di Ezio Casali
Come ben sappiamo, la quantità di zuccheri contenuti nell’uva è determinata, a parità di condizioni colturali, dall’ambiente di coltivazione della vite, ed in particolare dalle condizioni pedoclimatiche (terreno + livello di insolazione durante la fase di maturazione), che determinano l’attività fotosintetica della vite ed il conseguente accumulo di carboidrati negli acini.
Gli zuccheri presenti nell’uva, e conseguentemente nel mosto, sono principalmente glucosio e fruttosio, che rappresentano mediamente dal 20 al 22% della composizione totale dell’acino.
A questa percentuale di zuccheri corrisponde, nel caso tutto lo zucchero venga trasformato in etanolo secondo la nota equazione chimica
C6H12O6 → 2CH3CH2OH + 2CO2 + calore
una gradazione alcolica pari a 12 – 13,2° alcolici (ricordiamo che per ottenere il potenziale alcolico di un mosto è necessario moltiplicare la concentrazione zuccherina per il coefficiente 0,6).
A sinistra molecola di glucosio, al centro molecola di fruttosio; entrambi con formula bruta C6H12O6 sono il primo un chetoso ed il secondo un aldoso. A sinistra molecola di alcol etilico o etanolo Fonte: Wikimedia Commons
Ma non sempre tutto lo zucchero del mosto, durante la vinificazione, viene svolto, cioè convertito in alcol etilico, per cui potremo avere dei vini che presentano un gusto più o meno dolce in relazione al tenore di zuccheri residui, cioè non fermentati.
Durante il processo di appassimento delle uve la concentrazione zuccherina può aumentare notevolmente, arrivando nell’uva passa da consumarsi a raggiungere anche il 72%, con un conseguente potenziale alcolico, qui veramente solo potenziale, di 43°.
L’appassimento può avvenire:
– direttamente in pianta; in questo caso il grappolo viene lasciato attaccato alla vite (spesso si procede ad interrompere il flusso della linfa con una torsione del peduncolo del grappolo);
– in ambiente aperto: i grappoli vengono raccolti e lasciati stesi ad appassire al sole su graticci, stuoie o comunque su supporti che permettano una buona circolazione dell’aria e quotidianamente controllati e rivoltati oppure appesi a ganci o cavalletti;
– in ambiente chiuso: in apposite celle climatizzate, dette fruttai, dove è possibile controllare le condizioni di temperatura ed umidità al fine di ridurre al minimo le perdite di prodotto.
Uva Moscato di Trani dell’azienda agricola Franco di Filippo di Trani (BT) al 30 di agosto in fase di appassimento sulla pianta (www.moscatotrani.it)
In questi casi le concentrazioni zuccherine ottenute permettono di raggiungere elevate gradazioni alcoliche, anche di 14,5 – 15,5° ed a questi livelli di alcolicità i lieviti iniziano ad avere problemi a lavorare per cui, se anche rimangono ancora zuccheri da fermentare, questi non svolgeranno e conferiranno al vino morbidezza e dolcezza.
A tale proposito, il Regolamento (CE) 491/09 prevede due categorie di vini:
– vino ottenuto da uve appassite: è quello prodotto da uve lasciate al sole o all’ombra per una disidratazione parziale ed avente un titolo alcolometrico totale naturale non inferiore a 16 % vol (o 272 grammi di zucchero/L) e un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 9 % vol;
– vino ottenuto da uve stramature: è il prodotto avente un titolo alcolometrico totale naturale non inferiore a 15 % vol e un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 12 % vol.
Altri metodi per preservare il contenuto zuccherino, che prevedono ovviamente di interrompere il processo fermentativo impedendo così ai lieviti di svolgere gli zuccheri rimanenti, sono:
– fortificazione: consiste nell’aggiunta di alcol al mosto. I vini ottenuti, cosiddetti liquorosi, sono riconoscibili perché devono essere dotati della tipica fascetta rosa-violetto dell’Agenzia delle Dogane. Alcuni vini, tra cui il Passito ed il Moscato di Pantelleria DOC, prevedono, tra le loro tipologie, anche quella “liquoroso”;
– filtrazione sterile; viene effettuata con filtri in grado di trattenere anche le cellule dei lieviti, per cui il vino filtrato non è più in grado di procedere con il processo fermentativo.
Sulle etichette di questi vini si trova la dicitura che ci informa sulla quantità di alcol svolto e su quello potenziale;
ad esempio 4,5° + 5
significa che quel vino ha effettivamente 4,5° alcolici ed un residuo zuccherino pari a 8,33 gr/l di zucchero che, se svolgesse, darebbe origine ad altri 5° alcolici.
Dal punto di vista organolettico i vini, dal punto di vista del contenuto zuccherino, possiamo prendere in considerazione questa scala di valutazione:
secco – amabile – abboccato o morbido – dolce – molto dolce o stucchevole.
Ricordiamo che la sensazione dolce viene esaltata dalle alte temperature (ecco il motivo per cui è preferibile degustare un vino dolce attorno ai 6-8°C se spumante o frizzante, 10-12°C se passito o liquoroso bianco e 14-16°C se passito o liquoroso rosso) e contrastata dall’amaro e dall’acidità (ed ecco perchè un grande passito, per essere tale e non risultare stucchevole, deve avere anche una buona dotazione acida).
Il REGOLAMENTO (CE) N. 607/2009 DELLA COMMISSIONE del 14 luglio 2009 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio per quanto riguarda le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l’etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli prevede all’ALLEGATO XIV l’INDICAZIONE DEL TENORE DI ZUCCHERO e più precisamente:
PARTE A – Elenco dei termini da usare per i vini spumanti, i vini spumanti gassificati, i vini spumanti di qualità e i vini spumanti di qualità del tipo aromatico:
– brut nature, pas dosé o dosaggio zero; con tenore zuccherino inferiore a 3 gr/l
– extra brut; con tenore zuccherino compreso tra 0 e 6 gr/l
– brut; con tenore zuccherino inferiore a 12 gr/l
– extra dry o extra sec; con tenore zuccherino compreso tra 12 e 17 gr/l
– sec, secco, asciutto o dry; con tenore zuccherino compreso tra 17 e 32 gr/l
– demi sec, abboccato, medium dry; con tenore zuccherino compreso tra 32 e 50 gr/l
– dolce o doux; con tenore zuccherino superiore a 50 gr/l
PARTE B – Elenco dei termini da usare per i prodotti diversi da quelli elencati nella parte A:
– secco o asciutto; con tenore zuccherino non superiore a 4 gr/l (oppure a 9 gr/l purché il tenore di acidità totale, espresso in grammi di acido tartarico per litro, non sia inferiore di oltre 2 grammi al tenore di zucchero residuo)
– demi sec, abboccato, medium dry; con tenore zuccherino superiore ai limiti precedenti ma non superiore a 12 gr/l (oppure 18 g/l purché il tenore di acidità totale, espresso in grammi di acido tartarico per litro, non sia inferiore di oltre 10 grammi al tenore di zucchero residuo)
– amabile; con tenore zuccherino superiore ai limiti precedenti ma non superiore ai 45 gr/l
– dolce; con tenore zuccherino superiore a 45 gr/l
Ezio Casali, iscritto all’Albo Provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Cremona, insegna presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Stanga” di Cremona. Si occupa di autocontrollo, soprattutto negli agriturismi, e di agricoltura multifunzionale.
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