (…non lo creano), attraverso sistemi di identificazione e rintracciabilità.
Il periodo di conversione inizia ufficialmente dalla data di notifica dell’azienda, atto con cui questa entra nel sistema mediante impegno formale (Reg. CE 834/07, Art. 17, par. 1 lett. a)).
Qualora un’azienda è in parte in conversione ed in parte biologica, è obbligata a tenere separate le produzioni e ne deve documentare l’attuazione (Reg. CE 834/07, Art. 17, par. 1 lett. d))
Terreni con produzioni vegetali (Reg. CE 889/08, Art. 36, par. 1)
Colture annuali e foraggere annuali o perenni: le norme devono essere state applicate almeno due anni prima della semina o due anni prima dell’utilizzazione della foraggera. Si intende pertanto che, per le colture erbacee annuali o foraggere, è certificabile come biologico il prodotto seminato o utilizzato (caso delle foraggere) dopo due anni dalla data di notifica. Ad esempio, se la notifica avviene in data 10 Ottobre 2016, saranno certificabili come biologiche tutte le produzioni seminate dopo il 10 Ottobre 2018.
Colture perenni diverse dai foraggi (es. Olivo, vite, carciofi, asparagi, ecc.): le norme devono essere state applicate almeno tre anni prima del primo raccolto. Quindi, è certificabile il primo prodotto raccolto dopo tre anni dalla data di notifica. Ad esempio, sempre nel caso di notifica in data 10 Ottobre 2016, sarà certificabile il primo raccolto successivo al 10 Ottobre 2019.
E’ quindi di immediata comprensione come il momento della notifica sia molto importante in quanto può determinare la possibilità di certificare una produzione anche con diversi mesi di ritardo rispetto all’impegno assunto. Pensiamo al caso di un terreno con oliveto. Se notificato a settembre 2016, potremo certificare il raccolto del 2019. Se notificato a Dicembre 2016 (dopo tre mesi rispetto al caso precedente) potremo certificare il raccolto 2020 (con 12 mesi di ritaro rispetto alla prima ipotesi). Analogo discorso si può fare per le colture annuali.
Per entrambi i casi sopra citati i prodotti possono essere certificati come in “conversione” se è stato osservato un periodo di almeno 12 mesi di applicazione del metodo prima del raccolto (Reg. 889/08 Art. 63).
Colture vivaistiche (art. 12 Reg. CE 834/07): la pianta madre da cui provengono le sementi e la pianta genitrice da cui proviene il materiale di moltiplicazione vegetativa sono prodotte secondo le norme stabilite dal regolamento per almeno una generazione o, nel caso di colture perenni, per due cicli vegetativi.
Terreni associati a produzioni animali (Reg. CE 889/08, Art. 37, par. 1)
Le norme di conversione che interessano i terreni destinati alla produzione vegetale (Reg. CE 889/08, Art. 36, par. 1) si applicano all’intera superficie dell’unità di produzione su cui vengono prodotti alimenti per animali. In deroga a quanto appena esposto, il periodo di conversione può essere ridotto a un anno per i pascoli e gli spazi all’aperto utilizzati da specie non erbivore.
Tale periodo può essere ridotto a sei mesi se le aree interessate non sono state sottoposte, nell’ultimo anno, a trattamenti con prodotti non autorizzati per la produzione biologica.
Produzioni animali (Reg. CE 889/08, Art. 38, par. 1 e 2)
Gli animali e i prodotti di origine animale realizzati durante il periodo di conversione non possono essere commercializzati con riferimento al metodo biologico nell’etichettatura e nella pubblicità (Reg. CE 834/07, Art. 17, par. 1 lett. f)). Questo contrariamente a quanto può avvenire per i prodotti di origine vegetale.
Nel caso in cui animali non biologici siano stati introdotti in un’azienda biologica, i prodotti animali possono essere venduti con la denominazione biologica soltanto se le norme di produzione sono state applicate per un periodo di almeno:
- a) 12 mesi per gli equidi ed i bovini (comprese le specie Bubalus e Bison) destinati alla produzione di carne ed in ogni caso per almeno tre quarti della loro vita;
- b) 6 mesi per i piccoli ruminanti e i suini nonché per gli animali destinati alla produzione lattiera;
- c) 10 settimane per il pollame introdotto prima dei 3 giorni di età e destinato alla produzione di carne;
- d) 6 settimane per le galline ovaiole.
Nel caso in cui animali non biologici sono presenti in azienda all’inizio del periodo di conversione (conversione simultanea di terreni e animali), i prodotti da essi derivati possono essere considerati biologici dopo un periodo di conversione totale e cumulativo sia per gli animali che le aree utilizzate per l’alimentazione degli stessi, di 24 mesi. Questo se gli animali sono essenzialmente nutriti con prodotti provenienti dall’unità di produzione
Prodotti dell’apicoltura (Reg. CE 889/08, Art. 38, par. 3,4 e 5)
I prodotti dell’apicoltura possono essere venduti con riferimenti al metodo di produzione biologico soltanto se le norme applicabili a tale produzione sono state rispettate per almeno un anno.
Il periodo di conversione degli apiari non si applica in caso in cui sciami siano biologici e le api regine e gli sciami siano collocati in alveari con favi o fogli cerei provenienti da unità di produzione biologica (Reg. 889/08, art. 9, par. 5).
Prodotti di animali di acquacoltura e alghe marine (Reg. CE 889/08, Art. 36 bis 38 bis)
Le unità di produzione acquicola dotate dei seguenti tipi di impianti contenenti gli animali d’acquacoltura presenti sono soggette ai seguenti periodi di conversione:
- a) 24 mesi per gli impianti che non possono essere prosciugati, puliti e disinfettati;
- b) 12 mesi per gli impianti che sono stati prosciugati o sottoposti a fermo;
- c) 6 mesi per gli impianti che sono stati prosciugati, puliti e disinfettati;
- d) 3 mesi per gli impianti in acque aperte, compresi quelli adibiti alla molluschicoltura.
Per le alghe marine Il periodo di conversione per un sito di raccolta di alghe marine è di sei mesi.
Il periodo di conversione per un’unità di coltivazione di alghe marine è di sei mesi o di un intero ciclo di produzione, se questo è superiore a sei mesi.
Riconoscimento retroattivo del periodo di conversione
L’istituto del riconoscimento retroattivo, a volta denominato in maniera impropria “riduzione” del periodo di conversione, è normato dall’art. 17, par. 1 lett. e del Reg. CE 834/07 e ulteriormente specificato dall’allegato 3 del DM 18354 del 27/11/2009 (Disposizioni per l’attuazione dei regolamenti (CE) n. 834/2007, n. 889/2008 e n. 1235/2008 e successive modifiche riguardanti la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici).
La base giuridica è rappresentata dall’art. 17 del regolamento, che consente, al fine di determinare il periodo di conversione, di poter tener conto di un periodo immediatamente precedente la data d’inizio del periodo di conversione, purché si verifichino “talune condizioni”. Le condizioni sono specificate dall’art. 36, par. 2 del Reg. CE 889/08, dove si dispone che l’autorità competente (regione o provincie autonome) può decidere di riconoscere retroattivamente come facenti parte del periodo di conversione eventuali periodi anteriori durante i quali:
- gli appezzamenti sono stati oggetto di misure definite in un programma messo in atto ai sensi dei regolamenti del Consiglio (CE) n. 1257/1999 e (CE) n. 1698/2005 o in un altro programma ufficiale, a condizione che tali misure garantiscano che i prodotti non autorizzati nell’ambito della produzione biologica non sono stati utilizzati sugli appezzamenti in questione;
- gli appezzamenti erano superfici agricole o allo stato naturale non trattate con prodotti vietati nell’ambito della produzione biologica.
Il periodo di cui alla lettera b), può essere preso in considerazione retroattivamente soltanto qualora l’autorità competente abbia ottenuto prove sufficienti che le condizioni suddette erano soddisfatte da almeno tre anni.
Allegato 3 DM DM 18354 del 27/11/2009. Riconoscimento retroattivo
Qualora un produttore voglia richiedere il riconoscimento di periodi anteriori alla notifica di attività come facenti parte del periodo di conversione, ai sensi dell’ art. 36 comma 2 del Reg. (CE) n. 889/08, deve presentare all’Organismo di Controllo una specifica richiesta indicando di quali delle condizioni richiamate ai punti a) o b) del paragrafo 2 dell’art. 36 del Reg. (CE) n. 889/2008 intende avvalersi. Tale richiesta dovrà essere corredata da:
- descrizione dettagliata delle coltivazioni realizzate e dei metodi produttivi adottati negli appezzamenti interessati
- documentazione comprovante il non utilizzo di mezzi di produzione non autorizzati ai sensi del Reg. (CE) n. 889/08 antecedentemente alla data di notifica ed invio della stessa. Tale documentazione può essere costituita da:
- nel caso della richiesta ai sensi del punto a del paragrafo 2 dell’art. 36 del Reg. (CE) n. 889/2008 le schede ufficiali relative all’uso dei mezzi tecnici;
- nel caso della richiesta ai sensi del punto b del paragrafo 2 dell’art. 36 del Reg. (CE) n. 889/2008 perizie ed ogni altra evidenza utile.
L’organismo di Controllo acquisita la suddetta richiesta da parte del produttore, ed effettuate le verifiche necessarie, provvede ad inoltrare alla Regione o Provincia autonoma di competenza una relazione dettagliata sulla situazione aziendale oggetto della richiesta ed il parere di merito degli organi deliberanti dello stesso Organismo di Controllo.
La relazione deve contenere almeno le seguenti informazioni:
- Denominazione e CUAA dell’operatore biologico;
- Data della richiesta da parte del produttore;
- Appezzamenti e particelle catastali interessate e relative colture praticate (antecedenti e successive alla notifica);
- Data di fine conversione ai sensi del art. 36 paragrafo 1 del Reg. (CE) n. 889/08, riferite alle singole particelle;
- Data di fine conversione richiesta ai sensi del art. 36 paragrafo 2 del Reg. (CE) n. 889/08, riferite alle singole particelle;
- Parere dell’OdC (data della delibera).
La relazione, oltre al richiamato parere di merito degli organi deliberanti dello stesso Organismo di Controllo, deve essere corredata dal verbale di visita ispettiva dal quale si evinca la verifica di evidenze documentali ed ispettive e dai rapporti di prova di eventuali analisi effettuate.
Le Regioni o le Provincie autonome esaminata la relazione dell’OdC e la documentazione a corredo ed eseguiti gli eventuali accertamenti ritenuti opportuni, autorizza o meno il riconoscimento di periodi anteriori alla notifica di attività come facenti parte del periodo di conversione, ai sensi dell’art. 36 paragrafo 2 del Reg. CE 889/08, dandone comunicazione all’Organismo di Controllo e, per conoscenza, all’operatore.
In assenza di specifico riscontro da parte delle Regioni o Provincie autonome entro 60 giorni dal ricevimento dell’istanza, ha valore l’istituto del silenzio assenso di cui all’art. 20 della legge 7 agosto 1990 n. 241, salvo diversi termini stabiliti dalle citate autorità.
Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. Curriculum vitae >>>