Correlazione dei cambiamenti climatici con l’attività di Phytophthora cinnamomi in Europa
di Matteo Fabbri
Il declino delle querce dell’Europa Centro-Mediterranea
L’ultimo decennio (2005-2015) è stato il più caldo registrato in Europa, con una temperatura della superficie terrestre più alta di 1,3° C rispetto alla temperatura media in epoca preindustriale. Diversi modelli di proiezione evidenziano che la temperatura in Europa potrebbe alzarsi di 2,5 – 4° C verso la fine del XXI secolo, rispetto alla media del 1961-1990.
Questo non solo porterà ad un aumento delle temperature minime e massime in inverno e primavera, ma incrementerà le precipitazioni e l’instabilità climatica, comprese piogge più frequenti e intense e siccità; gli effetti associati possono essere un aumento della concentrazione di CO2 e periodi di maggiore irradiazione di UV.
Il declino delle querce mediterranee potrebbe essere un sintomo dello stress derivato dal riscaldamento globale unito all’attività di P.cinnamomi (Brasier, 1992). In Spagna e Portogallo le specie primarie coinvolte da Phytophthora cinnamomi sono Quercus suber, Quercus ilex e in misura minore Quercus faginea e Quercus pyrenaica. Il deperimento di Quercus suber è stato segnalato in Tunisia e Marocco (Brito de Carvalho and Graf), mentre in Italia sono state segnalate Quercus cerris, Quercus frainetto e Quercus pubescens (Raddi, 1992).
I periodi più critici per le querce (Q.robur, Q. petraea) nelle regioni europee sono stati gli anni ’20, il 1940-50 e gli anni ’80 (Delatour, 1983; Oleksyn and Przybyl, 1987; Anon, 1990; Siwecki and Liese, 1991; Luisi and Vannini, 1993). Nel 1991 sono stati segnalati più di 1000 focolai di P.cinnamomi (Brasier, 1991) nei circa 2.2 milioni di ettari di foreste di Leccio e Sughera nel Sud-Ovest della Spagna.
Influenza del riscaldamento globale sull’attività di P. cinnamomi
Il deperimento delle querce del centro Europa, causato da Phytophthora cinnamomi è influenzato da periodi di siccità, ristagni prolungati, fluttuazioni della falda nel suolo, inverni freddi, che implicano un iniziale stress per la pianta, fino a portare all’attacco di insetti, funghi ed altri patogeni (Anon, 1990; Siwecki e Liese, 1991; Luisi e Vannini, 1993).
Influenza del riscaldamento su P.cinnamomi:
-Aumento dell’estensione verso nord.
-Aumento dei periodi favorevoli alla produzione di inoculo e infezione, particolarmente nel caso di un aumento di temperatura, piogge ed umidità nel suolo.
-Stagioni più calde potrebbero aumentare il tasso di diffusione del fungo nell’ospite, portando ad un maggior tasso di infezione iniziale e ad una maggiore produzione di inoculo.
-Inverni più caldi possono permettere una maggiore sopravvivenza dell’inoculo nelle radici e nel suolo.
-L’aumento di siccità, ristagni ed altri fattori di stress per la pianta possono ridurre la resistenza iniziale al patogeno, aumentando la frequenza di infezione e un maggior accumulo e sviluppo nell’ospite.
-L’effetto combinato dello stress e gli attacchi secondari da parte di altri organismi possono causare la suscettibilità nei confronti di P.cinnamomi da parte di piante che prima erano resistenti.
La patologia trattata ha una rilevanza importante, è associata alla mortalità diffusa del castagno, leccio e sughera e potrebbe essere un fattore limitante nella rinnovazione di queste specie, considerando la suscettibilità delle giovani piante.
Scheda del Marciume radicale – Mal dell’inchiostro
Agente
Phytophthora cinnamomi
Distribuzione
Zone temperate e sub-tropicali (Americhe, Europa, Australia; Nuova Zelanda, Asia).
In Europa è stata maggiormente osservata in Francia, Italia, Spagna e Portogallo. La provenienza geografica della P.cinnamomi è sconosciuta, Zentmyer (1988) suggerisce che la specie è indigena del Sud-Est Asiatico e Nuova Guinea. In Europa è arrivata probabilmente intorno al 19° secolo in vivaio.
Ospiti
Numerose specie, dall’avocado (Persea americana), ananas (Ananas comosus) al castagno, faggio, querce e conifere. Tra le querce sono maggiormente suscettibili Quercus ilex, Quercus suber e Quercus rubra.
Sintomatologia
Si manifesta con necrosi bruno-nerastre localizzate nei tessuti delle radici e della base del fusto, lacerazioni e fuoriuscita di liquido nerastro, accompagnate da seccume delle branche alte della chioma.
La morte della pianta può avvenire dopo un lungo periodo di deperimento della chioma, quando tutto l’apparato radicale è compromesso.
Ciclo biologico ed epidemiologia
Vengono prodotte tre tipi di spore: zoospore, clamidospore e oospore. Gli sporangi rilasciano zoospore che si muovono sfruttando l’acqua contenuta nel terreno, fino ad arrivare alle radici sulle quali avviene la germinazione, seguita dalla penetrazione nell’arco di 24 ore (Zentmyer, 1961).
Si diffonde nelle giovani radici causandone il marciume, che può estendersi fino al colletto, i propaguli possono anche arrivare ad infettare parti aeree della pianta. Può sopravvivere per lunghi periodi nel materiale vegetale morto (Sheaet al, 1980), in presenza di un substrato organico adatto, possono sopravvivere gli sporangi, le zoospore, le clamidospore, le oospore e il micelio che può sopravvivere 6 anni nel terreno umido (Weste & Vithanage, 1979).
La dispersione a lungo raggio avviene mediante suolo o piante infette, ad opera dell’uomo. È molto sensibile al freddo e piuttosto termofila, con una temperatura minima per la crescita di 5-6 °C, con un ottimo tra i 24-28 °C e un massimo tra i 32-34°C.
L’acqua è richiesta per la formazione e dispersione delle spore, anche se il patogeno è in grado di svilupparsi in luoghi abbastanza aridi, con precipitazioni occasionali.
Nonostante sia stato inizialmente segnalato in paesi tropicali e sub-tropicali, si ritiene che possa vivere anche in situazioni di clima più freddo.
Lotta
La prevenzione comprende la produzione e distribuzione di assortimenti vivaistici sani, anche se le piante infette possono rimanere asintomatiche per lunghi periodi rendendo difficile questa pratica. Da un punto di vista selvicolturale si tende ad evitare i ristagni d’acqua ed eliminare e distruggere tutte le parti vegetali infette; la lotta chimica invece prevede la disinfezione dei tagli e ferite vicine al terreno ed interventi localizzati nelle prime fasi di sviluppo del patogeno con prodotti a base di rame.
Conclusioni
Ormai è chiarito che i cambiamenti climatici porteranno ad un aumento della temperatura media in Europa e nel mondo(IPCC). Il cambiamento delle condizioni climatiche indurrà gli organismi viventi a rivedere le loro strategie di adattamento. In particolare le foreste, è probabile che vadano incontro a situazioni di stress causate da fattori abiotici (temperatura, vento, etc) che apriranno la via a patogeni che prima erano relegati soltanto in alcune zone ben precise. L’aumento della temperatura potrebbe portare a “rompere” quelle barriere naturali che fino ad ora hanno regolato la vita dei patogeni come latitudine e altezza. Le malattie mediterranee potrebbero cominciare diffondersi verso nord (La Porta et al., 2008), come in effetti è già avvenuto per la D. pinea in Estonia, che dal 2007 è stata osservata nella repubblica baltica (Hanso & Drenkhan, 2009). Tuttavia l’assioma cambiamenti climatici, maggiore diffusione delle malattie non è sempre vero. I cambiamenti climatici produrranno effetti diversi per ogni luogo e per ogni ecosistema tale da rendere difficoltosa qualsiasi generalizzazione.
Inoltre possiamo affermare che la diversità genetica, intesa in tutte le componenti di una foresta resta il fattore determinante per il futuro adattamento a cambiamenti di qualsiasi genere (Despez-Lostau et al. 2006) che avverranno nei prossimi decenni.
Matteo Fabbri, diplomato all’Istituto tecnico agrario, ha conseguito la laurea triennale in Scienze forestali ed ambientali e la laurea magistrale in Scienze e tecnologie dei sistemi forestali presso l’Università degli studi di Firenze. Curriculum vitae >>>