di Ezio Casali
Il termine agricoltura conservativa comprende tutta una serie di agrotecniche il cui scopo fondamentale è quello di migliorare la funzionalità agronomica dei suoli favorendo in tal modo una migliore adattabilità dei terreni agricoli alle sollecitazioni antropiche, sia dirette (lavorazioni profonde in primis) che indirette (cambiamenti climatici), migliorandone la fertilità, soprattutto per quanto riguarda la sostanza organica, e conseguentemente la fruibilità a fini produttivi.
I tre pilastri sui quali si basa l’agricoltura conservativa sono:
– diversificazione colturale
– riduzione delle lavorazioni
– copertura del suolo
La contemporanea e continuativa applicazione delle tre tecniche permette di ottenere ottimi risultati in termini di riequilibrio biologico dell’ecosistema agricolo nel suo complesso ed in particolare dell’ecosistema suolo, dal mantenimento del quale non si può prescindere se si vogliono ottenere risultati produttivi quali-quantitativi rispondenti alle esigenze dettate dai nuovi mercati.
La diversificazione colturale potremmo dire rappresenti l’applicazione moderna e con un approccio scientifico contemporaneo della pratica della rotazione, la cui applicazione si perde nella notte dei tempi e che ha da sempre rappresenta uno dei cardini delle tecniche agronomiche di ogni sistema agricolo.
Notoriamente la rotazione prevede l’alternarsi di colture da rinnovo (cioè quelle colture che per le lavorazioni, spesso profonde, e le importanti concimazioni che richiedono, lasciano nel terreno una certa quota di “fertilità residua” disponibile alla coltura che succederà) quali mais, barbabietola, pomodoro, ecc., miglioratrici (colture che migliorano la struttura del terreno ed in alcuni casi apportano elementi nutritivi) quali prati, leguminose, ecc. e depauperanti (colture che “consumano” sostanza organica ed elementi nutritivi lasciando il terreno più povero e meno strutturato) quali i cereali autunno-vernini (frumento, orzo, ecc.), riso, ecc.
Già gli antichi Romani esercitavano una semplice rotazione biennale frumento – maggese, utilizzando di fatto solo metà della superficie coltivabile: avendo constatato che la continua coltivazione con la stessa specie per diversi anni portava ad una diminuzione delle già scarse produzioni, lasciavano riposare il terreno per un anno in modo che lo stesso potesse in qualche modo “rigenerarsi” e non soffrire di quel fenomeno oggi conosciuto con il nome di “stanchezza”.
Nel Medioevo venne introdotta la rotazione triennale, la quale prevedeva:
1° anno: grano (semina autunnale) – 2° anno: avena o leguminose (semina primaverile – 3° anno: maggese e quindi la possibilità di ridurre a un terzo la superficie non coltivata.
Gli obiettivi che si vogliono perseguire con la diversificazione colturale, la cui corretta applicazione permette di mantenere e migliorare la fertilità fisica e quella chimico-biologica del suolo sono:
- mantenere una copertura il più possibile continua del terreno lungo tutto il corso dell’anno: l’evitare periodi di interruzione colturale stimola l’attività biologica del suolo e lo protegge dagli agenti climatici, limitando o annullando completamente fenomeni di erosione, ruscellamento superficiale delle acque e perdite di elementi nutritivi (soprattutto di nitrati i quali, essendo “catturati” dalla coltura non vanno incontro a episodi di dilavamento e/o lisciviazione), facilitando inoltre il controllo delle erbe infestanti.
La terminologia inglese chiama queste colture pacciamanti cover-crops (colture di copertura) o catch-crops (colture trappola). - aumentare la biodiversità dell’agrosistema
- mantenere una buona struttura grazie all’azione delle radici delle piante, ma anche grazie all’aumento già accennato di sostanza organica.
Per quanto riguarda invece la riduzione delle lavorazioni, il principio fondamentale è quello di non invertire gli strati di suolo: il non rivoltamento e la diminuzione della profondità delle lavorazioni favoriscono l’attività biologica del terreno, l’aumento di sostanza organica e un generale miglioramento della fertilità fisica e chimico-biologica, nonché una maggiore sequestrazione di carbonio, il quale entrando in contatto con una minore quantità di aria, e quindi di ossigeno, porta ad una minore emissione di anidride carbonica in atmosfera. Inoltre la diminuzione del numero di passaggi con macchine ed attrezzi pesanti permette di evitare fenomeni di compattamento, oltre a ridurre, con la diminuzione delle profondità di lavoro, la potenza delle trattrici (che saranno quindi più leggere), il numero di ore di lavoro necessarie, e conseguentemente il consumo di carburante.
La copertura del suolo, che come abbiamo visto può essere perseguita con le colture pacciamanti ma anche non asportando i residui colturali ha, oltre agli scopi già visti in precedenza, quello fondamentale di aumentare il contenuto in sostanza organica, che è la vera base della fertilità di un suolo per i suoi molteplici effetti positivi tra i quali possiamo citare:
- miglioramento della fertilità fisica: la sostanza organica stabilizza la struttura del suolo favorendo quella glomerulare, la migliore dal punto di vista agronomico;
- miglioramento della fertilità biologica: la sostanza organica rappresenta il pabulum d’elezione per la vita dei microorganismi e della macro e meso fauna terricoli;
- miglioramento della fertilità chimica: questo effetto può essere diretto, in quanto legato alla cessione diretta di elementi nutritivi che vengono rilasciati al terreno a seguito di processi di degradazione e mineralizzazione, che indiretto, dovuto alla capacità della sostanza organica di trattenere macro e micro elementi nutritivi e di cederli poi alle piante;
- miglioramento della “dinamica idrica”: la sostanza organica ha la capacità di idratarsi fino a 20 volte il suo peso, favorendo in tal modo una migliore conservazione delle risorse idriche del terreno e nel contempo, grazie alla struttura glomerulare, garantisce un giusto equilibrio fra macro e micro pori e quindi la giusta proporzione tra fase liquida e fase gassosa (una giusta areazione è necessaria alla vita dei microorganismi ed evita problemi di asfissia radicale).
Legenda: S = particella non colloidale; A = colloide minerale; H = colloide organico; I = acqua di imbibizione; C = acqua capillare; m = macroporo (Fonte: Wikimedia Commons, Wikipedia alla voce Humus)
Ezio Casali, iscritto all’Albo Provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Cremona, insegna presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Stanga” di Cremona. Si occupa di autocontrollo, soprattutto negli agriturismi, e di agricoltura multifunzionale. Curriculum vitae >>>